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Autore: FairySweet    07/08/2015    3 recensioni
Non era quello suo padre, non era da quell'uomo che aveva imparato il rispetto, l'onore, l'amore per la guerra. Indossava l'uniforme per proteggere se stessa ma le parole di suo padre avevano lo strano potere di oltrepassare quella barriera così, tutto quello che provava, tutte le incertezze, le debolezze, le paure, tutto era lì, alla luce del sole, perfino quell'amore sofferto che aveva lasciato cicatrici immense nel suo giovane cuore ...
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Generale Jarjayes, Oscar François de Jarjayes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                            Pioggia





C'era freddo, più freddo di quanto potesse riserbare quella serata uggiosa, forse era colpa del suo animo irrequieto, forse, quel piccolo scambio di opinioni con suo padre l'aveva turbata al punto da provocare in lei quel brivido leggero.
Continuava ad allenarsi senza tregua alcuna, le nubi diventavano sempre più dense, cariche di pioggia che minacciava in qualsiasi momento un tremendo temporale ma e lei cosa importava? Continuava ad usare quella spada colpendo un nemico immaginario, i movimenti erano precisi, ogni scatto in avanti tendeva i muscoli di quelle gambe perfette, la schiena si raddrizzava, si piegava in avanti, di lato disegnando ogni volta figure diverse.
Era perfetta, lo era sempre stata e per quanto si sforzasse di nasconderlo, la perfezione dannata che sfiorava ogni suo movimento era lì, davanti a lui, povero uomo costretto a soffrire per colpa sua, a piangere in silenzio per evitare di urlare.
Quante volte l'aveva avuta vicino? Quante volte ne aveva respirato il profumo? Era troppo per lui, troppo per essere solo un'amica, troppo per essere semplicemente una donna.
Poteva un uomo amare così profondamente? Era quello l'amore? Restare per ore e ore a fissare una ragazza che si allenava con le spade, lo sguardo pieno di determinazione, colorato da quella lieve indecisione che da troppo tempo vedeva in lei.
Amare, morire, era certo che per lui fosse la stessa cosa perché sarebbe morto amandola ed era questo a farlo soffrire, era per questo che malediceva il cielo, per lei, per averla incontrata in così giovane età, per esserle stato accanto scoprendo la vera Oscar, la sofferenza che si nascondeva dietro a quella maschera di ghiaccio che si dipingeva in viso.
Era arrabbiato con lei perché non era quella la donna meravigliosa che conosceva. Sarebba potuto diventare qualcosa di meraviglioso, una dama spiata e desiderata da tutti, perfino dal re in persona ma lei continuava a scappare, a nascondersi dietro quella maledetta divisa senza rendersi conto che in realtà, gli sguardi degli uomini le appartenevano comunque.
Chissà se ne era a conoscenza, se era consapevole di quanto in realtà fosse bella, delle reazioni che provocava nelle persone.
Sorrise appoggiandosi al corrimano di marmo bianco, sollevò lo sguardo verso il cielo osservando per qualche secondo la corsa feroce delle nuvole.
In qualche modo, gli sembrava di riconoscere in quella corsa Oscar, già, era lì, davanti ai suoi occhi.
Oscar era il cielo azzurro, brillante, pieno di luce e di passione ma quelle nubi scure erano imposizioni, regole, divieti che l'avevano cambiata, distrutta, massacrata nel suo essere fanciulla, ragazza, donna.
Avrebbe dovuto proteggerla, tenerla al sicuro, allontanarla da quel male e invece? Si era preso gioco di lei, ne aveva rubato la purezza strappandole con la forza un bacio, aveva indugiato su quella pelle vergine, pura, così delicata e perfetta da togliergli il fiato.
L'aveva ferita, le aveva fatto del male costringendola a piangere, sentiva ancora nelle orecchie il rumore di quello strappo, la seta che si spaccava, il suo incarnato di luna che brillava sotto i lampi, i fulmini e poi quel pianto leggero.
Odiava vederla piangere, odiava da morire ferirla eppure, quella notte non era riuscito a controllarsi. L'aveva tirata tra le braccia e l'aveva baciata incurante di ogni cosa, del suo rifiuto, della sua paura.
Inspirò a fondo tornando a concentrarsi su di lei ma la mano dell'uomo sulla sua spalla lo fece tremare leggermente “Mi scusi signore, stavo … beh ecco, stavo solo …” “Stavi osservando Oscar” “Già” l'altro annuì orgoglioso portandosi le mani dietro alla schiena “Trovo che mia figlia sia perfetta. Guardala, maneggia quella spada come se in realtà usasse una piuma d'oca. Ci ha messo così poco ad imparare, è sempre stata veloce nell'apprendere le cose. È stato così per le lezioni di scherma, per il precettore, per le lezioni con la pistola e per qualsiasi altra cosa” “Ha ragione signore” mormorò sospirando “Vedi ragazzo, quando ho deciso di affiancarti a lei pensavo di fare la cosa giusta. Aveva bisogno di qualcuno con cui giocare, con cui allenarsi e passare il suo tempo. Qualcuno che la proteggesse ma a quanto pare ho sbagliato” “Signore?” lo sguardo dell'uomo si posò sul volto fresco del giovane costringendolo ad annaspare.
Aveva lo stesso sguardo di Oscar, la stessa determinazione negli occhi e quella vena di fierezza che non sarebbe mai sparita “Ho sbagliato con lei due volte e ora me ne pento Andrè, perché quello sguardo innamorato non dovrebbe nemmeno esistere” trattenne il fiato continuando ad ascoltare le parole del suo signore “Appartenete a due mondi diversi. Non siete fatti per stare assieme, in questa vita e nell'altra Andrè. Oscar è nobile di nascita, è abituata a questo mondo e anche se non ne fa mostra, questo mondo le piace perché in qualche modo la tiene al sicuro” “Questo mondo è una gabbia dorata signore! Lo è stata tutta la sua infanzia e lo è la sua vita. Le sbarre di diamanti e zaffiro che le mettete attorno la fanno soffrire!” “Ma la tengono al sicuro!” esclamò gelido picchiando un pugno sul marmo “Credi che non le voglia bene? Io amo mia figlia, la amo al punto da lasciarla libera di scegliere. Quello che ho fatto in passato è stato egoista, sbagliato e perfido me ne rendo conto solo ora, ma pensi che se le avessi permesso di vivere come le sue sorelle sarebbe stata così?” si soffermarono qualche secondo sull'ennesimo colpo di spada mentre il cielo tuonava violentemente “Non può saperlo signore!” “Oscar è stata libera di fare tutto quello che alle donne è precluso. Cavalcare, andare a caccia, tirare di scherma, essere ammessa ovunque. È diventata tutto quello che sognavo” “Signore …” sussurrò l'altro inspirando a fondo “ … Oscar è … è sempre stata tutto quello che sognavate. Lo sarebbe stata con quell'uniforme addosso o senza ma questo voi non potevate accettarlo. Credetemi, io rispetto le vostre scelte e sono contento di servirvi ma lei è …” “Lei non è qualcosa di tuo” esclamò gelido piantando gli occhi nei suoi, in fondo aveva ragione, Oscar non sarebbe mai stata sua, non dopo quella sera, non dopo averla ferita in quel modo.
C'era qualcosa di sbagliato in tutta quella situazione e se perfino il suo padrone se ne era accorto, allora niente sarebbe andato per il verso giusto, non più ormai “Sai dirmi cosa c'è che non va in lei?” domandò d'improvviso il generale tornando a concentrarsi su sua figlia “È diversa dal solito” “Non saprei signore” mormorò trattenendo le parole violente, quelle impudenti e iraconde che avrebbero solo voluto colpire quell'uomo insolente, lo stesso uomo che aveva costretto sua figlia a soffrire e che ora, se ne stava lì davanti a lui a difenderla da qualcosa che nemmeno capiva.
“Forse è solo stanca signore, lavora molto, le cose non vanno molto bene con i suoi soldati” “Già” “Ma non temete, saprà risolvere anche questa situazione vedrete” “Non ho dubbi su questo ma c'è qualcosa che la turba” un fulmine illuminò il cielo e le prime goccia d'acqua scesero leggere colpendo le foglie, i fiori “Oscar!” la ragazza si fermò di colpo voltandosi verso quel balcone e quel padre che era la sua legge vivente “Ora basta!” la videro annuire leggermente passandosi una mano tra i capelli.
Passi leggeri sull'erba umida, passi di una donna che era riuscita ad entrare nella mente e nel cuore di un povero servo come lui e che ora, vi sarebbe stata cacciata fuori dalla consapevolezza che quelle parole, quei discorsi spiati da nuvole e pioggia erano veri ora più che mai.
  
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