Capitolo diciannove
No place I'd rather be
If
you gave me
a
chance, I would take it.
It's
a shot in the dark,
but
I'll make it.
Know
with all of your hearth,
you
can't shame me.
When
I am with you,
there's
no place I'd rather be.
Decisamente
James non avrebbe voluto essere in alcun altro posto quando
sentì la
mano di Penny muoversi nella sua. Non ebbe il coraggio di alzare lo
sguardo, ma sapeva che la ragazza stava per svegliarsi, e lui aveva
così tante cose da dire e altrettante da chiedere. Sorrise
tra sè e sè; non
era sicuro di niente, come al solito – quando c'era di mezzo
lei.
Una
sola cosa era certa:
l'unico luogo in cui voleva trovarsi era lì con lei, a
stringerle la
mano.
Sentiva
le palpebre pesanti come se qualcuno gliele stesse
tenendo
chiuse a forza, e
dovette
concentrarsi per riuscire a schiuderle, seppure
di poco.
Avvertiva un formicolio alla mano sinistra – che sicuramente
stava
riprendendo sensibilità – mentre era certa che la
destra fosse
avvolta in qualcosa di caldo e morbido. Un'altra mano.
Riprovò
ad aprire gli occhi, sbattè le palpebre più volte
e davanti a sè
vide il bianco candido del soffitto. Non aveva la più
pallida idea
di dove si trovasse.
Abbassò
lo sguardo: qualcuno era seduto accanto a lei e le stringeva forte la
mano nella propria, la testa china sul letto dov'era stesa. Mise
lentamente a fuoco l'immagine del ragazzo seduto con una mano fra i
capelli ricci.
"Che
è successo?", mormorò. Era un sussurro
così flebile che
dubitava potesse averlo sentito, ma il ragazzo alzò la testa
di
scatto e incollò gli occhi scuri e profondi al volto di
Penny. Lei
gettò un'occhiata alle loro mani unite, e lui si
affrettò a mollare
la presa, lasciandole un enorme senso di vuoto.
"Sei
un'idiota, Shane!", biascicò, brusco.
"Sempre
carino, Potter!", ribattè lei tossichhiando.
Aveva
la bocca impastata, e James se ne accorse; si sporse a prendere un
bicchiere d'acqua poggiato sul comodino e glielo porse, aiutandola a
raggiungere una posizione semieretta, quel tanto che bastava per
poter bere senza fradiciarsi.
Il
fatto che lui provasse un'immensa tenerezza e desiderio di
accarezzarla, prenderle il volto tra le mani e baciarla, non lo
trattenne dal domandare:
"Perché
sei andata da Malfoy?", c'era traccia di accusa nella sua voce.
Penny
bevve lentamente l'acqua, desiderosa di evitare quella domanda fino
alla fine della propria esistenza.
Le
venne in mente un flash-back di quello che era successo; la scena le
passò davanti a rallentatore: lei che Disimpastoiava Malfoy
nel
bagno delle ragazze, lui che le lanciava un incantesimo alle spalle,
il sangue che colava a terra e due braccia muscolose che la
sollevavano.
"Sei
stato tu a portarmi qui?", chiese infine. Lui annuì
brevemente.
"Ti
ho trovata in un lago di sangue, Shane", disse in un soffio.
La
stava rimproverando? Lei era in infermeria piena di bende e lui la
sgridava?
"E'
la terza volta che mi salvi da Malfoy, Potter", gli sorrise
riconoscente, ma lui non sembrava volerla ricambiare, anzi: si
incupì.
"Peccato
che stavolta non sia riuscito a impedirgli di farti del male",
mormorò più a se stesso che a lei.
Incrociò le braccia al petto e
distolse lo sguardo da lei.
"James...",
tese una mano verso di lui, ma scoprì che le doleva,
così la lasciò
ricadere pesantemente sul letto. "Mi hai portata qui", gli
fece notare con dolcezza. "Direi che è abbastanza, no?".
Lui
smise di fissare la coperta, occupazione che nell'ultima manciata di
secondi aveva trovato molto interessante, e tornò a
guardarla,
sempre un po' accigliato.
"Perché
hai fatto una cosa così idiota?", aggrottò la
fronte.
Penny
si morse il labbro inferiore, per niente desiderosa di fornirgli i
particolari. Ovviamente, non sapeva che James conosceva già
la
risposta, e che voleva solo capirci qualcosa in più. Dopo
lunghi
istanti di silenzio, lui scosse la testa e si arrese.
"Come
mi hai trovato?".
Lui
la guardò stralunato, aggrottando la fronte. Non
ricordava niente?
"Il
tuo Patronus mi ha raggiunto nella Sala D'Ingresso", narrò.
"Per poco non mi ha travolto". A quelle parole Penny si
ricordò di aver inviato il suo unicorno a trovare James, e
arrossì
lievemente. Ora le avrebbe chiesto perché aveva mandato a
cercare
poprio lui e non – chessò? - Albus o Rose. Ma
James non lo fece.
"Non
sapevo fossi in grado di far parlare un Patronus", osservò
invece, stupendola. Sapeva benissimo che la domanda clue era solo
differita, ma approfittò del momento, nella speranza che lui
potesse
rimandarla all'infinito.
"Non
lo sapevo neanche io", rispose sorridendo. "Non l'avevo mai
fatto prima", chiarì ad un James insieme stupito e ammirato.
"Credo", aggiunse, "che sia stata la forza della
disperazione. Ho preso la bacchetta e... l'ho Evocato e...", si
bloccò.
"Gli
hai detto di venire da me", concluse lui con espressione neutra.
Penny
deglutì un po' troppo rumorosamente e annuì,
incapace di
pronunciare l'orrendo monosillabo affermativo "sì".
Merlino, che vergogna!
"Posso
chiederti...", cominciò lui, con una cautela che riteneva
gli
fosse estranea. Eccola lì, la domanda da un milione di
galeoni,
pensò Penny. Poi le venne un lampo di genio e lo interruppe:
"Aspetta...",
realizzò, "hai detto che eri nella Sala d'Ingresso?".
Stavolta fu il turno di James di sentirsi in imbarazzo; distolse lo
sguardo, senza rispondere.
"Pronto,
Potter? Terra chiama Potter!", esclamò.
James
tornò a posare lo sguardo su di lei e le sorrise; il primo
vero
sorriso da quando si era svegliata. Era uno di quei suoi sorrisi
mozzafiato e il cuore di Penny non potè fare a meno di
saltare un
battito in segno di apprezzamento – apprezzamento che avrebbe
voluto esprimere anche a parole, se avesse potuto.
"Per
esserti appena ripresa hai i riflessi pronti, eh Shane?",
commentò caustico.
Penelope
ridacchiò, felice di sentire ancora un bel commento pungente
in
pieno stile "James Potter". Quella versione depressa del
bel Cercatore non gli si addiceva.
"Non
eri alla partita?", ritentò, curiosa come non mai.
"No"
rispose secco.
"E
perché no?", domandò lei, insistente. James
roteò gli occhi,
spazientito.
"Credo
che dirò a Madama Chips di tenerti addormentata un altro
po'...",
accompagnò quelle parole con un sorrisetto sghembo, e lei
rise di
rimando.
"Sai
benissimo che al risveglio ricomincerei da capo, Potter...",
rispose a tono.
"Va
bene", sbuffo platealmente. "Ero... ero al castello per
cercarti. Avevo notato la tua assenza e sentivo che stavi per fare
qualcosa di stupido".
Era
una spiegazione molto sommaria dell'accaduto, ma Penny se la fece
bastare, dato che Potter non sembrava molto propenso ad approfondire
l'argomento.
"Allora",
riprese lui, "come hai fatto ad inviarmi il Patronus?", ma
Penny sapeva che non era la vera domanda. Ci stavano girando intorno,
lo sapevano entrambi.
"Io-
io non lo so", tentennò, indecisa su quanto dire e quanto
tacere. "L'ho Evocato e gli ho detto di chiedere aiuto",
restò sul vago, sperando che lui se la bevesse.
"Mh",
mugugnò James – aveva un sorrisetto che non le
piaceva affatto.
"L'unicorno – il tuo unicorno", sottolineò con
forza,
"ha detto James".
"Ah...
davvero?" squittì Penny, chiedendosi se fosse possibile
pestare
a sangue un Patronus. Purtroppo le speranze non erano molte, ma si
sarebbe informata.
"Eh
già", rispose lui, il sorrisetto stavolta era visibilmente
compiaciuto. Ormai, si disse Penny, tanto valeva giocare a carte
scoperte - o quasi.
"Che
altro ha detto?" domandò, il cuore in gola.
"Solo
James, aiutami",
ripetè lui. "Poi si è
voltato e io ho capito che dovevo seguirlo".
"Sono
le parole che ho pensato prima di Evocarlo", fu un bisbiglio
–
sperava quasi che non la udisse. James sembrò sorpreso di
sentirglielo ammettere, aprì la bocca e la richiuse;
probabilmente
voleva dire qualcosa, ma dalla sua bocca uscì solo un
sospiro
pesante. Sembrò immergersi nei propri pensieri.
"Se
solo avessi avuto la bacchetta avrei potuto rimarginarti le ferite;
invece ho dovuto sollevarti di peso e sono stato lento...",
farfugliò.
"Per
la barba di Merlino!", esclamò decisa, benché
ancora debole.
"Non puoi sul serio sentirti in colpa! Se la responsabilità
è
di qualcuno, è mia. Non so come mi sia venuto in mente di
voltare le
spalle a uno come Malfoy!", disse con un misto di rabbia e
frustrazione, gli occhi lampeggiavano d'ira.
James
tacque, pensando che per ben due volte Penny aveva glissato la sua
domanda più importante; non voleva rispondergli
perché Malfoy aveva
ragione?
O
magari solo perchè credeva che si sarebbe arrabbiato con lei
se
avesse saputo che era andata lì a proteggerlo. James sperava
fortemente nella prima opzione – per la prima volta sarebbe
stato
lieto di dare ragione a Scorpius Malfoy.
Merlino,
com'era frustrante essere innamorato di quella ragazza!
"Appena
esco di qui...", la voce di Shane interruppe il flusso dei suoi
pensieri.
"NO!",
la interruppe bruscamente. "Appena esci di qui non fai proprio
nulla, Shane. A Malfoy ci ho già pensato io", le disse.
"Beh...in parte...", si corresse.
"In
parte?", sollevò un sopracciglio, perplessa.
"Nel
senso che l'ho picchiato alla babbana", spiegò con
nonchalance.
Penny
sorrise a quelle parole; lei che nel mondo babbano c'era cresciuta
non poteva che ridere quando sentiva che fare le cose "alla
babbana" per i maghi era come farle a metà –
perfino per i
babbanofili.
"Poi
è sparito", continuò James, "ma penso che non
appena si
farà vedere in giro almeno cinque o sei persone lo
Schianteranno per
questo", disse indicando prima lei, poi il lettino e
l'infermeria. Quello che aveva fatto a lei, insomma.
Da
quand'era, si chiese James, che parlare con Shane era così
facile?
Senza
litigi, senza frecciatine, senza occhiatacce. Doveva aspettare di
vederla in quelle condizioni per agire come un essere raziocinante?
Oddio...
magari non aveva usato molto raziocinio con Malfoy, però
quello era
un discorso a parte.
"Potter",
tuonò Madama Chips, della quale entrambi si erano
completamente
dimenticati. "Ancora qui? La signorina Shane deve riposare,
quindi fuori!".
"Non
posso restare?", chiese indignato.
"No",
rispose asciutta.
"Per
quale motivo?", domandò seccato. Non mollava facilmente la
presa.
"Signor
Potter", la voce inflessibile. "Devo cambiare le
fasciature, e non so se la signorina Shane voglia – come
dire? -
mostrare le proprie grazie a lei. Quello che so per certo è
che non
voglio che succeda davanti a me!", espose acidamente.
Ebbero
reazioni opposte: Penny acquistò un fantastico colorito
pomodoro in
quell'istante, mentre James impallidì. Non gli sarebbe
dispiaciuto
restare a dire il vero, ma Madama Chips non era del suo stesso avviso
– e Merlino solo sapeva di quale
maledetto avviso fosse
Shane riguardo al mostrargli le proprie grazie!
"Va
bene, va bene", borbottò rassegnato, "me ne vado".
Salutò
ed uscì dalla stanza, dirigendosi alla Sala Comune. Quando
Baston lo
vide gli chiese notizie di Shane, ma fu nulla rispetto all'assedio
che gli fecero Al, Rose, Trixy e Alice. Se li trovò tutti e
quattro
addosso in cinque minuti. Disse loro che Penny stava meglio e che
Madama Chips lo aveva bellamente buttato fuori dall'infermeria. Rose
gli si avvicinò per parlargli a quattr'occhi, mentre Al era
impegnato a distrarre le altre due: conoscendoli era tutto calcolato.
Il
che significava che almeno gli avevano fatto la cortesia di tacere
con le altre due.
"Gliel'hai
detto?", bisbigliò la rossa.
"No",
rispose secco. Lo guardò accigliata, senza ribattere. Stava
pensando
tra sè e sè; era decisa nel suo intento: se James
non si fosse
spicciato entro qualche giorno, avrebbe messo lei le cose a posto.
"Vedi
di sbrigarti", gli disse con un'occhiata che voleva essere
eloquente e che a lui sembrò solo acida. "O le spiffero
tutto!".
James
avrebbe tanto voluto chiederle perché diamine dovesse
spifferarle
tutto, ma si trattenne. Rose aveva pensato che le implicazioni dell'
affermazione fossero chiare, ma è evidente che il cervello
di James
non intendeva recepire i suoi segnali.
Non
fece altro che rispondere a monosillabi anche quando scesero per la
cena in Sala Grande: chiunque gli parlasse non riceveva risposte
composte da più di due lettere. In tutto ciò non
aveva neanche
fatto i compiti per il giorno dopo, e probabilmente quell'anno si
sarebbe fatto bocciare ai M.A.G.O. Sarebbe finito a fare l'aiuto ai
Tiri Vispi Weasley – se lo sentiva! Sua madre l'avrebbe
ucciso se
non si fosse diplomato...
Si
vedeva già un uomo fallito nel negozio dello zio, incapace
di fare
altro se non spazzare il pavimento e lanciare Caccabombe come
dimostrazione ai clienti.
Con
questa terribile prospettiva nella mente si ritirò in
dormitorio e
si coricò, ma, stranamente, quella notte dormì
sodo e non fece
incubi.
Sognò
Shane che gli parlava dolcemente, stesa accanto a lui sotto un grande
faggio nel parco, in una giornata mite. Al mattino si
svegliò
ristorato; si sentiva fiducioso. Ancora un giorno e lei
sarebbe stata fuori dall'Infermeria.
Penny
si rigirava nel letto, incapace di trovare una posizione comoda.
Madama Chips le aveva cambiato le bende con molta cura, spalmandole
altri unguenti appiccicaticci. Era un'ottima Guaritrice, doveva
riconoscerlo, sebbene l'avesse odiata non poco quando aveva cacciato
James.
Il
giorno prima, quando l'aveva visto lì accanto a tenerle la
mano, il
cuore le era quasi esploso nel petto. E sapere che l'aveva soccorsa,
che l'aveva aiutata ancora una volta, la faceva sperare: per una
volta, Penelope Shane era ottimista.
James
Sirius Potter, che aveva sempre considerato inarrivabile, non le era
mai stato così vicino. Quando finalmente si
addormentò, sognò. Un
sogno strano, eppure così reale che le sembrava fosse
accaduto sul
serio.
Lei
era stesa in quello stesso letto dell'Infermeria, con gli occhi
chiusi e James le era accanto e le parlava, dicendo che era
innamorato di lei...
Nel
bel mezzo del sogno si svegliò di soprassalto
perché Madama Chips
aveva fatto cadere una boccetta di vetro.
La
maledisse in tutte le lingue possibili, ma decise di restare sveglia
– ormai erano le sette di mattina. Si accorse che si sentiva
molto
meglio, anche abbastanza in forze da potersi alzare in piedi,
benchè
la donna non le permettesse di farlo.
Quel
pomeriggio, Al e Rose vennero a trovarla con Alice e Trixy per
informarsi delle sue condizioni. La aggiornarono sulle lezioni e la
fecero ridere con le loro idiozie; quando si congedarono si
addormentò nuovamente. Si svegliò che era
già tardi e rimase
delusa nell'accorgersi che James non si era presentato.
Credeva
che sarebbe tornato... aveva frainteso? Forse era stata colpa di
quel sogno così maledettamente realistico.
"Oh,
basta!", si disse. "Appena esco di qui tento il tutto per
tutto e glielo dico".
Fu
così che, dopo che per tanto tempo entrambi avevano pensato
di
tenersi per sè i propri sentimenti, entrambi divennero
decisi a
dichiararli, nello stesso momento.
Alla
fine della lezione di Pozioni con Victoire, per la durata della quale
non aveva fatto altro che distrarsi, James era andato dritto da
Shane, ossia incontro a una tremenda delusione.
"La
signorina Shane dorme, in questo momento", lo informò Madama
Chips con una certa stizza – si vedeva lontano un miglio che
odiava
i visitatori. "Non voglio che lei la svegli, intesi?", lo
guardò torva.
James
annuì con poca convinzione, ma chiese almeno di poter
entrare a
darle un'occhiata. Quando la vide dormire, il colorito di nuovo sulle
gote, non ebbe il coraggio di contravvenire al comando della donna.
Rannicchiata,
la mano sotto il cuscino, Shane sembrava una bambina – fu una
visione che gli scaldò il cuore.
"Le
ha tolto le bende alle braccia", osservò.
"Sì,
le ferite si sono completamente rimarginate. Domani mattina
potrà
uscire, sarà come nuova!", disse soddisfatta del proprio
lavoro. James la conosceva come una donna molto scrupolosa e
affidabile, e i suoi rimedi non avevano mai fallito.
Lasciò
l'infermeria con il cuore più leggero, sebbene di malavoglia.
Come
il giorno prima, non c'era altro posto in cui avrebbe voluto essere
–
se non lì.
Dopo
un brusco
risveglio da un sonno
lungo
ma agitato,
Penny si sentì annunciare
che quella
stessa mattina sarebbe potuta
uscire
dall'Infermeria.
Madama
Chips aveva
fatto miracoli: le
aveva tolto tutte le bende e la sua pelle era intatta
e candida come prima,
come se non fosse mai stata ferita. Altrettanto
non si poteva dire della sua interiorità: il colpo basso di
Malfoy
aveva lasciato il segno. Sicuramente avrebbe evitato, in futuro, di
abbandonarsi a stupidi e fiduciosi istinti Grifondoro. Non
rimpiangeva affatto di essere andata a rinfacciargli quello che aveva
fatto a James, ma solo di avergli ingenuamente riconsegnato la
bacchetta.
Mentre
si rivestiva con un cambio pulito che doveva aver lasciato Rose, si
rese conto con orrore che erano giorni che non scriveva al
nonno e
ai genitori.
Sperava
solo che quell'assenza di informazioni per ben tre giorni non avesse
fatto preoccupare sua madre, che era esattamente la quintessenza
dell'apprensività materna. La divisa da Quiddich era
sparita,
probabilmente ad opera di Rose o di un qualche sconosciuto Elfo
domestico. Almeno, si disse, avrebbe fatto in tempo a seguire la
lezione di Lupin. Era venerdì mattina e certamente nessuno
era
libero per aspettarla fuori di lì; non poteva pretendere un
comitato
d'accoglienza: la scuola non si fermava solo perché Malfoy
la odiava
a morte.
James
si era alzatò con il sommo proposito di saltare ogni singola
lezione
della giornata, in barba alle sue preoccupazioni per gli
stramaledetti esami di fine anno. Niente era più importante
di quel
che doveva fare. Proprio niente.
Non
scese neppure a fare colazione, per paura di mancare il momento in
cui Shane sarebbe uscita dall'infermeria, oltre al fatto che il suo
stomaco era chiuso.
Rose
e Al avrebbero tranquillamente marinato per andare ad aspettare la
loro migliore amica, ma ritennero che fosse il caso di lasciare che
James andasse solo.
"Finalmente
non avrà più scuse per non dichiararsi!", aveva
commentato
Rose con una buona dose di sollievo.
Al
sperava che il suo sconsiderato fratello si desse una mossa –
possibilmente in giornata – perché non sarebbe
stato molto
romantico se Penny fosse venuta a sapere da Rose che il ragazzo per
cui spasimava da anni la amava.
Sicuramente
era preferibile che fosse quel gran pezzo d'idiota a rivelarglielo.
Ben
prima che lei fosse sveglia, James si era recato ad aspettarla fuori
dalla grande porta lignea dell'infermeria; impalato come una statua,
attendeva che la ragazza facesse la sua regale ed elegante sortita.
Fu
così che – appena sulla soglia – Penny
inciampò su una
mattonella sconnessa e andò a sbattere proprio contro
l'ultima
persona che avrebbe dovuto vedere quella scena pietosa.
James
la afferrò saldamente prima che cadesse come una pera cotta,
visibilmente divertito da quella che per lei era una grandissima
figura di merda.
"Shane,
non sei neanche uscita e già provi a spiaccicarti per terra?
Ti
piace proprio l'Infermeria, eh?", fece ironico.
Penny,
impegnata a chiedersi perché non potesse essere impeccabile
e
coordinata come Victoire, non rispose alla battuta.
"Che
ci fai qui?", gli chiese rimettendosi in sesto.
James
sembrò infastidito dalla domanda.
"Secondo
te, Shane?" inarcò il sopracciglio destro e
sbuffò. "Ti
stavo aspettando!", aggiunse in tono ovvio. Lei sorrise e
arrossì lievemente.
"Ieri
non sei venuto e pensavo... pensavo che oggi avessi lezione...".
Non
era esattamente quello che avrebbe voluto dire. In realtà
nella sua testa
aleggiava più qualcosa come "pensavo che non te ne
importasse niente di vedermi".
"Io
ieri sono passato e tu stavi dormendo", precisò, quasi
offeso
dall'incertezza nella voce della ragazza. "Madama Chips mi ha
tassativamente vietato di svegliarti".
"Oh",
rispose lei sentendosi in colpa per aver dubitato. "Non dovevi
saltare le lezioni, però; hai anche gli esami...". Oh
sì
che doveva! Era contenta che l'avesse fatto!
James
si strinse nelle spalle e disse semplicemente: "Ci sono cose
più
importanti".
A
quel punto Penny cominciò a camminare, per dissimulare
l'imbarazzo
causato dalla risposta di lui – data con apparente
nonchalance –
e il rossore che probabilmente la stava invadendo dall'alluce del
piede fino alle orecchie.
"Ok,
fermala e fallo. Fermala e fallo. Sei qui per questo, no? Ora o mai
più!", pensava
James
Sirius Potter, al colmo della schizofrenia mentale. Aveva cambiato
idea dieci volte da quando l'aveva vista. Prima sì, poi no,
poi di
nuovo sì...
"Shane",
esordì il ragazzo con voce ferma, come per imporre la
propria
autorità alla parte vile di se stesso. Era un
Grifondoro –
cavalleria, audacia e coraggio – no?
Maledizione,
quando mai aveva avuto problemi con una ragazza?
"Sì?",
si fermò e lo guardò con quei meravigliosi occhi
verdi.
Ma
lei non era una ragazza, era la
ragazza.
"D-devo...",
riprese, "...ti devo dire una cosa". Magnifico, ora
balbettava perfino!
A
Penny saltò un battito sentendo il tono serio del ragazzo, e
sperò
ardentemente che fosse ciò che voleva confessare anche lei.
"Ti
ascolto", rispose ostentando una calma che non possedeva
affatto. James si schiarì la voce ed esitò, prima
di iniziare:
"E'
un bel po' che devo parlarti di questa... cosa".
"Bell'esordio
James! Complimenti!", si
diede dell'idiota mentalmente.
"Ti
ascolto", ripetè.
"Dannazione
Penny, ma conosci solo due vocaboli?",
si
rimproverò.
"Sì...ehm...ecco...",
biascicò.
Penny
lo guardò accigliata: da quando Potter balbettava?
Lui
si schiarì nuovamente la gola, e quando tornò a
parlare lo fece con
voce limpida, chiara, decisa. Non era la voce di un ragazzo, ma
quella di un uomo.
"Sono
innamorato di te", quattro semplici, meravigliose parole.
La
guardava fisso negli occhi, senza perdere il contatto neanche per un
secondo. Probabilmente si aspettava che dicesse qualcosa, ma Penny
era praticamente caduta in stato di shock. Aveva agognato quel
momento per giorni, mesi, anni.
E
ora che era giunto se ne stava lì ad aprire e chiudere la
bocca,
incapace di sillabare anche una singola parola.
James
si passò una mano a scompigliarsi i ricci e
continuò a parlare,
perdendo la calma che aveva acquistato, perplesso e preoccupato dal
prolungato silenzio di lei.
"Sappi
che non sono d'accordo con chi sostiene che l'amore sia
possessività", se ne uscì. Stava farneticando, ne
era
consapevole, ma era sempre meglio di quel silenzio innaturale che era
calato. Meglio le sue stronzate del mutismo di lei.
"Amare
significa anche saper fare un passo indietro e, considerata la tua...
reazione, direi che è quello che devo fare io", concluse.
Lei
lo guardò accigliata, riscuotendosi da quello stato
catatonico, e
sorrise. James la fissò di sbieco; chiaramente doveva
pensare che lo
stesse prendendo in giro o che fosse completamente ebete, ma la cosa
non la tangeva più di tanto, dato che al momento era
l'essere più
felice del creato.
"Ehm",
riprese l'uso della voce, "sono perfettamente d'accordo con il
tuo discorso molto maturo e sensato, Potter", dichiarò
mantenendosi seria a fatica.
James
continuava a guardarla storto, come se non capisse bene le sue
parole. Era quantomeno perplesso.
"Tuttavia",
continuò lei senza lasiarsi distrarre, "non è
questo il caso".
James
sollevò un sopracciglio, aspettando che concludesse la frase
per
decidere se fosse pazza o meno.
"Intendo
dire, Potter, che al momento dovresti farlo in avanti, il passo".
Le
sorrise, e Penny pensò che qualsiasi altro sorriso le avesse
rivolto
in quegli anni spariva di fronte a quello.
Potter
non se lo fece ripetere, colmò la distanza che li separava e
la
strinse forte tra le braccia. Penny si sollevò sulle punte e
James
posò la bocca su quella di lei, le cui labbra si schiusero
prontamente a quel contatto tanto agognato.
Con
un ultimo barlume di lucidità, James realizzò
quello che stava
accadendo: stava baciando Penny Shane, e quel momento era
semplicemente perfetto. Non c'era nessun altro posto in cui avrebbe
voluto trovarsi, se non tra le braccia di lei.
SPAZIO AUTRICE
Ed eccomi a voi dopo soli due giorni. Mi sono sbrigata e spero non ci siano troppi errori di distrazione/ battitura. Volevo farmi perdonare per come avevo finito il capitolo scorso, così in sospeso. Anche perché fino al dodici non sarò più a casa e non potrò scrivere, perciò mi sembrava giusto farlo prima – non mi sono staccata un attimo dal PC per colpa di Penny e James. Detto ciò, vi prego, fatemi sapere cosa pensate del capitolo, così parto felice e contenta. Finalmente, dopo tante pippe mentali, i miei idioti protagonisti si sono svegliati. Presumibilmente prima di liberarvi di me (so che sarete felici!) ci sarà un altro capitolo e poi l'Epilogo; e devo dire che mi mancheranno i miei personaggi. Prima dell'Epilogo pubblicherò una piccola OS con protagonista Trixy Zabini, come ho già detto – almeno spero di farcela. E niente, fatemi sapere :)
Jules