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Autore: queenjane    16/08/2015    6 recensioni
Dedicato, in ordine alfabetico, a Amantea, Lucy'71, Mgrandier, Orny'81, Pamina'71, Tixit, Veronica Franco
Gli antichi dividevano le varie età dell'uomo nella stirpe dell'oro, dell'argento,
del bronzo, degli eroi e del ferro. Tempo addietro ho scritto delle one-shot, che intendo ampliare.
Da leggere come storie a sé o seguito di Golden Age oppure come spin off della storia "The dragon and the rose"..
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Oscar François de Jarjayes, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1762,fine novembre.
 
I cancelli dorati di Versailles, le cui punte acute sono rivolte verso la mattina che avanza,  sono sempre aperti al pubblico.
Sistemo i polsini di pizzo che cadono netti e precisi, ho un completo di satin azzurro, con minuscoli ricami dorati, gilet coordinato, calze bianche, scarpe di pelle nera con le fibbie di argento, il collo seppellito da uno spumoso jabot, oltre le raccomandazioni di stare fermo, non sporcarmi e via così.
E di togliermi il piccolo tricorno nero quando passa il sovrano, guai a me se me ne dimentico.
Ognuno, purché vestito in modo congruo può vedere lo spettacolo del re e dei suoi riti,fatti liturgia dal grande Re Sole, Luigi XIV, che pare abbia detto lo Stato sono io.
La Corte si trasferì definitivamente qui nel 1682, prima era solo un piccolo casino per la caccia usato da Luigi XIII, che buffo.
Ti incuriosisce, Andrè?Spiegami il motivo.

Chiunque può entrare, te lo già spiegato, se un uomo non ha la spada la può noleggiare dagli ambulanti, ai cancelli, e, vestito in modo decente, ripeto, godere dello spettacolo del Re e dei Suoi che mangia, va a messa e poi si corica.


Stupore, perché?Cosa ti meraviglia? Cosa scruti?
 Siamo venuti, che eri curioso, bambini mescolati alla folla, e osservi tutto, basito.
 Che stai citando, “Con un calendario e un orologio, era possibile a trecento leghe di distanza, dire con precisione cosa facesse”, Saint-Simon, riferito al Roi Soleil, “Parallèle des trois premiers rois bourbons”, il precettore ce lo scodella un giorno sì e l’altro pure, è così vecchio  che devo chiedergli quando è nato….
Ti stupisce  quanta gente riesca ad ammassarsi nel salone dell’Occhio di Bue in attesa del Lever du Roi, il nome che deriva dalla grande apertura ogivale nel fregio della volta decorata di stucchi dorati raffiguranti giochi di bambini su uno sfondo a reticolo e rosette.
Giochi di bambini, tranne che, a occhio, qui gli unici bambini tra la folla siamo noi, escludendo quelli della Famiglia Reale, che certo non si mescolano.
Gli affreschi?
Gli specchi? 
I vasi cinesi o quelli di pietre dure e preziosi metalli sistemati su mensole dorate vicino agli specchi?
 Gli opulenti lampadari, lo sai che mi piace imparare sempre nuove e difficili parole?
Le colonne di marmo scanalate che giungono fino a dove può scorgere l’occhio, che finiscono in un delicato, dorato  ventaglio di foglie di acanto?
 
Le statuine di bronzo?
 
Gli specchi, penso tra me e me, adesso riflettono due monelli nella Grande Galleria, che chiamano anche “Galerie des Glaces”, raccolti contro le gonne opulente della mia amata sorellina, Catherine, che ci invita alla calma, per favore non fatemi pentire di avervi portato.
 
Alle otto in punto ogni mattina, sai,  il primo valletto di camera sveglia il sovrano con la frase “Sire, è l'ora”  e, dopo una breve toilette alla quale accudiscono i valletti azzurri, si apre la porta ed entrano i personaggi di alto rango per le cosiddette grandi entrate.
 Poco dopo, hanno inizio le seconde entrate, dopodiché il re si veste, e, nel salone ad occhio di bue e nella galleria, tutti aspettano l'annuncio dell'usciere che, scandendo un colpo sul pavimento con l'asta dell'alabarda, esclama, “Signori, indietro, passa il re” e “Signori, il re”.
 
O percepisci il puzzo tremendo, noi ci laviamo, tranne che qui usa poco, Luigi XV,  non ha questo modo di fare.
 
Ha abolito le vasche da bagno e il lavarsi è per pochi, le fogne della Reggia non funzionano e ognuno fa i suoi bisogni dove può.
Che puzzo, non è come a casa.
Tua nonna, Marie, fa bruciare gli incensieri nelle stanze e le pasticche di profumo, tutto  è lindo  e profumato, accompagnato da bei mazzi di fiori.
 
Ci laviamo le mani, sempre.
 
Anche se alla Reggia i mobili sono belli, intarsiati di ceramica e madreperla, i gatti e i cani li devastano, usando i preziosi legni come affila artigli o  poco altro.
Sono sporchi e puzzano.
Aspetta, ora il Re va a messa e osserviamo il corteo che naviga verso la cappella, ogni giorno la famiglia reale assiste ad un servizio, il sovrano di Francia e Navarra è chiamato anche “Cristianissima Maestà”.
Osservo il passo scivolato delle Mesdames, le signore appaiono sfiorare appena il pavimento, maneggiando con grazia il pesante abito di corte con l’ampia crinolina e un lungo strascico, come non si pestino tra loro è un mistero.
Annuso il profumo di cipria e pomata sui capelli, poi mi verrebbe da ridere guardando i cerchi di rosso belletto che sottolineano il viso delle dame, indice di rango e precisione, mi pare un rosso scarlatto.
  • Guarda, Oscar, c’ è tua madre.- Battendomi leggermente il gomito con  il gomito.
Vado leggermente in avanti, ma lei non guarda né a destra né a sinistra, continua a andare verso la cappella, dietro alla regina Maria, la consorte polacca di Luigi XV.
Neanche un cenno.
Uno sguardo.
Fisso il parquet intarsiato davanti ai miei piedi.
  • Diamo un’occhiata ai giardini, dai.- Mia sorella ha visto tutto e mi propone un diversivo, giro la testa sopra la spalla, il suo viso è neutro, il passo scivolato come quello delle altre dame.
(Ma tu non sei così)
Sul grande Parterre osservo in basso, la progressiva geometria dei viali e dei boschi e delle fontane, il vento vibra, non fa troppo freddo.
Il Grand Canal luccica come uno specchio di puro argento.
Mi sento…
Non lo so.
Neanche mi ha guardato.
Alzo il braccio, Catherine mi sfiora un polso.
  • Guarda, quella è la fontana di ..
  • …..
  • Cat.
  • Guarda meglio, che fai il vento ti fa lacrimare.. Aspetta, ti prendo in braccio per farti vedere, mica altro, non hai bisogno di annuire, lo so ..
  • Non mi interessa vedere il Re che mangia..
  • Va bene.
 
 
  • Bambini, siete stati troppo bravi- Ironizza, mia sorella, sulla via del ritorno, abbiamo appena finito di far a botte, ho cominciato io, chissà perchè.
Non credo che per un pezzo ci torneremo, ci divide con un solo gesto imperioso, come una zarina, forse, nel giugno di questo 1762 è salita sul trono di Russia Caterina II.
Bambini, appunto, che sono complici nelle marachelle come nei litigi.
  • Oscar.
  • Andrè.
  • Catherine - Dico io e le sue braccia mi circondano, gli occhi azzurri come i miei mi scrutano, ci scrutano, intenti.
Non mi importa, ora, come ora, che mia madre, dama della regina polacca, Maria, non ci abbia considerato.
 
Abbiamo lei.
Ho lei.
E lei c’è , fine.

Non se se lo abbia fatto apposta, ma quando rientriamo a casa, sul tavolo usato per le lezioni vi è una specie di centrotavola di dorato argento, colmo di coppe ripiene di frutta secca, prugne e ciliegie e arance candite, filetti di scorze di arancia, biscotti e marzapane, con un vassoio di frutta fresca, l’orto e il frutteto di casa Jarjayes danno in ogni stagione le verdure e la frutta più insolite, valutando clima e stagione, come hanno fatto Quintinie e i suoi discendenti, già direttori generali dei “Frutteti e degli Orti reali” di Luigi XIV..
Andrè si fionda sulle prelibatezze, io aspetto, sfilo la giacca preziosa di satin, il tricorno appoggiato da qualche parte all’ingresso.
  • Cat.
  • Dimmi.
  • Oggi .. io …
  • Tua madre ti vuole bene Oscar, lo sai, tranne che… ha molti doveri e..
  • Non mi ha guardato.- lo so che ha dei doveri ma così..
  • Presto sarà a casa e allora..
  • Allora che cambia ?- Con sfida. Come se non sapessi che sguardi e gesti di affetto tra nobili non usano, sono da “plebei”pure…
  • Cambia che sono tornata io. Non sarà tanto – si butta su una chaise luoge, di seta marezzata a righe verdi e crema, sottili le caviglie e i polsi che mi afferrano.
  • No … che fai ..
  • Nulla, ti tengo qui e..
  • Non .. il Generale…
  • Lui non c’è, mio marito è il figlio di un marchese e.. – Mi salda contro il busto, intenta.
  • Comandi tu.
  • Come no, accomodati, Oscar.
Fammi stare qui, chiudo le palpebre e aspetto tuoni e fulmini, come promette il Generale, in caso di un mio abbandono alle tenerezze, un abbraccio.
Non succede nulla.
Ti circondo con le braccia, una stretta ricambiata, io borbotto che fa freddo e non ti scomponi.
Stanotte mi sa che dormirò con te.
Maman.
 
   
 
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