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Autore: Wallie    12/07/2015    1 recensioni
Mi chiamo Helena Alice..
No, il cognome lo vorrei tenere per dopo, altrimenti finirei per rovinare un'amicizia che forse potrebbe durare, perchè mi piacerebbe instaurare un bel legame con te, caro lettore, che stai sfogliando con gli occhi queste righe scritte da un dodicenne.
Tornando a noi, rovinare una probabile o futura amicizia con la menzione di un cognome è una cosa pazza quanto stupida.
Se non lo sai -e molto probabilmente, non lo sai davvero-, il mio cognome allontana da me molte, molte persone.
(tratto dal capitolo uno).
Genere: Avventura, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Famiglia, Weasley, Fred, Weasley, George, e, Fred, Weasley, Il, trio, protagonista, Nuovo, personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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Helena


Era un drago. Un drago. Gigantesco, imponente.
Si trovava nel centro di un patio, circondato da colonne decisamente troppo basse per contenerlo. Le sue squame brillavano alla luce di quei piccoli raggi di sole che riuscivano a penetrare l’edificio. Era incredibilmente affascinante, dormiva attorcigliato su se stesso e la coda gli toccava il naso, dal quale uscivano sbuffi di fumo nero e denso, che quasi coprivano la visuale.
‘’Posso chiederle, Hem, come faremo a passare quel drago?’’ la mia voce tremava, lo sapevo. Lo sentivo e capii che suonavo terrorizzata alle orecchie altrui quando Steve mi guardò non appena finì di parlare; i suoi occhi erano preoccupati nel vedermi così. A Steve importava di me, lo sapevo. Anche se era spesso distaccato, anche se in queste poche ore trascorse insieme la maggior parte delle volte mi allontanava, o si comportava in modo freddo, lui mi voleva bene. Mi aveva vista crescere, mi aveva vista piangere quando in prima elementare non volevo fare i compiti di matematica, mi aveva vista tornare da danza ogni martedì pomeriggio alle 18, mi aveva sentita cantare le canzoni che mi insegnavano a scuola e mi aveva vista suonare la chitarra. Gli avevo raccontato del mio primo bacio, stampato leggermente sulle labbra del mio caro amico Harry Potter e lui mi rispose canticchiando, come sempre.
Tornai alla realtà e sì, ero ancora terrorizzata, perché, sapete com’è: quel drago aveva le stesse misure del Big Ben e fidatevi di me: il Big Ben è grande. Estremamente grande.
Ma stava dormendo, perché preoccuparmi? Non avrebbe mai sentito dei passi leggeri come i nostri.
‘’Beh, lo passeremo aggirandolo, signorina’’ mi rispose, come se fosse una cosa così ovvia ‘’Ma stia attenta a non fare troppo rumore, il drago è cieco e di conseguenza ha l’udito più sviluppato’’
Ah, davvero? Ritiro tutto quello che ho detto prima, voglio tornare a casa, non voglio morire bruciata, non voglio.
‘’Steve, ho paura. Ti prego riportami a casa’’ lo supplicai.
Lui mi guardò con i suoi occhi azzurri, languidi. Mi capiva, capiva ciò che sentivo, tutta la mia paura. Lui lo capiva, perché anche lui era terrorizzato tanto quanto me.
Si abbassò per raggiungere il mio orecchio e sussurrò ‘’Se usciamo vivi, ti pago un gelato’’
Volevo ridere, ma dovetti trattenere la risata dentro per paura di disturbare il sonno del drago, quindi mi limitai a sorridere e lui mi rispose con un occhiolino.
Mi attaccai al suo braccio e con forza e coraggio, cominciammo una marcia talmente lenta che il folletto ci diede una spintarella e ci disse ‘’Orsù, non è così pericoloso’’.
Ah, vabbe. Come vuoi tu, amico.
Era pazzo, quel folletto era pazzo. Io e Steve continuammo la nostra marcia verso l’entrata del patio, sempre molto lentamente, con Hem che ci guidava, esasperato. I miei palmi sudavano, invece Steve sudava tutto. Era quasi divertente vederlo così immerso nel panico; si è sempre presentato come una persona autoritaria, che sapeva il fatto suo e adesso, vederlo così incerto mi faceva quasi ridere.
Capì che l’unico modo per distrarmi da quella passeggiata della morte era guardare Steve, così cominciai a fissarlo. Pessima idea.
Ero talmente presa dal fissare il mio caro amico che mi dimenticai di controllare il pavimento che proprio in quel momento doveva presentarmi davanti al piede destro un sasso infame in cui, ovviamente, inciampai.
Caddi a terra e Steve mi seguì, mancavano dieci metri alla porta e davanti ad essa il folletto stava già girando le chiavi per entrare.
Il silenzio irruppe nella stanza, il drago aveva smesso di sbuffare e i suoi profondi respiri si erano interrotti d’improvviso.
Un ruggito echeggiò nella stanza, rimbombò per le pareti di tutto l’edificio e Steve cominciò a correre, lasciandomi indietro. Corsi anche io per quel poco spazio che divideva me e la porta, alla ricerca di un nascondiglio purtroppo, con scarsi risultati. Mi ritrovai davanti alla porta, lo sguardo rivolto verso il drago, Steve e il folletto si erano nascosti agli angoli, coperti da una bella parte di cemento.
Non sapevo dove andare, ero terrorizzata. Volevo gridare aiuto ma la voce mi si bloccò in gola, le mie ginocchia tremavano.
Con la coda dell’occhio vidi il folletto che frugava nella borsa, alla ricerca di qualcosa, dall’altra parte vidi Steve con le ginocchia al petto, gli occhi spalancati, terrorizzati e le lacrime che gli sgorgavano senza freno rigandogli le guance, bagnandogli i pantaloni.
Non feci in tempo a girare lo sguardo che avevo il viso del drago a meno di un metro da me.
Gridai e sta volta la voce uscì, ma le gambe restarono attaccate al suolo, come se fossero state ricoperte di cemento. Il drago si avvicinava sempre di più, i suoi occhi erano bianchi come le sue squame e anch’essi risplendevano alla luce del sole.
Alla fine, mi ritrovai semplicemente ad ammirare la sua sconfinata bellezza, il suo candido biancore, il suo fiato caldo, la sua testa che piano piano si avvicinava e mi annusava, come se volesse riconoscermi.
Allungai la mano, ormai la paura era svanita ed era stata sostituita da un altro sentimento: la curiosità.
Cominciai a muovermi verso di lui, fino a quando la mia mano tremante non toccò il suo naso che ancora si muoveva, alla ricerca di un odore da riconoscere.
Stava quasi per chiudere gli occhi quando con uno scatto alzò la testa, facendomi sobbalzare. Tirai indietro la mano e mi allontanai il più possibile, spalmando la mia schiena sulla porta. Notai che Hem era sbalordito dalla situazione, le sue mani pendevano lungo i fianchi e fissava il drago con aria incredula. Dall’altra parte, Steve era in piedi ed anche lui fissava stupito l’animale, le sue guance ancora luccicavano di lacrime e ogni tanto lo si poteva sentire tirar su con il naso.
Tornai con lo sguardo sul drago che mi guardava dall’alto –fin troppo alto- verso il basso. Fece un passo indietro e con estrema grazia allungò in avanti la zampa destra, successivamente abbassò il capo e si inchinò.
‘’Co-cosa?’’ farfugliò il folletto.
‘’Io non so cosa sia appena successo, ma non sono morta e ciò mi rende molto più felice di quanto voi possiate immaginare’’ sputai tutte quelle parole senza riprendere fiato nemmeno un secondo.
Immediatamente il drago si rialzò, facendo spaventare un po’ tutti e con esagerata delicatezza si accoccolò su stesso, addormentandosi di nuovo.
‘’Ti ha riconosciuta, Helena’’ proruppe Steve, rompendo il silenzio con la sua voce titubante, quasi avesse paura di risvegliarlo. ‘’Ha capito che sei sangue del sangue della sua padrona, lui ti rispetterà, Helena. Non devi più temerlo’’.
Ero sconcertata, sono stata ad un passo dal morire bruciata e adesso mi ritrovo ad avere come animale da compagnia un drago.
‘’Steve’’ sentenziai.
‘’Si?’’
‘’Il gelato lo voglio alla vaniglia.’’
Rise, rise di gusto e si asciugò le lacrime. Risi anche io e il folletto, dopo qualche secondo si unì a noi.
Le lacrime di paura di Steve diventarono lacrime di gioia, la paura era svanita ed anche con tutto quel chiasso il drago dormiva beato.
Il folletto ci aprì la porta, facendo scoccare la chiave due volte e successivamente un meccanismo complicatissimo iniziò a ticchettare fino a quando la porta non si aprì.
Steve mi precedette e, notai per prima volta in quella giornata, delle cicatrici su tutta la mano che sembravano propagarsi lungo il braccio.
E immediatamente capii, capii il perché delle lacrime del mio amico, il suo tremolio, la sua paura, il suo sconfinato terrore.
Le sue cicatrici raccontavano chiaramente il suo passato; quelle cicatrici che un tempo furono forgiate dal fuoco.



Angolo dell'autrice:
Salva a tutti. Non ci credo, ho aggiornato ahahah Dopo tre anni, ce l'ho fatta. Chiedo scusa per chi mi seguiva, ma mi sono completamente dimenticata di avere un account, e proprio qualche giorno fa ho rispolverato EFP presa dalla noia; mi sono accorta di essere nostalgica.
Mi mancava scrivere. Mi mancava da morire.
Scusatemi se il capitolo non è fra i più lunghi, ma ricominciare a scrivere è stato complicato.
Adesso, spero vi piaccia il e inoltre prego che la gente che seguiva questa storia sia ancora qui!
Buona giornata a tutti! 
Con affetto,
Wallie! 
  
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