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Autore: Marcuc    15/07/2015    7 recensioni
La mia seconda FF si concentrerà sulla nuova generazione! Spero vi piaccia!
Dal Prologo
Rose e Albus si trascinavano i bauli per il corridoio dell’Espresso di Hogwarts, facendosi largo tra la moltitudine di passeggeri tenendosi per mano, molti li additavano, altri li osservavano in silenzio, ma loro non ci badarono mentre cercavano uno scompartimento libero.
Rose, accidentalmente, pestò il piede a qualcuno senza accorgersene e passò oltre.
-Chi mi ha pestato il piede?- ruggì una voce alle spalle di Rose.
Si voltò verso il ragazzo che aveva parlato e gonfiando il petto disse senza paura:- Io, è stato un incidente.- guardava dentro gli occhi azzurri di un ragazzetto biondo, della sua età, visto che non portava lo stemma di nessuna Casa sulla sua divisa nuova, il padre glielo aveva indicato poco prima al binario.
- Io chi? Voglio il tuo nome.- Disse ghignando alla volta di un amico con la pelle scura.
- Rose Weasley.-
Il ragazzo impallidì immediatamente e il suo amico lo tirò per la manica della divisa dicendo:- Scorpius, andiamo, non è il caso di farci nemica la figlia della Mente. Sicuro che il cervello lo ha ereditato dalla madre.-
Rose ridacchiò e Albus con lei, mentre li guardavano allontanarsi.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Okok, ho capito. Scusate.
Penultimo capitolo. =) =(
Sa'
PS- io e windows siamo in lotta da una vita... mi si è disattivato il correttore con un aggiornamento... perdonate gli errori ho tentato di rileggerlo una venitana di volte. Segnalate in caso.

 







Finalmente la fine
 







Si sentì un gran trambusto al piano di sotto e Scorpius capì che erano tornati, che era arrivato il suo turno. Rose era semiaddormentata accanto a lui, nel letto, e fece un grande sforzo per aprire gli occhi, per capire che cosa le stesse accadendo intorno.

-Sono arrivati, dobbiamo andare.- biascicò tentando di mettersi in piedi ma era davvero troppo stanca e ricadde sui cuscini.

Scorpius ridacchiò e le baciò la fronte:- Riposati, non è necessario che tu venga.- le disse accarezzandole i capelli rossi.

-Voglio dare una mano.- protestò nei meandri di un grosso sbadiglio.

Il ragazzo era ben sveglio, l’adrenalina che gli circolava in corpo non aveva diminuito le dosi neanche dopo l’individuazione della traccia da seguire. Sapeva che era un passo dallo spezzare la maledizione che lo legava alla Magia Oscura, sapeva che di lì a poco più di un’ora sarebbe stato libero di vivere la sua vita con lei. Ma era una corsa contro il tempo che scorreva inesorabile e non sapeva quando e come la sveglia sarebbe scoccata. Poteva farlo in quel momento e stroncare la sua vita in un sospiro, poteva accadere un minuto prima del disinnesco, poteva avvenire a pericolo passato. C’era una bomba ad orologeria nel suo cuore ma quanti secondi mancavano?

Tentò di cambiare discorso:-Come ti avviseranno se Ismael farà la prima magia?-

Il sonno la stava quasi vincendo, mancava poco, ma riuscì a dire qualche parola:- Seth è con lui ogni minuto e ha ancora il tatuaggio di recluta attivo, basterà che lo tocchi e io saprò...- sbadigliò.

Si staccò da lei dopo averle sfiorato le labbra con le sue:- Ci vediamo dopo...- sussurrò sentendo di mentirle.

-Scorpius...- lo chiamò con più vigore combattendo per tenersi sveglia:-... sono sicura che ci vedremo fra qualche ora, ce la farai.- disse con un sorriso.

Il ragazzo la baciò con più intensità cercando di aggrapparsi a quegli ultimi istanti con lei:- Ti amo.- le disse mentre le loro labbra si prendevano e rilasciavano in una danza mozzafiato.

-Ti amo anche io... ora vai... ti voglio qui quando mi sveglierò.- gli disse appoggiando la sua fronte con quella di lui, avevano il fiatone.

Lo lasciò andare dopo poco e si sentì più leggero dopo aver salutato anche la creatura che aveva in pancia. Pensò di fare un rapido ricalcolo delle cose che aveva fatto in Inghilterra prima di approdare a casa della donna che amava, in quel rosso continente meraviglioso.

Aveva compilato il testamento e scritto una lettera per sua sorella, aveva salutato sua madre, forse con un po’ di freddezza per tutte quelle cose non chiarite, aveva detto un muto addio ai suoi nonni che non avevano avuto il coraggio di guardarlo in faccia, solo ripensandoci in quel preciso istante capì quanto si sentissero in colpa nei suoi confronti. L’abbraccio di Albus era stato il più pesante nei suoi ricordi, quello più carico di nostalgia. Mentre faceva fatica a scendere le scale la mente andò alla stanza di Serpeverde, ad Hogwarts. Quella camera a otto posti che sembrava essere sempre stata solo loro, quella che aveva visto le loro risate e le loro lacrime, quella con il pavimento ricoperto di fogli e i letti fin troppo ordinati, in contrasto con il caos che vi regnava, quella stanza che era stata il quartier generale di quel duo furbo e attivo, lì dove trovavano nuovi modi per far infuriare Gazza o attentare alla vita di Mrs Purr. Albus era stato un buon amico anche quando non se lo era meritato, era stato tanto per lui e il loro legame era saldo, molto più saldo di quello che fuori si vedeva.

Quando arrivò alla stanza delle riunioni l’Esercito di Silente era tutto lì, attorno al tavolo, e c’erano anche i commilitoni che più tenevano a Rose in un angolo un po’ distante da lui.

Hermione alzò il capo alla sua entrata, sorrise. Assomigliava maledettamente alla figlia e questo gli face male, distraendolo per un infinito minuto dalla consapevolezza che quel sorriso sincero e sollevato poteva significare una sola cosa: era quasi tutto finito.

Scorpius si affiancò a suo padre in silenzio e rimase in attesa del responso torcendosi le mani nascoste dentro le tasche della tuta.

-Rose dov’è?- gli chiese Hermione più coriosa che preoccupata.

-E’ crollata. L’ho convinta a rimanere in stanza...- spiegò tentando di fare un sorriso che non gli riuscì. Erano troppo tranquilli e gli dava sui nervi.

Ron intervenne abbracciando le spalle della moglie:- Sicuro che stiamo parlando di Rose?-

Ridacchiò:- Credo che le sia tornato in mente che è incinta di otto mesi e mezzo.-

-Benedetta ragazza.- sospirò il signor Weasley lasciando cadere le braccia lungo i fianchi.

Dracò Malfoy fece schioccare la lingua e con un gesto nervoso sbattè le pergamene sul tavolo. Sembrava aver fretta ed essere furioso al contempo. – Vogliamo iniziare?- ringhiò.

Si ricomposero tutti, si sedettero al tavolo senza indugi ed Harry Potter diede il via a quella riunione sperando che fosse l’ultima per l’ES.

-I cadaveri dei Maghi presenti in Kenya sono ventisette, chi Mezzosangue, chi Purosangue. Di questi ne abbiamo accantonati dieci perchè fanno parte delle tribù e non hanno mai posseduto la bacchetta e tantomeno fatto una magia consapevole, sono tre Masai, quattro Samburu, due Turkana e un Borana. Non chiedetemi che tipo di tribù sono perchè fino adesso mi è sembrato di leggere solo delle parolacce.- disse ridacchiando rivolto ai cipigli dubbiosi dell’ES.

Nessuno dei militari che per anni avevano vissuto lì osò spiegare le usanze e la composizione di ciò che Harry Potter aveva nominato senza conoscere, restarono in silenzio ad aspettare che continuasse.

-Otto dell’elenco sono Maghinò.- fece una pausa – Ne restano nove, uno è quello di Ben. Vorrei disseppellirlo solo se si riterrà necessario. Per non turbare Rose.- concluse e tutti annuirono facendo strisciare le sedie per alzarsi.

Ron passò a Scorpius dei fogli:- Qui ci sono le coordinate delle tombe, sai meglio di me come funziona. Noi ti faremo da squadra.- lo guardò con fiducia e un altro largo sorriso.

Sembrava ringiovanito seppure delle imponenti occhiaie deturpavano la pelle sotto gli occhi e piegavano le guancie lentigginose in rughe di stanchezza. Gli anni erano passati anche per Ronald Weasly ma fare qualcosa contro il male sembrava riportarlo ai suei diciassette anni, sembravano ridargli il vigore di un adolescente che faceva cose per adulti.

Scorpius si costrinse a parlare e ad esprimere i sui grossi dubbi a riguardo:- Ma se vi siete sbagliati sugli esclusi? Se un cadavere di quelli con gli ingredienti è stato portato in Inghilterra?- chiese con l’angoscia che saliva e la paura a rendergli terribili e freddi gli occhi.

Draco rispose al figlio:- Quelli che abbiamo chiamato “esclusi” sono solo i meno probabili, procederemo a diseppellirli se non troveremo gli ingredienti negli altri nove. Non è possibile che siano stati riportati in Patria, se di inglese ce n’è qualcuno. Si fanno dei controlli rigidissimi prima di procedere al trasporto della salma fuori del luogo in cui sono morti. Se c’è una sola traccia di Magia non si possono portare da nessuna parte per oltre venti anni. Il tipo di Magia di cui sei prigioniero lascia una traccia ben percepibile, anche se chi li controlla non può scioglierla. Non dubitare, è finita e noi saremo scrupolosi in qualsiasi gesto.- era sicuro, molto sicuro. Fu aiutato dai gesti di assenso di tutti i presenti e dall’aurea di speranza che rendeva tutti più leggeri tranne Scorpius.

Annuì per nulla tranquillizzato, aveva una brutta sensazione in fondo allo stomaco, come la prima volta che aveva pensato che fosse veramente finito tutto.- Ok... andiamo.-

-Sì, andiamo.- confermò il padre afferrando la borsa che poco prima aveva lasciato scivolare lungo la gamba del tavolo.

Scorpius lasciò che gli altri li precedessero verso l’uscita e poi in un flebile sussurro pronunciò:-Papà?-

Draco si voltò a guardarlo con curiosità e, anche se non voleva rimanere indietro accettò di buon grado di assecondare la chiamata del figlio:- Che c’è Scorpius?- il suo volto non aveva preso vigore in quella lotta contro il male come quello di Ron Weasley, sembrava mille anni più vecchio e i suoi anni di sventure sembravano rimarcargli profondamente ogni ruga del viso, ogni pagliuzza nello sguardo. I suoi tratti aguzzi lo erano ancora di più, e un pallore malsano sormontava ogni parte del corpo visibile, con lui il sole africano non aveva attecchito, non aveva osato renderlo più scuro e in qualche modo più sano. Si sentiva colpevole Draco Malfoy, si sentiva orrendamente contagiato da quel male di cui era stato servo tanto tempo addietro, si sentiva oppresso nel non poter impedire al quel male di accanirsi su suo figlio, il suo erede.

-Papà perchè sei qui?- chiese Scorpius con un nodo alla gola e la spiacevole idea che lo avesse raggiunto solo per dirgli addio o, peggio, per redimersi e fare una bella figura con il Trio d’Oro.

Draco lo guardò sbalordito e rispose di getto e di cuore, esattamente come non era mai riuscito a fare nella vita di cui aveva memoria:- Che domande... sei mio figlio! Dove dovrei essere se non qui?-

A Scorpius fu sufficiente, si gettò fra le sue braccia come se fosse un bambino, cercò suo padre come se dovesse farsi scacciare i mostri da sotto il letto, come non faceva da troppi anni.

Draco, dopo un primo momento di sorpresa strinse a sua volta il figlio, come probabilmente non aveva mai fatto in quei dolorosi ventisette anni. La loro vita gli si materializzò davanti... si videro parlare di Quidditch, di Case, di Hogwarts, si videro parlare di guerre e di pace, si videro parlare di ragazze e di mogli, di quel sangue diverso dal loro ma altrettanto prezioso. Si videro davanti ad un camino, con una piccola Maia seduta tra loro che faceva danzare i boccoli sulle spalle ad ogni movimento del capo. Era stato un buon padre per lui, anche se un po’ freddo non gli aveva mai fatto mancare nulla... fino a quel giorno, quello in cui aveva letto l’itervista di Maia e lui non ne aveva più voluto sapere di loro.

-Ho paura, papà.- confessò sull’orlo del pianto.

L’uomo tremava nella stretta del figlio ma sapeva bene che non era il momento di confessare quanto anche lui si sentisse terrorizzato, aveva bisogno di un padre che fosse la sua salvezza, il suo porto sicuro, la sua roccia:- Tu ce la farai, figlio mio. Ne sono più che certo.- glielo voleva far passare attraverso il cuore tenendolo ancora un po’ attacato a lui .

-Davvero ne sei convinto?-

-Certo... sei la persona più coraggiosa che conosca... l’unico Malfoy che si sia mai meritato un posto tra i Grifondoro.- ridacchiò nervosamente e suo figlio lo fece con lui. – Sarò al tuo fianco... sempre.-

-Papà... se non dovessi facercela... promettimi che starai accanto a Rose e alla bambina, che dirai a Maia che mi dispiace non essere stato un buon fratello e che mi dispiace non averla protetta come era mio compito, che dirai alla mamma che mi dispiace di non essere stato un buon figlio...-

Draco si staccò da lui e lo afferrò per le spalle:- Tu ce la farai! Non voglio sentire una parola di più su questo argomento, figliolo.-

-Papà voglio che prometti...-

-Non c’è nulla da promettere perchè tu non hai nulla di cui scusarti. Maia ha sbagliato e noi dovevamo essere più severi con lei, dovevamo spiegargli che le parole possono ferire più di una Maledizione. Tua madre è dispiaciuta quanto me. Avremo modo di parlarne una volta tornati a casa.- disse con sicurezza.- Ora andiamo.-

Uscirono uno al fianco dell’altro, nel buio della notte che timidamente avanzava verso il giorno.

 





 
Contemporanee
 







Rose si alzò dal letto, una strana pressione al basso ventre l’aveva svegliata. Guardò l’ora nella sveglia, segnava le cinque del mattino. Aveva dormito poco più di tre ore ma una bella dose di adrenalina aveva cominciato a transitarle nelle vene e la stanchezza non riusciva a farsi sentire.  Si avvicinò all’armadio per trovare qualcosa da mettersi addosso. Optò per una gonna che le arrivava alle caviglie e scivolava lungo il ventre gonfio e stranamente dolorante. Ancora intontita arraffò da uno dei cassetti un kanga 1  colorato, se lo avvolse in testa, ne prese un altro e vi coprì le spalle. Erano gesti che non faceva da più di due anni ma trovandosi lì riemersero automatici in lei, in quella stanza della caserma che aveva occupato per quasi un quarto della sua giovane vita.

Scese le scale con difficoltà, la sala riunioni era deserta e anche la sentinella che di solito se ne stava dietro alla scrivania sembrava non esserci. Sicuramente erano tutti con Scorpius o nelle varie torri di vedetta. Andò verso la minuscola mensa e cercò qualcosa da mettere sotto i denti. Una grande quantità di frutta era sistemata a terra per farla raggrinzire e maturare al punto giusto. Arraffò ben quattro frutti della passione e un mango che giudicò abbastanza maturo, sfilò dal cassetto un coltello e un cucchiaio e si accomodò nella sala riunioni con un tovagliolo di stoffa colorata un po’ sfilacciato.

Aprì in due il primo frutto, infilò la punta del cucchiaio dentro uno dei due cavi gusci , nel quale un ciuffo di semi avvolti in una densa polpa verdognola emanava un acre e buonissimo odore. Si fece scivolare sulle labbra l’esiguo bottino di frutta e se lo tenne un po’ sulla lingua, a contatto con il palato, per trarne tutto quel pungente sapore che aveva temuto di dimenticare. Aveva amato il Frutto della Passione sin dal primo assaggio, nelle breve pause che si concedeva ne faceva sostanziose scorpacciate, Saran gliene teneva sempre da parte mezza dozzina quando andava a mangiare da loro, li comprava solo per lei, perchè i suoi figli non li amavano tanto, in caserma andavano a ruba e per i suoi numerosi impegni con la “sua famiglia” molto spesso ne rimaneva sprovvista. Si godette quel saluto acre come se fosse la prima volta che lo assaporava ma, arrivata all’ultimo morbido guscio, la pancia sembrò irrigidirsi e una stretta alla vita la fece quasi spaventare, un leggero dolore che partiva dalla schiena e si irradiava nell’addome la mise in allarme solo qualche secondo. Ma non poteva rinunciare a quel bel mango rosso e morbido al punto giusto, non stava male, si sentva strana, e ciò non la preoccupava.

Finì anche il mango in pochi minuti e si scoprì grata che il sapore dolciastro dell’ultimo frutto non aveva scalfito il temerario sapore che amava.

Ripulì tutto e decise di mettere il naso fuori per vedere se all’orizzonte spuntava qualcuno con belle notize. Il tatuaggio non aveva ancora bruciato al suo braccio, era divisa tra timore e un dolce sollievo che niente si era persa durante le ore di sonno. Decise di camminare un po’ dopo l’ennesima brutta sensazione alla pancia. Camminò verso il lago senza pensare mentre una striscia rosso fuoco cominciava già a dividere le montagne in lontananza dal cielo scuro. Il giro della terra era quasi completato, presto lì le dodici ore di buio avrebbero lasciato spazio alle altrettante ore di luce.

Non un alito di vento muoveva granelli di sabbia e la poca vegetazione, tutto sembrava immobile e silenzioso, come un respiro trattenuto prima del caos.

Raggiunse le tombe che in quelle tre settimane non aveva avuto il coraggio di visitare, passeggiò davanti a quelle di Saran e dei suoi figli sussurrando una preghiera e infine si sedette tra quella di suo marito e di suo figlio, tenendo le mani sulle lapidi bianche ben visibili anche al buio.

Rimase un po’ lì a parlare con loro, con il cuore occupato da una strana paura e contemporaneamente da un dolce sollievo. Si scusò di non essere passata prima a salutarli, di essere stata troppo occupata a salvaguardare la nuova famiglia che aveva e di essersi dimenticata per pochi momenti della famiglia che da tre anni faceva gravare sul suo cuore una pena mai esauribile. Ridacchiò pensando che se avesse avuto lì Ben e Jami l’avrebbero sicuramente rimproverata per quei pensieri colpevoli che, ne era conscia, non potevano essere la prova di una colpa che non aveva.

L’alba era quasi conclusa, il sole aveva già fatto completamente capolino dall’orizzonte e il paesaggio intorno a lei era bagnato della tenue luce del nuovo giorno. Alzando lo sguarda davanti a lei vide delle figure dirigersi verso il punto dove stava, camminavano lentamente, un po’ piegati su se stessi e i loro volti erano più in pena di quello che si era aspettata dalla fine di quella missione.

Seppe all’istante che il male aveva contaminato anche il corpo di suo marito, che probabilemente uno o due ingredienti giacevano fra le sue mani a ricordare al mondo che la malvagità coinvolgeva anche chi il mondo cerca di salvarlo, senza corromperlo ma standogli vicino, troppo vicino, anche nella morte.

Non si sentì triste.

Sorrise a Scorpius che apriva la fila con il padre e attese che la raggiungesse.
 

 
***
 

Riuscirono a dimezzare i tempi della risoluzione del problema dividendosi in gruppi di tre o quattro persone e raggiunsero contemporaneamente tutti i luoghi segnati dalle coordinate, si portarono avanti con il lavoro prima che Scorpius raggiungesse i punti uno per volta e facesse in modo di distruggere gli ingredienti che si palesavano solo alla sua presenza. La prima tomba fu un buco nell’acqua, il cadavere di quel Mangiamorte non stringeva nulla tra le mani. Scorpius non reagì bene a quel fallimento e si incupì molto. Procedettero verso il secondo che invece si rivelò carico di ben due ingredienti. Quando arrivarono all’ottava salma, l’ultima prima di prendere in considerazione quella di Ben, Scorpius pregò che fosse finita, che non dovesse causare un dolore enorme a Rose riesumando il corpo di suo marito.

Ma purtroppo le sue preghiere furono vane, perchè non ce n’era nell’ultimo corpo, i cadaveri erano finiti e avevano distrutto solo sei ingredienti. Ne mancava solo uno, solo un piccolo passo e poi sarebbe stato libero di andare avanti con la sua vita, di viverla con Rose.

Ma a che costo? La felicità valeva disturbare il sonno eterno di quello che era stato suo rivale e poi un buon conoscente? Rose l’avrebbe guardato con occhi diversi nel momento che le avessero rivelato quello che avevano fatto? Ne sarebbe rimasta distrutta? L’avrebbe mai perdonato?

I suoi pensieri erano sempre più cupi e il suo cuore sempre più martellante quando guidò tutto il gruppo al confine di Shinyalu e attraverso la barriera protettiva degli incantesimi. Come un corteo funebre si avviarono a coppie verso il lago dove giacevano i sette corpi. Erano a qualche centinaio di metri, l’alba era finita e il sole si stava già facendo largo nel cielo, quando Draco strinse un polso di Scorpius obbligandolo ad alzare lo sguardo sulla sua meta.

Seduta tra due lapidi una figura avvolta in teli colorati se ne stava sorridente a guardarli. Il cuore di Scorpius schizzò in gola e vacillò per un secondo. Affrettò il passo quasi spaventato e la raggiunse molto prima degli altri.

-Ciao.- le disse sedendosi accanto a lei e posandole un bacio sulle labbra.

Lei sorrise:- Ciao...- sistemò la sua testa tra il mento e la scapola del ragazzo. Guardò gli altri, fermi poco più in là che frementi attendevano di mettere fine a quella storia. – Uno ce ne ha Ben, vero?- chiese chiudendo gli occhi.

Annuì stringendola a sé:-Sì, probabilmente. Vuoi ancora un minuto per salutarli?- chiese prendendo la sua mano.

La sentì negare:- No, gli ho detto tutto quello che dovevo, è un po’ che sono qui. Meglio non perdere tempo.- si fece aiutare ad alzarsi. –Vado un po’ in riva al lago... non credo sia la cosa migliore assistere.- disse indicando con il pollice la direzione opposta a quel suo piccolo privato cimitero.

Scorpius annuì:- Sì, sarebbe meglio.- le posò un altro bacio sulle labbra e poi scese verso la pancia. Stranamente la bimba non si mosse quando la salutò:- Dorme?- chiese a Rose.

Fece una smorfia:-Sì, è un po’ di ore che è tranquilla... si deve riposare perchè il grande giorno si avvicina.- disse accarezzandosi la pancia.

La scrutò, gli sembrava più pallida e provata di come l’aveva lasciata poche ore prima, ma pensò che fosse solo la paura che anche lei provava in quel momento e la pena che sentiva a tornare lì dopo tanto tempo.

Rose si voltò per andare verso il lago e lasciare che facessero il loro lavoro quando lui la chiamò ancora:- Amore...-

-Dimmi.- si volse curiosa verso di lui e la sua figura venne abbagliata dal sole. Era bella con i colori africani posati sulla sua pelle inglese, era bella baciata dal sole e accarezzata ai piedi dalla terra rossa.

Gli mancò respiro per un secondo guardandola, non poteva credere che una creatura così bella avesse scelto lui dopo il dolore, che portasse un grembo qualcosa di suo legato con qualcosa di lei. Il cuore di Scorpius bruciava d’amore, di un amore totale e profondo, vecchio di anni ma nuovo quanto quella bambina che stava per affacciarsi sul mondo. Quando ritrovò la voce le chiese a fatica:- Vuoi che lasci qualcosa nella... un ricordo...un fiore...-

Gli occhi le si illuminarono di mille emozioni:- Posso... sul serio?- chiese tremante.

Sorrise:- Sì, se lo vuoi.-

Una lacrima scese sulle sue gote quando si portò le mani alla catenella che portava al collo, separò le due estremità e trasse fuori una delle due fedi, quella che avrebbe dovuto portare lui per sempre. Tese la mano verso Scorpius e la lasciò cadere sul suo palmo aperto:- Restituiscigli questa.- sussurrò.

-D’accordo.- disse deglutendo rumorosamente e stringendola nella mano quel piccolo tesoro carico di ricordi.

-E’ fatta!- disse Rose con un grande sorriso.

-E’ fatta!- rincarò anche lui dopo un sospiro di sollievo.

Era l’ultimo addio di cui necessitava per rendersi veramente conto che fosse finita, che niente avrebbe minacciato più la sua vita con lei.

Camminò verso il padre e insieme cominciarono a scavare nella terra rossa bisognosa delle piogge che non erano ancora arrivate, di quella stagione fertile che non si era fatta ancora vedere.

Quando una boccetta oro fluttuò davanti al suo viso lasciò passare qualche secondo prima di distruggerla. Si guardò intorno in cerca di lei. La vide poco lontano che dava le spalle a tutti loro. Trattenne il respirò e pronunciò la formula Oscura. La boccetta scoppiò e i piccoli pezzi si accesero in fiammelle.

Si sentì leggero, le sue spalle si drizzarono come se gli avessero tolto un carico pesante. Era veramente finita. Si voltò verso il padre e l’abbracciò, i loro compagni eruppero in grida di gioia. Ma lui non si dimenticò della promessa fatta alla sua amata. Fermò Harry Potter che stava già ricoprendo la tomba, lasciò cadere la fede nuziale che gli aveva affidato Rose e alzò lo sguardo per cercare qualcosa da lasciargli anche lui. A poco più di un metro era nato un cespuglio di rose del deserto. Non di quelle minerali che due volte gli era capitato di trafugare dal Sahara in quei mesi di ricerche. La Rosa del Deserto o Rosa del Madagascar era un fiore stupefacente, di un fuxia brillante all’esterno e di un bianco luminoso all’interno, il fusto ramificato era grosso e liscio, un magazzino naturale per la raccolta di acqua da trasformare in sostentamento. Non era raro trovare un cespuglio di quei bellissimi fiori vicino a dell’acqua o lungo il letto di un fiume. Erano dei fiori forti, belli, temerari, sfidavano l’aridità di quei luoghi e donavano bellezza, lei portava il loro nome.

Ne staccò quattro dalle ramificazioni e, aiutandosi con la bacchetta, li sistemò in una ghirlanda che lasciò cadere sopra un telo che Hermione aveva posto sui resti di quello che era stato il suo genero. Richiusero tutto con cura e poco dopo li raggiunse anche una rosa in carne ed ossa.
 

 
***
 


Mancava solo una cosa da fare: distruggere le pergamene.

Ora che tutto sembrava davvero finito metà delle squadra di supporto decise di andare verso la Caserma per rinfrescarsi e magari concedersi un’oretta di sonno, rimasero con il ragazzo tutti quelli dell’ES, convinti che restare al fianco di Scorpius fino all’ultima tappa fosse il loro dovere; Ian, Alan, Rebecca, Annabel e anche Rose decisero di essere presenti quando finalmente la parola FINE sarebbe stata scritta su quella brutta storia di morte e male.

Uscirono dai confini di Shinyalu in un’unica formazione compatta, attraversarono a piedi la foresta di Kakamega guidati dall’unico tra loro che riuscisse ad orientarsi in quell’ammasso di verde, insetti e animali ben svegli.

Il coperchio di una botola, nascosta da uno spesso strato di foglie giganti, si intravide solo dopo che Scorpius pronunciò una parola in lingua Oscura ( di cui nessuno di loro volle sapere il significato) e poggiò il Marchio Nero sul tronco di un albero apparentemente come tutti gli altri. Il ragazzo rabbrividì e per un momento gli tornarono davanti agli occhi le immagini della battaglia, avere Rose attaccata al suo braccio rese tutto più nitido. Quella volta aveva fatto in modo che la botola non si richiudesse dopo il suo passaggio, nessuno se ne era accorto grazie a tutto quel trambusto e questo diede modo agli Auror di poter entrare, salvandoli, senza possedere un Marchio che condannava alla galera, se non alla morte.

Scesero le scale solo in quattro, Hermione, Draco, Rose e  ovviamente Scorpius, gli altri rimasero all’esterno per poter intervenire in caso qualcosa fosse andato storto.

L’odore di stantio e muffa colpì subito Rose allo stomaco. Dovette staccarsi da Scorpius per poter vomitare in un angolo. In quella stanza era stato giustiziato suo figlio, in quella stanza era morto il suo futuro solo tre anni prima, lì aveva ucciso colei che aveva considerato la sua migliore amica. Gli odori e i colori, seppur confusi nei suoi ricordi, tornarono prepotentemente indietro e la fecero tremare.

-Rose!- la chiamò Scorpius abbassandosi su di lei per reggerle la testa.

Un altro conato la sconquassò e dovette piegarsi ancora sotto la potenza dei ricordi e del dolore. In lacrime se ne stava in ginocchio con tre spettatori impotenti, in pena per lei.

Scorpius la resse per le spalle e, quando sembrò un po’ meno provata, voltò il suo viso verso se stesso e sussurrò:- Esci, non è necessario che tu rimanga qui.-

Scosse la testa con vigore:- No, voglio rimanere, voglio vedere quando cesserà tutto.- disse sicura rimettendosi in piedi.

Non le chiesero o le imposero altro. Si avvicinarono alla prima porta sulla destra e Scorpius la aprì. Disse altro nella stessa lingua che nessuno capiva, un cassetto, lontano solo un paio di decine di metri, si materializzò al centro della parete e lo raggiunsero con urgenza. Scorpius lo aprì e un corto ammasso di pergamene riempite con una scrittura gotica, tenute insieme da un nastro nero come la pece, apparve quando toccò il fondo del cassetto.

-Dovrò usare l’Ardemonio. Statemi qualche passo indietro ne caso non riuscissi a controllarlo.- disse Scorpius preparando la bacchetta.

Fecero come suggerì loro e attesero.

Il ragazzo chiuse gli occhi per concentrarsi e quando li riaprì sussurrò:- Ardemonium.- Dalla bacchetta spuntò un serpente a fauci aperte, sembrava dotato di vita propria, avanzò sotto comando e divorò l’intero mobile.

Ma successe altro.

Il tatuaggio di Rose cominciò a bruciare nel momento stesso che il demonio di fuoco inghiottì tutto e lo ridusse in piccoli pezzetti sfrigolanti, per poi sparire con essi.

Scorpius si accasciò a terra.

Le pareti tremarono.

Rose urlò di dolore e di paura quando le si ruppero le acque.

 





 
Principessa
 






Hermione si precipitò a sostenere sua figlia che urlante chiamava il nome del ragazzo che amava, Draco raggiunse Scorpius e con un incantesimo cercò di rianimarlo, senza successo.

Mentre lo scantinato cominciava ad accartocciarsi su sé stesso i due presero i propri figli di peso e li portarono all’esterno di quella struttura sotterranea che stava per autodistruggersi.

-Scorpius.- urlava disperata Rose piegata in due da dolori sempre più ravvicinati, in lacrime e terrorizzata.

Tutti quelli che aspettavano fuori si raccolsero intorno a loro e cercarono, con la forza, di tenere la ragazza lontana dal corpo esanime di Scorpius che Draco teneva sospeso con un incantesimo. Si avviarono con velocità verso i confini della cittadina senza parlare, uniti dalla paura che non riguardava solo il loro presente ma anche il loro futuro. Scorpius era morto? Aveva fallito?

Entrarono nell’area protetta da incantesimi difensivi con la spiacevole sensazione di andare a rilento, con il volto di Rose per l’ennesima volta distrutto da due tipi di dolori, che si divincolava senza pensare che era a pochi minuti dal parto.

Raggiunsero la clinica dove parecchi medici li sentirono entrare e accorsero subito con due barelle.

Hermione caricò su una di esse sua figlia e, senza ascoltare le sue proteste e le sue suppliche, la seguì mentre la conducevano in Sala Parto. Draco seguì invece quella di suo figlio diretto al reparto di Rianimazione.


 
***


Furono interminabili minuti di puro terrore quelli che solcarono il volto di Draco Malfoy piegato nel tentativo di riportare alla vita suo figlio. Le tentò tutte, ripescò nozioni da tutti i corsi di medicina che aveva seguito ma niente sembrava funzionare. In lacrime non lasciò che nessuno dei medici prendesse il suo posto mentre mormorava parole ai più sconosciute.

-Signor Malfoy...- tentò un’infermiera che teneva in mano un defibrillatore babbano.

-NO!- gli ulrò questi contro.

Lei non si fece intimidire:- Almeno mi faccia provare.- disse con sicurezza.

-NO!- abbaiò dopo il centesimo tentativo.- Non userai quelle diavolerie babbane su mio figlio, i nostri incantesimi sono molto più potenti...- non finì la frase, due energumeni lo afferrarono da dietro e l’infermiera che poco prima aveva tentato con il dialogo prese in mano la situazione.

Passò le due piastre al dottore babbano al suo fianco, strappò le vesti al paziente e scoprì il petto, fece un cenno all’altra infermiera che afferrò un respiratore manuale pronta ad appoggiarlo sulla bocca del paziente.

-Carica!- disse il dottore e si sentì distintamente quando l’eletricità cominciò a circolare. –Libera!- urlò per poi appoggiare le piastre sul petto di Scorpius e dare la scarica proprio dove vi era il cuore.

Il corpo sobbalzò ma non successe nulla.

Dopo un po’ di ventilazione il dottore lo fece ancora.

Ce ne vollero sette. Sette potentissime scariche.
 

 
***



Hermione venne rivestita con un camice sterilizzato e la sua croccia di capelli cespugliosi venne coperta con una cuffietta. Anche Rose fu preparata per la Sala Parto da quattro pazienti infermiere che tentavano di schivare i suoi colpi e ignoravano le sue grida di dolore e protesta.

Entrarono in Sala di gran carriera, le contrazioni erano molto ravvicinate ed era arrivato il momento di vedere in faccia la sua bambina. Ma lei non ne voleva proprio sapere. Voleva uscire da quella stanza e correre verso Scorpius, assicurarsi che stesse bene, partorire con lui al fianco.

Non poteva essere morto, non era giusto. Aveva fatto tutto, le pergamene erano state distrutte e l’incantesimo spezzato, che altro non era andato in quel sotterraneo? Ismael era riuscito ad aspettare fino all’ultimo prima di fare l’incantesimo e i patti erano chiari: prima che il bambino compisse la prima magia tutto doveva essere stato distrutto. C’era altro che non sapevano? Altri incantesimi di morte che non le erano stati riferiti?

Non se lo sarebbe mai perdonata se così fosse stato.

Dal letto guardò verso sua madre, era disperata, piangente e dolorante:- Mamma...-

Grosse lacrime solcarono anche il volto della donna, ma tutto quello spavento non scalfì la sua voce o la sua decisione a tenere lì sua figlia:- Ce la farai!- disse con sicurezza prendendole una mano.

Scosse la testa con vigore -Io voglio ARGGGGGGGG- l’ennesima contrazione la fece ringhiare di rabbia e risentimento, strinse forte la mano di sua madre. -...Scorpius.-

L’ostetrica si posizionò davanti a lei, alzò il lenzuolo e valutò la dilatazione. Sbucò da quelle coltri ospedaliere e con un sorriso finto disse:- Ci siamo...quando glielo dico dovrà cominciare a spingere.- la informò per poi prepararsi a dovere. La dottoressa era una ragazza giovane e dalla pelle scura, era cresciuta lì e Rose rammentava di averla vista parecchie volte nel villaggio ed essersi fermata a parlare con lei al mercato. Ma in quel momento proprio non riusciva a ricordare il suo nome.

-Io non voglio spingere...- piagnucolò rivolta a sua madre cercando per l’ultima volta di scappare via.

Sospirò:- Ma che dici, Rose? Non fare la bambina, sei grande oramai.- quasi la rimproverò come se fossero tornate indietro nel tempo e lei non volesse mangiare i broccoli che aveva nel piatto. Solo che a lei i broccoli erano sempre piaciuti.

Si sentì l’ostetrica dare qualche ordine, scoprire il basso ventre e poi guardare un monitor. La contrazione stava arrivando e lei disse:- Spingi!- quando anche Rose la sentì arrivare.

Rose, a suo malgrado, lo fece. La paura, e i due dolori che provava si sovrapposero e deformarono il suo volto. –Non voglio!- protestò mentre cercava di riprendere fiato, ma il suo corpo non le dava retta, andava in automatico.

Mentre si apprestava a spingere la seconda volta sentì che qualcosa cambiò, ci fu uno spostamento d’aria, un odore diverso riempì le sue narici, un sudore che conosceva bene. Si voltò sorpresa verso la madre ma chi vide la sconvolse. Il volto di sua madre venne sostituito da un altro, la sua stretta da un’altra stretta.

- Sì che vuoi!- disse la voce decisa e incrinata dall’emozione.

Era lì, vivo:-Scorpius!- urlò istericamente assicurandosi con lo sguardo che stesse bene.

Sorrise e la baciò in fronte:- I tuoi figli hanno...-

-Spingi!- disse l’ostetrica all’arrivo della contrazione sucessiva.

-Cos’hanno?- chiese Rose in un rantolo preoccupato. Cosa era successo?

Rise cercando di sdrammatizzare la situazione:- Un tempismo davvero sadico.-

-Spingi.-

Lo fece per poi dire un esausto -Non ce la faccio.- abbandonandosi sul lettino priva di forze.

Scorpius sbirciò sotto i lenzuoli, si scambiò uno sguardo con l’ostetrica e poi ritornò sulla ragazza:- Non manca molto.-

Lei si concentrò suoi suoi occhi azzurri attingendo forza e coraggio , gli stessi che credeva di aver perso nel momento stesso in cui lui era crollato esanime davanti a lei.

-Spingi Rose.-

Diede un’altra spinta, più decisa e finalmente sentì che qualcosa cambiò.

-Si vede la testa.- esclamò la professionista.

Ciò diede vigore alla madre, sembrò attraversare il padre come una scossa e un gran sorriso apparve sul suo volto, bagnato da lacrime di gioia. Strinse ancora di più la mano a colei che sarebbe diventata sua moglie.- Ci siamo quasi, mancano poche spinte.-

Lo guardò con la fronte aggrottata:-Tu che ne sai?- ruggì Rose piccata. Insomma il parto, fino a prova contraria, era di sua competenza, che ne sapeva lui di quanto ancora avrebbe dovuto sopportare quei dolori lancinanti, quelle pressioni sulla schiena e la sgradevole sensazione di essere aperta in due e osservata da troppi estranei?

Scorpius si zittì all’istante, intimorito e rammentandosi quello che una volta gli aveva detto suo suocero: “Quando mia figlia partorirà avverrà sicuramente che dirai qualcosa di sbagliato nel momento sbagliato perchè sei un uomo e non puoi capirla, tu zittisciti all’istante quando te ne rendi conto. A Hermione ho chiesto di non urlare e mi ha rifilato un pugno in faccia, stava partorendo Rose, mi ha spaccato un sopracciglio- gli aveva mostrato la cicatrice ridendo di gusto.- Quando le è toccato Hugo le ho chiesto di non stritolarmi una mano... mi ha rotto un dito per ripicca.” Poi si era fermato un po’ a ricordare e aveva aggiunto “E’ un momento unico anche quando si hanno più figli, nessuna nascita è uguale all’altra ma ti riempie il cuore di gioia allo stesso modo. Non ci si abitua ad emozioni come quelle.”.

In quel dialogo, pochi giorni prima di finire la loro missione, si era sentito davvero vicino a Ron Weasley. Si erano ritrovati fuori dalla caserma con una tazza di caffè in mano e il cielo stellato a fargli da coperta, si erano ritrovati a parlare come avrebbero dovuto parlare molto tempo prima, come suocero e genero. Era stata la prima e unica occasione che si era sentito parte dei Weasley... il che era tutto dire per un Malfoy.

-E perchè sei vivo? Ti credevo morto, io...- lo spiazzò Rose aggressiva lasciandolo attonito e senza parole dopo averlo riportato alla realtà.

-Spingi.-

Spinse per poi rimarcare:-Tu... eri morto!- disse ansimante prendendolo per il colletto del camice.

Rantolò anche lui:- Ne possiamo parlare dopo?- disse tossicchiando.

-Spingi!- disse per l’ultima volta l’ostetrica e Rose sentì che qualcosa le scivolava via dal corpo.

Subito dopo sentì piangere forte e si dimenticò di tutto. Le importava solo di quel suono, nient’altro le interessava. Sua figlia era viva, piangeva, respirava. Scorpius stava tagliando l’ultimo legame che aveva con lei e l’infermiera gliela pose sul petto mentre lei singhiozzava di gioia e di sollievo.

Era bella! Bella da morire! Si abituava subito alle forme di sua madre, continuando a dimostrare al mondo, con la sua potente voce, di essere viva e forte, di essere nata e di pretendere il suo posto nel mondo. Scorpius si strinse a loro riempiendosi gli occhi di sua figlia, di tutte le sue particolarità, delle specialità più piccole che la rendevano loro, l’unione perfetta e bellissima di loro che nessuno avrebbe più potuto dividere.

Rose si volse verso di lui, si baciarono con passione piangendo di gioia, per essere lì, per aver visto e vissuto quel momento. Uniti in tanti modi ed emozioni. Felicità, euforia, stupore, dolcezza, commozione si susseguivano sui loro volti e si mischiavano nei loro occhi.

Erano una famiglia, la loro figlia era nata. Da quel momento in poi sarebbe sempre stata una sfida ma avevano tutta l’intenzione di affrontare tutto e di riuscire al meglio. Quel piccolo esserino che agitava le manine contava su di loro per crescere, per riconoscere la differenza tra bene e male, per imparare a camminare e a parlare, per conoscere l’affetto di un fratello e l’amore di due grandi famiglie così diverse tra loro. Contava su di loro per procedere sia nel mondo della magia che nel mondo babbano, ognuno con i propri pericoli e le proprie bellezze. Erano diventati capisaldi nella vita di quella bambina dagli occhi sorprendentemente azzurro ghiaccio e dalla zazzera umida di capelli rosso fuoco. Erano i suoi genitori.

L’infermiera chiese con sguardo addolcito:- Come la chiamiamo questa principessina?-

La guardarono insieme e senza esitazioni, senza mai essersi messi d’accordo, senza sapere se le loro idee combaciavano, sorridenti pronunciarono il nome più adatto, l’unico che volevano per la loro bambina, l’unico che le stava a pennello:- Saran.-




<<<<<< Rosa del Deserto o Rosa del Madagascar. (trovata e fotografata sulle sponde del fiume prosciugato vicino alla missione di Kipsing dove sono stata)



1Il Kanga è il classico telo colorato e stampato che le donne delle tribù usano avvolgersi intorno al corpo o con il quale ci avvolgo i figli per portarseli alla schiena (vedi foto sulla pag. FB). Ne ho alcuni anche io a casa, riportati dal viaggio, e dopo un po' di lavaggi con l'ammorbidente li utilizzo volentieri quando il sole picchia. Anche se qui non c'è lo stesso caldo dell'Africa che ho conosciuto, funzionano altrettanto bene su una Mzungu e con il caldo dei Wazungu. ;)
<<<<<<<<<<<<<<<<<<<< Pe' capicce... il kanga è quello bianco e azzurro che avvolge il bambino ma ha più funzioni, ed è sia maschile che femminile (mamma e figlio di una tribù Samburu in un villaggio vicino a Kipsing.)
  
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