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Autore: ThousandyearsThousandmore    18/07/2015    3 recensioni
Outlaw Queen;
Che cosa sarebbe successo se anche Robin Hood fosse caduto vittima del sortilegio lanciato da Regina e avesse perso memoria della sua identità?
Niente percorso di redenzione alle spalle della cattiva della storia; solo un uomo che la fissa da subito in un modo diverso, con i suoi occhi irritanti e magnetici, e una donna che per il gusto della vendetta, ha perso di vista quello che la renderebbe davvero felice.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Regina Mills, Robin Hood, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Regina aprì un occhio alla volta, dopo aver preso un po’ di tempo per smetterla di trattenere il fiato. Ricordava benissimo di essersi addormentata fra le lenzuola di Robin, non era stato necessario prenderne coscienza. Sgattaiolò via dal braccio che le cingeva saldamente la vita, il suo respiro sul collo l’aveva resa lusingata in un certo senso, ma era ora di tornare sul pianeta terra. Per quanto fosse stato bello rovinare i suoi piani ed essere letteralmente amata per tutta la notte, era già razionalmente pronta ad inventare tante scuse, mentire sulla sua serata romantica e proseguire con la sua giornata lavorativa, come nulla fosse accaduto. Guardò il pavimento ancora un po’ intontita dal sonno, e raccolse la terra la camicia bianca di Robin, abbracciandovisi dentro, per non andare in giro per casa con addosso soltanto il sorriso. Che scema si sentiva, a sorridere di cuore con il colletto tenuto stretto fra le sue dita, le spalle rivolte verso l’alto e il naso immerso nel profumo di Robin, per lei inconfondibile ormai. Camminò a piedi nudi con passo felpato per non disturbare il suo sonno, e andò al piano di sotto, per cercare il necessario per fare il caffè. 

Dopo aver passato un paio di minuti ad osservare il vuoto, con le mani cinte sui fianchi e lo sguardo fisso sullo stesso punto, cercò la macchinetta del caffè del suo nuovo amante, sperando ardentemente di riuscire a riprendersi da quello stato.

Prese una tazza da una credenza di legno bianco,osservando poi e con attenzione, tutti gli oggetti che c’erano dentro; aveva riconosciuto una tazza con dei supereroi che non le erano assolutamente nuovi; quelle cose di cui si ostinava ancora nel non ricordare il nome, piacevano tanto a Henry, era carino che entrambi stessero crescendo da soli\o quasi, dei bambini adorabili. 

Versò dell’acqua calda nella tazza, così intenta nel procedimento da non accorgersi quale fosse il motivo dei suoi brividi, presenti in massiccia ondata, da un secondo all’altro, su tutto il suo corpo congelato.

Si mise un po’ più dritta, sussultando giusto un poco, mentre la camicia bianca che la copriva morbida saliva scoprendole leggermente le cosce, e delle mani si posavano decise sul suo ventre, attirandola di un passo all’indietro.

 

“Buongiorno”

 

Disse Robin da dietro, con una dolcezza tale da farla continuare a sorridere sognante, e mettendo subito dopo la testa comoda nell’incavo del suo bel collo, la sua pelle questa volta, era deliziosamente tiepida.

 

“Giorno”

 

Ripeté lei, mettendo dopo qualche secondo, le mani su quelle di lui. Le strinse nei palmi decisamente più piccoli, e gli fece così allentare quella presa, per permettersi di smetterla di dargli le spalle, e provare a osservarlo bene, magari senza arrossire. 

Si guardarono per qualche secondo senza dirsi nulla, accarezzandosi reciprocamente le spalle, come a dire qualcosa che lei di sicuro, non avrebbe mai avuto il coraggio di ammettere. Conoscendola non poi così bene, Robin non faceva fatica a immaginare quanto con calma dovesse procedere, prima di vederla scappare via in un secondo. Il sorriso di lei lo rassicurò, la sua mano minuta sulla sua guancia, gli diede lo slancio necessario per decidere che era arrivato il momento di salutarla come meglio credeva avrebbe dovuto fare. Non aveva mai visto quelle labbra così perfette senza quel filo di rossetto intenso e un po’ provocatore, e si rendeva conto di quanto così le preferisse, osservandole senza mai smettere, fino a quando con le sue, era arrivato a farle combaciare alla perfezione. 

La regina cattiva intrappolò fra le sue labbra morbidissime quelle di lui, indietreggiando il necessario per abbandonarle, dopo averle assaporate di nuovo.

 

“Non pensavo ti saresti svegliato tanto presto.”

 

Disse ancora con gli occhi chiusi, lasciando che lui intrufolasse le mani sotto alla sua camicia, accarezzandole i fianchi senza poi tanta malizia. Ella inclinò la testa, e gli sorrise assottigliando lo sguardo, non aveva ricevuto risposta, ma le carezze le erano ben gradite.

 

“Puoi accompagnarmi a casa?”

 

Comprensiva assestò il mento e batté per un paio di volte le ciglia, prima di lasciare gli occhi ancora aperti in una fessura, Robin non l’aveva mai sentita parlare con nessuno così–, non con così tanto tatto. 

 

“Ovunque tu voglia, milady” 

 

Lei alzò lo sguardo per guardarlo male, non aveva mai tollerato quel nomignolo, ma quello spiccato accento britannico, adesso non era più molto fastidioso, fallì, fallì miseramente, finendo per rivolgergli uno sguardo piuttosto assopito, benevolo.

Mordendosi le labbra, si avvicinò per poggiare la sua fronte su quella dell’arciere, non aveva fretta di scappare via, non aveva priorità che non fosse quella di assaporare una sensazione del tutto nuova.

Lontana dall’ordinario, totalmente lontana anche dai bersagli che vigilavano il suo controllo, forse avrebbe rovinato tutto–come andava di solito, ma per adesso almeno, era certo che tutto fosse vero. Robin era davvero lì, a sollevarla letteralmente da terra per farla posare gentilmente sul bordo chiaro della sua cucina, a qualche metro dai fornelli ancora spenti.

 

“Ma prima…”

 

Regina aprì le gambe per ospitarlo in mezzo, circondata dalle sue mani che facevano peso sul bancone dove era stata messa seduta.

 

“Prima vuoi… prepararmi la tua colazione ipercalorica?”

 

Chiese lei, avvicinandosi al suo orecchio, non avrebbe neanche sfiorato un piatto che non contenesse la sua tazza con il caffè, ma sarebbe stato comunque un tentativo dolce, nessuno aveva mai fatto queste cose per lei.

 

“Hai fame milady?”

 

Chiese lui, cercando di capire dove volesse andare a parare, mentre quell’enigma di poco conto si trasformava nell’occasione giusta per farle pensare ad una risposta, e scandire un paio di secondi sulle sue labbra, che furono ben liete di schiudersi per un bacio un po’ più intimo del precedente.

Quando lui provò ad indietreggiare, lei si sporse di nuovo per schioccargli un altro bacio, questa volta più velocemente, per farlo riavvicinare in quel modo.

Fece no con la testa, osservando gli irritanti occhi chiari di quel ladruncolo, non aveva affatto appetito.

 

“D-dovrei fare una doccia, e…siamo stati irresponsabili questa notte, devo chiamare Henry.”

 

Regina mise i piedi per terra, informandolo della sua preoccupazione, era la prima volta che rimaneva fuori casa per tutta la notte, e non aveva neanche avvisato.

 

“Certo, chiama Henry… faccio il caffè, mh?”

 

Lei annuì, scivolando via dal piano cucina, e sistemandosi un po’ impacciata la camicia che le copriva le gambe soltanto in parte.

 

“Sai… dovremmo fare una doccia, hai ragione”

 

Regina fece no con la testa, sorridendo un po’ in imbarazzo a lui, che era stato piuttosto esplicito, toccandole il fondo schiena con entrambe le mani, e bloccandola di nuovo a un centimetro da lui, i loro corpi così aderivano perfettamente e lei più bassa, stava con la testa alta e il collo dritto, per poterlo guardare.

 

“Beh, si.. direi che può andare…”

 

Tirò un ciuffo di capelli all’indietro, soffiando con le labbra arricciate in modo tenero, quasi per fingersi indifferente.

 

“Non ricordo dove sia la mia borsa però… ieri è stato tutto piuttosto veloce…”

 

“All’ingresso mia Regina, insieme alla giacca”

 

Regina camminò con la testa bassa e un sorrisetto sulle labbra, oltrepassò la sala con l’albero di Natale ancora luminoso, e si diresse nell’angolino dove aveva lasciato tutto, prendendo il cellulare per chiamare Graham.

 

“Non penso ti riguardi, dove sei?

 

Disse al telefono, ritrovandosi a sbuffare perché non aveva alcuna voglia di dirgli niente, ne di dare spiegazioni proprio a lui. Gli chiese qualche istante dopo di parlare con Henry, solo qualche secondo, per sentire la sua vocina appena sveglia. Regina gli chiese scusa per non essere tornata, ma non appena aveva provato a proporgli di passare il pomeriggio insieme, lui aveva detto che aveva già programmato cose ben migliori, lontane dalla sua cattiveria, con l’unica sua vera mamma. Il bambino agganciò lasciando la frase speranzosa e timida di Regina a metà, lei non poteva fare più nulla per convincerlo che avesse immaginato tutto, quel bambino era troppo per lei, non l’aveva mai meritato, ed era orribile pensarci lì, dove pochi secondi prima aveva camminato ad un metro da terra. Sospirò, Robin ovviamente era preoccupato e la stava guardando, trovandosi sempre più vicino. 

 

“Cos’è successo?”

 

Premuroso lui, prese il viso di lei con la mano, per farlo girare. Si era accorto che aveva gli occhi lucidi, ed era prossima al pianto.

 

“Ma che cosa ci vedi in me?”

 

Le parole di lei lo sorpresero, aggrottò la fronte non capendo il nesso con la telefonata, ma non la costrinse con altre domande.

 

 

“Sei bella fino ad essere fastidiosa, e poi sei anche un’ottima baciatrice, lo sai?”

 

Regina abbassò lo sguardo, strinse gli occhi fortissimo e si mise una mano sulla fronte.

 

“Mio figlio mi odia”

 

Era la prima volta che lo diceva ad alta voce, non avrebbe mai pensato di poterlo fare con lui.

 

“E’ una fase, soltanto una fase, vedrai che gli passerà… non ti odia Regina, non potrebbe”

 

Lei fece ‘no’ con la testa, sorridendo soltanto alla fine, lui la baciò le labbra accarezzandole il viso ancora una volta, prima che potesse dire qualcosa che lo smentisse, pensava davvero che lei soffrisse, ma credeva che alla fine si sarebbe rivelata una cosa da nulla.

 

“Una spina nel fianco come te non può che essere un’ottima madre, gli passerà, succede a tutti i ragazzini quando crescono, è semplicemente così.”

 

Robin alzò le spalle, cercando di risollevarle il morale parlandole sinceramente.

 

“Bene, quella doccia?”

 

Regina gli accarezzò il braccio, non sapeva nemmeno lei perché aveva detto tutte quelle cose, ma l’aveva fatto, e non le restava che cercare di fingere che così non fosse, per non sentirsi anche peggio, non erano cose che avrebbe mai dovuto dire a nessuno.

 

“Vuoi…”

 

“Si, si, voglio…”

 

“Al piano di sopra”

 

“Bene”

 

Regina annuì, camminando avanti a lui fino alla sua camera, poi entrò in bagno. 

Non cancellava i suoi problemi, non la faceva sentire meno frustrata, ma Robin era l’unica persona che per lei provasse qualcosa che non fosse odio, e forse anche lei sì, provava qualcosa che non le faceva desiderare altro che diventare sua. 

 
  
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