Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: dreyu95    25/08/2015    1 recensioni
Eren è un teeneger problematico, quando sua madre rimane uccisa per sbaglio durante una sparatoria decide di lasciare la società, sperimentando droghe e rubando nel degradante sobborgo di Trost. Crede di aver trovato la libertà, ma in realtà è nuovamente schiavo, di un vizio ben punibile dalla legge. L'incontro con uno strano sbirro gli cambierà ulteriormente la vita.
Genere: Angst, Erotico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Eren Jaeger, Rivaille, Un po' tutti
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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La forte musica assordante rimbombava nel cantiere fracassando i timpani e ipnotizzando le menti, i colori psichedelici integrati perfettamente come un fenomeno naturale e un concentrato di corpi che si muovevano in una scatola gigante fatta da quattro mura.
Eravamo arrivati.
Ebbi subito l'impressione che ci fosse una presenza familiare, non ci pensai. Presi un drink, vodka con aggiunta di qualcosa di colore scuro come... la cola che mi ritrovai presto sulla maglia per colpa di uno spintone. Che cazzo era stato?
Iniziai a vagare sentendomi sempre più schiacciato dalla folla, non vedevo nulla, i fumogeni erano aumentati e non distinguevo più nemmeno le voci.
Ad un tratto strizzai gli occhi.
Apparve quella minuta figura femminile, ciocche bionde e naso pronunciato che sporgeva da un cappuccio di una felpa.
Si allontanava. Furtiva.
"...Annie?"
La musica cessò. Di colpo. Come quando cadi nel sonno e ti addormenti.
Suoni ovattati.
Sirene.
Caos.
Mi ritrovai il cemento ruvido contro la faccia mentre mi ammanettavano.
L'aria dell'ufficio era opprimente. Tutto ad un tratto ero a disagio. Esposto.
Sentii letteralmente il fiato sul collo. Un agente di polizia mi stava... Annusando!?
Estrasse qualcosa dalla tasca del mio pantalone e lo sollevò portandolo all'altezza dei miei occhi. Misi a fuoco.
Droga.
Quando accidenti l'avevo presa quella roba??
No aspetta.
No. No, no, no. Non era possibile.
Che fosse stata lei..?
La porta si spalancò.
Passi lenti e decisi richiamarono la mia attenzione facendomi sussultare e il cuore si fermò.
Occhi gelidi e grigi puntati su di me.
"Mike, cosa ci fa qui questo ragazzino?"
"Impossibile"
Mormorai senza farmi sentire. Era proprio lui.
"Era a spacciare al rave di questa sera, Levi"
Levi? Era quello il suo nome?
Levi
Levi
Levi
Che bel suono.
Lo strano poliziotto alto dai capelli biondi con baffi e barbetta che poco prima mi annusava come un segugio porse "la roba" che mi fu trovata in tasca al basso collega con cui avevo già avuto un incontro difficile da dimenticare. La prese con una smorfia di sdegno.
"Questo idiota è lo stesso che ha imbrattato la mia auto questa mattina."
Domande, domande e ancora domande mi crollavano addosso come una frana.
Pensai che fosse un brutto sogno o più probabilmente l'effetto di un allucinogeno.
Mi strinsi nelle spalle e portai le mani a coprire le orecchie con i denti serrati. Sudavo freddo.
Non avevo fatto niente, non dovevo essere lì.
"Mi hanno incastrato!!!" ruggii disperato.
"Non mentire, potresti avere altre sanzioni" Mi avvertì il poliziotto dall olfatto sopraffino che fu interrotto dal collega qualche istante dopo.
"Non sta mentendo. Guardalo. E con la faccia che si ritrova. Pensi che riuscirebbe a spacciare?"
Non ebbe risposta.
"Ci penso io qua, vai pure Mike"
Non so perchè ma sentendo quella frase mi balenò in testa una sola parola.
Fottuto.
Il frastuono della porta che si richiudeva.
"Certo che se avevi il fetish dell'essere arrestato dalla polizia potevi dirlo subito"
Era serio? Mi sentivo come violato da quello sguardo glaciale e la cosa mi eccitava più di quanto volessi credere. Dovevo essere di mille colori in faccia proprio come quelli che vedevo certe volte insieme ad Armin.
Restava composto, con le braccia incrociate a fissarmi. Difficile dedurre la sua età, i suoi lineamenti erano particolarmente giovanili, naso dritto e volto sfilato ma lo sguardo torvo tipico di chi aveva già imparato parecchie lezioni dalla vita.
"M-ma...io..."
"Come ti chiami?"
La sua fermezza riuscì a pacarmi.
"E-Eren. Eren Jaeger."
"Bene Eren. Ti riporterò a casa."
No, aspetta no.
"Come..?"
Fottuto. Ero seriamente fottuto.
A quel punto niente poteva più trattenermi.
"Ascolti. Io non posso assolutamente tornare a casa."
"E invece si moccioso combinaguai. Ci andrai e ci resterai per il tuo prossimo mese frequentando una comunità per la disintossicazione, è la legge."
Ribaltai la sedia sulla quale ero seduto, la calciai e iniziai a dare testate contro il muro.
Mi apparve l'immagine di mio padre, quella casa, mia madre e poi lui.
Vendetta.
Uccidere.
Dovevo farmi. Subito.
"Oi"
"Vai al diavolo!!! Poliziotto bastardo basso!!!"
Ero furibondo. Mi sentivo come tradito, perchè?
Perchè Annie mi aveva fatto ciò?
Perchè!!??
Mi sentii tirare dal colletto della giacca e strattonare.
"Ascolta, vedi di finirla. Non voglio che si pensi ti abbia picchiato anche se sarei quasi vicino a farlo. Dimmi un po' ma tua madre non te lo dà qualche ceffone ogni tanto?"
"Mia madre è morta!!! E per colpa di uno di voi!! Vi odio!!!"
"... Sei il figlio di Carla?"
Mi sedetti in terra nascondendo il volto tra le mani.
Mi sentii stringere una spalla.
Di riflesso afferrai la manica della sua camicia e lo guardai; il breve contatto che si instaurò era rassicurante, mi infondeva forza e speranza più di quanta me ne potessero dare le droghe.
"E va bene, mi disintossicherò."
"Non male. Bravo ragazzo."
Una volta in macchina accese il motore e la marmitta rombò affaticata.
Ridacchiai seduto sul sedile posteriore.
"Mh? Che hai da ridere ora ragazzino?"
Il disegno incompleto che avevo fieremente dipinto sul vetro di quell'auto era ancora visibile. Potei scorgere un suo sorrisetto dallo specchietto retrovisore che mi fece fogare.
"Avrei dovuto fartela leccare via con la lingua questa merda invece di lasciarti andare."
"Perchè non voleva?"
Chiesi sfacciato con un tono malizioso cercando di risultare sensuale.
Ero forse impazzito? Come mi era venuto in mente? Si, dovevo aver perso proprio la testa, forse per colpa delle sue invitantissime labbra.
Levi era perplesso.
"Posso sedermi davanti?"
Cercai di interrompere la tensione.
"No."
Mi voltai a guardare fuori dal finestrino sconfortato.
Strade, macchine e edifici che scorrevano velocemente nell'oscurità della notte.
Venni sorpreso da un rumore e affondai le unghie nelle gambe voltandomi nuovamente in direzione dell'uomo.
Un accendino.
Si stava accendendo tranquillamente una sigaretta.
Mi soffermai di nuovo a guardare le sue labbra sottili e poi le sue mani affusolate con lunghe dita che stringevano lo sterzo.
"Tieni"
Mi porse la sigaretta accesa, sussultai e poi la presi subito portandola alla bocca sentendo il filtro leggermente umido. Immaginare che fosse passato dalle sue labbra alle mie mi fece eccitare ulteriormente.
Aspirai a pieni polmoni il fumo.
"Ho parlato con tuo padre al telefono prima, ti aspetta."
Non commentai e detti un'altra profonda aspirata.
"Da domani sono incaricato a condurti e assicurarmi che tu giunga al centro per la disintossicazione. Ho personalmente chiesto che tu stia sotto la mia tutela."
"D' accordo." Risposi velocemente mentre buttavo a malincuore il mozzicone della sigaretta finita dal finestrino.
Volevo la sua bocca.
La macchina si fermò.
"Cosa facciamo qui?"
"Devo comprare le sigarette"
"...Ah. Ok." Mi morsi il labbro inferiore, maledicendomi. Ormai sembrava destino che io dovessi costantemente apparire un idiota.
"E non provare a scappare, sono armato."
Mi avvertì prima di chiudere lo sportello.
E chi voleva farlo? L'erezione nei pantaloni mi rimandava ad altri pensieri.
Appena fu di spalle alla macchina ingaggiai una lotta silenziosa con il sedile per scavalcarlo, ero sufficientemente magro e flessibile da riuscire a sedermi accanto al posto guida. Attesi immobile come un predatore.
Levi rientrò in macchina e prima che potesse dire qualcosa mi fiondai sulle sue labbra per baciarlo.
O almeno era questa la mia idea iniziale, perchè lo sguardo letale che mi lanciò vedendomi seduto davanti mi fece subito ricredere.
"Testina di cazzo."
Sospirò, richiuse lo sportello sbattendolo e mise in moto.
Era proprio lì, davanti a me.
Quella porta che mi separava dalla libertà.
Mi promisi di non varcarla mai più e invece ce l'avevo davanti. Non ero pronto a quel salto nel passato.
Si aprì e potei rivedere amaramente la figura di quello che biologicamente era mio padre ma non per me.
Nel mio cuore c'erano una madre e una sorella adottiva ma non lui.
Venni travolto e quasi soffocato dall'abbraccio di Mikasa.
"Eccolo qui. A casa. Verrò a prenderlo domattina alle 9:00. Fai il bravo ragazzino. Il mio lavoro per oggi è finito."
Levi tolse fin troppo presto le tende e io venni divorato da un senso di vuoto.
"Eren"
Quella voce. Quella stramaledettissima voce.
Lo sfidai con lo sguardo scalfendo e oltrepassando le lenti degli occhiali poggiati sul naso di mio padre e prima che potesse fiatare sbattei il piede e feci per andarmene. Mikasa mi afferrò il braccio ma la scacciai e mi precipitai sulle scale per intrufolarmi nella mia vecchia camera sbattendo la porta.
Non volevo vederlo, non volevo vedere più la sua faccia. Buttai in terra ogni oggetto che avevo sotto tiro in modo da trasformare così la mia camera nella rappresentazione del disordine che albergava dentro di me.
Mi rannicchiai sul letto coprendomi le orecchie.
Sentii bussare alla porta e senza attendere la mia risposta entrò Mikasa.
Mi misi seduto cercando di evitare il contatto visivo. Si sedette accanto.
"Non ce la faccio."
"....Vorrebbe tanto scusarsi e rimediare."
"No! Vaffanculo no! E' un bugiardo e un buono a nulla, non dovresti credergli!"
"Eren"
Mi strinse la mano.
"Allora andrai in comunità?"
Mi voltai per incontrare il suo sguardo speranzoso.
"...Sì. Mi disintossicherò"
Sorrise. Non glielo vedevo fare da una vita. Sapevo che avrei reso felici sia lei che Armin se avessi smesso di bucarmi.
E io?
Sarei stato felice una volta liberato da quel fardello?
Non lo so, ma avevo deciso che mi sarei impegnato al massimo.
"Buonanotte"
"Notte, sorella"
Mi rigirai continuamente su quel materasso.
Dormi.
Dormi.
Ordinavo inutilmente a me stesso.
Un altro giorno sarebbe arrivato, un nuovo capitolo della mia vita si sarebbe aperto e...
Avrei rivisto lui. Il poliziotto basso e attraente di nome Levi.
Un forte richiamo istintivo che provenne dal basso.
I pantaloni stringevano.
Levi.
Quella divisa.
Volevo strappargliela di dosso.
Lo immaginai nudo, senza doveri imposti dallo stato.
Infilai la mano nell' intimo e mi abbandonai agli istinti primordiali, fuori controllo.
I peli pubici mi solleticavano le dita, impazienti di stringersi attorno alla lunghezza del mio membro turgido.
Mugolai.
Il suo sguardo truce e intenso puntato come un riflettore su di me.
Movimenti sempre più frenetici e decisi mentre mi masturbavo.
Gemiti.
La sua voce piatta capace di esternare le cose più oscene e scurrili.
"Mmh...Levi...Ooh..Mh"
Lo volevo.
Quanto lo volevo.
Oltrepassare le sue vesti blu e andare in overdose del suo odore.
Uno spasmo potente e poi...
"Ooh... Oh..Ghn...A-aah. Levi"
Venni indecorosamente sporcando la mia mano e il lenzuolo del mio stesso liquido seminale caldo, appiccicoso e biancastro.
Ansimante e spossato, con le lenzuola incollate addosso, mi resi conto di sviluppare una nuova dipendenza, chiamata Levi.
   
 
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