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Autore: mrsilent_0    03/08/2015    1 recensioni
Il mondo in cui vive Alaska Strike è diviso da guerre da ormai troppo tempo.
I lupi neri, coloro che hanno il potere, coloro che hanno tutto, o quasi, rivendicano le terre cedute ai lupi blu nei secoli passati.
I lupi blu, i saggi, i coraggiosi, coloro che darebbero la vita pur di non venir sottomessi ai neri, combattono con tutte le proprie forze per non dar loro quello che rivendicano.
Alaska ha diciannove anni e fa parte dei blu da sempre.
Però lei è diversa, è qualcosa che nessuno ha mai visto. Perché lei, in un mondo di lupi, è l'unico esemplare rimasto di tigre rossa.
Ma, cosa accadrebbe se qualcuno avesse scoperto il suo segreto?
~ ● ~ ● ~ ● ~ ●
«Perché si sa, mia cara Alaska, i segreti più impenetrabili sono nascosti in bella vista.»
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi sveglio all'improvviso.
È mattino e la luce del sole entra dalla finestra, illuminando la stanza. 
Sono sudata e ho la gola in fiamme, segno che sta notte devo aver urlato parecchio. Nessuno è venuto a controllare che stessi bene, dato che non c'è ne bisogno. Tutti ormai sono abituati a sentirmi gridare la notte. Tutti sono a conoscenza dei miei incubi.
Guardo la piccola sveglia che si trova proprio di fianco al letto, quando vedo l'ora scatto in piedi e corro ad infilarmi un paio di pantaloni.
Sono in ritardo. Dovrei essere già al campo ad allenarmi. Merda.
Scott si arrabbierà, penso mentre scendo le scale. Arrivata di sotto afferro la felpa e prendo le chiavi. Mi fermo con la mano sulla maniglia. 
Resto in quella posizione e ripasso mentalmente tutto quello che devo fare oggi. Sarà una giornata dura.
Dopo qualche secondo spalanco la porta e mi precipito fuori. 
Non ho le scarpe, preferisco allenarmi senza.
Dopo quel dannato incubo sono riluttante a tornare in una foresta, ma devo. Passare per essa è il modo più veloce per raggiungere Scott.
Così inizio a correre. Evito i rami caduti, salto le buche e cerco di schivare i rami più bassi degli alberi. Non voglio farmi male ancor prima di arrivare al campo.
Mi è sempre piaciuta la corsa, il sudore, i muscoli doloranti.
Quando corro non penso a quanto la mia vita sia difficile. Riesco a reprimere i ricordi. Soprattutto quelli peggiori, come la morte dei miei genitori.
Mio padre morì in guerra e mia madre venne uccisa da un lupo nero in una fredda giornata di novembre, mentre cercava di proteggermi. 
Il lupo era lì per me, aveva scoperto che cosa ero in grado di diventare. Ma mia mamma decise di mettersi in mezzo e lui la uccise. 
E io ero lì. Ero lì e guardavo quel lupo farla a pezzi.
Ricordo ancora le urla di mia madre, che mi dicevano di andar via. Di correre lontanto.
E così feci.
Corsi più veloce che potevo, in mezzo alla foresta. Ero solo una bambina ed ero terrorizzata.
Mi fermai dopo non so quanto con il fiato corto. Sentivo ancora le urla della mamma e questo voleva dire che non mi ero allontanata più di tanto. Così decisi di nascondermi.
Mi arrampicai su un albero, raggiungendo il ramo più alto. Poi aspettai.
E quando le urla cessarono capii che non avrei mai più rivisto mia mamma.
A quel tempo ero furiosa con lei. Il lupo avrebbe dovuto uccidere me, non una donna così forte e bella come la mamma.
Non avrebbe dovuto.
Non mi accorgo di essermi fermata, ed essere arrivata al campo, finché qualcuno non mi da una pacca sulla spalla.
Mi giro di scatto, pronta a dirne quattro all'idiota che mi ha spinto ma, quando vedo chi è, le parole mi muoiono in gola.
«Sai che sei in ritardo?»
America Brooks. La mia migliore amica. Una persona a dir poco originale.
Ci conosciamo da così tanto ormai che potrei considerarla una sorella.
America ha i capelli rosso fuoco lunghi fino alle spalle, gli occhi verdi e un sacco di lentiggini. 
Ha un piercing al naso e uno al labbro e un tatuaggio sul braccio.
Questa mattina indossa una tuta nera e ha i capelli raccolti in una coda disornata.
«Sì, lo so» le rispondo. Lei sorride, mostrando i denti bianchi e un po' scheggiati a causa dei vari combattimenti a cui prende spesso parte.
Le faccio un cenno con la testa, in direzione del campo e lei annuisce.
Mentre camminiamo inizia a raccontarmi di come quella mattina ha battuto Evelyn in una lotta corpo a corpo. 
A me non interessa, ma comunque fingo di ascoltarla annuendo qualche volta e facendo commenti sulla pessima strategia di combattimento di Eve.
Non appena vedo Scott la saluto, promettendole che ci saremmo viste a pranzo. Lei mi sorride un'ultima volta e si dirige dalla parte opposta.
Cammino lentamente, preparandomi al classico discorso che mi farà Scott non appena gli sarò davanti. 
Lui non è solo il mio allenatore, è un padre e anche un fratello.
Lui e sua moglie, Jenna, mi hanno cresciuto e mi sono sempre stati accanto. Soprattutto quando gli ho rivelato che ero diversa dal resto del clan. Gli ho dato la possibilità di cacciarmi, di mandarmi a vivere nel bosco da sola ma loro sono rimasti con me. Non li ho mai chiamati 'mamma' o 'papà', ma mi sono sempre comportata come se lo fossero. E loro mi trattavano da figlia.
Ho vissuto con Scott e Jenna fino ai diciotto anni. Quest'ultimo anno l'ho passato nella vecchia casa dei miei genitori, fuori dalla foresta. Mi hanno addirittura aiutato a ristrutturarla e portato la cena tutte le volte che non avevo voglia di cucinare.
Li adoro entrambi, nonostante tutto.
Ormai sono a pochi metri da Scott quando sento un urlo soaventoso. Io e tutti i ragazzi nel campo ci giriamo verso la foresta.
C'è silenzio, tutti cercano di captare qualche altro suono. Restiamo così per vari minuti fino a quando, un altro urlo, ci fa sobbalzare. Sento dei passi dietro di me e qualcuno mi appoggia una mano sulla spalla. 
«Hai visto qualcuno nella foresta mentre venivi qui?»
Scott parla così piano che faccio persino fatica a sentirlo. Scuoto la testa.
Non c'era nessuno nella foresta. Ne sono più che sicura.
I miei sensi scattano. Sento dei passi. E sembra che non sia l'unica ad averli sentiti. 
Ci mettiamo tutti in posizione d'attacco. Qualcuno tira fuori dei coltelli, altri fanno uscire gli artigli e altri ancora si preparano con l'arco e le frecce.
I passi sono veloci. Chiunque sia, si sta avvicinando molto velocemente.
Dalla foresta esce una ragazza. Sta correndo. Ha i capelli sporchi di terra, i vestiti lacerati e si tiene un braccio, come se fosse ferito.
Strizzo di più gli occhi e quello che vedo mi lascia a bocca aperta.
«Le manca la mano destra», dico a Scott. Lui annuisce. Lo aveva già notato.
La ragazza continua ad avanzare e a guardare indietro, come se qualcosa la inseguisse.
Poi lo sento. Altri passi, molto più veloci di quelli della ragazza. E un odore pungente mi fa storcere il naso. Non capisco cosa sta succedendo. Mi guardo intorno e vedo che neanche gli altri sanno cosa fare.
«Scott, cosa sta...»
Non riesco a finire la frase perché un'enorme lupo nero fa la sua comparsa dalla foresta e, con un salto, raggiunge la ragazza e, prima che qualcuno possa agire, le stacca la testa con un morso.
   
 
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