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Autore: Jules_Weasley    30/07/2015    9 recensioni
Penny Shane ha sangue magico nelle vene, ma genitori Babbani. Quando riceve la lettera per Hogwarts resta molto sorpresa. Non discende da nessuno dei personaggi della saga, ma questo non vuol dire che non li incontreremo nel corso della trama. Se volete prendere con me quest'Espresso per Hogwarts, conoscerete Penny e i suoi amici, impegnati nel loro sesto anno. Conoscerete anche le sue dis-avventure sentimentali con il ragazzo per cui, da sempre, ha una cotta. La sua storia, insomma.
Leggete e recensite in tanti, è la prima FF che scrivo, quindi sono graditi pareri di ogni genere.
[Dal Prologo:
"Ne ero quasi sicuro che sarebbe toccato a lei, me lo sentivo fin dalla sua nascita” disse, strizzando l'occhio a Penny. Lei non stava più nella pelle. Suo nonno era un mago. Era arrivata una lettera. Era una strega. Fin troppe cose per essere apprese nell'arco di venti minuti.]
Genere: Commedia, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione, Teddy/Victorie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Nessun Incanto è pari alla tenerezza del cuore!'
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Capitolo diciannove

No place I'd rather be

                                                                                                                                                                  If you gave me
                                                                                                                                                                  a chance, I would take it.
                                                                                                                                                                  It's a shot in the dark,
                                                                                                                                                                  but I'll make it.
                                                                                                                                                                  Know with all of your hearth,
                                                                                                                                                                  you can't shame me.
                                                                                                                                                                  When I am with you,
                                                                                                                                                                  there's no place I'd rather be.



Decisamente James non avrebbe voluto essere in alcun altro posto quando sentì la mano di Penny muoversi nella sua. Non ebbe il coraggio di alzare lo sguardo, ma sapeva che la ragazza stava per svegliarsi, e lui aveva così tante cose da dire e altrettante da chiedere. Sorrise tra sè e sè; non era sicuro di niente, come al solito – quando c'era di mezzo lei. Una sola cosa era certa: l'unico luogo in cui voleva trovarsi era lì con lei, a stringerle la mano.


Sentiva le palpebre pesanti come se qualcuno gliele stesse tenendo chiuse a forza, e dovette concentrarsi per riuscire a schiuderle, seppure di poco. Avvertiva un formicolio alla mano sinistra – che sicuramente stava riprendendo sensibilità – mentre era certa che la destra fosse avvolta in qualcosa di caldo e morbido. Un'altra mano.
Riprovò ad aprire gli occhi, sbattè le palpebre più volte e davanti a sè vide il bianco candido del soffitto. Non aveva la più pallida idea di dove si trovasse.
Abbassò lo sguardo: qualcuno era seduto accanto a lei e le stringeva forte la mano nella propria, la testa china sul letto dov'era stesa. Mise lentamente a fuoco l'immagine del ragazzo seduto con una mano fra i capelli ricci.
"Che è successo?", mormorò. Era un sussurro così flebile che dubitava potesse averlo sentito, ma il ragazzo alzò la testa di scatto e incollò gli occhi scuri e profondi al volto di Penny. Lei gettò un'occhiata alle loro mani unite, e lui si affrettò a mollare la presa, lasciandole un enorme senso di vuoto.
"Sei un'idiota, Shane!", biascicò, brusco.
"Sempre carino, Potter!", ribattè lei tossichhiando.
Aveva la bocca impastata, e James se ne accorse; si sporse a prendere un bicchiere d'acqua poggiato sul comodino e glielo porse, aiutandola a raggiungere una posizione semieretta, quel tanto che bastava per poter bere senza fradiciarsi.
Il fatto che lui provasse un'immensa tenerezza e desiderio di accarezzarla, prenderle il volto tra le mani e baciarla, non lo trattenne dal domandare:
"Perché sei andata da Malfoy?", c'era traccia di accusa nella sua voce.
Penny bevve lentamente l'acqua, desiderosa di evitare quella domanda fino alla fine della propria esistenza.
Le venne in mente un flash-back di quello che era successo; la scena le passò davanti a rallentatore: lei che Disimpastoiava Malfoy nel bagno delle ragazze, lui che le lanciava un incantesimo alle spalle, il sangue che colava a terra e due braccia muscolose che la sollevavano.
"Sei stato tu a portarmi qui?", chiese infine. Lui annuì brevemente.
"Ti ho trovata in un lago di sangue, Shane", disse in un soffio.
La stava rimproverando? Lei era in infermeria piena di bende e lui la sgridava?
"E' la terza volta che mi salvi da Malfoy, Potter", gli sorrise riconoscente, ma lui non sembrava volerla ricambiare, anzi: si incupì.
"Peccato che stavolta non sia riuscito a impedirgli di farti del male", mormorò più a se stesso che a lei. Incrociò le braccia al petto e distolse lo sguardo da lei.
"James...", tese una mano verso di lui, ma scoprì che le doleva, così la lasciò ricadere pesantemente sul letto. "Mi hai portata qui", gli fece notare con dolcezza. "Direi che è abbastanza, no?".
Lui smise di fissare la coperta, occupazione che nell'ultima manciata di secondi aveva trovato molto interessante, e tornò a guardarla, sempre un po' accigliato.
"Perché hai fatto una cosa così idiota?", aggrottò la fronte.
Penny si morse il labbro inferiore, per niente desiderosa di fornirgli i particolari. Ovviamente, non sapeva che James conosceva già la risposta, e che voleva solo capirci qualcosa in più. Dopo lunghi istanti di silenzio, lui scosse la testa e si arrese.
"Come mi hai trovato?".
Lui la guardò stralunato, aggrottando la fronte. Non ricordava niente?
"Il tuo Patronus mi ha raggiunto nella Sala D'Ingresso", narrò. "Per poco non mi ha travolto". A quelle parole Penny si ricordò di aver inviato il suo unicorno a trovare James, e arrossì lievemente. Ora le avrebbe chiesto perché aveva mandato a cercare poprio lui e non – chessò? - Albus o Rose. Ma James non lo fece.
"Non sapevo fossi in grado di far parlare un Patronus", osservò invece, stupendola. Sapeva benissimo che la domanda clue era solo differita, ma approfittò del momento, nella speranza che lui potesse rimandarla all'infinito.
"Non lo sapevo neanche io", rispose sorridendo. "Non l'avevo mai fatto prima", chiarì ad un James insieme stupito e ammirato. "Credo", aggiunse, "che sia stata la forza della disperazione. Ho preso la bacchetta e... l'ho Evocato e...", si bloccò.
"Gli hai detto di venire da me", concluse lui con espressione neutra.
Penny deglutì un po' troppo rumorosamente e annuì, incapace di pronunciare l'orrendo monosillabo affermativo "sì". Merlino, che vergogna!
"Posso chiederti...", cominciò lui, con una cautela che riteneva gli fosse estranea. Eccola lì, la domanda da un milione di galeoni, pensò Penny. Poi le venne un lampo di genio e lo interruppe:
"Aspetta...", realizzò, "hai detto che eri nella Sala d'Ingresso?". Stavolta fu il turno di James di sentirsi in imbarazzo; distolse lo sguardo, senza rispondere.
"Pronto, Potter? Terra chiama Potter!", esclamò.
James tornò a posare lo sguardo su di lei e le sorrise; il primo vero sorriso da quando si era svegliata. Era uno di quei suoi sorrisi mozzafiato e il cuore di Penny non potè fare a meno di saltare un battito in segno di apprezzamento – apprezzamento che avrebbe voluto esprimere anche a parole, se avesse potuto.
"Per esserti appena ripresa hai i riflessi pronti, eh Shane?", commentò caustico.
Penelope ridacchiò, felice di sentire ancora un bel commento pungente in pieno stile "James Potter". Quella versione depressa del bel Cercatore non gli si addiceva.
"Non eri alla partita?", ritentò, curiosa come non mai.
"No" rispose secco.
"E perché no?", domandò lei, insistente. James roteò gli occhi, spazientito.
"Credo che dirò a Madama Chips di tenerti addormentata un altro po'...", accompagnò quelle parole con un sorrisetto sghembo, e lei rise di rimando.
"Sai benissimo che al risveglio ricomincerei da capo, Potter...", rispose a tono.
"Va bene", sbuffo platealmente. "Ero... ero al castello per cercarti. Avevo notato la tua assenza e sentivo che stavi per fare qualcosa di stupido".
Era una spiegazione molto sommaria dell'accaduto, ma Penny se la fece bastare, dato che Potter non sembrava molto propenso ad approfondire l'argomento.
"Allora", riprese lui, "come hai fatto ad inviarmi il Patronus?", ma Penny sapeva che non era la vera domanda. Ci stavano girando intorno, lo sapevano entrambi.
"Io- io non lo so", tentennò, indecisa su quanto dire e quanto tacere. "L'ho Evocato e gli ho detto di chiedere aiuto", restò sul vago, sperando che lui se la bevesse.
"Mh", mugugnò James – aveva un sorrisetto che non le piaceva affatto. "L'unicorno – il tuo unicorno", sottolineò con forza, "ha detto James".
"Ah... davvero?" squittì Penny, chiedendosi se fosse possibile pestare a sangue un Patronus. Purtroppo le speranze non erano molte, ma si sarebbe informata.
"Eh già", rispose lui, il sorrisetto stavolta era visibilmente compiaciuto. Ormai, si disse Penny, tanto valeva giocare a carte scoperte - o quasi.
"Che altro ha detto?" domandò, il cuore in gola.
"Solo James, aiutami", ripetè lui. "Poi si è voltato e io ho capito che dovevo seguirlo".
"Sono le parole che ho pensato prima di Evocarlo", fu un bisbiglio – sperava quasi che non la udisse. James sembrò sorpreso di sentirglielo ammettere, aprì la bocca e la richiuse; probabilmente voleva dire qualcosa, ma dalla sua bocca uscì solo un sospiro pesante. Sembrò immergersi nei propri pensieri.
"Se solo avessi avuto la bacchetta avrei potuto rimarginarti le ferite; invece ho dovuto sollevarti di peso e sono stato lento...", farfugliò.
"Per la barba di Merlino!", esclamò decisa, benché ancora debole. "Non puoi sul serio sentirti in colpa! Se la responsabilità è di qualcuno, è mia. Non so come mi sia venuto in mente di voltare le spalle a uno come Malfoy!", disse con un misto di rabbia e frustrazione, gli occhi lampeggiavano d'ira.
James tacque, pensando che per ben due volte Penny aveva glissato la sua domanda più importante; non voleva rispondergli perché Malfoy aveva ragione?
O magari solo perchè credeva che si sarebbe arrabbiato con lei se avesse saputo che era andata lì a proteggerlo. James sperava fortemente nella prima opzione – per la prima volta sarebbe stato lieto di dare ragione a Scorpius Malfoy.
Merlino, com'era frustrante essere innamorato di quella ragazza!
"Appena esco di qui...", la voce di Shane interruppe il flusso dei suoi pensieri.
"NO!", la interruppe bruscamente. "Appena esci di qui non fai proprio nulla, Shane. A Malfoy ci ho già pensato io", le disse. "Beh...in parte...", si corresse.
"In parte?", sollevò un sopracciglio, perplessa.
"Nel senso che l'ho picchiato alla babbana", spiegò con nonchalance.
Penny sorrise a quelle parole; lei che nel mondo babbano c'era cresciuta non poteva che ridere quando sentiva che fare le cose "alla babbana" per i maghi era come farle a metà – perfino per i babbanofili.
"Poi è sparito", continuò James, "ma penso che non appena si farà vedere in giro almeno cinque o sei persone lo Schianteranno per questo", disse indicando prima lei, poi il lettino e l'infermeria. Quello che aveva fatto a lei, insomma.
Da quand'era, si chiese James, che parlare con Shane era così facile?
Senza litigi, senza frecciatine, senza occhiatacce. Doveva aspettare di vederla in quelle condizioni per agire come un essere raziocinante?
Oddio... magari non aveva usato molto raziocinio con Malfoy, però quello era un discorso a parte.
"Potter", tuonò Madama Chips, della quale entrambi si erano completamente dimenticati. "Ancora qui? La signorina Shane deve riposare, quindi fuori!".
"Non posso restare?", chiese indignato.
"No", rispose asciutta.
"Per quale motivo?", domandò seccato. Non mollava facilmente la presa.
"Signor Potter", la voce inflessibile. "Devo cambiare le fasciature, e non so se la signorina Shane voglia – come dire? - mostrare le proprie grazie a lei. Quello che so per certo è che non voglio che succeda davanti a me!", espose acidamente.
Ebbero reazioni opposte: Penny acquistò un fantastico colorito pomodoro in quell'istante, mentre James impallidì. Non gli sarebbe dispiaciuto restare a dire il vero, ma Madama Chips non era del suo stesso avviso – e Merlino solo sapeva di quale maledetto avviso fosse Shane riguardo al mostrargli le proprie grazie!
"Va bene, va bene", borbottò rassegnato, "me ne vado".
Salutò ed uscì dalla stanza, dirigendosi alla Sala Comune. Quando Baston lo vide gli chiese notizie di Shane, ma fu nulla rispetto all'assedio che gli fecero Al, Rose, Trixy e Alice. Se li trovò tutti e quattro addosso in cinque minuti. Disse loro che Penny stava meglio e che Madama Chips lo aveva bellamente buttato fuori dall'infermeria. Rose gli si avvicinò per parlargli a quattr'occhi, mentre Al era impegnato a distrarre le altre due: conoscendoli era tutto calcolato.
Il che significava che almeno gli avevano fatto la cortesia di tacere con le altre due.
"Gliel'hai detto?", bisbigliò la rossa.
"No", rispose secco. Lo guardò accigliata, senza ribattere. Stava pensando tra sè e sè; era decisa nel suo intento: se James non si fosse spicciato entro qualche giorno, avrebbe messo lei le cose a posto.
"Vedi di sbrigarti", gli disse con un'occhiata che voleva essere eloquente e che a lui sembrò solo acida. "O le spiffero tutto!".
James avrebbe tanto voluto chiederle perché diamine dovesse spifferarle tutto, ma si trattenne. Rose aveva pensato che le implicazioni dell' affermazione fossero chiare, ma è evidente che il cervello di James non intendeva recepire i suoi segnali.
Non fece altro che rispondere a monosillabi anche quando scesero per la cena in Sala Grande: chiunque gli parlasse non riceveva risposte composte da più di due lettere. In tutto ciò non aveva neanche fatto i compiti per il giorno dopo, e probabilmente quell'anno si sarebbe fatto bocciare ai M.A.G.O. Sarebbe finito a fare l'aiuto ai Tiri Vispi Weasley – se lo sentiva! Sua madre l'avrebbe ucciso se non si fosse diplomato...
Si vedeva già un uomo fallito nel negozio dello zio, incapace di fare altro se non spazzare il pavimento e lanciare Caccabombe come dimostrazione ai clienti.
Con questa terribile prospettiva nella mente si ritirò in dormitorio e si coricò, ma, stranamente, quella notte dormì sodo e non fece incubi.
Sognò Shane che gli parlava dolcemente, stesa accanto a lui sotto un grande faggio nel parco, in una giornata mite. Al mattino si svegliò ristorato; si sentiva fiducioso. Ancora un giorno e lei sarebbe stata fuori dall'Infermeria.




Penny si rigirava nel letto, incapace di trovare una posizione comoda. Madama Chips le aveva cambiato le bende con molta cura, spalmandole altri unguenti appiccicaticci. Era un'ottima Guaritrice, doveva riconoscerlo, sebbene l'avesse odiata non poco quando aveva cacciato James.
Il giorno prima, quando l'aveva visto lì accanto a tenerle la mano, il cuore le era quasi esploso nel petto. E sapere che l'aveva soccorsa, che l'aveva aiutata ancora una volta, la faceva sperare: per una volta, Penelope Shane era ottimista.
James Sirius Potter, che aveva sempre considerato inarrivabile, non le era mai stato così vicino. Quando finalmente si addormentò, sognò. Un sogno strano, eppure così reale che le sembrava fosse accaduto sul serio.
Lei era stesa in quello stesso letto dell'Infermeria, con gli occhi chiusi e James le era accanto e le parlava, dicendo che era innamorato di lei...
Nel bel mezzo del sogno si svegliò di soprassalto perché Madama Chips aveva fatto cadere una boccetta di vetro.
La maledisse in tutte le lingue possibili, ma decise di restare sveglia – ormai erano le sette di mattina. Si accorse che si sentiva molto meglio, anche abbastanza in forze da potersi alzare in piedi, benchè la donna non le permettesse di farlo.
Quel pomeriggio, Al e Rose vennero a trovarla con Alice e Trixy per informarsi delle sue condizioni. La aggiornarono sulle lezioni e la fecero ridere con le loro idiozie; quando si congedarono si addormentò nuovamente. Si svegliò che era già tardi e rimase delusa nell'accorgersi che James non si era presentato.
Credeva che sarebbe tornato... aveva frainteso? Forse era stata colpa di quel sogno così maledettamente realistico.
"Oh, basta!", si disse. "Appena esco di qui tento il tutto per tutto e glielo dico".
Fu così che, dopo che per tanto tempo entrambi avevano pensato di tenersi per sè i propri sentimenti, entrambi divennero decisi a dichiararli, nello stesso momento.



Alla fine della lezione di Pozioni con Victoire, per la durata della quale non aveva fatto altro che distrarsi, James era andato dritto da Shane, ossia incontro a una tremenda delusione.
"La signorina Shane dorme, in questo momento", lo informò Madama Chips con una certa stizza – si vedeva lontano un miglio che odiava i visitatori. "Non voglio che lei la svegli, intesi?", lo guardò torva.
James annuì con poca convinzione, ma chiese almeno di poter entrare a darle un'occhiata. Quando la vide dormire, il colorito di nuovo sulle gote, non ebbe il coraggio di contravvenire al comando della donna.
Rannicchiata, la mano sotto il cuscino, Shane sembrava una bambina – fu una visione che gli scaldò il cuore.
"Le ha tolto le bende alle braccia", osservò.
"Sì, le ferite si sono completamente rimarginate. Domani mattina potrà uscire, sarà come nuova!", disse soddisfatta del proprio lavoro. James la conosceva come una donna molto scrupolosa e affidabile, e i suoi rimedi non avevano mai fallito.
Lasciò l'infermeria con il cuore più leggero, sebbene di malavoglia.
Come il giorno prima, non c'era altro posto in cui avrebbe voluto essere – se non lì.



Dopo un brusco risveglio da un sonno lungo ma agitato, Penny si sentì annunciare che quella stessa mattina sarebbe potuta uscire dall'Infermeria.
Madama Chips
aveva fatto miracoli: le aveva tolto tutte le bende e la sua pelle era intatta e candida come prima, come se non fosse mai stata ferita. Altrettanto non si poteva dire della sua interiorità: il colpo basso di Malfoy aveva lasciato il segno. Sicuramente avrebbe evitato, in futuro, di abbandonarsi a stupidi e fiduciosi istinti Grifondoro. Non rimpiangeva affatto di essere andata a rinfacciargli quello che aveva fatto a James, ma solo di avergli ingenuamente riconsegnato la bacchetta.
Mentre si rivestiva con un cambio pulito che doveva aver lasciato Rose, si rese conto con orrore che erano giorni che non scriveva a
l nonno e ai genitori.
Sperava solo che quell'assenza di informazioni per ben tre giorni non avesse fatto preoccupare sua madre, che era esattamente la quintessenza dell'apprensività materna. La divisa da Quiddich era sparita, probabilmente ad opera di Rose o di un qualche sconosciuto Elfo domestico. Almeno, si disse, avrebbe fatto in tempo a seguire la lezione di Lupin. Era venerdì mattina e certamente nessuno era libero per aspettarla fuori di lì; non poteva pretendere un comitato d'accoglienza: la scuola non si fermava solo perché Malfoy la odiava a morte.



James si era alzatò con il sommo proposito di saltare ogni singola lezione della giornata, in barba alle sue preoccupazioni per gli stramaledetti esami di fine anno. Niente era più importante di quel che doveva fare. Proprio niente.
Non scese neppure a fare colazione, per paura di mancare il momento in cui Shane sarebbe uscita dall'infermeria, oltre al fatto che il suo stomaco era chiuso.
Rose e Al avrebbero tranquillamente marinato per andare ad aspettare la loro migliore amica, ma ritennero che fosse il caso di lasciare che James andasse solo.
"Finalmente non avrà più scuse per non dichiararsi!", aveva commentato Rose con una buona dose di sollievo.
Al sperava che il suo sconsiderato fratello si desse una mossa – possibilmente in giornata – perché non sarebbe stato molto romantico se Penny fosse venuta a sapere da Rose che il ragazzo per cui spasimava da anni la amava.
Sicuramente era preferibile che fosse quel gran pezzo d'idiota a rivelarglielo.
Ben prima che lei fosse sveglia, James si era recato ad aspettarla fuori dalla grande porta lignea dell'infermeria; impalato come una statua, attendeva che la ragazza facesse la sua regale ed elegante sortita.
Fu così che – appena sulla soglia – Penny inciampò su una mattonella sconnessa e andò a sbattere proprio contro l'ultima persona che avrebbe dovuto vedere quella scena pietosa.
James la afferrò saldamente prima che cadesse come una pera cotta, visibilmente divertito da quella che per lei era una grandissima figura di merda.
"Shane, non sei neanche uscita e già provi a spiaccicarti per terra? Ti piace proprio l'Infermeria, eh?", fece ironico.
Penny, impegnata a chiedersi perché non potesse essere impeccabile e coordinata come Victoire, non rispose alla battuta.
"Che ci fai qui?", gli chiese rimettendosi in sesto.
James sembrò infastidito dalla domanda.
"Secondo te, Shane?" inarcò il sopracciglio destro e sbuffò. "Ti stavo aspettando!", aggiunse in tono ovvio. Lei sorrise e arrossì lievemente.
"Ieri non sei venuto e pensavo... pensavo che oggi avessi lezione...".
Non era esattamente quello che avrebbe voluto dire. In realtà nella sua testa aleggiava più qualcosa come "pensavo che non te ne importasse niente di vedermi".
"Io ieri sono passato e tu stavi dormendo", precisò, quasi offeso dall'incertezza nella voce della ragazza. "Madama Chips mi ha tassativamente vietato di svegliarti".
"Oh", rispose lei sentendosi in colpa per aver dubitato. "Non dovevi saltare le lezioni, però; hai anche gli esami...". Oh sì che doveva! Era contenta che l'avesse fatto!
James si strinse nelle spalle e disse semplicemente: "Ci sono cose più importanti".
A quel punto Penny cominciò a camminare, per dissimulare l'imbarazzo causato dalla risposta di lui – data con apparente nonchalance – e il rossore che probabilmente la stava invadendo dall'alluce del piede fino alle orecchie.


"Ok, fermala e fallo. Fermala e fallo. Sei qui per questo, no? Ora o mai più!", pensava James Sirius Potter, al colmo della schizofrenia mentale. Aveva cambiato idea dieci volte da quando l'aveva vista. Prima sì, poi no, poi di nuovo sì...
"Shane", esordì il ragazzo con voce ferma, come per imporre la propria autorità alla parte vile di se stesso. Era un Grifondoro – cavalleria, audacia e coraggio – no?
Maledizione, quando mai aveva avuto problemi con una ragazza?

"Sì?", si fermò e lo guardò con quei meravigliosi occhi verdi.
Ma lei non era una ragazza, era la ragazza.
"D-devo...", riprese, "...ti devo dire una cosa". Magnifico, ora balbettava perfino!
A Penny saltò un battito sentendo il tono serio del ragazzo, e sperò ardentemente che fosse ciò che voleva confessare anche lei.
"Ti ascolto", rispose ostentando una calma che non possedeva affatto. James si schiarì la voce ed esitò, prima di iniziare:
"E' un bel po' che devo parlarti di questa... cosa".
"Bell'esordio James! Complimenti!", si diede dell'idiota mentalmente.
"Ti ascolto", ripetè.
"Dannazione Penny, ma conosci solo due vocaboli?", si rimproverò.
"Sì...ehm...ecco...", biascicò.
Penny lo guardò accigliata: da quando Potter balbettava?
Lui si schiarì nuovamente la gola, e quando tornò a parlare lo fece con voce limpida, chiara, decisa. Non era la voce di un ragazzo, ma quella di un uomo.
"Sono innamorato di te", quattro semplici, meravigliose parole.
La guardava fisso negli occhi, senza perdere il contatto neanche per un secondo. Probabilmente si aspettava che dicesse qualcosa, ma Penny era praticamente caduta in stato di shock. Aveva agognato quel momento per giorni, mesi, anni.
E ora che era giunto se ne stava lì ad aprire e chiudere la bocca, incapace di sillabare anche una singola parola.
James si passò una mano a scompigliarsi i ricci e continuò a parlare, perdendo la calma che aveva acquistato, perplesso e preoccupato dal prolungato silenzio di lei.
"Sappi che non sono d'accordo con chi sostiene che l'amore sia possessività", se ne uscì. Stava farneticando, ne era consapevole, ma era sempre meglio di quel silenzio innaturale che era calato. Meglio le sue stronzate del mutismo di lei.
"Amare significa anche saper fare un passo indietro e, considerata la tua... reazione, direi che è quello che devo fare io", concluse.
Lei lo guardò accigliata, riscuotendosi da quello stato catatonico, e sorrise. James la fissò di sbieco; chiaramente doveva pensare che lo stesse prendendo in giro o che fosse completamente ebete, ma la cosa non la tangeva più di tanto, dato che al momento era l'essere più felice del creato.
"Ehm", riprese l'uso della voce, "sono perfettamente d'accordo con il tuo discorso molto maturo e sensato, Potter", dichiarò mantenendosi seria a fatica.
James continuava a guardarla storto, come se non capisse bene le sue parole. Era quantomeno perplesso.
"Tuttavia", continuò lei senza lasiarsi distrarre, "non è questo il caso".
James sollevò un sopracciglio, aspettando che concludesse la frase per decidere se fosse pazza o meno.
"Intendo dire, Potter, che al momento dovresti farlo in avanti, il passo".
Le sorrise, e Penny pensò che qualsiasi altro sorriso le avesse rivolto in quegli anni spariva di fronte a quello.
Potter non se lo fece ripetere, colmò la distanza che li separava e la strinse forte tra le braccia. Penny si sollevò sulle punte e James posò la bocca su quella di lei, le cui labbra si schiusero prontamente a quel contatto tanto agognato.
Con un ultimo barlume di lucidità, James realizzò quello che stava accadendo: stava baciando Penny Shane, e quel momento era semplicemente perfetto. Non c'era nessun altro posto in cui avrebbe voluto trovarsi, se non tra le braccia di lei.






SPAZIO AUTRICE

Ed eccomi a voi dopo soli due giorni. Mi sono sbrigata e spero non ci siano troppi errori di distrazione/ battitura. Volevo farmi perdonare per come avevo finito il capitolo scorso, così in sospeso. Anche perché fino al dodici non sarò più a casa e non potrò scrivere, perciò mi sembrava giusto farlo prima – non mi sono staccata un attimo dal PC per colpa di Penny e James. Detto ciò, vi prego, fatemi sapere cosa pensate del capitolo, così parto felice e contenta. Finalmente, dopo tante pippe mentali, i miei idioti protagonisti si sono svegliati. Presumibilmente prima di liberarvi di me (so che sarete felici!) ci sarà un altro capitolo e poi l'Epilogo; e devo dire che mi mancheranno i miei personaggi. Prima dell'Epilogo pubblicherò una piccola OS con protagonista Trixy Zabini, come ho già detto – almeno spero di farcela. E niente, fatemi sapere :)

Jules


  
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