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Autore: Salice_    01/08/2015    3 recensioni
SEQUEL de “Il lato oscuro della luna”.
A distanza di cinque anni dalla sparizione di Zakuro a causa della maledizione di Cordelia, Kisshu non ha ancora rinunciato a ritrovare l’amata. L’alieno dagli occhi dorati sarà costretto a far fronte ad una situazione disperata, combattendo un destino avverso che priva di ricordi e di volti.
Perché se il cammino che ti porta dritto fra le braccia dell’amata è tortuoso e pieno di ostacoli, allora vuol dire che lei è la persona giusta.
Lei si passò una mano fra i capelli corti.
- La amavi tanto, non è vero? –
Kisshu rimase in silenzio. C’era qualcosa in quella frase che lo faceva stare male; forse era l’uso del tempo passato, forse la consapevolezza di aver perso tutto.
Dopo un tempo che parve interminabile, Kisshu riuscì a rispondere.
- Sì. –
La ragazza prese a fissare un punto imprecisato sopra alla spalla di lui, come se fosse assorta nei propri pensieri. Kisshu la lasciò fare, attendendo con pazienza che si concentrasse nuovamente su di lui, quando lei finalmente parlò.
- Solo una ti insegnerà ad amare. Le altre ti ricorderanno come si fa quando lei se ne sarà andata. -
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kisshu Ikisatashi/Ghish, Zakuro Fujiwara/Pam
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Maschere e pioggia.'
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Nodi.







Quel giorno i corti capelli corvini erano estremamente ribelli e sembravano aver alcuna intenzione di stare al loro posto; Soledad, di fronte allo specchio del bagno, continuava a passarsi le mani affusolate fra le ciocche, cercando inutilmente di dar loro un senso logico, ma niente: quei lisci fili di seta nera continuavano a ricaderle ostinati sugli occhi color smeraldo. Ormai arresasi all’idea di dover mantenere, almeno per quel giorno, un tale aspetto scombinato, la ragazza cominciò ad osservare il suo riflesso nello specchio. Al suo sguardo rispose quello vigile e corrucciato di una giovane donna dai lineamenti scavati, dal volto rigido e freddo, ostinato. Le labbra carnose erano contratte sotto ad un naso sottile, privo di gobbe, che conferiva al suo profilo un portamento fiero e autonomo; gli occhi verdi, quella mattina, parevano particolarmente inquieti, così incorniciati da folte ciglia scure e sormontati da sopracciglia aguzze che rendevano il suo sguardo ancora più freddo ed indagatore di quanto in realtà non fosse.
Soledad fece un passo indietro per poter gettare una rapida occhiata alla sua figura intera riflessa nello specchio, prima di voltarsi ed abbandonare la camera dalle pareti verdi. Erano ormai alcune settimane che si trovava a Tokyo, ospite a tempo, a quanto pareva, indeterminato, presso casa di Kisshu. Kisshu: i pensieri della giovane si soffermarono per un istante su di lui mentre attraversava la sala e si abbandonava su di una sedia accanto alla finestra, guardando distrattamente al di fuori del vetro. Kisshu non aveva fatto accenno all’idea di tornare in Spagna e la giovane dovette ammettere che la cosa non le pesava più di tanto: in fin dei conti aveva perso qualsiasi tipo di contatto da quando era partita e sembrava quasi che tutto ciò avesse una motivazione più che valida. In effetti, da quando si trovava a Tokyo aveva avuto una serie lunghissima di deja vu, quella sensazione paradossale di aver già vissuto un determinato momento della propria vita. Molte persone si divertivano a definirle come un segno del destino, una maniera per far capire che la vita stava seguendo il giusto corso. Purtroppo, Soledad non credeva né nel destino né in nient’altro che lei stessa non potesse vedere con i suoi occhi.
Mentre si abbandonava a quelle considerazioni, decise di controllare a che punto fosse il suo amico Kisshu; quel giorno il turno mattutino al Caffè Mew Mew era saltato per motivi apparentemente ignoti, ma Soledad non se ne preoccupò più di tanto; la cosa più importante era recuperare qualche preziosa ora di sonno perduto.
Fu così che la giovane spagnola si ritrovò ad abbassare la maniglia della porta della stanza di Kisshu; entrando, non vi trovò nessuno all’interno, nonostante un rumore di acqua scorresse al di là della porta del bagno. Solo in quel momento, una volta varcata la soglia e richiusasi la porta alle spalle, Soledad si rese conto di non essere mai entrata nella stanza da letto di Kisshu, nonostante la loro convivenza. Il ragazzo occupava una stanza piuttosto grande, nella quale regnava un grande letto matrimoniale; le lenzuola erano scostate e aggrovigliate sul lato sinistro, come se l’occupante si ostinasse a dormire sempre e solo da quella parte, lasciando il destro perfettamente intatto e inviolato. Le pareti della camera tendevano all’azzurro pallido, e tutto dava un’idea di pace e tranquillità.
L’acqua della doccia continuava a scorrere dietro alla porta del bagno, e Soledad, vestita di un pantaloncino corto grigio e una canotta bianca, si lasciò cadere sul lato sinistro del matrimoniale, in attesa che Kisshu fosse pronto.
Abbassando lo sguardo, notò alcuni sottili capelli verdi abbandonati sulla federa del cuscino, segno inequivocabile del passaggio di Kisshu; la giovane si stupì nel provare un improvviso moto di affetto nei confronti di quel ragazzo che le era stato silenziosamente vicino nei momenti più bui, come se fosse le cosa più naturale del mondo, fino a trascinarla con sé dall’altra parte del mondo pur di farle dimenticare un passato doloroso.
L’acqua scorreva imperterrita dietro alla porta chiusa, e lo sguardo di Soledad cadde involontariamente sul comodino affianco a lei; questo era completamente spoglio, fatta eccezione per un’unica foto incastonata in una sottile cornice argentata. La fotografia ritraeva un Kisshu, naturalmente di parecchi anni più giovane, con indosso un pullover nero e un berretto di lana grigio dal quale fuoriuscivano ribelli i capelli scuri. Il giovane cingeva tra le braccia la figura snella e perfetta di una ragazza bellissima: ella aveva lunghi capelli scuri che le incorniciavano il viso, labbra carnose e occhi stupendi, color zaffiro. Quella donna misteriosa fissava l’obiettivo con uno sguardo penetrante, capace di mettere in soggezione, mentre un sorriso solamente accennato le increspava le labbra scure.
Soledad rimase ancora per un lungo istante a fissare la fotografia, folgorata dalla bellezza della ragazza.
Allora dev’essere lei Zakuro, la fidanzata di Kisshu. Caspita, quanto è bella! È incredibile che dopo tutti questi anni, lui abbia ancora la sua foto sul comodino.
Lo sguardo di Soledad si concentrò nuovamente sull’immagine di Kisshu; il ragazzo appariva estremamente sereno, diversamente da come la spagnola lo conosceva. In quella foto di parecchi anni prima, nessuna ombra sembrava attraversargli il viso.
Soledad senza accorgersene aveva preso la cornice tra le mani per osservarla meglio ed era così concentrata da non essersi accorta che il rumore dello scorrere dell’acqua era cessato.
- Bello scatto, vero bambolina? –
La voce suadente di Kisshu fece sobbalzare Soledad, che si voltò verso di lui con aria colpevole.
Il ragazzo era lì, in piedi di fronte a lei, i capelli verdi ancora lievemente bagnati dai quali piccole gocce d’acqua si staccavano per poi scorrere lungo il suo petto nudo; indosso aveva solamente un asciugamano beige legato in vita.
- Kisshu scusa, io non volevo farmi gli affari tuoi… Io… - iniziò Soledad, per poi interrompersi.
Kisshu si stava avvicinando lentamente a lei, lo sguardo indecifrabile: in quegli occhi dai tratti felini non riusciva a trovare un qualsiasi segnale che le facesse intuire il suo stato d’animo.
Lui stava colmando la distanza che lo separava da Soledad, e lo sguardo di lei ricadde nuovamente sul suo fisico atletico, sui sottili muscoli guizzanti. E quella cicatrice che gli squarciava il torace: chissà come se l’era procurata. Kisshu era sempre stato molto evasivo riguardo ai segni delle sue ferite.
Kisshu aveva ormai raggiunto il bordo del letto. Senza dire una parola, si sedette vicino a Soledad e le tolse gentilmente di mano la cornice; dopo aver gettato una rapida occhiata alla fotografia, la riappoggiò al suo posto sul comodino.
- Scusami… - ricominciò Soledad, prima di essere interrotta.
Kisshu le si avvicinò ancora, sfiorandole dolcemente la guancia con le sue dita affusolate, depositandovi una carezza leggera. Sempre nessun indizio nel suo sguardo.
- Non preoccuparti, non ci sono problemi. – la rassicurò lui, sollevando un angolo della bocca in un sorrisetto, - Finalmente hai potuto vedere Zakuro. –
La mano di Kisshu aveva abbandonato la guancia di Soledad, per fermarsi sulla sua spalla. Lei, dal canto suo, continuava a fissare quegli occhi dorati, incerta su che cosa dire; non riusciva a capire se Kisshu fosse infastidito dalla sua invadenza o meno.
Quasi le avesse letto nel pensiero, Kisshu esordì: - Non sono arrabbiato per averti trovata nel mio letto a curiosare in camera mia. Ti capisco, sai? Anche io sono sempre stato un ragazzo curioso. –
Soledad, tranquillizzata da quelle parole, buttò lì: - Era una ragazza veramente bella. –
- Oh sì, lo so. Bella, forte ed intelligente. Alle volte mi chiedo ancora che cosa l’abbia spinta ad innamorarsi di me a sua volta. –
Kisshu sì alzò dal letto e Soledad, senza pensarci, fece lo stesso, prendendo la mano dell’alieno e alzando lo sguardo sul volto diafano di Kisshu. Finalmente, riuscì a leggervi un’emozione: una tristezza infinita, un oceano di malinconia si agitavano nell’oro dei suoi occhi.
- Vuoi parlarmene? – mormorò Soledad, stringendo più forte la sua mano fredda.
Kisshu le prese allora il volto fra le mani, sistemandole dietro le orecchie alcune ciocche di capelli neri. Fece poi un passo verso di lei, senza interrompere il contatto visivo. Oro dentro smeraldo.
- Non è di questo che ho bisogno. –
Le soffiò quelle parole sul viso, data la loro distanza ravvicinata, mentre Soledad era incatenata dal suo sguardo, nuovamente imperscrutabile.
I capelli verdi del ragazzo gocciolavano ormai sulle spalle della giovane spagnola, la quale era investita da un odore fresco, di mare, di libertà, che emanava dalla pelle diafana di lui.
Kisshu fissò le labbra di Soledad, come se fossero le ultime parole di una lettera d’addio.
Poi la strinse a sé, fra le sue braccia, lo zigomo destro premuto contro i fini capelli corvini di lei. Soledad ricambiò l’abbraccio, mentre avvertiva il cuore del giovane accelerare i battiti.
Kisshu sospirò fra i capelli di lei, rafforzando la presa sulla sua figura esile e mormorando: - Dannazione. –
La liberò così dal suo abbraccio, per poi superarla dirigendosi in direzione della porta.
- Ti consiglio di prepararti: Ryan non ci risparmierà anche il turno pomeridiano. –
 
 
 
In quel preciso momento, le quattro ragazze Mew Mew si stavano recando nel laboratorio sotterraneo del Caffè; avevano appena sventato un nuovo attacco alieno.
Dopo che tutte e quattro furono all’interno della stanza, Ryan si rivolse loro: - Bravissime ragazze, ottimo combattimento. –
- Grazie Ryan, - ribatté Minto con stizza, - ma per quanto ancora dovremmo continuare a lottare contro un nemico senza nome né volto? –
Ryan e Kei, malgrado tutto, si scambiarono uno sguardo d’intesa e sorrisero.
- Ecco, questo è uno dei motivi per cui vi ho convocate qui. –
Un mormorio eccitato si diffuse nel sotterraneo.
- Abbiamo notizie sul nostro nemico? – domandò Purin entusiasta.
- Non esattamente. – rispose Kei, prima di schiacciare un bottone e far partire un filmato.
Sul gigantesco monitor alle spalle dei due scienziati, comparve l’immagine di quelli che erano inequivocabilmente due alieni.
Uno, il più giovane, aveva capelli castani ribelli e scompigliati che gli ricadevano sugli occhi vivaci color ambra; indossava un gilet nero senza maniche, pantaloni rossi fino al ginocchio e bende marroni su caviglie ed avambracci.
Il secondo alieno, alto e dal portamento fiero, portava gilet e pantaloni lunghi blu scuro, con bende nere; le braccia muscolose erano incrociate sul petto, mentre gli occhi viola scrutavano di fronte a sé. I capelli, viola anch’essi, erano molto lunghi e legati in un sottile treccia che gli ricadeva sulla spalla destra.
- Non posso crederci… - mormorò Retasu, mentre il resto della squadra tratteneva il fiato.
- Buonasera Mew Team. – esordì Pie con il suo proverbiale tono austero. – Vi mandiamo questo brevissimo messaggio per avvisarvi del nostro arrivo sul vostro pianeta; contiamo di essere da voi nel giro di una settimana. Abbiamo notizie che riguardano il nemico che sta seminando il terrore a Tokyo, ma comunicarvele via ologramma sarebbe troppo rischioso per noi. Per questo motivo, intendiamo raggiungervi e, se necessario, prendere parte allo scontro al vostro fianco. Vi preghiamo di non rispondere a questo messaggio. Non cercateci, saremo noi a venire da voi. –
Dopo una pausa di Pie, il filmato si interruppe, nonostante Taruto, non visto dal fratello maggiore, avesse fatto in tempo a rivolgere un occhiolino divertito all’obiettivo.
Quando il monitor tornò nero, le Mew Mew si lasciarono andare ad affermazioni entusiaste. Sembrava che, poco a poco, il Mew Team si stesse ricomponendo e che il velo di oscurità gettato su quel nemico misterioso cominciasse a dissiparsi.
 
 
 
Dopo l’incursione in camera di Kisshu e l’episodio della fotografia sembrava che per il giovane dai capelli verdi nulla fosse cambiato; Kisshu continuava a mantenere il suo solito temperamento gioviale e affettuoso nei confronti della sua ospite spagnola, ma la sua reazione di quella mattina aveva innestato in Soledad un chiodo fisso che non riusciva a togliersi: scoprire qualcosa in più su quella Zakuro.
Kisshu pareva non aver intenzione di rivelare nulla in più di quanto non avesse già fatto in precedenza e Soledad non voleva forzarlo a narrare nei dettagli la sua storia.
Voleva sapere che cosa in realtà fosse capitato, perché lo avesse abbandonato anni fa e per quale motivo Kisshu non fosse in grado di staccarsi dal suo ricordo.
Soledad aveva anche pensato di chiedere qualcosa in più a Ryan, ma comunicare con quel ragazzo, alle volte, le pareva impossibile: dopo sporadiche confidenze, sembrava crearsi attorno un muro invalicabile che la tagliava fuori.
Per questo motivo, Soledad quel giorno, dopo aver staccato dal lavoro, si stava attardando nello spogliatoio del Caffè, in attesa che Ichigo fosse pronta e che le altre tre ragazze se ne andassero.
Finalmente, Retasu, Minto e Purin salutarono in coro e si richiusero dietro la porta, lasciando Soledad sola con Ichigo.
La spagnola le si avvicinò mentre la rossa era intenta a riporre la divisa da cameriera nell’armadio, ed esordì: - Hey Ichigo! Non ho voglia di andare a casa adesso, ti andrebbe di fare una passeggiata? –
Ichigo le rivolse inizialmente un’occhiata incuriosita, per poi aprirsi in un ampio sorriso.
- Sì, volentieri! –
E così le due ragazze si avviarono assieme fuori dal Caffè, in direzione del parco.
Parlare con Ichigo era molto piacevole: era una ragazza solare e spontanea, che sapeva coinvolgerti in qualsiasi discorso.
Dopo quasi un’ora di chiacchiere leggere e spensierate, Soledad si sentì pronta a porre la sua domanda.
- Invece scusa se te lo chiedo Ichigo, non vorrei sembrare una che non sa farsi gli affari suoi, ma vorrei sapere una cosa. – buttò lì.
- Certo, chiedi pure. –
- Vorrei sapere qualcosa in più riguardo alla storia fra Kisshu e Zakuro. –
Ichigo sgranò gli occhi. – Come mai? – chiese sulla difensiva.
- Nessun interesse in particolare, - chiarì Soledad, - Solo che Kisshu mi ha raccontato a grandi linee che cosa sia successo e mi ha detto poi che lei è sparita senza lasciare alcuna traccia. Quello che in realtà vorrei capire è il motivo per cui lui sia così legato a questa ragazza. –
Ichigo sospirò, calciando distrattamente un sassolino dal selciato. Il silenzio che seguì fece capire a Soledad che la rossa stava soppesando attentamente le parole.
- Kisshu e Zakuro si sono conosciuti molti anni fa, in circostanze piuttosto particolari. – iniziò lentamente Ichigo – Penso non potessero essere due persone più diverse: lui così energico, testardo, a tratti irascibile; lei così fredda, distaccata e analitica. Eppure, non si sa come, si sono innamorati follemente l’uno dell’altra. Non è stata una storia semplice, al contrario: potrei paragonarli a due calamite, che si attiravano ma non sapevano mantenersi vicini. All’inizio, sembrava avessero paura di tenersi l’un l’altro. Uno se ne andava, ma l’altro non perdeva mai la speranza di riaverlo. Era come se allontanandosi prendessero semplicemente la spinta per ritornare indietro con più forza di prima. –
- E per quale motivo avrebbero dovuto comportarsi in questo modo? – chiese Soledad.
- Un amore così forte, alle volte fa paura. –
- Ma perché Kisshu ora sembra non riuscire a rassegnarsi al fatto che sia finita? Sono passati così tanti anni! – insistette Soledad.
Ichigo la guardò mentre camminavano fianco a fianco, un sorriso che le stirava le labbra rosee.
- Kisshu non è il tipo che si rassegna facilmente. Lui la rivuole indietro. – Poi aggiunse, guardando dritto di fronte a sé: - E anche noi la rivogliamo. –
E questa frase fece finalmente capire a Soledad che Zakuro non aveva lasciato Kisshu volontariamente: evidentemente, era stata costretta a farlo.
- Non avete la più pallida idea di dove sia andata? –
Ichigo scosse la testa, guardando a lungo Soledad negli occhi verdi. – No, non lo sappiamo. L’unica certezza che abbiamo è che lei non avrebbe mai e dico mai abbandonato Kisshu. Non lo avrebbe mai fatto, a meno che non avesse avuto un motivo più che valido per non esserci. –
Tutto ciò non aveva fatto altro che aumentare la confusione nella mente di Soledad. Che sia stata costretta dalla propria famiglia? Che l’abbiano ricattata, minacciata o addirittura rapita? Troppe cose non tornavano, ma ora Soledad poteva capire che cosa ci fosse di tanto struggente in quella storia: era stato tutto dettato da una scelta obbligata.
- Tu pensi tornerà mai? –
- Lo spero, ma non posso dirlo con certezza. –
- E credi che Kisshu, rivedendola, la accoglierebbe di nuovo a braccia aperte dopo tutto questo tempo? –
Ichigo sorrise nuovamente.
- Di questo ne sono sicura. –
 
 
 
 
- Sono stanca di questa situazione, quando potremo entrare veramente in azione? –
- Abbi pazienza, mia cara: sai benissimo che finché non avremo individuato tutte e cinque le combattenti non servirebbe a nulla palesarci. –
- Ma sono mesi ormai che agiamo nell’ombra, in una situazione di stallo; non ne posso più! –
- Ascoltami, manca pur sempre una Mew Mew all’appello: quella che si dice sia la più forte, colei che, anni fa, sconfisse Deep Blue. Lei ci serve. Fino a quel momento, abbiamo le mani legate. –
 
 
 
 
 
Soledad osservava Kisshu muoversi freneticamente per casa; quella sera il ragazzo sembrava turbato da qualcosa.
- Sei sicuro che vada tutto bene? – domandò lei, mentre Kisshu continuava a passare dalla sala alla camera da letto, come se ogni volta si ricordasse di aver dimenticato qualcosa di importante nella stanza adiacente e tornasse indietro a recuperarlo.
- Certo, certo. Tutto alla grande, non ti preoccupare. – rispose lui passandole davanti come una furia e dirigendosi a passo di marcia verso la porta d’ingresso. Quando aveva già una mano sulla maniglia, aggiunse: - Ryan mi ha chiamato all’ultimo momento per chiedermi di dargli una mano a sbrigare alcune faccende. Non preoccuparti, farò in fretta. –
- Sei sicuro che non vi serva una mano? –
- Oh no, assolutamente, sono cose da uomini, non preoccuparti. Ora devo proprio andare, ci vediamo dopo bambolina. –
Kisshu, dopo aver tagliato corto, varcò la soglia sbattendosi la porta alle spalle.
Era evidente che fosse di fretta; a quanto pareva, doveva trattarsi di qualcosa di molto importante.
Ad ogni modo, Soledad decise di non preoccuparsene. Stava ormai calando la sera, Kisshu stava certamente percorrendo la strada che lo separava da Ryan come una furia e Soledad decise di aspettarlo comodamente sdraiata sul divano davanti alla TV.
Dopo alcuni minuti di zapping, durante i quali non riuscì a trovare nessun canale che attirasse la sua attenzione, si bloccò sulle immagini di un notiziario locale.
La telecamera riprendeva una zona che riconobbe essere poco distante da casa di Kisshu: l’asfalto era squarciato in più punti e diversi punti lungo i marciapiedi stavano andando a fuoco. Al centro della scena, torreggiava una figura che sembrava avere fattezze umane, ma queste erano difficilmente identificabili a causa della lunga tunica nera lacerata in più parti e dell’ampio cappuccio che ricadeva su di un volto immerso nell’ombra, un volto completamente nero, senza occhi né bocca.
La telecamera, dopo aver inquadrato il mostro, tornò a concentrare la sua attenzione sull’inviata, che stava riassumendo la situazione con tono concitato.
- Fortunatamente, - stava dicendo – il Mew Team è appena comparso sulla scena. Ora non ci resta che sperare che riesca a risolvere la situazione anche questa volta. –
Soledad, dalla sua posizione sul divano, sgranò gli occhi: le Mew Mew in città, a pochi isolati da lei, intente a combattere contro uno di quei nemici misteriosi che aveva potuto conoscere solo grazie ai notiziari o ai racconti di altre persone.
Furono la curiosità nei confronti di quell’assurda situazione e la prospettiva di poter assistere con i propri occhi ad un fenomeno che lei stessa aveva sempre giudicato “impossibile” a guidare Soledad fuori di casa, in direzione del luogo dello scontro.
La giovane percorse la distanza che la separava dal quartiere lambito dalle fiamme di corsa, con i polmoni che parevano andare a fuoco. Una volta giunta sul luogo dello scontro, si mescolò ad una folla di curiosi, che osservava la battaglia a distanza di sicurezza.
Quella che doveva essere, secondo i racconti popolari, la leader del gruppo, con un vestitino rosa e capelli dello stesso colore, stava colpendo il mostro tramite la sua arma a forma di cuore. Le altre tre ragazze le davano manforte, coordinando perfettamente i loro attacchi in modo da farli convergere contro la figura maligna.
Soledad si ritrovò a trattenere il fiato di fronte alla scena: era rimasta alquanto spiazzata da quando il notiziario spagnolo aveva trasmesso, tempo fa, le scene di una delle molte battaglie combattute a Tokyo, ma ora trovarsi lì, nel bel mezzo dello scontro, era qualcosa di incredibile. Soledad, sempre così razionale, stentava ancora a credere di trovarsi a poca distanza da quattro ragazze, dai tratti per metà umani e per metà animaleschi, fasciati in abiti colorati e intente a combattere contro una creatura ripugnante e misteriosa.
La giovane si ritrovò così a seguire lo spettacolo col fiato sospeso, spostando l’attenzione dalla ragazzina in giallo che saltellava a terra armata di quelli che sembravano essere due tamburelli, spalleggiata da una ragazza in verde munita di nacchere, alla combattente vestita di blu che si librava in aria grazie a due minuscole alucce azzurre scoccando frecce a ripetizione contro il nemico.
L’ombra, nel mentre, contrattaccava lanciando potenti raggi di luce viola contro le Mew Mew; ogni qualvolta sbagliava mira, incendiava inevitabilmente i vari oggetti che si trovavano sulla sua traiettoria.
Soledad si era fatta largo fra la folla, in modo da trovarsi in prima fila e da poter assistere allo scontro in maniera più ravvicinata. Sentiva ora come una scarica di adrenalina che le attraversava la colonna vertebrale, fino a provocarle brividi sulla nuca e costringere le sue mani a chiudersi a pugno.
Il mostro lanciò uno dei suoi fasci di luce mortiferi in direzione della Mew Mew in verde, la quale era stata disarmata pochi secondi prima e non aveva, quindi, possibilità di difendersi. Mente la folla si apriva in un urlo di terrore di fronte all’impotenza della combattente, una figura indefinita si diresse in volo verso la giovane paladina, afferrandola saldamente per la vita e traendola in salvo appena in tempo.
In un sospiro di sollievo collettivo, il quinto arrivato adagiò la Mew Mew dal lato opposto della strada e, dopo averle mormorato qualcosa all’orecchio, si voltò scagliandosi in direzione del mostro. A differenza delle altre quattro, quella era senza dubbio una figura maschile: lo si capiva dal fisico asciutto fasciato negli abiti scuri e dai muscoli prestanti che si gonfiavano sulle braccia fasciate da insoliti nastri marroni. I capelli verdi del ragazzo erano acconciati in due codini bassi che gli ricadevano sensualmente ai lati del collo. Quel nuovo personaggio era molto diverso dalle altre quattro combattenti: oltre ad essere un uomo, si librava nell’aria nonostante fosse sprovvisto di ali e non presentava i tratti animaleschi che contraddistinguevano la squadra Mew Mew.
Fu proprio questa presenza misteriosa a decidere le sorti della battaglia, dando il colpo di grazia al mostro. Invocò dal nulla due Sai e, volando in direzione del nemico, li unì in modo da formare una sfera di energia che scagliò senza pietà contro l’avversario, che si dissolse all’istante, piegato dalla ferocia dell’attacco.
La folla si aprì finalmente in applausi, mentre le quattro Mew Mew, euforiche, correvano in direzione del misterioso ragazzo che aveva militato al loro fianco. Questo si asciugò distrattamente la fronte con un avambraccio, i due temibili Sai ancora stretti fra le mani, mentre un sorriso soddisfatto gli increspava le labbra sottili, lasciando scoperto un canino appuntito.
Fu proprio in quel momento che il giovane si voltò e Soledad incrociò i suoi occhi color dell’oro.
Lo sguardo del ragazzo mutò nel giro di una frazione di secondo, passando dall’espressione compiaciuta ad una di sorpresa, fino ad arrivare ad un’aria sconvolta. Le sue labbra pallide sillabarono un’imprecazione decisamente poco signorile.
Mentre la polizia si impegnava a disperdere la folla e ad occuparsi dei pochi feriti, Soledad sostenne lo sguardo di quello che era inconfondibilmente Kisshu. Gli abiti potevano anche essere insoliti e i capelli acconciati in maniera bizzarra, ma il volto appuntito, gli zigomi sporgenti, gli occhi dai tratti felini di quel color dorato erano inconfondibilmente i suoi. Lui perse la presa sui Sai, che gli caddero dalle mani.
Soledad, senza riflettere, si avviò in direzione di Kisshu, che continuava a fissarla con sguardo vacuo, mentre alle sue spalle si erano radunate le quattro Mew Mew, che la fissavano a loro volta.
- Kisshu. – si limitò a dire Soledad con voce incolore quando fu ormai a pochi passi dal ragazzo.
- Merda. – soffiò lui, senza distogliere gli occhi dorati dai suoi verdi, l’ansia impressa in maniera evidente nei suoi lineamenti.
Kisshu tentennò, dopodiché si decise a colmare la distanza che lo separava da Soledad.
Una volte giunto di fronte a lei esordì dicendo: - Soledad, ma cosa ci fai qui? –
- Non penso che potrei rivolgerti la stessa domanda? – sputò lei.
Kisshu si morse il labbro inferiore, i canini affilati bene in vista. Lo sguardo corrucciato era semi coperto dai capelli verdi che gli ricadevano sugli occhi, mentre quelli raccolti nei codini da due nastrini rossi gli accarezzavano le spalle, muovendosi nella lieve brezza della sera. Il suo corpo atletico era fasciato da un gilet corto che lasciava scoperto il busto, sul quale troneggiava la grande e misteriosa cicatrice circolare; i pantaloni neri, a vita bassissima, mettevano in evidenza le sue anche ossute. I Sai, abbandonati alcuni metri dietro di lui, scomparvero nel nulla. Kisshu si portò, evidentemente a disagio, una mano dietro alla testa; dopodiché domandò, forse più a se stesso che a Soledad: - E ora come te lo spiego? –

 
 
 
 
 
 
Angolo Autrice:
Salve a tutti!
Mi dispiace per aver tardato così tanto ad aggiornare: purtroppo, mi ero promessa di portare a termine tutti i miei impegni universitari prima di riprendere in mano questa storia, ma finalmente sono qua.
Be’, intanto ringrazio tutti coloro che hanno recensito il capitolo precedente: non mi aspettavo foste così in tanti a continuare a seguire la mia long e questo mi ha veramente fatto provare una stretta al cuore. Prometto che nei prossimi giorni risponderò a tutti, ma ora il mio desiderio primario è pubblicare il nuovo capitolo (e magari andarmene anche a dormire vista l’ora…).
Passando al capitolo vero e proprio: so che non è nulla di emozionante, questo ok, ma mi spero di essermi fatta ricompensare dando un colpo di coda alla trama della storia. Finalmente sembra che Soledad debba conoscere una parte della verità che le era stata nascosta fino a quel momento, nonostante sia venuta a conoscenza della situazione in maniera un po’ brusca, ma vedremo prossimamente come Kisshu e compagnia se la caveranno con le spiegazioni.
Inoltre a breve torneranno a far parte del racconto Pie e Taruto! Personalmente, a me come autrice sono mancati parecchio, Pie in particolare.
Avviso anche che attenderò domani o dopodomani per mandare gli avvisi di aggiornamento ai lettori che me l’hanno concesso, anche perché mi si stanno letteralmente chiudendo gli occhi.
Voi forza, fatemi sapere che cosa ne pensate di questo nuovo capitolo, avanzate ipotesi, quello che volete!
Un abbraccio forte,
Salice_
   
 
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