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Autore: Mirella__    14/07/2015    2 recensioni
C'è stato un tempo in cui credevo che nella vita non ci fossero poi tante scelte.
Parliamoci chiaro, quando ero giovane la pensavo in questo modo: se sei nato da una meretrice non puoi diventare un re, se tuo padre fa il contadino, sono ben poche le possibilità che tu diventi un banchiere, se i tuoi legami non sono quelli giusti, non hai altre vie se non proprio quelle dove essi ti trasportano.
All'epoca viaggiavo tra mondi diversi, anzi, è più corretto dire che ci vivevo, poiché combattuta tra gli usi e costumi dei ricchi e la peste nera e la fame del popolo.
Non ero niente più che una cameriera, una di quelle che vedi tutti i giorni al mercato, una di quelle che stanno lì a spendere la vita al servizio degli altri, a pulire il buco del culo a quelli d'alto rango; se mi concedi il termine.
Se dovessi raccontarti l'inizio della mia storia, oh beh, credo inizierei dal giorno della mia nascita, quindi, se non hai niente di meglio da fare, prenditi una sedia.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Catrina

 

There's no turning back

 

Sentii qualcosa.

I polsi erano legati da corde strette, facevano male, avevo la pelle scorticata nei punti in cui mi arpionavano la pelle in una morsa più ferrea.

Aprii a fatica gli occhi e le figure parvero danzare e ruotare su se stesse, mi ci volle un po' per capire cosa mi ballasse di fronte: mi sentivo come se fossi stata su una nave in balia delle onde.

Al tempo stesso la mia mente era leggera, come se i polsi che le corde stavano stritolando non fossero i miei, come se l'intera situazione non mi toccasse direttamente.

La realtà si fece tangibile solo quando mi arrivò una secchiata d'acqua fredda. Improvvisamente tutto si fermò e mi fu possibile mettere a fuoco la donna che mi parlava, seduta davanti a me, con le mani intrecciate sotto il mento.

“Sembra che ci siamo svegliati”.

La sua voce non mi suonò nuova, perché era come se mi avesse accompagnata nell'oblio del sonno: come se fosse stata un'ancora alla quale aggrapparmi, oppure un nodo che si accingeva ad avvolgermi il collo.

Sakeena era una donna unica nel suo genere.

Non scoprii mai le sue origini, una volta sola accennò al fatto che proveniva dall'Arabia Esaudita; non conosco la sua famiglia, cosa l'abbia portata a diventare quel che era diventata.

Mi pare affascini anche te.

Sei un tipetto curioso, eh? Ma fatti passare ogni sete di conoscenza, perché se mai avrai l'opportunità di incontrare una donna come lei, dovrai temere per la tua vita.

Sakeena non cercava pesi morti, Sakeena cercava informazioni e trovava delle opportunità; così le piaceva definire gli incontri casuali, anche se in questi, di casuali, c'era ben poco.

I capelli, che alla luce scarsa di quella camera angusta parevano neri, le nascondevano il viso, lasciandone intravedere solo metà; quell'acconciatura le dava un'aria intrigante.

Un'altra personalità affascinante del mio passato, al servizio di quella sola donna vi erano più di mille uomini.

Mi avvicinò una mano al viso, lo valutò attentamente e sotto quello sguardo attento non potei far altro che scostare il mio, perché non riuscivo a guardarla direttamente, non per più di pochi secondi, il suo sguardo carminio era troppo fiero, forte, deciso: tutte qualità che mancavano al mio.

Dopo un tempo che parve interminabile mi sorrise e io non capii se dovessi prenderlo come un incoraggiamento oppure averne timore.

“In tutta la tua misera esistenza”. Iniziò minimizzando la mia vita in una singola frase. “Hai avuto un'unica esperienza di rilievo. Tu sai qual è”.

In quel momento mi persi.

Lacrime copiose scesero sul mio viso, me ne vergognai.

Dio, come aveva ragione! Non avevo fatto niente che avesse un minimo di importanza. La mia vita era inutile come lo era stata quella dei miei genitori e prima ancora quella dei loro avi.

Avevo sempre lasciato che ogni cosa mi scivolasse addosso e da spettatrice vedevo tutto, senza mai prendere parte attiva a niente.

Era vita quella?
Sì, certo. Era una veste della vita, peccato che adesso quella veste non mi andasse più, la sentivo stretta.

Non piansi per la paura, ma per il rimpianto. Avevo capito cosa volevano da me e glielo avrei dato senza esitazione. Tanto cosa poteva importare?

“La morte di Ser Lucas”. Iniziai, abbassando la testa. L'importanza di me stessa corrispondeva ad un paio di frasi messe in fila: che tristezza. “Non sono stata io. Un uomo. Immagino vorrete la sua descrizione, sempre se ci credete”.

“No. Vogliamo sapere se qualcosa in lui ti ha colpito: una frase, delle vesti particolari, qualche simbolo sulla spada, un tatuaggio, un qualsiasi segno che non dovrebbe stare su una persona”.

Lo sconforto mi avvolse in modo viscerale.

Non ricordavo niente di particolare, era tutto buio.

Il non essere buona neanche a quello fece scendere altre lacrime copiose.

“Oh, per l'amor del cielo, liberatela. Quelle corde sono una seccatura più che altro”.

Mi chiesi perché. Non mi ero lamentata, non avevo implorato affinché mi lasciassero andare. In quel momento lo presi come un atto di benevolenza.

Sakeena si mise più comoda sul suo sgabello di legno e finalmente potei fare lo stesso io sulla mia sedia.

“Non ho visto molto, era buio. Non ha detto tantissime parole, solo una frase: Come pianificato”.

Sakeena si fece scura in volto, per un momento la sua mano pressò contro la fronte coperta dai capelli e lo sguardo si fece vacuo.

“La tua utilità si conclude qui”. Disse secca, le guardie già pronte, con l'elsa della lama alla mano.

“Non voglio che si concluda qui”. Altre lacrime ripresero copiose. Cazzo, quanto piansi.

Ops... perdona la mia irruenza, ma se ci penso ancora il mio orgoglio ne risente parecchio.

“Voglio essere più utile di così”.

Era un pensiero detto ad alta voce, mi ci ero aggrappata con tutte le mie forze, per una volta nella mia vita stavo lottando per qualcosa.

Mi alzai e venni accerchiata dalle guardie, quindi fui costretta a frenare i miei bollenti spiriti, tuttavia per la prima volta riuscii a fissare il mio sguardo sulla figura di Sakeena, senza allontanarlo mai.

Lei si girò e inarcò un sopracciglio.

“Dimmi una sola parola. Dimmi una ragione talmente forte, da poter essere racchiusa in poche lettere e se riuscirà a colpirmi in qualche modo, allora ti prenderò sotto la mia ala”.

Tra me e me ripetevo: “Non distogliere lo sguardo o sei morta,” come un mantra.

Sakeena era la leonessa pronta ad aizzarti nel momento in cui avresti ceduto.

“Vendetta”.

Lei scosse la testa e si avvicinò.

“Non mi piace questo motivo, ma sono sicura che se ti sforzi un altro po' avrai l'occasione di stupirmi. Quindi rifletti, prima d'aprire quella boccuccia di rose; sorprendimi! Perché, di vendetta, ho sentito parlare troppe volte”.

Mi zittii.

Vendetta era ciò che avevo giurato; era quello che mi aveva indotta a nascondere un pugnale del quale avvertivo ancora l'insistente presenza contro la pelle.

Sotto la rabbia, tuttavia, andava celandosi un sentimento che mai avevo provato prima.

L'uccisione di un uomo, il potere che avevo sentito nel togliere la vita, o meglio, l'euforia che avevo provato, erano stati mezzi attraverso i quali avevo valicato una barriera.

Se le mie azioni erano state indotte da quell'individuo, quest'ultimo aveva fatto in modo che provassi la sensazione di cadere e restare sospesa nel vuoto.
Niente costrizioni, niente cadute, solo un immenso nulla attorno a me e per un breve istante trovai la pace.

Libera dalle barriera della società e dell'ambiente che mi circondava, capii cosa provavo.

La libertà sulla pelle.
Niente regole, perché le avevo infrante, erano cadute a pezzi come lo specchio nella casa abbandonata, si erano frantumate allo stesso modo nella quale la mia visione della vita aveva fatto.

Quando tornai in me, in quella stanza scarsamente illuminata da raggi solari che filtravano i buchi delle pareti in legno mal ridotto, avevo trovato la parola giusta.

“Ringraziamenti”.

Sakeena sorrise.

“Ecco cosa volevo sentire”.

Le guardie attorno a me aprirono la porta e uscirono una a una, la donna alzò il braccio, mi cinse le spalle e mi disse: “Io sono Sakeena, benvenuta nel mio esercito”.

So cosa stai pensando.

Quella doveva essere pazza! Accogliere una perfetta sconosciuta a quel modo, con le braccia aperte! Ma forse la frase che seguii ti farà capire quanto saggia fosse quella donna.
“E se provi a pugnalarmi mentre sono di spalle con il coltello che nascondi tra le tette, ti taglio la gola prima che tu faccia in tempo a portare una mano a palparti”.

 


Angolo dell'autrice
Questo capitolo è un po' più breve degli altri, ma è solo di passaggio, possiamo definirlo come il passo fondamentale della protagonista, ecco il perché del titolo.
Se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate! Ringrazio coloro che hanno letto fino a qui.
Al prossimo capitolo!
  
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