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Autore: Degonia    20/07/2015    0 recensioni
[Terra Formars]
Marte. Il quarto pianeta del sistema solare. In modo da rendere questo pianeta glaciale abitabile per gli esseri umani, durante la metà del 21° secolo, il genere umano ha inviato due tipi di organismi... 500 anni dopo, per contrastare il nemico, l'astronave Annex I parte dal pianeta Terra!
Genere: Drammatico, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 5: Out Stage


Infastidita dalla tenue luce del mattino che entrava nella stanza dalla finestra, mi coprii gli occhi con il dorso della mano, per poi voltarmi verso il muro; dopo mi sollevai leggermente notando il vuoto nel letto dove prima riposava il capitano. Mi sdraiai di nuovo ricoprendomi con il lenzuolo e mi avvicinai a quel vuoto: era ancora caldo.
Alzandomi, indossai l’uniforme esterna e guardai fuori dalla finestra, fui sollevata: non c’era nessun nemico nelle vicinanze. Inspirai e buttai fuori l’aria più volte, non ero da sola.
Aprii la porta e mi diressi verso le altre sale, vidi Adolf fuori dall’infermeria e salutandolo con una mano, sbirciai all’interno.
-Oh, buongiorno Sheila, entra pure- mi disse Eva sorridendo mentre cambiava le bende ad Alex.
-Buongiorno ragazzi- sorrisi anch’io, e lasciando sulla porta Adolf, entrai.
Mi sedetti su una sedia vicino a loro.
-Ehi.. non guardarmi come se fossi già morto!- asserì Alex.
-Scusa...- voltai lo sguardo a terra.
-Non è la prima volta che mi vedi ferito, no? Chi mi medicava sempre quando facevo a botte?-
-Ma dai, quelli erano graffi...-
-Graffi!? Sicura di ricordarlo bene? Ci facevano davvero neri!-
Alex rise di gusto ricordando i vecchi tempi in cui lui e Marcos andavano in giro a sfidare i ragazzi più grandi, membri delle varie bande di quartiere, e la maggior parte delle volte ritornavano sconfitti e pieni di lividi. Fortunatamente quegli altri si stancavano subito di menare due stupidi ragazzini.
-E sai la cosa che ricordo bene?- continuò rivolgendosi a Eva -Ogni volta che ci medicava, le bende erano piene delle sue lacrime-
Eva rise un po’.
-Non è vero che piangevo!- dissi imbarazzata.
-No?- ridacchiò e aggiunse -Piuttosto dovresti ringraziarci, con tutta l’esperienza che hai fatto su di noi, ora potresti essere una perfetta crocerossina-
poi si rivolse nuovamente a Eva: -Potresti essere più veloce?- disse con preoccupazione.
Eva rispose un po’ imbarazzata: -Scusa, ma è difficile stendere le bende per bene-
-Lo so- rispose Alex -ma non riesco più a trattenerla!-
Eva arrossì: -Ah, potevi dirlo prima... scusa, farò più in fretta-
-Aspetta, ti aiuto- dissi alzandomi e diedi un buffetto sulla testa di lui -non si dicono queste cose davanti alle ragazze- lo ammonii.
-Che? Quindi voi non la fate la pipì?-
-Scemo- diedi una manata forte all’ultima benda che veniva chiusa.
-Ahi! Ti ricordo che sono ferito! E piuttosto, sarebbe meglio avere un aiuto…-
-Ch-chiamo qualcuno o vuoi che ti accompagniamo noi?-
-Che?!- esclamai -Eva!-
Lei si allontanò arrossendo un po’.
-Per me non c’è problema…- rispose Alex con un sorriso beffardo.
-Ma per me sì! Andrò a chiamare Marcos-.
In quel momento Adolf entrò nella stanza e, senza dir nulla, mise un braccio dietro la spalla di Alex per aiutarlo a sollevarsi.
Ne fummo sorpresi, non perché Adolf non fosse in qualche modo ‘gentile’ con i suoi sottoposti, ma perché di certo non ci aspettavamo che si sarebbe fatto avanti in questa situazione.
-Grazie, ufficiale- disse Alex reggendosi a lui.
-“Adolf” va benissimo- dichiarò -puoi chiamarmi così-
-Ah, sì, grazie- rispose Alex.
Sorrisi, ricordando che quella stessa notte, anche il capitano mi aveva detto che potevo chiamarlo semplicemente con il suo nome, ma probabilmente non l’avrei fatto. Questo mi avvicinava di più a lui, ma non volevo forzare il rapporto con qualcosa che non c’era affatto. Chiamarlo per nome affermava che avevamo una relazione molto stretta, soprattutto questo valeva per un giapponese, e siccome non era così, decisi privatamente di declinare la sua offerta.

Poco dopo, ci spostammo nella sala più grande, quella in cui avevano dormito i ragazzi, perché Akari aveva riportato lì Alex.
Quando ci vide, serio, ci avvertì: -Non muovetevi da qui per la prossima ora! Non potete andare in bagno, non ve lo permetterò mai!-
Stranite da quell’ammonimento, ci guardammo sicuri che stavano tramando qualcosa.
Akari continuò: -No no, non cederò mai! Neanche se mi offrite una bistecca appena cotta, e neanche se mi lusingate con dolci parole- mise le braccia conserte, e alzò il mento come se fosse un vecchio professore che la sa lunga.
-Akari?- dissi -Hai la febbre?-
-Lo so che volete sbirciare.. ma davvero non posso! Proteggerò la loro integrità morale, dovesse costarmi la vita!-
-Alex? Che cosa si è bevuto? Non avrete mica mangiato quella schifezza di ieri-
-Ahah, ma no- continuò -semplicemente il capitano ha detto di non entrare in bagno perché lui e Adolf si stanno rinfrescando un po’-.
Al che avrei voluto prendere a calci quello scemo, ma visto la differenza di ranking, pensai di ottenere un effetto migliore urlandogli contro: -Pensi che siamo così immorali da spiare qualcuno!?-
Akari, abbassò la testa: -Mia cara Sheila, il cuore di una donna è un profondo oceano di segreti- disse rubando la citazione di un famoso film del ventesimo secolo.
-Pensi davvero che siamo tutti maniaci come te?- dissi colpendolo su una guancia.
-Sì!- disse serio e composto, sembrava meditasse.
-Sta per arrivartene un altro se non la smetti!- l’avvertii.
-Fa ciò che vuoi del mio corpo Sheila- disse urlando -Ma non vedrai mai le grazie del capitano!-.
Avvampai e lo colpii più forte che potevo.
-Mi hai fatto male!!!- si lamentò.
-Te lo sei meritato!- dissi indispettita.
-Eddai, vedi che scherzavo- alzò le mani in segno di resa -vai pure se vuoi, soldato... e torna vincente-.
Al che mi voltai e andai verso il tavolo, alzando una delle sedie.
-Ti uccido!-
-Argh, Alex- frignò -Ho fatto arrabbiare Sheila!-
-Oh no no, io sono già ferito, non avvicinarti a me-
Stava per avvicinarsi a Eva, ma lo squadrai: -Non provarci neanche, maniaco!!-
-Ahhh, eddai, perché te la prendi così tanto? Stavo solo giocando…-
-Non mi piace giocare così- dissi -vedi che si sente tutto dalla stanza accanto!-
-Quindi temevi solo che lui ascoltasse che volevi spiarlo?- disse ridacchiando.
Con le lacrime agli occhi, gli lanciai la sedia, ma ovviamente non lo colpii. Si frantumò al suolo; era fatta di un materiale simile alla plastica, molto leggera, ma deteriorata dal tempo. Perché doveva essere così stupido? Mi chinai sul posto e portai le gambe vicino al petto. Perché mi ero arrabbiata tanto? Sapevo che mi sarebbero venute le lacrime.
-Ops, mi sa che l’ho fatta grossa- sentii da lontano.
Akari si avvicinò lento: -Sheila? Dai, ti chiedo scusa...-
Si chinò verso di me: -Senti, sono davvero uno stupido ok? Vedi, non puoi farci nulla, non volevo farti arrabbiare. Il capitano ci ha detto che hai ancora problemi con l’olfatto e che è un bene se restavi impegnata, così da non pensarci troppo e non sentire quell’odore. Però credo di aver esagerato, scusa…- mi posò una mano sulla spalla -...mi perdoni?-
Restando il quella posizione feci sì con la testa, poi mi asciugai le lacrime e lo guardai.
-Scusami- disse serio, questa volta lo sembrava per davvero.
-Va… va bene, ma non farlo più-
-Sissignora- affermò e mi sorrise come al suo solito, un sorriso radioso e sincero.
Mi porse la mano aiutandomi ad alzarmi.
-Visto che piange sempre?- sussurrò Alex a Eva, ma lo sentii lo stesso.
Eva ridacchiò.
-Alex!- lo ammonii.
-Sì? Parlavo solo del fantastico design del luogo.. cosa c’è?-
-Ahh- sbuffai, mentre notai che Akari guardava una parte della mia giacca.
-Che c’è? E’ bucata da qualche parte?-
-Oh no no, ma c’è un filo...-
Akari lo prese in mano: -Che ci fa un mio filo sul tuo cappotto?- disse.
Filo? Ah, quello che avevo trovato nella Bugs2. Ma non lo dissi, soprattutto dopo che Akari affermò che forse non si trattava di una “sua creazione”.
-Mh.. forse non è proprio mio-
-Non riconosci i tuoi “componenti”?- disse Alex.
-No, e che.. sembra un filo di baco da seta, anzi lo è, ma le fibre sono intrecciate diversamente dalle mie-
-Riesci a vedere i dettagli di una cosa così piccola?- si meravigliò Eva.
-Ci riesco, lo sento al tatto.. non sembra mio, ma non posso neanche dire che non lo sia-.
-Quindi non lo è?- disse Eva.
-Non lo so, è molto simile al mio, ma non del tutto... chissà però come c’è finito sulla tua giacca Sheila-.
-Non saprei- mentii -ma se non è tuo...-
-Magari è qualcosa prodotta in questo laboratorio- suggerì Alex.
-E’ probabile- affermò Eva -dopotutto con tutti quegli esperimenti...-
-Vabbè dai- disse Akari facendolo cadere a terra -piuttosto, dov’è Marcos? E’ da un po’ che non lo vedo.. e non era neanche nei bagni, andiamo a cercarlo?- disse rivolto verso di me.
-Sì- risposi accennando un sorriso.
-Io resto qui- si tirò indietro Alex -andate pure-
-Resto qui anch’io- si affrettò a dire Eva.
-Sicura? Non preoccuparti per me, vai pure se vuoi-
-Vorrei restare se non disturbo- disse timidamente, incrociando le dita delle mani.
-Ma quale disturbo- sorrise Alex.
Akari era già arrivato alla porta: -Allora andiamo Sheila?-
-Aspettami, sto arrivando!- dissi correndogli dietro.
 
Trovammo Marcos sul terrazzo dell’edifico. Se n’è stava lì fermo a fissare il panorama di quel pianeta sconosciuto: il cielo, la terra, il vento e gli odori ricordavano il nostro pianeta che ci eravamo lasciati alle spalle, e con esso la nostra misera vita nei sobborghi cittadini. Tutto per un sogno, per un’esistenza migliore, credevamo, per riportare indietro una cura; ma già dall’inizio le cose non erano andate così bene: la nave era stata attaccata e con l’esplosione dei motori, si era ritrovata in caduta libera attirata dalla gravità del pianeta rosso. Riusciremo a ripararla e tornare indietro con un siero? Via via che passava il tempo, le speranze venivano meno e la paura di morire in un luogo che non ci apparteneva, aumentava.
-Oh ragazzi, siete voi! Mi avete spaventato-
-Mi spiace- fece spallucce Akari -Ti dovrai accontentare di noi-
-Accontentare? Non so cosa farei se voi non foste con me- sorrise.
Akari mise una mano dietro la sua spalla e lo tirò verso di se scompigliandogli i capelli: -E io che pensavo fossi l’unico stupido- probabilmente anche il numero 6 aveva avuto dei ripensamenti all’inizio.
Molti di noi sono davvero forti, ma l’animo resta sempre umano, e l’uomo è debole e impaurito di fronte a qualcosa che non conosce; ma quel qualcosa farà male a sottovalutarci, l’uomo è l’unico animale che smette di essere tale quando in gioco c’è la salvezza del genere umano o semplicemente la protezione di un suo simile.
-Sapete- continuò lasciando Marcos -mi sento davvero uno stupido ad aver lasciato la mia unità, se dovesse succedergli qualcosa al comandante o agli altri, io non me lo perdonerei mai! Sto pensando di lasciarvi e andare a cercarli. Forse il capitano non me lo permetterà, ma non posso più attendere!- uscì la mano destra da una tasca della giacca e la strinse in un pugno. Riaprendola vedemmo che in mano aveva qualcosa che luccicava.
-E’ la medaglietta da soldato di Michelle, l’avevo trovata sulla Annex prima che succedesse il putiferio- rimase un attimo in silenzio -gliela restituirò a tutti i costi!- la ristrinse ancora nel suo pugno, mentre la catenina sottile scivolava via.
-Posso?- dissi avvicinandomi ad Akari.
Akari mi consegnò la piastrina, la tenni tra due mani, chiusi gli occhi e l’annusai un po’. L’odore era molto debole, quello del metallo di cui era costituita era molto più forte, ma se l’avessi avvertito, l’avrei ricordato. Il mio olfatto, in qualche modo, immagazzinava i dati, come una sorta di ‘ricordo’ dell’odore.
-La senti?- chiese Akari.
-Mi spiace, ma per ora no-
Gliela restituii e guardando l’orizzonte sussurrò: -Tieni duro, so che sei viva... non arrenderti, sto venendo a salvarti!-
In quel momento Eva venne a chiamarci, il capitano voleva andare a controllare se la jeep che Adolf aveva visto al piano terra fosse utilizzabile, così Akari e Marcos andarono con lui, mentre io tornai al 3° piano, ma nello scendere le rampe delle scale ebbi un mancamento, cominciai a sentire la testa pesante e una moltitudine di odori entrarono nel mio campo olfattivo. Mi fermai per regolare il respiro e man mano mi ripresi un po’, ma quando tornai nella zona dove ci eravamo stabiliti, andai subito a distendermi nella camera che avevo precedentemente utilizzato. Forse sentivo quegli odori a causa del cambiamento nell’aria, forse c’era troppa umidità e i venti li portavano da lontano, ma mi ero sentita meglio fino ad ora, cosa stava succedendo? Decisi che forse era meglio riposare un po’, anche perché con la testa in quella confusione sarei stata solo di peso agli altri.
 
   
 
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