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Autore: ToInfinityAndBeyond_    14/07/2015    10 recensioni
Gli fu dato il mondo, ma avevano bisogno di qualcuno per mostrare quello che loro sarebbero potuti essere.
E cercarono di sopravvivere, ma avevano bisogno di credere.
Un tocco e ci hanno creduto subito con ogni bacio diventava tutto più dolce.
Avevano paura di tutto, gli furono dati dei ruoli e cercarono di sopravvivere.
Vivere una vita da sole.
Loro gli hanno dato la forza per trovare la speranza.
Gli hanno mostrato quello che loro non riuscivano a trovare.
Quando due mondi diversi si scontrano.
La gente dice che non dovrebbero stare insieme, che sono troppo giovani per sapere cosa vuol dire "per sempre".
Ma gli altri non sanno nulla dei loro “ti amo”, non sanno nulla dello stare svegli tutta la notte, non sanno nulla di loro.
TRAILER:
https://www.youtube.com/watch?v=j70Orat4VGU
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CHAPTER 15.

FAITH'S POV: 
 
Aprii le tende per far entrare un po’ di luce in camera. Sentii un grugniti dal letto di mia sorella che prese la coperta tirandosela sopra la testa. Vidi un vestito nuovo  buttato su una sedia e delle scarpe sotto. Mi accorsi allora che qualcosa non andava. Mi avvicinai e tirai la coperta per scoprirla, vidi che aveva il pigiama indossato al contrario.
 
Lei scosse la testa e cercò di tirare le coperte.
 
Io la fermai.
 
“Lasciami stare” mugugnò allora cercando un’ altra volta inutilmente di prendere le coperte. Io le tirai nuovamente, questa volta scoprendola.
 
“Hai intenzione di spiegarmi perché sei in questo stato comatoso e cosa sono quei vestiti?” chiesi allora io indicandoglieli, lei non si girò  a vedere, ma anzi, buttò la testa sotto il cuscino.
 
Mi alzai andando verso il bagno. Presi un bicchiere e lo riempii con l’acqua fredda per poi avvicinarmi, scostare le coperte e versarglielo addosso. Lei allora si alzò velocemente urlando, per poi perdere l’equilibrio e cadermi addosso. Allora collegai tutto, vestiti, scarpe, occhi rossi e quello strano odore dei suoi capelli a metà tra una sigaretta e il solito odore di cocco.
 
“Dove sei stata ieri sera?” le domandai io facendola sedere, ma mantenendo il tono alto e severo.
 
“Non urlare” ordinò lei mettendo le mani sulle orecchie, aveva ancora gli occhi verdi socchiusi.
 
Non potevo credere di stare assistendo al primo dopo sbronza di mia sorella.
 
“Non sto urlando” risposi allora io sedendomi accanto a lei e mettendole un braccio attorno alle spalle.
 
“Se devi vomitare non farlo addosso a me” continuai prendendola in giro. Dovevo sapere cosa era successo alla mia piccola, adorata e innocente sorellina.
 
“Allora” iniziò lei, e poi continuò “diciamo che settimana scorsa, un ragazzo di nome Jack, che ho conosciuto al campo di tennis, ha invitato me e Nash a questa festa… ”.
 
Mi stavo martoriando le mani e mordendo convulsamente le labbra per non urlarle contro, non potevo credere che non me lo avesse detto, ma se la bloccavo adesso non sarebbe più andata avanti.
 
“…e ieri ci sono andata…” aggiunse.
 
Non riuscii più a trattenermi dal parlare.
 
“Come ci sei andata?” chiesi sperando che non rispondesse di essere andata con qualche ragazzo.
 
“Mi è venuto a prendere Nash in macchina”.
 
Respirai a fondo per non mettermi a urlare, non poteva essere andata in macchina con un ragazzo. Se si distraeva e facevano un incidente? Se gli veniva un colpo di sonno? E se lui era ubriaco tanto quanto lei?
 
“Vai avanti ” le dissi cercando di non far trapelare il mio fastidio.
 
“Allora siamo andati e… basta” concluse vaga. Non mi guardò in faccia per neanche un momento e vidi che aveva le mani strette una nell’ altra;  non me la raccontava giusta.
 
“Devo chiamare quel coglione dagli occhi azzurri e chiedergli cosa è successo” sentenziai io. Stavo iniziando a perdere la pazienza.
 
“Alla festa è successa una cosa però…  il ragazzo che mi ha invitata mi ha baciato il collo e…” iniziò a spiegare.
 
A quelle parole mi alzai di scatto spaventata a morte per quello che avrebbe potuto dire in seguito.
 
“Dimmi che non è successo quello che penso sia successo” le risposi.
 
“No! Certo ce no!  E’ arrivato Nash e mi ha portata via” disse guardandosi attorno mordendosi il labbro inferiore. Io mi misi una mano fra i capelli tirandoli un po’ all’indietro per non perdere il poco di calma che avevo acquistato.
 
“Quindi se non sarebbe arrivato lui chissà cosa sarebbe successo, ti rendi conto che devi difenderti?” ribattei io. La mia voce si alzò inevitabilmente di un’ ottava.
 
“No, è che mi aveva messo una cosa nel bicch-” bloccò la frase a metà ed io sbiancai.
 
Le braccia mi caddero accanto ai fianchi, non potevo crederci, non la mia piccolina.
 
“Mi stai dicendo che ti hanno drogata?” quasi urlai.
 
“Nonono è che..” non sapeva cosa rispondere ed io ora mai ero in modalità sorella apprensiva.
 
“Voglio il numero di questo ragazzo”
 
“No” mi rispose subito lei alzandosi dal letto.
 
“Come no?” chiesi io alzando la voce ancora di più e per fortuna che lo zio se ne era andato.
 
Poi continuai “Ma lo sai che cosa voleva da te? Voleva approfittarsi, sei ancora piccola… io  ti voglio bene ed ho solo paura che ti succeda qualcosa ” ero fuori di me. Mia sorella non poteva, cioè no.
 
“Non sono tanto più piccola di te e secondo te non sapevo cosa voleva fare? Ti voglio bene anche io, ma devi fidarti di me”  mi rispose lei toccandosi le tempie per il mal di testa di testa post sbronza.
 
“Mi fido di te, è degli altri che non mi fido” risposi io.
 
“Devi lasciarmi sbagliare, so che non è stata l’idea migliore uscire in quel modo senza dire niente, ma non volevo che vi preoccupaste” spiegò lei abbassando lo sguardo. Ero sicura stesse dicendo la verità, ma io volevo più dettagli.
 
Dovevo sapere cosa era successo minuto dopo minuto.
 
“Quel vestito?” le chiesi io indicandolo.
 
Lei si girò e sorrise arrossendo.
 
“Un regalo di Nash” rispose.
 
Io mi morsi la lingua e cercai le parole migliori per dire quello che avevo in mente.
 
“E perché mai avrebbe dovuto comprarti un vestito?” domandai.
 
Lei capii subito quello che intendevo e rispose.
 
“Per nessuna delle ragioni che pensi, me lo ero provato e mi piaceva allora me lo ha regalato, non c’è nessun secondo fine” poi continuò a parlare, le guance erano leggermente arrossate per colpa dei discorsi che stavamo affrontando.
 
“Non è successo niente e quindi stati tranquilla, la prossima volta starò più attenta, te lo prometto” concluse.
 
La abbracciai e lei si strinse a me. Mi alzai prendendo un’ aspirina e porgendogliela.
 
“Questa fa’ miracoli per il post sbronza” le dissi io sorridendo e lei la prese ingoiandola.
 
“Perché tu sei un’ esperta insomma… mi chiedo quante cose non so su mia sorella” ironizzò  lei con voce amara guardando il pavimento.
 
“Ancora non mi hai spiegato quello che è successo alla baita ed il perché eri lì” continuò lei tenendo lo sguardo fermo sul tappeto. Sapevo che avrei dovuto affrontare il discorso prima o poi, ma speravo di poterlo evitare ancora per un bel po’.
 
“Non stavamo parlando di me” dissi cercando di sviare la sua attenzione da quello.
 
“Lo zio sarà molto contento di sentire che hai passato la notte con un ragazzo in una baita in mezzo al bosco completamenti da soli ed isolati dalla società” azzardò sogghignando. Io spalancai la bocca girandomi verso mia sorella.
 
“Non oseresti” sputai io.
 
Lei rispose “Allora raccontami” ed io sbuffai ed iniziai a parlare.
 
“Allora, è iniziato tutto qualche anno fa’, era un modo divertente per fare soldi facili, sono entrata nel giro delle corse clandestine con Luke, lui non è mai stato convinto della cosa, ma mi ha sempre sostenuto” mi bloccai un attimo cercando di trovare le parole.
 
“Cosa centra Harry?” chiese lei guardandomi coi suoi occhioni verdi.
 
“Anche lui è nel giro e quel giorno stava facendo un gara, ma c’era la polizia e siamo dovuti scappare, siamo arrivati alla baita, poi il telefono non ha più preso e la macchina è rimasta senza benzina” finii di parlare, non era tutto, ma era quello che le serviva.
 
“Sei brava?” mi domandò poi lei sorridendo.
 
“La migliore” risposi io, lei mi spinse.
 
La casa si riempii allora di risate mentre noi ci rincorrevamo come bambine.
 


EFFY'S POV: 
 
Il lunedì dopo mi svegliai a fatica. Strabuzzai gli occhi per poi continuare a sbadigliare. Avevo smaltito la sbornia, ma mi sentivo ancora distrutta. Per fortuna, quello sarebbe stato il penultimo giorno di scuola e dopodiché sarebbero cominciate le vacanze invernali. Ne avevo un dannato bisogno.
 
 Aprii l’armadio a malavoglia per estrarre una maglietta bordeaux a maniche corte con delle scritte bianche e dei jeans stretti sbiaditi con degli strappi. Raccolsi i lunghi capelli castani in una coda alta e poi andai in bagno cercando di coprire le evidenti occhiaie con un po’ di cipria e correttore. Quando uscii  indossai delle Vans nere e poi, con la cartella sulle spalle, uscii di casa.
 
Arrivata a scuola, l’aria natalizia iniziava a farsi notare tra i corridoi, anche se essendo a Los Angeles non avrebbe nevicato per le alte temperature. Il giorno dopo si sarebbero svolti i preparativi per il ballo invernale della scuola, al quale, ovviamente, io non ne sarei stata partecipe. Andai al mio armadietto e la testa mi faceva ancora un tantino male e guardandomi attorno, riuscii a riconoscere alcuni volti che c’erano alla festa di Jack.
 
Presi fuori dall’armadietto la materia della prima lezione che era algebra. Possibile che la settimana dovesse iniziare con questa tortura, pensai. Una volta tolto il materiale, chiusi l’armadietto e mi voltai. Vidi lungo il corridoio il ragazzo dagli occhi color oceano che avevo tanto detestato qualche ora prima sotto l’effetto dell’alcool.
 
Io mi diressi nella direzione opposta; l’ultima cosa che volevo in quel momento era avere una discussione mattutina con Nash.
 
***
 
Finalmente era l’ora di pranzo e mi andai a sedere su un muretto nel cortile della scuola. Non avevo per niente fame, così mangiai solamente una mela con del succo alla pera. Il tiepido sole mi riscaldava la pelle bianca delle gambe e si sentiva un forte odore di mare quella mattina. Quando finii di mangiare la mela e di bere il succo, rientrai nell’edificio per andare a darmi una rinfrescata in bagno.
 
I corridoi erano deserti, passai davanti alla classe di economia politica dato che il bagno era proprio accanto e vidi una figura che riuscii facilmente a riconoscere accovacciata per terra. Mi fermai ed andai sulla soglia della porta, dove mi fermai per osservare quel ragazzo trafficare con qualcosa tra le mani.
 
“Jack?” lo chiamai alzando un sopracciglio.
 
Lui si voltò di scatto verso di me e spalancò la bocca stupito. Mi avvicinai verso di lui e non potevo credere ai miei occhi.
 
“Cosa stai facendo con quella roba? Quella è la cartella di Nash!” sbraitai fuori di me indicando i pacchetti che aveva tra le mani con all’interno della sostanza biancastra.
 
“Shh, chiudi la bocca Effy!” mi ordinò lui guardandosi attorno per vedere se ci aveva sentito qualcuno.
 
“Jack, cosa diavolo stai facendo?” replicai afferrando quelle bustine che lui riprese facilmente con le sue grosse mani. Mi diede un leggero spintone facendomi barcollare per farmi allontanare.
 
“Deve imparare a farsi i fatti suoi il tuo amico” rispose Jack mettendo la droga nella cartella di Nash per poi chiudere la cerniera. Non potevo credere a quello che stavo vedendo. Nash mi aveva avvertita che Jack non era un fiore di ragazzo, ma quello che stava facendo era esagerato anche per lui.
 
“Jack, non puoi farlo seriemente!”
 
“Bhe, l’ho appena fatto, piccola” ghignò mentre la sua figura torreggiava su di me. I suoi occhi scuri tenevano incatenati i miei e la rabbia non faceva altro che crescermi dentro.
 
“Non ci provare o vado a dirlo a Nash” lo avvertii io seria. Evidentemente non avevo reso bene l’idea, dato che il grande ragazzo davanti a me scoppiò in un enorme risata. “Jack, sono seria. Se non togli quella roba vado ad avvertire  Nash” gli ripetei.
 
Lui scrollò le spalle per poi prendermi per i polsi tenendomi stretta. Mi bloccò con le spalle al muro negandomi ogni via d’uscita.
 
“Effy, sei una ragazza intelligente, per cui non metterti in pericolo da sola” mi avvertì avvicinando il suo corpo al mio ancora di più. “Ora da brava, tieni la bocca chiusa. O mi costringerai a farlo per te” continuò a denti stretti. Un brivido mi partì per tutta la schiena ed iniziai a tremare. Mi guardai attorno per cercare aiuto, ma i corridoi erano ancora deserti. Dovevo avvisare Nash o Jack gliel’avrebbe fatta pagare ed era l’ultima cosa che volevo.
 
“Jack, sei un bastardo” sibilai emettendo una smorfia.
 
“Woho! E così la piccola Effy si sta mettendo nei guai gratuitamente, non è così?” ironizzò lui afferrandomi le guance con la sua mano costringendomi a guardarlo dritto negli occhi.
 
Ero presa dal panico, così feci la prima cosa che mi era saltata in mente. Diedi un calcio non troppo forte agli stinchi di Jack, il quale dopo aver attutito il colpo si accasciò di poco ed io colsi al volo quel vantaggio di libertà per uscire fuori dalla classe alla ricerca del ragazzo per cui mi stavo mettendo nei guai.
 
L’unica cosa che feci per quell’asso di tempo era correre, correre il più veloce possibile.
 
Dopo cinque minuti, riuscii a trovare Nash con un gruppo di amici parlare vicino all’aula di fisica. Non m’importava se non avevamo parlato dalla notte precedente ed era ancora arrabbiato con me, dovevo avvisarlo il prima possibile del guaio in cui voleva metterlo Jack. Appena notò la mia esile figura avanzare verso di lui, vidi la sua bocca serrarsi ed i suoi occhi lanciarmi una gelida occhiata. I suoi amici si scostarono per farmi passare anche se delle piccole urla e fischi assordarono le mie orecchie.
 
Io sospirai per prendere il suo polso e tirarlo lontano da tutti quegli occhi indiscreti.
 
“Ma sei impazzita per caso?” mi rimproverò accigliato. In quel momento avrei tanto voluto mollargli uno schiaffo sulla sua guancia, ma non c’era tempo e non ne avevo le forze. Ero ancora troppo scossa.
 
“Ho visto Gilinsky mentre ti stava mettendo della droga nella tua borsa” sputai ancora con il fiatone.
 
“Cosa?” sbottò Nash incredulo alle mie parole. “Effy, cosa ha fatto Jack?” continuò serio.
 
“Stavo andando in bagno e ho visto Jack mettere qualcosa nella tua cartella nell’aula di economia politica, così quando l’ho scoperto sono venuta subito ad avvisarti” spiegai guardandolo negli occhi.
 
“E lui dov’è ora?”
 
“Stava cercando di non farmi parlare, ma gli ho tirato un calcio negli stinchi e sono corsa  a cercarti per avvisarti” risposi mordendomi il labbro inferiore.
 
“Aspetta, tu cosa? Wow, dovrò pensarci due volte prima di litigare di nuovo con te” ironizzò con un sorrisetto.
 
“Andiamo a cercare quel figlio di puttana” disse determinato Nash iniziando a camminare lungo il corridoio. Io lo seguii.
 
Dopo alcuni istanti entrammo nell’aula di economia politica e Nash afferrò la sua borsa frugandoci dentro. Di Jack non c’era traccia.
 
“Non c’è niente qua dentro” rispose mostrandomi la cartella vuota se non con qualche libro. Strabuzzai gli occhi. Per un attimo mi domandai se non mi fossi immaginata tutto grazie alla poca quantità di alcool che mi era rimasta in circolazione, ma poi il bruciore sui polsi per la forte stretta di Jack mi fece abbandonare quell’idea.
 
“Nash, ti giuro che Jack ti aveva messo della droga nella borsa” dissi guardandomi attorno. Ero disperata e la paura che Nash stesse iniziando a dubitare delle mie parole cresceva sempre di più.
 
“Sei sicura?” mi domandò poggiando la sacca sul banco per poi tenere i suoi occhi vissi su di me.
 
“Sì! Non mi inventerai mai nulla del genere!”
 
“Non intendevo questo, dico solo che magari sei ancora sotto l’effetto dell’alcool ed hai visto una cosa che in realtà non è successa” spiegò mentre la sua fronte si corrugò.
 
“Non vado di certo a vedere Jack mettere della droga nella tua cartella anche se fossi sotto l’effetto di chissà cosa, Nash” ribattei seccata. “Perché non mi credi?” ripetei io mordendomi il labbro inferiore di riflesso.
 
Aprì la bocca per rispondere, ma il suo cellulare squillò. Lo tolse fuori dalla tasca e dopo aver letto il nome sul display lo ricaccio nei pantaloni.
 
“Chi era?” domandai.
 
“Nessuno” rispose poi mettendosi la cartella sulle spalle.
 
“Era Madison, non è così?” chiesi sarcastica. Nash restò in silenzio e quella era la mia conferma.
 
“Ti controlla anche a scuola ora?” ribattei furiosa.
 
“Mi ha chiamato perché stasera partiamo per la Virginia, passeremo lì le feste natalizie” rispose ed in quell’esatto momento il mio cuore si ruppe in tanti piccoli pezzi lentamente.
 
“V-voi andrete via i-insieme?” riuscii a chiedere.
 
“Sì. Madison, io, mio padre, Anne ed i genitori di Madison andremo là” spiegò abbassando lo sguardo.
 
“Effy, stai bene?” mi chiese non notando nessuna reazione da parte mia alle sue parole.

“Ovviamente” risposi mentre dentro di me sentii come rompersi qualcosa. 

 
 
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SPAZIO AUTRICI :) 

Ciaoo!
Eccoci con il 15' capitolo :D
Speriamo che vi piaccia!
Ci piacerebbe se lasciaste una recensione per sapere cosa ne pensate :)
Un bacione,
-Gre & Fede.
   
 
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