Anime & Manga > Captain Tsubasa
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Autore: kitsune999    30/01/2009    3 recensioni
-Ridimensionati.-
Fu tutto ció che disse Kojirō sibilando sprezzante, mentre oltrepassava il portiere urtandogli volontariamente e non troppo delicatamente una spalla.
Genzō non proferí parola, ne aveva giá dette fin troppe, e si limitó a rimanere immobile, impassibile, con lo sguardo adombrato dalla visiera del suo sempiterno cappello.
[...]
Nel caso in cui qualcuno se lo fosse mai chiesto, ecco cosa successe dopo l'amichevole Amburgo-Giappone, in cui i nostri subirono una bruciante sconfitta.
Fanfic senza impegno e ad alto tasso di scemenza scritta da una new-entry di EFP.
Poiché sono una pippa quando si tratta di scegliere i titoli adatti, questo é solo provvisorio. Probabilmente lo cambieró strada facendo, o magari no, chi vivrá vedrá. Trallallerotrallallá.
Genere: Commedia, Demenziale, Parodia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Hermann Kaltz, Karl Heinz Schneider
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il rutilante festino accenna forse a una conclusione? Chi lo sa. Non lo so nemmeno io che sono l’autrice.

Quinta parte della mia fic mediocvabbé, ormai lo sapete xD

A fine capitolo ho scritto “qualche” appunto (ehm…a momenti sono piú lunghi della fic, mea culpa. Sono troppo prolissa.)

 

 

 

CAPITOLO 4 – Verso la fine dei giochi?

 

 

 

Era scazzato. Scazzato e annoiato. Stava entrando nella fase deprimente della sua sbornia, anche se ancora gongolava per essere riuscito a tramutare la birra di Kojirō in un ricettacolo di batteri. Il godimento che aveva provato mentre osservava il pollo tutto intento a trincarsela beato era stato un qualcosa di trascendentale. Ma adesso sentiva il bisogno impellente di inventarsi qualcos’altro per pungolare un altro po’ quel burino, che come al solito aveva avuto il coraggio di presentarsi con  una truzzissima maglietta blu e gialla dalle maniche arrotolate fino alle spalle e dei jeans da straccione sdruciti alle ginocchia. Puah. Genzō si chiese se non si vestisse al buio perché anche il suo senso della moda, se mai ne avesse uno, lo ripugnava.

E intanto, comunque, gli era venuta un’altra idea delle sue.

 

In quel momento, Kojirō stava pensando piú o meno le stesse cose. Congratulandosi con sé stesso per la bella sputazzata che credeva di avergli aggiunto alla birra, si soffermó un attimo a squadrare come cazzo si era vestito quel damerino: da fighetto inamidato, come sempre. Ingessato nella sua giacca di velluto grigio antracite a costine, nella camicia nera trendy di Armani (o di Cavalli, boh, che gliene fregava a lui degli stilisti) e nei suoi jeans Richmond tenuti su da una cintura in pelle very fashion, piú naturalmente l’immancabile cappello Adidas, che girava voce indossasse anche nelle docce. Un vero fagiano, insomma. Non poté fare a meno di pensare che probabilmente con i soldi che aveva speso per quella cintura griffata di non sapeva chi, lui ci si sarebbe comprato minimo tre maglie. Si impose di smetterla di rosicare e si concentró sulla conversazione con Ken e Izawa, finché non sentí il testadicazzo pronunciare le fatidiche parole.

 

-Allora Matsuyama, sei contento di essere il nuovo capitano della Nazionale?- Ahia, tasto dolente. A quella domanda inaspettata e inopportuna di Genzō caló il gelo su un terzo della compagnia, perché il resto era talmente sbarellato che non si ricordava neanche di essere al mondo.

Hikaru per la sorpresa risputó la birra nel boccale da cui stava bevendo e lanció uno sguardo impanicato a Kojirō che, giá schiumante di rabbia, si era voltato lentamente verso il portiere valutando se  cavargli gli occhi in loco o se farlo piú tardi in separata sede. L’attaccante, cercando di riacquistare un tantino di autocontrollo, trasse un profondo sospiro gonfiando i pettorali e se la sua maglietta tamarra fosse stata appena un po’ piú aderente, probabilmente si sarebbe sbrindellata alla Hulk.

-Non credo di aver capito bene…- ringhió scandendo minacciosamente le parole con gli occhi ridotti a due fessure, mentre appoggiava il mento su una mano e si metteva di tre quarti verso il portiere per fissargli meglio quella bella giugulare invitante, che in quel momento avrebbe azzannato tanto, tanto volentieri.

Non ci poteva credere, allora voleva proprio essere picchiato. Il bastardo aveva infranto il “patto del silenzio”, ma era troppo chiedergli un po’ di omertà, ogni tanto? La lingua proprio non ce l’aveva incollata, pensó aggrottando la fronte e mostrando i canini.

A Misugi (fino ad un attimo prima colto da un attacco di ridarella per aver visto Tsubasa che veniva montato da Tarō, mentre cercava di insucchiottargli una porzione di collo) si spense il sorriso e tossicchió imbarazzato, pregando che Hikaru si togliesse d’impiccio con una risposta diplomatica e intelligente, senza dare corda al malefico portiere che non si era neanche voltato a guardare Kojirō, snobbandolo con la consueta disinvoltura.

La tensione si tagliava con il coltello e nessuno fiatava. Le risate sguaiate, le grida isteriche e le chiacchiere etiliche dei decerebrati seduti dall’altra parte del tavolo sembravano giungere alle loro orecchie in sordina come echi lontani e ovattati. E che di casino ne facevano.

Matsuyama, il carismatico uomo del Nord forgiato da allenamenti a temperature talmente proibitive che manco in una cella frigorifera, in quel frangente non appariva poi cosí carismatico e  non sapeva che cavolo rispondere.

Poteva dire (che poi era la veritá, in fondo). Ma non era scemo e non aveva nessun interesse a fomentare la collera dell’attaccante, poiché sussisteva l’alta probabilitá che, rispondendo cosí, il suo istinto omicida per il momento focalizzato solo su Genzō si spostasse anche su di lui. Sapeva che il suo orgoglio quel pomeriggio era stato sbraciolato per bene, e giá lo immaginava mentre gli annodava il collo abbaiando “allora dillo che non aspettavi altro, pezzente”.

Oppure poteva dire no, che era come ammettere che non gliene poteva fregare di meno di essere il capitano, facendolo incazzare anche di piú e sferrandogli una stilettata forse ancora peggiore.

Hikaru deglutì, soppesando velocemente quale fra le due alternative sarebbe stata la meno deleteria per la sua salute.

Nessuna.

Perché quando Kojirō aveva le palle girate, qualunque risposta era quella sbagliata.

 

Ma il buon Matsuyama doveva essere nato sotto una stella fortunata, perché il miracolo avvenne e la cosa si risolse senza feriti. Stava per aprire bocca, fregandosi probabilmente con le sue stesse mani, quando si sentí vibrare una tasca e, con gli occhi sbrilluccicanti dalla gioia, vi infiló subito una mano per recuperare il cellulare.

“Che culo” pensarono contemporaneamente tutti quelli che stavano assistendo alla scenetta.

-Amore sei tu?!? Ma ciao!!! Che ore sono da te, marmottina?....ah, le otto di mattina? , qui è mezzanotte e mezza. Ma lo sai che mi manchi tantissimissimo? - Fece Hikaru con gli occhi a cuoricino, in tono melodrammatico e con voce quasi stridente, provocando conati di vomito agli astanti specialmente dopo il “marmottina”. Si stavano tutti chiedendo perché diamine quando parlava con Yoshiko il 70% delle parole che uscivano dalla sua bocca dovesse terminare con -ina”. E poi non è che volessero origliare la sua conversazione, anzi, per non rischiare il diabete mellito ne avrebbero fatto volentieri a meno, ma dire che il ragazzo strillava peggio di un mercante in fiera era poco. –Come? C’è casino perché sono in un pub con i ragazzi. Oggi? Ecco …abbiamo perso l’amichevole, peró…- Hikaru alzó ulteriormente il proprio tono di voce, mentre Misugi trattenne il fiato, sperando che non dicesse quello che credeva stesse per dire. Era consapevole del fatto che l’amico cambiasse quasi personalitá azzerando cervello e dignitá quando c’era di mezzo la sua adorata fidanzata. –…c’è una bellissima notizia birillina, non ci crederai ma sai che sono diventato capitano? Síííí sono tanto felice anche io!-

 

Les joeux sont fait. Tutto quel tempo sprecato a scervellarsi per niente, pensó Misugi sospirando.

 

A Kojirō quasi caddero le braccia e represse un moto di puro schifo, sbollendo all’istante. Tutte quelle smancerie gli facevano cariare i denti e gli smorzavano ogni proposito bellicoso.

Lui, il guerrafondaio della Nazionale, era decisamente allergico a quelle cose.

 

Mioddio, se divento cosí smieloso giuro che mi taglio le palle da solo” si disse Genzō, scuotendo il capo disgustato. A quanto pareva la sua perfida domanda sobillatrice di violenza sarebbe caduta nel vuoto, che peccato.

 

In quel momento arrivarono altre birre, richieste da non-si-sa-chi-non-si-sa-quando e la cameriera, che ormai li odiava tutti senza distinzioni, sbatté sgarbatamente le loro ordinazioni sul tavolo trattenendosi per non tirargliele in testa. Ishizaki si fece piccolo piccolo sperando che lei non lo notasse, cosa che, per sua fortuna, avvenne.

Adesso che si sentiva una saracinesca al posto delle palpebre, pensó Genzō e, sbuffando, si stropicció gli occhi per riprendersi. Tutto secondo copione, dopo lo scazzo ecco ora anche l’abbiocco. Ma, si disse impavido, mai e poi mai sarebbe crollato prima di Tsubasa, che era ancora bello arzillo e seguitava a cantare angoscianti canzoni enka assieme alla zecca; quest’ultima non era ancora riuscita ad attaccarsi al suo collo soltanto grazie al provvidenziale salvataggio di un misericordioso Takasugi che, interrotto il suo virile duello a braccio di ferro con Jitō, gliel’aveva levato dal groppone sollevandolo di peso. Non si capacitava, in effetti, di come mai i molesti numeri dieci e undici non fossero stati ancora soppressi da quei due energumeni di difensori che, di sicuro, non erano famosi per la pazienza certosina.

Guardandosi meglio intorno notó che un gemello era collassato, ma non avrebbe saputo dire quale. A distanza di anni ancora nessuno di loro era in grado di distinguerli, grazie anche al vizio che avevano di vestirsi e pettinarsi allo stesso modo.

-Ehi, Zanna Bianca…come sta la tua metá?- Domandó mezzo spalmato sul tavolo ormai con le palpebre a mezz’asta, rivolto verso quello sveglio.

-E non mi chiamare cosí, cagacazzo- inveí il gemello ancora vivo, che era poi Kazuo il Fine –lo sai che non lo sopporto.-

-Appunto.- Replicó caustico l’altro, sbadigliando –Ti ho fatto una domanda, quindi vedi di rispondere.- E che non rompesse, non era mica colpa sua se non avevano mai voluto portare l’apparecchio ortodontico. Probabilmente si trascinavano dietro quel nomignolo dall’asilo, li chiamavano cosí giá ai tempi della Hanawa; nessuno sapeva chi fosse il cabarettista che l’aveva inventato, altrimenti sarebbe andato di persona a congratularsi con lui.

-Boh, è semisvenuto- disse Kazuo mentre sollevava dal tavolo la testa del fratello tirandola per i capelli, aggiungendo in un sibilo –che impedito…-

Genzō annuí e si strinse nelle spalle, pensando sollevato che per quella sera non ci sarebbero state catapulte infernali ad incombere sulle loro schiene. All’ultimo festino, ricordó, stava quasi per mangiarselo quel gemello bastardo che si era fiondato sulla sua scapola.

Guardó alla sua sinistra e vide il Triangolo Toho Kojirō-Ken-Takeshi immerso in una fitta conversazione. Anzi, avevano quasi fatto capannello, pareva volessero tagliare fuori il Resto del Mondo. “Ma che emigrassero” pensó infastidito il portiere che, non trovando nulla di meglio da fare, si riattaccó al boccale e bevve qualche altro sorso, stilando un rapido resoconto mentale di quel grottesco festino.

 

Bilancio della serata alle ore 00.43

 

-Finti sobri: 3 (Jitō, Takasugi, lui)

-Veri sobri: 2 (i soliti noti, Misugi e Schneider)

-Moderatamente allegri: 6 (Izawa, Sōda, Kazuo, Wakashimazu, Takeshi e Kojirō) 

-Fuori come dei balconi: 4 (la Golden Combi, Ishizaki, Kaltz)

-Coma etilico profondo: 1 (Matsuyama, che dopo aver parlato con la sua bella si era depresso perché erano lontani e si era attaccato al boccale per dimenticare)

-Deceduti: 1 (Masao)

-Figure di merda totali: 3 (di cui ben due sue, pensó mentre la pelle gli si accapponava, e una soltanto di Ishizaki)

 

A distrarlo dai suoi calcoli intervenne per l’appunto quel bischero giulivo di Ryō, che in quel momento lo scavalcó e si mise fra lui e Kaltz, attaccando a gesticolare col numero otto dell’Amburgo per farsi capire. Drizzó le orecchie per sentire, in tutta quella gazzarra, che cavolo volesse da lui, osservandolo mentre agitava le mani per spiegarsi e usava le dita per contare; quando, in mezzo a tutta quella mimica esagerata, captó le parole in giapponese –tu…dire…me…contare, uno due, tre, quattro- intese che voleva farsi dire come si contava in tedesco. Si era proprio appassionato all’ostico idioma, evidentemente.

-A te non chiederó mai piú niente- sibiló poi lanciandogli un’occhiataccia di sbieco, con il tipico occhio a mezz’asta del beone (che, per inciso, aveva anche lui). Genzō fece spallucce, esclamando con aria sinceramente indifferente -sai che dispiacere…- Uno scassaballe in meno, si disse, e poi chiedere ad un madrelingua era meglio.

Inaspettatamente, Kaltz capí quasi subito cosa voleva e si mise a dargli corda, letteralmente berciando i numeri e ridendogli in faccia senza tanti complimenti per la sua infima pronuncia, anche se il poverino ce la stava mettendo tutta. Solo che Stecchino era talmente strafatto che, arrivato all’otto, saltó direttamente al dieci (di cui si era ricordato probabilmente perché era il numero di Schneider) e da in poi fu tutto un susseguirsi di cifre a casaccio, le prime che gli venivano in mente.

 

Forse fu da quello che l’austero Kaiser capí che fosse giunto il momento di levare le tende. Lanció un’occhiata a Genzō, che si era accoccolato con la testa sul tavolo e le mani sulle orecchie per non sentire le urla dei due imbecilli che si stavano sgolando, e intuí che anche lui, come l’altro pirla, doveva essere ormai arrivato alla frutta. Sbirció l’orario e, vedendo che era quasi l’una, lo fece presente al portiere.

-Credo che domani io e Kaltz diserteremo- fece quello per tutta risposta. Schneider lo guardó con aria di sufficienza e replicó, irreprensibile –non ci provare. Io vi avevo avvertito di non ubriacarvi, perciò adesso sono cazzi vostri. Se domani entro le sei e cinque non vi fate vedere, verró personalmente a buttarvi giú dal letto.-

Genzō sbuffó e, scansando Ishizaki che non la finiva piú di sbraitare numeri a vanvera, tiró un coppino a Kaltz per attirare la sua attenzione.

-Teliamo? Tu sei cotto come una pera e quel rompiballe del tuo capitano mi sta stressando per mandarci a nanna presto.-

-Ma come?- Trasalí lui, con una faccia allucinante –E’ appena l’una!- Poi proseguí, rivolto a Schneider -Perché non te ne vai tu, se ti stai rompendo?-

-Non mi tentare…- fece quello in tono intimidatorio con gli occhi stretti in due fessure glaciali –ti sei dimenticato degli allenamenti, faina? Vi voglio entrambi in campo, e freschi come due rose.-

-Oddio, adesso non esageriamo…- Genzō sorrise sardonico a quelle parole -…mi sa che non sarai tanto fresco neanche tu, pallone gonfiato. Vedrai le occhiaie, domattina.-

 

 

 

 

 

 

Ecco gli appuntini che vi dicevo. Armatevi di pazienza, sará una cosa lunga e contorta…

 

1- Non ho spuntato subito la voce “parodia” (come mi ha giustamente fatto notare Eos75) principalmente perché nella mia immensa bakaggine tale termine mi era sfuggito quando ho selezionato il genere (e che era appena sotto  “commedia”, che stordita) ma è stato il primo a cui ho pensato mentre scrivevo, giurin giurello. Cosí come garantisco che il sospetto di stare andando OOC un pochettino mi era venuto. Se non l’ho ancora aggiunto è solo perché non so se continueró la storia su questa falsariga o se i prossimi capitoli (se mai ci saranno) seguiranno una linea differente, piú “seria”.

Lo ammetto, non è sempre una caratterizzazione fedele la mia (LOL, immagino che si fosse capito, che puntualizzazione inutile), anzi, con i personaggi di contorno che non conosco bene improvviso proprio.

 

2- Sempre in merito all’OOC, c’è una cosa che mi preme chiedere alle veterane di fanfic e che una neofita come me fatica a comprendere. Magari è una domanda stupida ma non cazziatemi vi prego: il genere parodia/demenziale implica SEMPRE l’OOC? Mi spiego, per fare una parodia o presunta tale, è abbastanza ovvio che vadano enfatizzati e ridicolizzati certi aspetti del carattere dei personaggi. In effetti se mi soffermo a pensarci mi sembra impossibile fare delle caricature decenti senza doverli prendere bonariamente per il culo snaturando comunque la loro indole, e cosí facendo si va fuori dalla normale caratterizzazione. Ergo, TUTTE le parodie sono OOC? E quali sarebbero i limiti che non bisognerebbe oltrepassare? Illuminatemi, pleeeease xD

 

3- Il punto è che (come ho giá detto) scrivo quello che mi viene in mente al momento, difficilmente pianifico qualcosa. Quello che butto giú è pesantemente influenzato dal mio umore del giorno, e ció non vuole essere una mera giustificazione. Potrebbe darsi che un bel mi venga voglia di fare la persona seria e che caratterizzi in tal modo i personaggi, sfornando un capitolo un po’ meno bislacco del solito, anche se di indole sono piuttosto cazzara; oppure, e sarebbe la scelta piú saggia me ne rendo conto, potrei pensare direttamente anche ad un’altra fic piú “impegnata”, e dividermi tra le due scrivendole alternativamente a seconda del mio stato d’animo. Mmmh , compromesso interessante, chissá.

 

Mah. Questa cosa è partita come un gioco, e tale rimarrá almeno per ora, anche se non precludo nessuna possibilitá per il futuro^^

Comunque, per me è stato (ed è) un vero piacere scrivere di questi giocondi buffoni. Non potete neanche immaginare quanto mi diverta la stesura di queste storie cazzute! (^o^)

 

E ora, come di consueto rinnovo i ringraziamenti per i commenti e i consigli.

Eos, grazie per avermi rinfrescato la memoria, mi sfuggiva proprio che “po’” si scrivesse con l’apostrofo e non con l’accento, ma a ben pensarci è ovvio essendo la contrazione di “poco”…che sveltona che sono xD

Per ció che riguarda Gamo…ops^^; Mi incasino a volte con gli allenatori, comunque controlleró meglio e correggeró l’imprecisione, thank you^^

Ultima cosa a proposito del fatto che Genzō nella mia fic cazzuta non ami particolarmente Tsuby a differenza del manga. Per ora lascerei la chiarificazione di questo punto in sospeso (dipende se aggiungeró o no l’OOC, in base alle risposte che riceveró) ma mi sento di dire che non apprezzo tutta quell’adorazione che viene ostentata nella storia originale, quindi l’avrei comunque caratterizzato cosí. Non lo odia incondizionatamente, ma neanche è il suo migliore amico, almeno nella mia testa bacata…ma pensandola in questo modo vado comunque OOC, vero? Oddio è un cane che si morde la coda, aiutatemi^^;

Silen, è vero, ho rischiato il coma diabetico a forza di M&m’s, quei dannati sono la mia croce e la mia delizia. Spero di disintossicarmi un giorno. Quanto capisco L di Death Note…SUGAR POWA!

 

Quanto blablabla. Saró stata chiara? Si sará capito ció che voglio dire? Ai posteri l’ardua sentenza^^;

 

 

 

  
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