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Autore: Lost In Donbass    20/07/2015    0 recensioni
Londra, 1888. Midford High School, istituto maschile per nobili rampolli.
Viole MacMillan è uno strano ragazzo; pittore senza pari e genio sconclusionato, malinconico ma deciso, curioso ma riservato, oscuro e dannato.
Edgar Cole è bello come il sole; intelligente e aggraziato come pochi, poeta e sognatore, idealista e innamorato del bello e del perfetto, popolare e avventuroso.
Queste due diverse personalità si fonderanno l'una con l'altra, si incendieranno a vicenda, si amalgameranno nonostante le diversità seguendo il tenebroso e sanguinario filo del destino. Filo che li conduce in un mondo maledetto, nascosto nel giardino interno della scuola. I due ragazzi si lasceranno trascinare in un mistero più grande di loro, dove demoni e dei della morte, streghe e corvi parlanti si dilettano in un banchetto senza fine, in cui gli umani non sono altro che pedine e biscotti da sgranocchiare nell'attesa.
Viole e Edgar intraprenderanno il viaggio nel baratro dell'orrore più nero, cercando di uscirne vivi e tagliare il filo sanguinolento del destino.
Ora loro sono gli scacchi, e la scuola la scacchiera.
Genere: Avventura, Dark, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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PARTE OTTAVA : L’ABBRACCIO

Comunicazione di servizio per i miei amati lettori, che ringrazio infinitamente: intanto, scusate il ritardo, come al solito (il bradipo che c’è in me è tornato e non lo sconfiggerete facilmente). I capitoli, per motivi tecnici di computer e montagna senza linea, saranno pubblicati ogni due settimane (fosse vero, pensano i lettori), se riesco anche settimanalmente ma ne dubito fortemente.
Grazie e a presto.

 

Quando Viole aprì gli occhi, sentì un terribile mal di testa colpirgli le tempie. Sbatté le ciglia, tentando di capire dov’era finito. Gli sembrava di essere sospeso in una bolla d’acqua, dove tutti i suoni erano attutiti, e dove pareva impossibile potersi muovere. Tentò di girarsi, su quella cosa morbida dov’era adagiato e sentì qualcosa di caldo circondargli le spalle, qualcosa di così terribilmente rassicurante che il ragazzo non avrebbe voluto più alzarsi. Chiuse di nuovo gli occhi, crogiolandosi in quel calore e in quel qualcosa di indefinito che stava abbracciando e da cui si stava facendo abbracciare. Profumava di rosa, di colonia, di inchiostro e di mirtillo, sempre che il suo naso non l’ingannasse. Profumava di casa, di sicurezza, di una dolcezza che a Viole era sempre mancata, emanava la sottile fragranza dell’innocenza e della protezione. Viole sentiva la testa girare piano, sempre più piano, costringendolo quasi a stringersi e ad abituarsi a quello che pareva un abbraccio metafisico. Voltò il viso, posandolo su qualcosa di pulsante. Una pulsazione leggera, lontana, eppure presente, rassicurante, insieme a un tocco indefinito a cui le sue gambe stavano avvinghiate. Si sentiva al riparo da qualunque cosa, attaccato alla forma invisibile che lui toccava, si sentiva la testa finalmente vuota dalle preoccupazioni, le tensioni delle mani e delle spalle sciolte, il respiro regolare dopo tanti anni di respiri sconnessi, il battito del cuore regolare e non ballerino come sempre. Avrebbe voluto non sciogliersi mai da quell’abbraccio, ma sotto di lui si mosse delicatamente qualcosa. E i suoi occhi si spalancarono, di nuovo vigili e attenti, quando una voce soffocata, che conosceva sin troppo bene mormorò
-Ma che diavolo è successo?
Viole si immobilizzò. Quella voce … no, non poteva essere, non … si drizzò di scatto, con una lancinante fitta alla testa e agli occhi ma nonostante la vista leggermente annebbiata, si rese conto di essere ancora avvinghiato a Edgar Cole.
-Oh Cristo!- imprecò a mezza voce, scostandosi i capelli dal viso.
-Viole, si può sapere che … oh Santa Madre!
Anche Edgar fece un sobbalzo. Viole?! No, cioè, lui aveva appena dormito stretto a Viole MacMillan? Eppure, gli era piaciuto così tanto bearsi di quell’abbraccio, di quel calore che lo aveva scaldato sin nel cuore, lasciarsi invadere le narici da un profumo di pittura, muschio, rosa e dannazione che solo, effettivamente, Viole poteva emanare.
-Dimmi che non abbiamo dormito insieme- mugugnò, anche se il suo cuore avrebbe voluto dirgli “Forza, Viole, smettila e torna a letto”. A volte, aveva sognato di dormire con lui, doveva ammetterlo, e spesso al risveglio non era stato particolarmente contento di trovare solo lenzuola fredde. In quel preciso istante, in cui Edgar era consapevole che la sua vita non sarebbe più stata la stessa, avrebbe davvero voluto che quella specie di idillio con il suo nemico durasse ancora. E forse, sarebbe stato il primo a dirgli chiaro e tondo “Voglio dormire con te”. Anche se sapeva già la risposta offesa di Viole.
-Direi proprio di si- borbottò l’altro, acido come il limone. Nonostante tutto, il Conte però sapeva, anche se faticava ad ammetterlo a se stesso, che se avesse potuto si sarebbe gettato nuovamente tra le braccia di Edgar, senza pensarci, seppellendo anni di odi e insulti silenziosi. Avrebbe copiato i quadri che faceva di notte per auto conciliarsi il sonno, che raffiguravano sempre e solo il Marchese in camicia da notte, sdraiato a letto, intento ad abbracciare qualcuno di cui non era data sapere l’identità, ma che, ad occhio attento, avrebbe rivelato avere capelli neri tendenti al violaceo, sotto certe luci. E l’unica persona ad avere capelli lunghi, neri tendenti al violaceo era Viole. Che nei dipinti non appariva mai veramente, se non per indizi, come i ciuffi di capelli che uscivano da sotto le coperte e Edgar che lo abbracciava stretto. Dipinti sbagliati, perversi. Dipinti dannatamente giusti. Viole tentò di soffocare la voglia di rifugiarsi nei capelli biondi dell’altro, di continuare a dormire tra le sue braccia, dormire finalmente, dopo mesi di sonni agitati, fastidiosi, notti passate a vagabondare, a disegnare, senza riuscire a dormire veramente. Aveva solo bisogno di sonno, e se a quel punto solo il Marchese poteva darglielo, lui se lo sarebbe preso.
-Beh, io … non so … allora … - balbettò Edgar, fissando gli occhi verdi del ragazzo. Nessuno dei due accennava a muoversi dalla loro posizione ambigua, ancora semi incastrati. Sapeva, eccome se sapeva, che se per caso qualcuno fosse entrato in quel momento, sarebbe stata la loro Fine. Ma, buffamente, non gli importava minimamente. Che lo cacciassero, esiliassero, diseredassero: finché poteva stare così bene, niente lo avrebbe toccato. Finché aveva Viole lì vicino, niente sarebbe potuto andare storto.
-Allora freghiamocene, Edgar.
E Viole gli si ributtò addosso, incurante di tutto, di nuovo menefreghista come al solito, anticostituzionale, rivoluzionario scanzonato, testa matta che andava contro tutto e contro tutti. Edgar se lo ritrovò di nuovo tra le braccia, le gambe incastrate, il viso pallido del pittore perfettamente nascosto nel suo collo, le mani a stringerli il gilè e solo i capelli a testimoniare che fossero una cosa diversa e non un unico ammasso umano.
Edgar trattenne il fiato per un attimo. Bene, perfetto, il futuro maggiordomo della Regina a letto, seppur senza losche intenzioni, con un membro dell’inquietante e misteriosa casata MacMillan mentre tutti gli studenti erano in refettorio … se suo padre, o un suo qualunque familiare, lo avesse visto lo avrebbe diseredato a vita. Ma in quel momento non gli importava più di tanto. Anzi, che lo diseredassero pure, a quel punto, se poteva avere la sua Musa Ispiratrice direttamente in braccio. Sospirò rumorosamente, rilasciando il fiato trattenuto: avrebbe scommesso il suo intero patrimonio che erano stati i demoni di TerraCapovolta a farli svegliare in quell’incresciosa posizione. TerraCapovolta, quell’inquietante mondo nascosto sotto la loro scuola. Chi avrebbe mai potuto pensare che esistesse una terra parallela dove era sempre notte ed era sempre l’ora del the? E chi avrebbe mai potuto pensare che addirittura quel mondo avesse stretto un patto con il mondo normale? E, ancora, perché andare a scegliere proprio loro due? Un sacco di domande ballavano il valzer nella testa del giovane Marchese, senza lasciargli chiudere occhio. Girò lentamente la testa e guardò il viso di Viole addormentato. Sembrava così diverso dal Viole a cui era abituato: questo qui era più dolce, più fanciullesco, più innocente. Quando apriva gli occhi, cambiava tutto. Si trasformava; diventava di una bellezza tossica, sbagliata, adulta. Come se si rompesse un vaso di cristallo e ne uscissero fuori enormi serpenti cobra. Con che coraggio, con che forza poi riusciva a dormire? Come poteva anche solo riuscire a riposarsi tranquillamente dopo tutto quello che era accaduto loro? Come?! Ma forse era quello il bello: quello che faceva di Viole quello che era.
Edgar ripassò mentalmente gli strani personaggi che avevano incontrato, a partire da Nocche e dai suoi modi galanti e appiccicosi, per poi passare a Trickster e alla sua villania condita dal sarcasmo, passando per Donna Cibele, viscida e lussuriosa come le peggiori donne di malaffare che abitavano i Docks, osservando Windust e la sua fanciullezza rovinata e finendo con Pain e Sorrow dagli occhi gialli e la parlata villica. Che mondo strano, assurdo, fuori dalle righe. Eppure pareva talmente bello, senza pensieri, oppressioni, ognuno libero di mostrare il proprio Io senza aver paura di essere diseredato, additato, portato in tribunale. Tutto così nuovo per Edgar da costituire per lui un sogno a occhi aperti, un meraviglioso sogno dal quale non si sarebbe voluto svegliare. Ma si era già svegliato. Gli effetti magici erano finiti, dissolti come nebbia al mattino, lasciandoli al freddo del letto del dormitorio dell’odiata scuola.
-Signor Marchese?
Una voce doppia, soffocata, acuta, fece sobbalzare Edgar e con lui Viole, svegliato dalla gomitata che gli era stata rifilata.
-Ma sei idiota? Mi tiri le gomitate adesso?- sbottò Viole, mettendosi seduto e stropicciandosi gli occhi, sporcandosi irrimediabilmente le mani di trucco.
-Scusa Vì, ma ti giuro che ho sentito una voce!
Edgar, che nonostante tutto quello che avesse appena passato, rimaneva comunque un ragazzo impressionabile, si nascose dietro la schiena del Conte.
-Ma te la sarai sognata- biascicò Viole, scostandosi i capelli dal viso troppo pallido.
-Ah, e vieni anche a parlarmi di sogni dopo che ci siamo praticamente finiti dentro?
Viole alzò gli occhi al cielo, si schiarì la voce e disse, con tono annoiato:
-Se c’è qualche sogno vagabondo in questa stanza, è pregato di palesarsi ora, se no il nostro caro Marchese se la fa sotto, e, sapete com’è, non so come riusciremo a spiegare tutto ciò ai nostri compagni di dormitorio.
-Ma Viole! Che linguaggio!- Edgar si dimenticò immediatamente di aver paura e fissò l’altro ragazzo negli occhi. Verde dentro azzurro.
-Dai, Edgar, non sottilizzare … - Viole lo liquidò con un gesto della mano e uno sbuffo seccato.
-Io sottilizzo eccome! Stavi parlando come una di quelle losche persone che abitano nei Docks, ovvero un linguaggio che non si addice a uno della tua estrazione sociale. Mi chiedo anzi come tu possa … - Edgar si interruppe un secondo. Viole gli lanciò un’occhiata interrogativa e il Marchese esplose, arrossendo di colpo – Viole oddio, ho capito! Non mi dirai che … che vai con quelle infide donne di malaffare che si vendono per pochi soldi!
-Si, infatti. Eh, non te l’ho detto perché mi sembrava volgare, ma io vado spessissimo con le ragazze che battono giù i moli.
-Come?!- Edgar sentì le lacrime affiorare – Mi … mi prendi in giro, vero?
Viole volle sprofondare. Dio, ma quanto era stupido Cole?!
-Razza di deficiente, io non vado a donne!- urlò.
-Ah, meno male. Mi ero preso un colpo- Edgar si ritrovò a sospirare segretamente di sollievo, e si rasserenò di colpo. – Comunque, ciò non toglie che tu usi parole non adatte. Come le hai imparate?
Viole sospirò profondamente, trattenendosi dal non tirargli uno schiaffo e rispose
-Se tu di notte non dormissi come un ciocco, potresti seguirmi nei Docks. Per vincere la noia a volte prendo e vado al porto. Non faccio niente di strano, semplicemente faccio un giro, parlo con chi mi capita, a volto gioco a carte, a volte resto ad ascoltare storie. Vita vera, Edgar.
-Ora non mi prendi in giro, vero Viole?
-No, ora no.
I due ragazzi si guardarono un po’, scrutandosi a vicenda, finché Edgar non sussurrò, talmente piano che quasi non si sentì da solo
-Beh, sembra divertente …
-Lo è. È molto divertente.
Edgar abbassò lo sguardo, mentre Viole lo rivolse alla finestrella gotica. Non si guardarono, non volevano che i loro sguardi si incrociassero, fin quando di nuovo la vocina sdoppiata si fece sentire, poco più forte, poco più decisa
-Signor Conte, signor Marchese, scusate l’interruzione, ma siamo arrivati.
I due ragazzi si voltarono di scatto e videro,  Edgar con un certo orrore negli occhi e Viole con sguardo incantato, due serpenti verdi e dorati salire sul letto e fischiare, facendo guizzare le lingue nere e biforcute
-Siamo tornati, signori. Pain e Sorrow, per servirvi ancora.

 
  
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