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Autore: saltandpepper    25/07/2015    14 recensioni
Avere un'avventura di una notte da ubriachi fa schifo.
Avere un'avventura di una notte da ubriachi mentre si è al liceo fa più schifo.
Avere un'avventura di una notte da ubriachi mentre si è al liceo e si è un ragazzo è il massimo dello schifo.
La vita di Louis Tomlinson crolla su di lui dopo un incontro con il calciatore Harry Styles mentre erano ubriachi. Tutto ciò che ha mai conosciuto e mai creduto viene gettato fuori dalla finestra e lui è improvvisamente costretto a venire a patti con il fatto che il suo cuore non batte più solo ed esclusivamente per lui.
ATTENZIONE: Questa storia non è nostra. Noi ci limitiamo a tradurla!
Slash, Louis/Harry esplicito.
Genere: Erotico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: Traduzione | Avvertimenti: Contenuti forti, Mpreg
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ATTENZIONE: Questa storia non è nostra. Dopo averla trovata in uno dei tanti siti di Fan Fiction Inglesi, abbiamo deciso di tradurla anche qui su EFP, sapendo che sicuramente a qualcuno avrebbe fatto piacere. Tutti i diritti di autore vanno alla vecchia e cara Blindfolded (che ha deciso bene di scomparire nel nulla insieme alla storia).
 
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Capitolo 39



Okay.

Lunedi 10 maggio 

“Quindi tu non hai davvero partorito?” Niall mi fissò con occhi che esprimevano un profondo senso di delusione. 
“No, non ho partorito nel vero senso della parola,” risposi monotonamente e lanciai un’occhiata piena di disprezzo verso Harry. Sembrava che trovasse alquanto esilarante l’intera scena a cui stava assistendo. 
Niall contrasse le labbra pensieroso per un momento poggiando la schiena contro la sedia. 
“Nah, credo che non avrebbe causato soltanto qualcosa di bello,” disse con noncuranza. “Ti avrebbe spaccato il culo e tutto il resto.”
“Credo che adesso Niall debba darci un taglio,” disse Liam ad alta voce da dove era seduto ai piedi del letto, con al suo fianco Zayn. Notai che i due non era seduti molto vicini, e mi chiesi se non fosse perché non volessero turbare Harry. Li aveva trattati normalmente fin dal primo momento in cui avevano messo piede nella stanza mezz’ora prima, comunque, e non potevo sperare altro se non che continuasse a comportarsi in quel modo. Avevo un bambino che dormiva fra le mie braccia, quindi, se Harry avesse iniziato ad urlare, probabilmente il risultato che sarebbe venuto a crearsi sarebbe stato al quanto fastidioso. 
“Cosa? Stavo solo facendo una domanda,” disse Niall.
“Si, abbiamo sentito tutti,” disse Liam apertamente. 
Niall roteò gli e occhi e bevve un sorso dalla bottiglia di Coca che aveva in mano. 
“Quindi quell’infermiera che era qui prima…?” disse poco dopo aver bevuto, guardando avanti e dietro tra me e Harry.
“Si chiama Sydney ed ha ventotto anni ed è sposata, pervertito,” disse Harry sghignazzando.
“Forse volevo farle la corte,” rispose con un sorriso provocante. “Farla sentire una donna piena d’incanto e altro.” 
“Non sei nemmeno in grado di onorare te stesso,” disse Zayn senza giri di parole. 
“Non c’è nessun bisogno di essere così irriverente. Non possiamo essere tutti innamorati come voi quattro, sai”.
Il silenzio che venne a crearsi nella stanza era gravido di tensione, e durò un paio di secondi prima che Zayn iniziasse a parlare. 
“Lo fai sembrare come se tutti e quattro fossimo in una relazione perversa senza fine.” 
Sia Liam che Harry emisero dei suoni di disgusto, e io arricciai il naso. 
“Sarebbe meglio non andare oltre,” disse Liam, ed Harry annuì approvando. 
“Si, io rimarrò incollato a Louis,” disse lanciando delle occhiate di lato verso di me. 
Il mio viso si aprì in un enorme sorriso dopo quella frase, ma non  dissi nulla. 
“Lo farai, mm?” disse Zayn con un sopracciglio alzato e un leggero luccichio d’ironia negli occhi, “Cosa mi dici di Lauren allora? Giudicando da come ci ha aggredito facendoci una miriade di domande riguardo dove ti trovassi oggi a pranzo, deduco che tu non abbia ancora rotto con lei.”
“Ci sto lavorando,” rispose, “Dopotutto non che sarà poi così scioccante per lei, dato che ultimamente le cose non andavano poi così bene tra noi due. A dire il vero, sono notevolmente sorpreso sul perché non ci abbia dato un taglio lei per prima con tutta questa faccenda.”
“Tutto questo prima del ballo?” disse Niall con una risata, “È fuori discussione che rischi di andarci sola.”
“Beh sicuramente non ci andrà nemmeno con me, se è per questo,” disse Harry stiracchiandosi le braccia al di sopra della testa ed emettendo un suono appagato. 
“Le darai buca poco prima?” chiese Zayn con un subdolo sorriso, “Le darai zero possibilità di cercare qualcun altro?”
Harry ricambiò il sorriso allo stesso modo. 
“Qualcosa del genere.”
“Non c’è bisogno che tu sia così crudele, sai,” commentai.
“Come se non ti piacerebbe vederla tutta sola e arrabbiata.”
Cercai di fare del mio meglio per non sorridere, probabilmente fallendo palesemente dato l’enorme sorriso soddisfatto che mi rinfacciò Harry. 
“Se la prenderebbe solo con me,” dissi, “e mi piacerebbe non essere preso a calci in culo da una ragazza.”
“Ti proteggerò io, non ti preoccupare,” disse Harry semplicemente e ricevendo tre risate sguaiate in risposta. 
“Potrebbe prendere anche te a calci in culo, Harry,” disse Niall, e Liam e Zayn annuirono assecondandolo. 
“Come ti pare, sono un fottuto uomo, posso farcela contro di lei,” disse stringendo fortemente le braccia al petto.
“È okay se si dicono certe parole di fronte al bambino?” chiese con curiosità Zayn prima che qualcuno continuasse la discussione riguardo la virilità di Harry. O sulla scarsità, dipende. 
Diedi una veloce occhiata verso il basso.
 “Sta dormendo profondamente,” dissi. “E anche se non fosse così, dubito che riuscirebbe ad apprendere qualcosa.”
“Si, ma ho sentito che i bambini hanno cervelli che sono come spugne,” disse con una lieve espressione preoccupata in volto, “ Tipo, assorbono tutto ciò che viene detto dalle persone intorno a loro.”
“Credo che questo valga per i bambini un po’ più grandi,” disse Harry. “Sai, tutti quelli che fanno qualcos’altro oltre a mangiare, dormire, piangere e fare cacca.” 
Gli altri tre risero, ma io gli indirizzai uno sguardo indignato e strinsi il bambino un po’ più vicino al mio petto.
“Non ha nemmeno due giorni; cosa ti aspetti che faccia?”
“Che pianga di meno.”
“Non sei divertente.” Sentii il bambino agitarsi un po’ e un momento dopo emise un lieve vagito. Un piccolo piagnucolio seguito da una serie di piagnucolii più forti. 
“Guarda cos’hai fatto,” dissi con un sospiro, mentre iniziavo a cullarlo avanti e indietro fra le braccia con lenti movimenti. 
“Lo hai fatto agitare.”
“Non credo mi abbia capito,” disse Harry, ma con un espressione appena dubbiosa. 
Gli aggrottai soltanto le sopracciglia prima di iniziare a sussurrare una serie di “ssh, va tutto bene piccolo, è tutto okay, non voleva dirlo per davvero”. 
Era sorprendentemente straziante sentirlo piangere in modo così miserabile e triste, e non potevo far altro che prendermela con Harry, il che era certamente ridicolo, perché ovviamente il bambino non stava piangendo a causa di quello che aveva detto. 
Almeno così sembrava. 
Ancora una volta, cosa ne sapevo io di bambini?
Praticamente niente. 
Quando il pianto iniziò ad affievolirsi, e il bambino si addormentò sulla mia spalla, Harry si sedette vicino a Liam e a Zayn, e tutti e tre si immersero in una conversazione che, visti gli sguardi, sembrava riguardasse una cosa seria. Dall’altra parte Niall stava usando il suo cellulare. Fu nel bel mezzo del discorso di Liam, quando il bambino emise il suo ultimo vagito, che si fermò tutt’ad un tratto dopo aver detto “da allora”. Tutti e tre avevano delle espressioni abbastanza serie in volto, quella di Harry un misto fra rabbia e stanchezza, e quelle di Liam e Zayn erano anche cariche di rimorso, per questo non mi ci volle molto per fare due più due, e capire di cosa stessero parlando. 
“Forse… dovreste finire questa conversazione fuori,” dissi esitante, guardando avanti e dietro fra tutti e tre. 
“No, è tutto okay,” disse Harry. La sua mandibola leggermente contratta rispetto al solito, comunque, ed io di mio gli indirizzai un’occhiata scettica.
“Non stiamo bene,” disse Liam e questo provava che il mio fugace sospetto fosse esatto. Si alzò in piedi e offrì una mano a Zayn, che l’afferrò con un sorriso, poi entrambi spostarono il loro sguardo su Harry. Quest'ultimo ricambiò con un espressione sprezzante – quasi infantile, secondo la mia opinione – per un paio di secondi, prima di emettere un impaziente ringhio dicendo “bene” per poi uscire dalla stanza sbattendo con forza i piedi senz’alcun indugio. Vidi Zayn roteare gli occhi prima che lui e Liam seguissero a ruota Harry. 
Cadde un silenzio imbarazzante non appena la porta fu di nuovo chiusa, e io mi morsi il labbro distrattamente. Non che Niall non mi piacesse, non del tutto, ma non avevo mai avuto una vera e propria conversazione con lui, non avevamo mai parlato, e adesso mi ritrovavo improvvisamente da solo con lui, in una stanza di ospedale mentre avevo fra le braccia un bambino. 
Qualcuno avrebbe potuto dire che mi sentivo un tantino fuori luogo. 
“Insomma, com’è stato?”
Beh, almeno non sembrava avesse problemi con l’intera situazione. 
Gli rivolsi un’occhiata curiosa. “Com’è stato cosa?”
Si sistemò meglio contro lo schienale della sedia – un altro po’ più giù e sarebbe scivolato – e fece spallucce noncurante. 
“Essere incinto.”
Ci pensai su un paio di secondi. 
“Non lo so,” dissi con onestà. Era la prima volta che qualcuno mi faceva quella domanda in modo così diretto, strano per quanto possa sembrare, e francamente non sapevo cosa rispondere.
“È stato strano,”  dissi alla fine. “Ed estenuante. Per non dire fastidioso, disgustoso e doloroso a volte.”
“Penso che la parola chiave sia ‘strano’ in questo caso,” disse mentre si massaggiava la nuca, “non per essere, sai, maleducato o altro, ma ho pensato che ci stessi prendendo fottutamente per il culo per parecchio tempo.”
“Non posso di certo biasimarti per quello, credo.”
“Do ancora di matto pensandoci, se posso essere sincero,” disse, apparendo tutt’ad un tratto a disagio, “Voglio dire, tu sei un ragazzo e due giorni fa sei entrato in travaglio proprio di fronte  a me. Non è molto… normale, sai?”
Sentii le mie guance riscaldarsi, e piegai la testa in modo tale che non si notasse. 
“Mi dispiace,” dissi.  “E no, non è normale, ma è successo.” 
Appoggiai la mia guancia su di un lato della testolina del bambino e sorrisi piano, e niente in particolare. “E ho questo piccolino come prova e come ricordo.”
“Si,” disse con un mormorio, e io alzai lo sguardo. “E' stupendo. Dorme parecchio comunque; sarò più d’aiuto quando sarà grande abbastanza da gironzolare con una palla fra i piedi.”
Sorrisi per un secondo prima che mi tornasse in mente che, quando il bambino sarà in grado di giocare con una palla, non avrò certezza se in quel momento stia ancora con me, e sentii letteralmente il mio viso spegnersi tutt’ad un tratto. 
“Scusa,” disse Niall porgendomi uno sguardo pieno di scuse, “So che voi ragazzi non avete ancora decise cosa fare.”
“Va tutto bene,” dissi e forzai un sorriso.
“Va bene, che ne dici di cambiare argomento? Non sono bravo con le situazioni sentimentali,” disse alzandosi un po’ di più. Non mi diede nemmeno il tempo di rispondere che già aveva riaperto bocca. 
“Quindi tu e Harry andrete al ballo insieme?”
“Mi ha chiesto di andarci insieme ed io ho risposto di sì.” Esitai per un secondo. “Al momento.”
Alzò un sopracciglio critico. “Gli darai buca?” disse.
“No!” risposi sonoramente. 
Mi ritrassi un tantino e diedi una sbirciatina verso il basso, nel caso avessi svegliato il bambino. Era ancora beatamente nel mondo dei sogni, quindi riappoggiai di nuovo lo sguardo su Niall, mordicchiandomi la guancia. 
“No, non… non gli darò buca, credo solo che non sia una buona idea per me che io ci vada.”
Aggrotto la fronte. “Perché diamine no?”
“Perché... perché si.” dissi vagamente.
Sbuffò infastidito. “Qualunque sia la ragione, sicuramente è una stronzata.”
“Cos- scusami?”
“Hai l’abitudine di, tipo, svalorizzare te stesso, detto da Harry, quindi provando ad indovinare posso confermare e dire che è ciò che stai facendo proprio adesso.”
“N-non sto svalorizzando me stesso,” rinfaccia debolmente.
L’occhiata che m’indirizzò non mi diceva che fosse del tutto convinto, facendomi così arrossire ancora una volta. Questa fu la fine della nostra piccola conversazione, perché un momento dopo la porta si aprì ed entrò, non Harry, Zayn e Liam come avevo pensato, ma Sydney, che teneva in mano un biberon e il suo solito sorriso sul viso.
“Credo sia l’ora della pappa,” disse facendo un passo avanti verso il letto passandomi il biberon senza ulteriori domande. Ridacchiai dentro di me su come stesse cercando di non notare le così non-indifferenti occhiate che Niall le stava indirizzando. 
La presi come una cosa buona il fatto che lasciò la stanza poco dopo, invece di aspettare e vedere in che modo facessi mangiare il bambino – apparentemente pensava che fossi in grado di farlo da solo senza fare un casino. Questo aumentò la mia autostima. 
Trovai assolutamente tenero, anche mezzo addormentato, il fatto che iniziò a succhiare dalla tettarella non appena lo appoggiai sulla sua bocca, mantenendo la bottiglia con piccole mani ancora inesperti. 
“È un mangione,” commentò Niall dalla sua sedia, “Tutti i bambini sono così?”
“No, apparentemente questo qui è assurdamente affamato,” dissi sorridendo in basso verso il bambino, con occhi ancora mezzi chiusi, e sentendomi enormemente fiero. 
“Sarà uno di quei bambini cicciotti e teneri,” disse con un ghigno, “Sai, uno di quei bambino che gattonano sulle gambe e braccia” aggiunse come spiegazione non appena vide la mia espressione seccata.
“Buffo che sono sempre i bambini più cicciottelli quelli a crescere e diventare poi magrissimi. Avresti dovuto vedere me, ero una palla di grasso finche non ho compiuto cinque anni, a guardami adesso.” Indicò le sue gambe semi magre e il suo stomaco piatto, ed io sorrisi sarcasticamente.
“Di solito i calciatori tendono a essere magri in generale comunque.”
“Mmm.” Si sgranchì le gambe e sospirò. “Con un sacco di corsa e tutte quelle cose, bruciamo quasi tutte le calorie che assimiliamo.”
Gli lanciai uno sguardo d’invidia, pensando che se avessi voluto sbarazzarmi di tutto quel grasso extra sulle mie cosce e sullo stomaco, sarei dovuto morire di fame e allenarmi, finche non sarei svenuto un anno e mezzo dopo. Oh, le meravigliose e gloriose prospettive della vita.
Gli altri tre tornarono in stanza un paio di minuti dopo e, dopo aver capito che nessuno di loro si era pestato l’un l’altro o arrabbiato, lo presi come un segno che tutto si era sistemato per il meglio.
“È tutto a posto,” annunciò Harry. Beh okay allora. 
“Niente più sentimenti repressi?” dissi ironico.
“No, niente più sentimenti repressi,” disse apertamente prima di spostare il suo sguardo verso di me.
“Oh, è già arrivata l’ora della pappa?” disse allora, ed io sbattei le palpebre.
“Credo che sia ovvio chi sia il papà e chi la mamma qui,” sghignazzò Zayn.
Avevo ben chiaro su cosa si riferisse, e sfortunatamente non c’era nulla che potessi fare per negarlo. Harry era il dolce papà che si dimenticava di tutto e niente, e chi, nonostante avendo buone intenzioni, tendeva a incasinare parecchie cose. Io, dall’altra parte, ero la mamma che cercava di fare le cose nel modo giusto, ma che allo stesso tempo diventava isterica dovuto al fatto di voler fare tutto con troppa precisione. 
Era passato solo un giorno e mezzo e avevamo già stabilito i nostri ruoli. 
Incredibile.
“Dobbiamo andare adesso,” disse Liam, “il coach ha richiesto la nostra presenza per un incontro alle sei per Dio solo sa quale ragione.” 
“Non ha chiesto che venissi anch’io?” chiese Harry.
“No, gli abbiamo spiegato che avevi da fare con la tua famiglia, quindi sei libero.” 
Harry annuì e sorrise pieno di gratitudine. “Grazie”
Se ne andarono subito dopo, non appena aver offerto un veloce “ciao” a me e a Harry, e non un così veloce “ciao” al bambino. Non appena furono fuori dalla porta, Harry emise un sonoro grugnito e balzò sul letto. Si mise nella sua solita posizione con un braccio intorno alle mie spalle e l’altra sullo stomaco del bambino, scuotendo la testa incredulo.
“Com’è possibile che i miei amici diciannovenni siano più estenuanti di un bambino appena nato?” chiese in modo retorico. 
Lo osservai curiosamente. “Sei sicuro che sia tutto a posto?”
“Si davvero, è tutto a posto,” disse con un sorriso genuino. Annuii impercettibilmente in risposta, perché sentivo il movimento del biberon farsi sempre più debole, e quando guardai verso il basso, il bambino si era appena addormentato. Il biberon era quasi vuoto e lo appoggiai sul comodino vicino al letto.
“Ha una bella vita,” sospirò Harry, fingendo di essere invidioso. 
O almeno pensavo fosse solo finzione. 
“Tutto quello che fa è mangiare e dormire. Voglio farlo anch’io.”
“Aspetta non appena avrai novant’anni, forse potrai farlo allora,” risposi.
“Si. Forse. Mi accudirai?”
“Certo. Con un biberon e tutto.”
“Ottimo.”
Trascorremmo i successivi minuti in un silenzio confortevole. Stavo giusto per dire quanto fossi stanco e chiedere a Harry se voleva tenere il bambino per una o due ore, ma non appena aprii bocca, lui fece lo stesso e parlò prima di me.
“Ti arrabbi se ti dico che ho fatto una cosa?” disse.
La sensazione, adesso fin troppo familiare negli ultimi mesi, d’irrequietezza nel mio stomaco riapparve e aggrottai le sopracciglia, impaziente di sapere cosa avesse fatto. 
“Cos’hai fatto?” chiesi. Ad essere sincero, ero convinto per metà che avesse incontrato qualcun altro o che avesse cambiato idea riguardo al fatto di crescere il bambino come una coppia, entrambe ridicolmente improbabili come aspettative, ma che facero battere il mio cuore incredibilmente veloce. 
“Non l’ho davvero fatto- okay, si, ho fatto qualcosa,” disse, gesticolando nervosamente con le mani, “e non ho idea di come tu possa reagire?”
“Che ne dici se prima me lo dici e poi decido in che modo reagire?”
“Okay, basta che non darai di matto, per favore.”
Diciamo che avevo il presentimento che non fosse cambiato e che avesse iniziato a frequentare qualcun altro. 
“Non darò di matto,” promisi. 
“Va bene, okay,” disse con un sospiro. “Potrei aver... chiamato tuo fratello.”
Tra tutte le cose che avrebbe potuto dire, quello era l’ultimo dei miei pensieri. “Mio- cosa? Perché?”
“Non lo so, ho pensato che sarebbe stato carino che qualcuno della tua famiglia venisse a farti visita.” disse, sorridendo di sbieco come per dire ‘per favore, dimmi che va bene?’
“Visita?” ripetetti dubbiamente ignorando il suo sorriso, “Sta venendo qui?”
“Si, ha… ha detto che sarebbe venuto verso  le sei o sette.”
Lanciai una veloce occhiata all’orologio sul muro.
“Tipo adesso,” feci notare con un lieve sospiro, “non avresti potuto dirmelo un po’ prima?”
Mi sorrise di nuovo in quel modo. “Scusa?”
Scossi la testa. 
“Sei fin troppo impertinente, nessuno te lo hai mai detto?”
“Non sei arrabbiato con me allora,” disse con un sorrisetto. 
“No, non sono arrabbiato,” dissi. “Non ho nulla contro Owen. In parte. Non lo vedo da secoli.” 
“Lo so, ed è per questo che l’ho chiamato.”
“E come hai fatto ad avere il suo numero?”
Fece spallucce. “Ho preso il tuo cellulare.”
“Maleducato. E se avessi avuto degli scatti di me nudo?”
Alzò un sopracciglio intrigante. 
“Hai degli scatti di te nudo sul tuo cellulare?”
Ovvio che no. “Forse. Chi lo sa?”
Aggrottò le sopracciglia e sollevò un dito per poggiarlo sulla punta del mio naso. 
“Se mai ci fossero degli scatti di te nudo, ovunque si trovino, stanne certe che sarebbero miei.”  
Spostai via il suo dito e sorrisi. “Meglio iniziare allora.”
“Oh, lo farò,” disse, “credimi.”
E gli credetti.
Rimanemmo di nuovo in silenzio e, onestamente, non mi importò più di tanto. Era bello trascorrere del tempo insieme, tutti e tre, in pace, senza che nessuno parlasse o discutesse di qualcosa. C’erano tante cose da chiarire, non me ne ero dimenticato, ma era fin troppo facile fingere che tutto andasse bene e che niente sarebbe cambiato, quindi lo feci. 
Non appena l’orologio segnò le sei e mezzo sentii Harry russare leggermente e, subito dopo essermi girato, con mio grande stupore, notai che si era addormentato con la testa piegata di lato. Il bambino si era appena svegliato e, guardando verso il basso, gli sorrisi. 
“Penso che il tuo papà sia stanco,” dissi accarezzando piano il suo pancino, facendogli così emettere un vagito che arrivò dritto al mio cuore. Risi leggermente, “Sei un amore quando non piangi, lo sai?” Dissi mentre lui dimenava le braccina in aria.
“Meglio provare a pensare qualcosa per la prossima volta, pensi di riuscire a urlare a pieni polmoni, mm?” 
Un altro vagito fu tutto ciò che ricevetti come risposta.
Continuai a fargli il solletico sulla pancia, che gli causarono tanti piccoli stridii, tant’è che dopo nemmeno dopo dieci minuti stava già dormendo. Apparentemente ero l’unico che riusciva a rimanere sveglio. Addormentarmi mentre avevo il bambino in braccio non sembrava essere la migliore delle idee, e comunque non volevo nemmeno svegliare Harry, quindi rimasi nella stessa posizione di prima senza muovermi di un centimetro. 
Stando così non potevo far altro che pensare.
Era questo che mi aspettava se avessi tenuto il bambino?
Era questo che si provava ad avere una propria famiglia?
Era questo ciò che il futuro aveva in serbo per me? 
Spostai lo sguardo per primo verso Harry, e vidi quanto era rilassato, il suo petto si abbassava ritmicamente, e il suo respiro andava e veniva in leggere sbuffate. Appariva così in pace con se stesso. Poi mi voltai verso il bambino; era ovvio che fosse tranquillo. Era un neonato, non aveva nulla a cui pensare, non aveva nessuna ragione per non esserlo. Nessuna ragione che al momento conoscesse. 
Avere l’opportunità di vivere un momento così non… non era poi così brutto. Il pensiero al momento era stupendo. Avere le braccia di Harry avvolte intorno a me e il bambino tra le braccia, mi faceva provare una sensazione di serenità, di sicurezza, di conforto, di calore e di amore che non avrei trovato sicuramente da tutte le parti, nemmeno se avessi cercato a fondo nella speranza di provare e di riuscire a trovarla. 
Un colpo alla porta mi fece uscire dai miei pensieri, e riuscii ad alzare la testa per vedere chi fosse. Apparve per prima la faccia di Owen e poi il resto del corpo, all’apparenza un po’ nervoso. Sorrise non appena mi vide. 
“Bella stanza,” fu la prima cosa che disse mentre i suoi occhi vagheggiavano per la stanza, osservando le pareti colorate. Era ancora sotto la soglia della porta, la mano sulla maniglia, e io non avevo ancora fiatato. 
“È… voglio dire è- stai bene?” chiese esitante. 
“Sto bene, sì,” dissi sorridendo a stento. “Che fai? Hai intenzione di rimanere tutto il giorno lì impalato?”
“Oh io- no,” disse. Si morse il labbro per un secondo e poi volse la testa per un momento. Lo sentii biascicare qualche cosa a qualcun altro al di fuori della porta e dalla mia vista, e io non esitai ad aggrottare la fronte in netta confusione. 
“Sii buona,” percepii, la sua voce un tantino più severa tutt’ad un tratto, prima che si voltasse a guardarmi. 
“Non ti arrabbiare, okay?”
“Arrabbiarmi per cosa poi?” chiesi.
A quello non ricevetti nessuna risposta. Non una risposta a voce almeno. Entrò dentro, ma invece di chiudere la porta, la lasciò aperta. Stavo per chiedergli di chiuderla, ma le mie parole si bloccarono in gola, sostituite invece da un’ondata di ansia. 
“Che cosa ci fai tu qui?” chiesi debolmente, fissando mia madre che dalla sua stessa espressione sembrava nervosa quasi quanto me. Quasi. 
Si fermò ad un paio di metri dal letto, e mi rivolse un’occhiata di supplica. 
“Non ti vedo da un mese,” disse esitante. “Pensavo sarebbe stato-“
“La colpa è tua,” la interruppi, notevolmente sorpreso che la mia voce fosse rimasta intatta.
Annuì. “Lo so. E non sono venuta qui per chiederti di perdonarmi, volevo solo essere sicura che stessi bene.” 
I suoi occhi si posarono sul bambino che avevo fra le braccia, e la vidi immediatamente sbiancare. Non disse nulla; non commentò nulla sul fatto che suo nipote fosse lì a nemmeno tre metri di distanza. Era ancora incredula su qualcosa a cui non aveva mai creduto, o semplicemente non le importava nulla?
“Sto bene,” dissi poco dopo cercando di mantenere il tono di voce impassibile. Esitai un momento prima di aggiungere un dolce “e anche lui.”
Mi calmai di nuovo e desiderai che Harry si svegliasse. Ma da quel che potevo capire, era immerso ancora in un sonno profondo, quindi dovetti affrontare l’intera questione tutto da solo. Forse era meglio. 
La mascella di mia madre si contrasse leggermente mentre serrava le labbra, riuscendo sempre a mantenere la stessa espressione.
“Sono contenta,” disse rigida. 
Spostai lo sguardo verso il basso e mi morsi il labbro. Era terribilmente difficile fronteggiare indigeribili situazioni come questa quando i ricordi erano ancora vividi nella mente. Si era rifiutata di accettare la verità quando le avevo detto di essere gay, aveva scelto il suo ragazzo, che a mala pena conosceva, invece di me, di suo figlio, cacciandomi da casa nonostante le avessi detto di essere incinto. Era a conoscenza di tutto questo, lo sapevo, e avevo cercato di assimilarlo da un mese a questa parte. Non le importava assolutamente nulla di me. Non abbastanza almeno, non abbastanza da fare ciò che un genitore avrebbe dovuto fare in una situazione come questa. Era passato un mese, dopotutto, e dentro la mia mente in subbuglio, mi era balenato in mente, per la maggior parte delle volte di notte, che lei un giorno mi avrebbe accettato di nuovo, e avrebbe capito che aveva un figlio gay che, effettivamente, poteva rimanere incinto e che aveva un figlio tutto suo. 
Giudicando da come si stava comportando adesso, nei confronti del bambino, non voleva accettarlo. Non le importava nulla così come un mese fa, e faceva male. Faceva fottutamente male.
“Okay, se… se questo era tutto ciò che volevi dirmi allora puoi andare via adesso,” dissi con calma.
“Louis, non posso-“
“Non farlo, mamma,” la interruppi fissandola con occhi carichi di disprezzo. “Non farlo e basta. Non hai nessun diritto di venire qui e…  fare tutto quello che stai facendo. Mi hai cacciato da casa perché al tuo benedetto fidanzato non riusciva a digerire il fatto di vivere sotto lo stesso tetto insieme ad una persona omosessuale.”
La sua mascella si contrasse maggiormente, e io vagamente pensai se si potessero rompere i denti sfregandoli violentemente l’un l’altro. Se cosi fosse, i denti di mia madre erano già a rischio. 
“Non sei gay, Louis,” disse. “Non ti ho cresciuto così, quindi non provare nemmeno a-“
“Ovvio che non mi hai cresciuto per essere gay,” digrignai fra la labbra. L’unico motivo per cui non stessi urlando era solo perché non volevo svegliare il bambino, e dopotutto anche perché la tristezza e l’umiliazione che avevo provato l’ultima volta che l’avevo vista, era svanita. Oltre le colline e le montagne. Adesso c’era solo rabbia che si faceva strada dentro di me, che mi faceva bruciare il petto e che mi faceva ribollire il sangue nelle orecchie, lasciando al suo passaggio una voglia matta di urlare, prendere a calci e lanciare qualcosa, un sentimento quasi piacevole. 
“Sono gay per scelta mia. Non ha niente a che fare con te o con qualcos’altro, solo con me. Non è qualcosa che ho scelto, fa parte di me, e non puoi fare un cazzo per farla svanire.” 
“Ma di questo non puoi esserne cer-“
“Lo so per certo,” scattai. 
“Ma come, Louis? Se davvero pensi che tu sia gay, allora cosa-“
“Vedi questo ragazzo che dorme?” La interruppi. I suoi occhi si posarono per un breve secondo su Harry e poi furono di nuovo su di me prima che annuisse piano. 
“Lo hai incontrato solo una volta, ma non credo che tu ti ricorda di lui. Il suo nome è Harry, e si nota che è un ragazzo.” Deglutii, mentalmente dandomi una pacca per la prontezza. 
“Ho un bambino con lui e lo amo.” Aggrottai le sopracciglia lentamente verso lei.
“Ti può bastare come prova?” 
Non mi guardò nemmeno per parecchio tempo, ed io ritrassi lo sguardo senza battere ciglio. Vidi con l’estremità dell’occhio Owen che si stava dimenando sulla sedia, non badai a lui più di tanto. 
“Non approvo nulla,” disse finalmente. “E non credo nemmeno che tu sia gay, dato che tu ed Eleanor avete avuto… una sorta di relazione, e so anche che si è trattato di livello fisico.” 
“Si, e non ho tratto nessun momento di piacere da tutto ciò,” dissi piatto.
“Non tutto nella vita deve dare piacere per essere giusto,” mi rinfacciò di rimando.
“No mamma, sono più che sicuro che il sesso debba essere piacevole,” dichiarai, subito seguito da una leggero colorito rosa in faccia. 
“Allora forse non hai provato abbastanza.”
“Credo di aver goduto abbastanza nel fare sesso con Harry.” 
Tutto questo stava prendendo una brutta piega.
Emise un lungo respiro e mi rivolse un'occhiata infastidita. 
“Non sono venuta qui per discutere della tua… vita sessuale.”
“Allora smettila di girarci intorno. Sono gay, accettalo oppure vattene.”
Fece cadere le braccio di lato e la sua espressione si affievolì leggermente. 
“È chiaro che tu non abbia intenzione di tornare a casa.”
Risi sarcasticamente.
“Ho un bambino,” dissi. “In che modo vuoi che spieghi a Ian questa cosa?”
“Tieni quella cosa?” Chiese, ignorando la mia domanda. 
“Lui,” la corressi, “E n-non lo so. Probabilmente no. Forse. Non abbiamo ancora deciso.”
Fece un passo avanti verso il letto e piegò in avanti il collo per riuscire a vedere oltre i cuscini il bambino. Un leggere sorriso si aprì sul suo viso. 
“È bellissimo,” disse. “Assomiglia a te quando eri bambino.”
“Beh, cinquanta percento dei suoi geni sono miei,” dissi delicatamente. “Credo che questo spieghi… tutto.”
Non credo volesse rispondere anche a quello, dopodiché la stanza fu immersa da un silenzio sconcertante. Insostenibile e imbarazzante direi. Incapace di dire altro, fui immensamente grato quando sentii Harry muoversi un po’ dopo aver pronunciato un assonnato: “Che cosa succede?” tutto divenne silenzioso di nuovo e dopo un po’ un altro: “Oh. Ciao.” 
Se il silenzio precedente che si era sparso per tutta la stanza era imbarazzante, non era nulla in confronto a questo. Era come se riuscissi a sentire in sottofondo dei grilli. Rumorosi oltretutto. 
“Me ne vado,” disse mia madre, rompendo il silenzio. Indietreggiò di qualche passo, e notai come si stesse contorcendo le mani.
“Fammi sapere se hai bisogno di qualche cosa, okay?”
“Tu fammi sapere quando Ian svanirà dalla tua vita,” risposi velocemente. Mi bloccai per un secondo prima di aggiungere: “e anche quando avrai deciso di ritornare ad essere mia madre.”
Il suo viso si incupì, aprì bocca per dire qualcosa, ma la chiuse poco dopo. Ripetè quel movimento ben due volte prima di tossire lievemente. 
“Ciao per adesso,” disse dopo essersi voltata, uscendo velocemente dalla porta e facendo riecheggiare il ticchettio degli stivali sul pavimento. 
Non appena la porta fu chiusa, Owen emise un sonoro sospiro. 
“Ti sono cresciute le palle!” disse ad alta voce, facendo voltare me ed Harry per zittirlo. 
“Scusate,” aggiunse sussurrando. “Ma seriamente, non ti avevo mai visto fronteggiarla in quel modo prima d’ora, è tipo una… rivoluzione.”
“Una rivoluzione,” ripetei. “Grazie per l’interpretazione. Quindi cosa, faccio parte della gente comune, oppure delle alte autorità?”
“Della gente comune ovviamente,” disse scrollando le spalle mentre si avvicinava verso il letto, sedendosi alla fine di esso. Si sporse indietro poggiandosi sui gomiti, e fissandomi interrogativo.
“Quindi non tornerai per davvero più a casa?” chiese.
“Perché dovrei?” chiesi retoricamente, “Anche se nullla di… tutto questo-“ indicai me e il bambino “-fosse successo, sarei andato via fra uno o due mesi circa.” 
“Andrai all’università?” Sembrava sorpreso, e non sapevo se esserne offeso o meno.
Scossi la testa. 
“Quest’anno è stato come una montagna russa, quindi no. Io… non ho energia e forza a sufficienza per intraprendere qualcosa del genere al momento.” 
Dopo quelle parole sembrò essere però ancora più dubbioso. “Cosa farai adesso?”
Mi girai verso Harry. Un lieve sorriso aleggiava agli angoli della sua bocca e la stanchezza era ancora presente nei suoi occhi, ma non disse nulla. 
“Non abbiamo ancora deciso se tenere il bambino,” dissi voltandomi verso Owen. “E quindi non posso- decidere cosa fare dopo.”
La sua bocca prese la forma di una ‘o’ e annuì leggermente. 
“Non ha un nome?” fu tutto ciò che chiese, il che fu gratificante.
Sorrisi a stento. 
“No, lui.. lui ha un nome tecnicamente,” dissi. “E' solo un po’ strano usarlo quando non- quando non sappiamo ancora quale sarà il nome che gli verrà data per il resto della sua vita.”
“Quindi negli ultimi giorni come lo avete chiamato…?”
“Bambino…?”
Indirizzò un’occhiata non sorpresa.  
“Questo è orribile e degradante. Per non dire violazione dei fondamenti dei diritti umani.”
Aggrottai la fronte. “Cosa-“
“Tutti hanno un nome.”
“Ma guarda un po’ chi è diventato intelligente tutt’ad un tratto,” dissi alzando le sopracciglia.
“Ian è uno stronzo. Devo pur passare il tempo con qualcosa, oltre a fare torte o guardare film con lui e mamma la sera.” 
Il suo sguardo la diceva lunga; litigate, numerosi ed esasperanti sospiri, una serie di non volute torte di mela dalla California tipiche da Ian. 
“Stupido coglione,” borbottai tra me e me, “sta cercando di creare una famiglia perfetta per te, vero?”
“Ci prova,” disse Owen con noncuranza, “Non sta funzionando molto bene, comunque. Non ho il giusto temperamento per essere un uomo di famiglia.”
“Parlamene un po’,” chiesi secco.
“Credo che lui e mamma vogliano avere un bambino.”
Chiusi gli occhi fin troppo stanco di sentire cose del genere e mi passai la mano sulla faccia, gemendo stancamente. 
“Cosa vuole adesso?” Owen fece spallucce deluso a riguardo, e io sghignazzai completamente privo di umorismo. 
“Questa famiglia è un fottuto casino e non è nemmeno divertente. Se avranno un fottuto bambino, allora questo bambino avrà una zia o una zio che sarà più piccolo di lui.”
“Si. E io me la dovrò vedere con mamma incinta,” grugnì spazientito. “È già insopportabile così. Per non parlare che è già a metà dei suoi quarant'anni. Si può avere bambini anche quando si è così vecchi?”
Feci spallucce non sapendo cosa rispondere.
“Diavolo, non lo so. Non lo capisco Ian, sai? Sono sicuro che abbia detto che non voleva avere figli, troppo casino e altro apparentemente.”
“Non lo vedo molto come Signor Papino Paziente, no,” ribadì Owen schioccando la lingua.
Piegai la testa di lato e strinsi le labbra. “Come fai a resistere?”
“Con mamma e Ian?”
“Anche su altre cose, si,”
“Sto bene,” disse semplicemente, “gli piaccio direi, mi prega come se fossi un fottuto santo per giocare a calcio. Non ci è ancora arrivato al fatto che è uno stronzo, comunque.”
Avere Owen dalla mia parte su questo, in un certo senso, mi dava un certo sollievo. Avevo Harry, si, e avevo la sua famiglia che mi supportava come se non ci fosse un domani, ma Owen faceva parte della mia di famiglia. Mi è stato accanto per un’intera vita, e tutt’ora era ancora presente, rimanendo al mio fianco nelle situazioni più difficili che riguardavano la nostra famiglia. Era confortante saperlo. 
“Non ti spingere oltre con lui,” lo misi in guardia. “Non andrà a finire bene se un giorno decidesse di cacciarti di casa.” 
“No, lo so, non sono stupido,” sogghignò. “Non come te.”
“Sto meglio dove mi trovo ora comunque, credimi,” dissi, non senza rivolgergli un’occhiataccia per il commento-stupido.
“Mm si,” disse pensierosamente, “sembra che te la stia cavando bene, con… sai, il bambino e l’intera… cosa. Sembrate una famiglia.” Si mise a sedere meglio e i suoi occhi si spostarono da me e Harry un paio di volte. 
“State tipo insieme voi due oppure ancora ci state lavorando?”
“Ehm ci stiamo lavorando,” disse Harry, parlando per la prima volta. “me la devo vedere con una fidanzata fuori di testa prima di tutto.”
“Fidanzata fuori di testa?” Ghignò. “Quanto fuori di testa?”
“In tutti i sensi possibili,” disse Harry.
Il ghigno di Owen si ingrandì ancora di più. 
“Vuoi dire anche…?” chiese vagamente incuriosito.
“Si, anche in quel senso.” Lo sentii tossicchiare ridendo. “In pratica quella è l’unica cosa buona che ha.”
“Ottimo. È sexy?”
“Owen, sta zitto,” dissi prima che Harry avessi la possibilità di rispondere.
“Stavo solo chiedendo,” disse roteando gli occhi.
“La curiosità ammazza il gatto.”
“Non credo si riferisse a quel tipo di cose, ma piuttosto a cose tipo-“ Si interruppe da solo in quel punto strofinandosi il naso, non essendo del tutto sicuro se fosse preoccupazione o disgusto. La causa era che il bambino –Aidan, dovetti ricordare a me stesso – emise uno di quei piagnucolii che si sarebbero trasformati ben presto in sonori pianti. 
“Adesso non iniziare ad urlare, per favore,” dissi dolcemente. “Ti sei comportato benissimo oggi, non mandare tutto a monte adesso, okay?” Dimenò le braccia per uno o due minuti piagnucolando un altro po’, ma senza lacrime e senza scalciare come un pazzo. Al contrario, rimase lì in silenzio con quei suoi occhietti che vagavano alla ricerca di qualcosa per tutta la stanza, mentre un filo di saliva pendeva dal lato sinistro della sua bocca. Gli poggiai una mano sullo stomaco e con l’altra giocavo con le sue manine, sorridendo.
“Visto?” dissi, “è molto meglio così, no?”
Non rispose con nessun verso se non che sbavando. Mentirei se non dicessi che trovavo la scena al quanto tenera.
“Perché i bambini sbavano così tanto?”
Apparentemente Owen non era dello stesso parere.
“È piccolo, non può farne a meno,” dissi sulla difensiva. “E tu non sei nella posizione di parlare,” aggiunsi, “Tu sbavavi come un matto quando avevi tre anni.”
“Beh, ero piccolo e non potevo farne a meno, giusto?” Ghignò alla risposta secca che gli avevo rinfacciato un momento prima, prima di alzarsi dal letto. “Credo che sia ora di andare.”
“Cosa? Di già?” chiesi rimanendoci male. “Sei arrivato circa mezz’ora fa, e non hai ancora preso il bambino in braccio.”
“Pensavo che avesse un nome.”
“Okay, non hai nemmeno preso in braccio Aidan.”
“Aidan,” ripetè, testando la parola in bocca. “Penso che mi piaccia.”
“Bene, sono contendo ma non hai ancora pre-“
“Facciamo un’altra volta,” mi interruppe, “Ho bisogno di una preparazione mentale.” 
Non mi diedd la possibilità di rispondere – forse fu meglio così – prima che continuasse.
“Guarda, ho un sacco di cose da fare, quindi devo andare, ma verrò a farti visita presto, e forse allora lo prenderò in braccio.”
“L’ultima volta hai detto la stessa cosa, il che è stato all’incirca due settimane fa, e non hai chiamato per davvero,” dissi imbronciato.
“Wow,” sghignazzò. “Ti sei trasformato sul serio in una ragazza.”
“Non te ne stavi andando?”
Dopo quello se ne andò di fretta, comunque non prima di aver dato una carezza sulla testa di Aidan, facendo ridere sia me che Harry. 
“Fanculo,” furono le sue ultime parole e,  quando lasciò la stanza e chiuse la porta, Harry ed io non avevamo ancora smesso di ridere. 
“Grazie,” dissi quando rimanemmo di nuovo in silenzio. 
“Per averlo chiamato?”
“Mmm. Diciamo che mi ero dimenticato… non lo so, quanto mi mancasse.”
“Mm, si.” Passò un momento di esitazione prima di: “È venuta anche tua madre, del resto. Mi dispiace che stessi dormendo.”
“Non importa,” rispodi. “Non è successo... niente. Assolutamente niente.”
“Avete litigato?”
“No, non era un vero e proprio litigio,” dissi con una scrollata di spalla indifferente. “Piuttosto lei che si è rifiutata di accettare il fatto che io sia gay, accettando vagamente l’esistenza di Aidan, ed io che le rispondevo a dovere.”
“Se l’è meritato,” disse. 
Mi accigliai, e lui storse le labbra. “Mi dispiace, ma se lo merita, ha scelto un altro invece che te. Non è per niente giusto.”
Il mio viso si incupì e sospirai. “No, so che non lo è. Comunque è sempre mia madre. Su questo non posso farci nulla.”
“Almeno Ian non è tuo padre.”
“Tu si che sai proprio come risollevare su il morale ad una persona.” Feci una piccola pausa prima di scoppiare a ridere.
Fece uno strano verso in risposta. 
“Domani pomeriggio saremo a casa,” disse nel bel mezzo del discorso uno o due minuti dopo.
Annuii e pronuncia un semplice “mm”. Non che non avessi capito dove volesse arrivare con tutto questo, era palese arrivati a questo punto, in ogni caso ne stava parlando in modo vago e di conseguenza io non risposi.
“Oggi non abbiamo parlato con mia madre.”
Ed eccola quella speranza.
“No, non lo abbiamo fatto.”
“Sei a conoscenza del fatto che dobbiamo parlarne, vero?”
“Non per forza,” mi difesi. “Possiamo decidere una cosa adesso e poi dopo potremmo sempre cambiare idea.”
“Sarà tutto più difficile.”
“Ma almeno abbiamo più-“
“No.”
“Harry andiamo, ci darebbe la possibilità di-“
“No.”
“Non essere così testardo, sto solo dicendo che-“
“No!”
“Oh ma che cazzo, potresti ascoltarmi solo-“
“No, Lou! Non accadrà.” Il suo tono era irremovibile – non arrabbiato, ma irremovibile, e qualcosa mi disse che da quel tono non ci sarebbe stato nessun cedimento.
“Ti voglio bene, lo sai che è così, ma hai rimandato questa cosa fin troppe volte.”
“Non la sto rimandando,” protestai, “Stavo solo aspettando di avere un altro paio di settimane per decidere.”
“Ma non abbiamo un paio di settimane per farlo,” disse, “Dobbiamo faro adesso, questo è quanto.”
“Ma hai sentito cosa ha detto la signora dell’agenzia d’adozione,” ci provai almeno. “Ha detto che nulla sarà confermato finché non firmeremo entrambi quel documento.”
“Non posticiperò questa conversazione più di quanto lo abbia già fatto,” disse scuotendo la testa. “In teoria non dobbiamo mangiarci la testa per forza, ma voglio che finisca qui. Sono stato in ansia fin troppo tempo e non posso sopportarlo più, quindi prenderemo una decisione adesso, prima di andare via da questo ospedale.” Si morse il labbro e mi fissò con occhi pieni di dolore. “Non insistere, per favore.”
Presi un profondo respiro e guardai verso il basso, fermandomi sul materasso su cui eravamo seduti.
“Ho paura,” dissi allora, la mia voce debole e tesa. “Cosa accadrà se prenderemo la decisione sbagliata, mandando così tutto a monte?”
“Se mai ci accorgeremo di aver fatto qualcosa di sbagliato, di questo ce ne occuperemo dopo, ma ho bisogno che entrambi prendiamo in considerazione qualcosa di specifico,” disse esitante. 
“Se sei così sicuro che qualsiasi decisione presa possa essere riparata, allora perché adesso ne vuoi prendere una così tutt’ad un tratto?”
“Perché ho bisogno di avere un minimo senso di sicurezza.” Sentii sussurrare dopo che avesse tossito, continuando poi con tono dolce e gentile. 
“Sai già cosa voglio, e sai anche tu che abbiamo un piano da mettere in atto.”
“Si, ma non è-“
“E sappiamo entrambi cosa tu voglia.”
Era in processo di aprir bocca protestare, per dirgli che si sbagliava e che non avevo idea di cosa volessi, ma quale sarebbe stato il punto della questione? Aveva ragione, e lui era già a conoscenza che io sapessi che aveva ragione, ma questo non cambiava il fatto che ci fossero parecchie cose su cui discutere. Non avevo nemmeno diciannove anni, ma dovevo già prendere una decisione su qualcosa che avrebbe completamente cambiato la mia vita. Se fossi stato un ragazzo della mia età, sarei stato impegnato sulla decisione di cosa fare all’università, e nonostante quella sia un importante decisione da prendere nel corso della propria vita, non sarebbe mai stato così costante e irrevocabile come la decisione di tenere un bambino. 
Se avessi deciso di darlo in adozione, il sol pensiero mi avrebbe torturato per il resto della mia vita, lasciandomi senza pace fino alla fine dei miei giorni. Ne sarei uscito distrutto e consumato chissà per quanto tempo, in costante pensiero, senza mai dimenticarmene. Se invece avessi deciso di tenerlo, mi sarei dovuto caricare la responsabilità e il possibile rimorso di aver rovinato non solo la mia di vita, ma anche quella di Harry e del bambino. 
Quindi quale decisione far dominare? Meglio la sensazione di eterno rimorso e perdita, oppure l’infinita responsabilità  e la possibilità di rovinare la mia vita e quella di altre persone? 
“Si, lo so,” dissi finalmente, deglutendo impercettibilmente. “Ma questo non vuol dire che lo renda più semplice.”
“Ma dobbiamo farlo.”
Annuii deglutendo ancora una volta. 
“Lo so.”
La stanza fu avvolta di nuovo dal silenzio, il suono dei nostri respiri era tutto ciò che si riusciva a sentire. Poco dopo lui sospirò pesantemente di nuovo.
“Non ti odierò, sappilo,” sussurrò. “Se tu decidessi davvero di darlo in adozione, non ti tormenterò.”
“Hai già fatto un casino per tutta questa questione.”
“Perché sapevo che non volevo davvero darlo in adozione,” rispose. “Ma se tu mi dicessi con onestà che non lo vuoi tenere, accetterò la tua scelta e vorrò stare ancora con te.”
I miei occhi si umidirono appena, ma cercai di contenermi. Iniziare a piangere non avrebbe risolto nulla. 
“Lo farai?”
Si mosse sul letto per sistemarsi meglio, così che la mia testa poggiasse sotto la sua guancia.
“Si,” disse accarezzando dolcemente la mia guancia. 
Tirai su con il naso e annuii. 
“Okay,” fu tutto ciò che riuscii a dire, e quelle furono le ultime parole che vennero pronunciate quel giorno. 

Martedì 11 Maggio

Fu con il viso corrucciato e un cappotto zuppo d’acqua poggiato sul braccio che Anne entrò in stanza alle tre di pomeriggio del giorno dopo. Avevo di nuovo i miei vecchi vestiti addosso – se i pantaloni di tuta e una delle mie magliette extra-large si potessero definire “usuali” – al posto della camicia blu dell’ospedale che indossavo da Domenica pomeriggio, ed ero seduto sopra le coperte e non sotto. Aidan stava dormendo nelle mie braccia, di nuovo, mentre Harry era seduto dall’altra parte del letto con i miei piedi poggiati sulle sue gambe, intento a farmi un massaggio rilassante. 
Cercai di ricordare a me stesso, ogni tanto, che emettere versi di piacere sarebbe stato veramente umiliante. 
“Vedo che ve la cavate bene,” disse mentre chiudeva la porta e si avvicinava alla sedia vicino alla finestra. 
“Abbastanza bene dai,” disse Harry, “Apparentemente gli stanno facendo male i piedi.”
“Ehi, ti sei offerto tu,” dissi puntandogli un dito contro.
“Questo non giustifica il fatto che ti sia lamentato fino ad ora.”
“Ho espresso finemente il mio parere un paio di volte. Non erano lamenti.” chiarì.
“Come dici tu, tesoro.”
Gli feci la linguaccia e lui in risposto mi colpì il piede, facendomi emettere uno squittio. Ovviamente lo colpì violentemente di rimando sulla gamba.
“Quindi,” disse ad alta voce Anne, battendo forte le mani per avere attenzione. “L’unica ragione per cui mi volevate qui, era perché volevate che io vi vedessi flirtare l’uno con l’altro?”
Le mie guance divennero bollenti e abbassai lo sguardo, ma Harry non perse tempo a dare il contraccolpo.
“Ovvio che no,” disse. “Quale ragazzo ha voglia di far vedere a sua madre in che modo flirta?”
“Hai fatto cose molto strane in passato,” disse secca incrociando le braccia al petto.
“Beh, i miei giorni selvaggi e ribelli sono finiti adesso.”
“Bene. Era un vero incubo.”
“Ero un angelo,” controbatté. “Un bellissimo angelo.”
“Eri un bastardo.”
“Sei tu che mi hai cresciuto, quindi se ero un bastardo – il che non è vero, te lo dico – è colpa tua.”
“Beh si, non c’è molto da fare quanto i tuoi fiorellini non ancora sbocciati decidono di trasformarsi in ribelli.”
Senza nemmeno dargli l’opportunità di rispondere, schioccò la lingua e continuò, “Quindi qual è il vero motivo per cui mi volevate? Sono curiosa.”
Harry si voltò verso di me e alzò le sopracciglia come per chiedere: ’Sei pronto?’ Io alzai miseramente le spalle, spostando poi lo sguardo verso il basso ad osservare il mio dormiglione. 
“Okay,” disse Harry, schiarendosi la gola. “Abbiamo in un certo senso… bisogno del tuo aiuto per decidere cosa- o, sai, in che modo dobbiamo muoverci da adesso.”
Non mosse ciglio. “E dov’è il problema?”
“Il problema è che Lou è al cento per cento sicuro che sarebbe un gesto totalmente menefreghista tenere Aidan e che crolleremmo miseramente se lo facessimo,” disse senza nemmeno un singolo momento di esitazione. 
Anne si volse verso di me con un cipiglio interrogativo in volto. 
“Perché pensi che accadrà questo?” chiese.
“Non lo so. Non-“ mi bloccai per un secondo. “Non è che per forza crolleremmo miseramente, ma ho paura di incasinare le cose.”
“Tutti i genitori si sentono in quel modo,” disse, le sue labbra curvate in un lieve sorriso. “Specialmente con il loro primo figlio. Avresti dovuto vedere me quando ho avuto Harry; credo di aver cercato di mandare tutto all'aria ben tre volte, ma invece non è stato così, quindi non avevo nessun motivo per cui farlo.”
“Si, ma in questo caso è diverso,” soppesai, “Non sei gay e non eri al liceo quando è nato lui.”
“No, ero nel bel mezzo dei miei studi universitari,” disse diretta. “Ho dovuto lasciare l’università per prendermi cura di lui. I miei genitori erano furiosi e nessuno dei miei amici poteva aiutarmi perché anche loro erano impegnati con gli studi, compreso Robin.”
Mi leccai le labbra assente. “I miei genitori già mi odiano per quello che sono... beh, mio padre non sa cosa stia accadendo nella mia vita da due anni a questa parte, ma mia madre mi odia.” Mi acciglia. “Ma il punto è che non ho stabilità nella mia vita, e non voglio essere uno di quei genitori che non riescono mai a concludere un cazzo e che trasmettono i loro fallimenti ai loro figli.”
Con uno sguardo penserioso, si appoggiò di schiena contro la  sedia e mi scrutò per un paio di secondi. “Questo è l’unico motivo per cui vuoi dare in adozione Aidan?”
“Io- si, ma… è un buon motivo,” dissi esitante, lievemente sorpreso dalla sua reazione. “No?”
“Dimmelo tu,” disse. Il modo in cui mi si stava rivolgendo in quel momento, mi ricordava quello di uno psichiatra piuttosto che la madre del mio… beh,  la madre del padre del mio bambino.
“Non lo è,” affermò Harry piatto. Smise di massaggiarmi i piedi ed io di conseguenza non feci passare nemmeno un secondo, prima di mettermi a piagnucolare agitando i piedi, così da intimargli di continuare. Lui ghignò per un momento, ma non disse o fece nulla prima di iniziare di nuovo a muovere le dita in lenti cerchi, e io sorrisi tutto contento. 
“Tutti noi sappiamo cosa tu voglia, Harry, quindi la tua opinione non è necessaria,” disse Anne, indirizzandogli uno sguardo di rimprovero prima di voltarsi di nuovo. “Desiderare una bella vita per il tuo bambino è un motivo più che giusto, ma potresti mettere i tuoi stessi sentimenti in gioco in questa situazione.”
“E se io non volessi?” dissi disperatamente, “Cosa accadrebbe se-“
“E cosa accadrebbe se alla fine tutto finisse per il meglio?” mi interruppe. “Cosa accadrebbe se tutte e tre trascorrereste una vita bellissima e prosperosa insieme?”
Mi morsi il labbro e deglutii. “E se così non fosse?”
“Allora sarebbe dannatamente facile per te cambiare idea sul non darlo in adozione, piuttosto che cambiare idea e decidere così di farlo.” 
Impiegai un paio di secondi per capire cosa significasse quella frase, aggrottando la fronte e fissando il muro difronte al letto. Alla fine mi arresi e le indirizzai uno sguardo confuso.
Lei sorrise e si raddrizzò sulla sedia. “Se tu decidessi di darlo in adozione, ti accorgeresti poi che quella è stata una cattiva decisione perché non sarà difficile; tecnicamente parlando, non ci vorrebbe molto a darlo in adozione ad un agenzia. Ma se tu decidessi di farlo firmando quei tipo di documenti, e dopo capiresti che quella decisione presa era sbagliata, tu… beh, sono onesta, saresti fottuto.” 
Annaspai con la bocca ben tre volte, ogni volta con una nuova tesi da esporre, ma tutte e tre le volte morirono sul nascere prima che raggiungessero le mie labbra, mentre piano piano riuscii a metabolizzare tutto quanto, perché- 
“Non la penso così.” Poggiai il mio sguardo verso il basso. Come mai nonostante tutti i dibattiti avuti insieme ad Harry, non ero mai riuscito a vedere la situazione da questo punto di vista? Questo ottuso poteva essere Harry? Ovviamente le parole di Anne avevano un senso logico a tutti gli effetti, senza niente da , nonridire, dal mio punto di vista almeno. 
Avremmo potuto darlo in adozione e sarebbe stato irreversibile, permanente. 
O l’avremmo potuto tenere con noi, con l’aggiunta di poter cambiare idea un qualsiasi giorno con il passare degli anni, se avessimo voluto. 
Certo, se Harry non fosse stato così ostinato sul prendere decisoni prima di lasciare l’ospedale, avremmo potuto decidere se darlo in adozione e inoltre avremmo potuto avere un altro po’ per dirgli addio e prepararci. Ma non c’era verso di far cambiare idea a lui. Non mi avrebbe mai fatto uscire da questo posto senza aver avuto una risposta, ed io ne ero pienamente consapevole. 
Abbassai lo sguardo sul bambino, osservando con attenzione come il suo petto si alzava e abbassava dolcemente, come la sua bocca era leggermente aperta e come le sue mani chiuse si poggiavano sulle mie gambe. 
“Sei parecchio felice qui, vero?” dissi dolcemente. “Non ti frega molto di me, mm?” 
Non ricevette nessuna risposta ovviamente, e di conseguenza alzai lo sguardo su Harry. 
“Perché decidere cosa fare con questa merda è così difficile?” chiese debolmente.
“Sei un essere umano come tutti, ecco perché,” ridacchiò, nonostante questo non placasse il mio nervosismo che si stava espandendo e si stava facendo sentire in tutte le sue sfaccettature. In questa situazione non era per niente d’aiuto.
“Quale… quale pensi sia la decisione più saggia da prendere?” chiesi voltandomi verso Anne. 
Sorrise a stento ma quel sorriso sparì dopo tre secondi, rimpiazzato da uno contemplativo.
“Io non…” vacillò mordendo il labbro poco dopo, “Non penso sia una buona idea darlo ad un’agenzia d’adozione. Hai legato troppo con lui. Non hai voglia di darlo a nessuno all’infuori di te, nemmeno di notte, e non immagino nemmeno come reagiresti se fosse dato a qualcun altro permanentemente.”
“Ma se-“
“Starà bene,” mi interruppe gentilmente. “Ci sarò io ad aiutarti e lo farà anche Robin. Non sei solo.”
La mia guancia venne scossa da un tremolio e dovetti rompere il contatto visivo con lei, focalizzando i miei occhi su Aidan invece. Cercai di immaginarlo, ad immaginare di darlo ad Ilana –  o a qualcun altro che avesse la stessa espressione di ghiaccio e senza cuore – e non essere in grado di fare nulla mentre veniva portato via, piangendo disperatamente sulla spalla di una persone senza sentimenti e guardandomi con occhi che urlavano tradimento e solitudine. Il solo pensiero mi portò un groppo in gola, ed emisi un sospiro tremolante e doloroso mentre cercavo di trattenere le lacrime, rifiutandomi di far emergere le mie emozioni nonostante stessero straripando da ogni singola parte del mio corpo, sia dentro che fuori, senza darmi la possibilità di respirare normalmente.
Con dita tremanti, accarezzai una delle sue manine, sentendo la bellezza indescrivibilmente soffice al tatto, che trasmetteva innocenza e bisogno. Era così… piccolo. Troppo piccolo, troppo fragile per me affinché qualcuno se ne prendesse cura per sempre. Tutt’ad un tratto le sue mani si mossero, nonostante stesse ancora dormendo, e prima di saperlo, le sue dita strinsero con forza un mio dito. Non fui in grado di pensare più a nulla dopo quello, e dolcemente sfiorai il mio viso con quella manina stretta, sfiorando il naso e con lentezza giù, lunga tutta la mia guancia. 
Con ansia ed esitazione, spostai il mio sguardo su Harry. Un espressione di pure panico in volto, e nonostante stesse ancora massaggiando i piedi, era più un gesto automatico che consenziente a questo punto. Ci fissammo l’un l’altro per un intero minuto, senza cambiare espressione e senza alcuna emozione in volto. Ci guardammo all’infinito, finché io non aprii bocca.
“Tu… è- mi devi solo promettere,” sussurrai con occhi stretti, “Ho bisogno che tu mi prometta che noi… che noi staremo bene.”
Lentamente si spostò verso di me e un po’ di panico svanì.
“Staremo bene,” disse dolcemente. “Te lo prometto.”
“Promesso?”
“Promesso.”
I suoi occhi erano sinceri e anche la sua voce, ed io a quella promessa ci credetti. Trovai difficili non farlo. Mi morsi il labbro forsennatamente prima di sbattere gli occhi, spostandolo così lo sguardo sul bambino. 
“Okay.” Biascicai allora. “Okay.”
I suoi occhi si spalancarono in modo ridicolo. 
“Okay?” ripetè, la sua voce solo un miscuglio di isterismo. “Cioè intendi…?”
Alzai lo sguardo e cercai di sorridere, ma credo che il risultato fu qualcosa che si avvicinava ad una smorfia per qualche maschera di Halloween. Sentivo battere il mio cuore lungo tutta la gola, che mi portava ad una spiacevole sensazione di qualcosa che si aggirava fra nausea e dolore. Era una sensazione terribile. Ero così spaventato sulle mie certezze, talmente disperato da volermi aggrappare a qualcosa, e anche capace di poter sentire battere il mio cuore così forte, con la certezza che non fossi ancora morto a causa dello stress, qualcosa del genere. 
Non appena mi accorsi degli occhi spalancati di Harry e delle guance arrossate, presi un bel respiro e annuii. I suoi occhi si spalancarono ancora di più – grandi quanto delle palle da tennis - e la sua mascella si aprì in una ‘o’. Strinsi i denti per un secondo e annuii ancora, questa volta velocemente, prima di rispondere con voce tremante.
“Si,” sussurrai. “Si. Si. Si.”



HI FELLAS!

Non so nemmeno come iniziare dato che sono passati... secoli dall'ultimo capitolo *feelinglikecacchetta*
Tutto questo dovuto:
-scuola
-assenza di linea per due mesi
-un mese di mare stressante
Dato che questo commento è last minute, gradirei qualche bel commento vostro, perché ho intenzione di rispondere a tutti come si deve.
Vorrei anche ringraziare tutti, questo è il mio ultimo capitolo di questa storia tradotto sola soletta (capitolo infinito) e ho pianto come una fessa appena finito. Ho pensato tante cose belle, soprattutto ai miei due mentori: Harry e Louis.
Un bacione e un abbraccio immenso da parte mia, passate una bella estate e a presto.
Hugs and kisses!

Ana x.




Here we are.

Bene, bene... chi non muore si rivede mmh? Okay, quando sono arrivata alla fine del capitolo (dopo averlo corretto) mi aspettavo il solito angolino scritto da Ana ma questa volta non è stato così, per questo avevo deciso di riscriverlo (ma lei poi me l'ha inviato su whatsapp quando ormai avevo già scritto tutto questo papiro, quindi ho deciso di non cancellarlo. Perdonateci se ci saranno scritte le stesse cose).
So che è passato tantissimo tempo dall'ultima volta che abbiamo pubblicato e mi sento molto in colpa, anche perché sia su twitter che su efp abbiamo ricevuto un sacco di solleciti di continuare a pubblicare il prima possibile, proprio per questo voglio essere totalmente sincera con voi; a parte il problema alla rete che ho avuto in sti giorni (vi giuro, non riuscivo nemmeno a scaricare che il capitolo che mi aveva inviato Ana e allo stesso tempo non poteva nemmeno pubblicarlo direttamente lei senza correzioni, perché è partita per una piccola vacanza in un paesino vicino a dove abita e la connessione va e viene anche lì) quindi ho dovuto aspettare che la linea con Telecom si ristabilisse e poi trovare la voglia di leggere e correggere tutto il capitolo. Non penso poi di averlo proprio corretto al massimo del potenziale, anche perché l'ho fatto in giorni alterni. La mia mancanza di voglia è stata dettata dal lavoro, spero mi capiate: lavoro tutte le mattine dalle 8 alle 15, ed è praticamente come andare a scuola.
Cooomunque eccoci qui finalmente, non ci siete ancora liberate di noi e non vi libererete così facilmente.
In questo capitolo non succede niente di esilarante, ma è necessario per lo svolgimento della storia come avrete visto; Louis e Aiden sono le cose più tenere che possano esistere su questo mondo e finalmente si sta avvicinando la pace. Chi mi aiuta a costruire una statua per Anne? Senza di lei questi due cretini non sarebbero andati da nessuna parte. Forse se mettessimo insieme il cervello di Harold con quello di Louis ne verrebbe fuori quasi uno intero dai.
Bene, detto questo vi ringraziamo immensamente per il supporto, sempre indispensabile in questi casi e vi auguriamo di passare una bellissima estate rilassante (ci vuole proprio!). Il prossimo capitolo non possiamo dirvi con certezza quando verrà pubblicato, vi terremo aggiornate su twitter in ogni caso. La cosa certa è che in un modo o nell'altro termineremo la storia, compresa del sequel, state tranquille.
Grazie per chi è ancora qui e non si è stancato di seguirci.
Un bacione sia da me che da Ana che si sta godendo pienamente il mare a differenza mia che sgobbo (ti voglio bene tesoro <3)
A presto,

Giulia. 
  
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