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Autore: kimi    25/08/2015    0 recensioni
"Inchinati alla morte, Harry".
Genere: Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Cross-over, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto, Pił contesti
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[Lasciami, che cosa cambia? 
Che ci facciamo in questo pomeriggio, 
con gli occhi chiusi come una finestra 
davanti al mare azzurro e giallo di Viareggio? 
Lasciami in questo albergo 
di specchi strabici e di tende consumate, 
ad ascoltare l'infinito tango 

del tempo che da inverno ridiventa estate. 

Lasciaminonmilasciare - Marco Masini
]



 
“Vattene!”
“Ivy aspetta, non essere precipitosa..”
Uno schiaffo interruppe gli sproloqui di James Sirius Potter.
“Non ho mai conosciuto una persona più egocentrica ed egoista di te. Non ti voglio più vedere, nemmeno da lontano. Devi sparire dalla mia vita. Non ti voglio più, mai più”. Ivonne Artemide Black non aveva mai conosciuto un dolore così grande, nemmeno l’indifferenza dei suoi genitori riusciva a farla vacillare e a farle perdere il controllo come riusciva il ragazzo di fronte a lei.
James aprì la bocca preso in contropiede, stava per controbattere ma qualcosa lo bloccò. Qualcosa, nello sguardo di Ivonne, gli fece prendere la saggia decisione di non parlare. Ivonne lo guardò con sufficienza un’ultima volta prima di voltarsi e tornare nel suo dormitorio.
 
 
Scorpius non aveva mai visto Ivonne così sconvolta, e dire che suo padre – Draco – quando aveva capito che il cugino cercava di riportare in auge lo stile dei Black a discapito delle figlie, gliele aveva sottratte con la scusa di Scorpius stesso. Ivonne era sempre stata protetta, persino Christine, Veronique e Christophe – i suoi fratelli – nonostante fossero molto più grandi di lei, cercavano di tenerla lontana dalle manie di grandezza dei genitori: Christophe si era innamorato di una babbana e si stava costruendo una vita senza magia, mentre le sorelle erano volate altrove in cerca di amore, come Veronique, e di avventure, come Christine. Ma mai una volta si erano dimenticati le speranze che erano state riposte in Ivonne; così, a turno, se la trascinavano dietro, ma quando era subentrato Draco Mafoy, avevano lasciato che la piccola di casa trascorresse sempre più tempo a Malfoy Manor piuttosto che con gli ultimi diretti discendenti dei Black. D’altro canto Filipe e Margot Black si erano presto dimenticati dell’ultimogenita e si erano lanciati nel tentativo di rifarsi una posizione nell’aristocrazia magica. Con scarsi risultati, ovviamente.
Ivonne aveva patito molto quella situazione: se da una parte i rapporti con i fratelli erano più che ottimi ed era sempre la benvenuta, d’altra parte aveva costruito un muro di ghiaccio col mondo e che i suoi genitori non provavano nemmeno a scalfire. Ivonne era cresciuta con molto amore, ma da chi non aveva diritto ad amarla così tanto. Non era mai crollata, nonostante tutto. Ma quella sera, Scorpius, dovette constatare che anche la sua procugina aveva un cuore e, come accade sovente nelle vicende umane, esso era stato fatto in mille pezzi. Da un idiota. Un idiota di nome James Sirius Potter.
“Ivy.. – Rose, che ormai era un’ospite fissa nella sala comune deserta dei Serpeverde, cercò di consolare la castana – dovresti sfogarti, ti fa male tenere tutto dentro”.
Ivonne continuò a singhiozzare silenziosamente, mentre Rose le accarezzava la testa guardando Scorpius con aria interrogativa. Fu dopo l’ennesimo singhiozzo che la ragazza si alzò e cominciò a scaricare la sua furia su ogni oggetto che intralciava il suo cammino.
“Io lo uccido. Uccido lui e uccido anche quella serpe di Bree! Altro che Grifondoro, il Cappello Parlante doveva smistarla nella sua vera Casa, anche se nemmeno un Serpeverde potrebbe mai essere così tanto doppiogiochista, infido e crudele”. Ivonne stava per distruggere anche il camino dopo aver finito con il salotto, quando Scorpius ebbe la saggia idea di immobilizzarla e strapparle la bacchetta di mano.
“Insomma, si può sapere che succede?” Chiese esasperato.
Ivonne lo guardò come in trance, si sedette e raccontò.
 
Nonostante le cose non sembrassero mutate, erano parecchi mesi che ormai Ivonne e James avevano smesso di odiarsi per passare all’antipodo: amarsi. Si incontravano di notte, nella Stanza delle Necessità, e ogni volta era diverso: ciò che inizialmente sembrava un solo bisogno carnale, si era trasformato in qualcosa di sempre più profondo. Ma James non poteva accettare di essersi innamorato di Ivonne, non di una Serpeverde e non di una Black: lei proveniva da quel mondo che aveva fatto tanto male alle persone cui voleva bene. Suo padre, suo nonno, il padrino di suo padre e di cui portava il nome. Persino zia Ellie non sopportava i Black, nonostante adorasse Christine, Veronique – allo stesso anno di Cathee – Christophe e Ivonne. Come poteva amarla quando rappresentava l’essenza dell’origine del male che era stato fatto alla sua famiglia? Ma se di notte apparteneva ad Ivonne e accantonava ogni pensiero, di giorno ne era ossessionato tanto da distrarsi persino nel Quidditch. E Bree, il capitano, se ne era accorta. James e Bree erano amici: compagni di casa e allo stesso anno, condividevano le gioie e i dolori che si provano vivendo ad Hogwarts. Con pazienza Bree aveva rotto ogni resistenza di James e lui si era confidato. A modo suo, ovviamente. E quando aveva capito che il problema di James era Ivonne, Bree aveva fatto ciò che solitamente fanno le amiche: mediare tra i due. Ma non aveva calcolato quanto Ivonne fosse affascinante e quanto fosse divertente stare in sua compagnia. Erano diventate amiche e la Serpeverde, presa da un eccesso di fiducia, aveva raccontato a Bree ciò che James era restio a raccontare. Solo che, dopo il racconto, Bree cominciò a diventare fredda, scostante, distante. E Ivonne ne soffriva, non si era mai affezionata così tanto a qualcuno, con Bree condivideva tante cose e non si capacitava come due persone così diverse ma che erano così unite, si allontanassero senza motivo. E dopo la freddezza di Bree, arrivò il gelo anche di James. Lui che era come un fuoco che distruggeva tutto ciò che si presentava lungo il suo passaggio, l’aveva carbonizzata. E non di piacere. Ivonne era tagliata fuori, col cuore gonfio di tristezza e di dolore, ma senza capire il motivo.
Fu solo qualche giorno dopo, quando per un malinteso capì che Bree mirava ad essere qualcosa di più per James e che lui ci era cascato come un pollo, che la bomba scoppiò. E ad accenderla fu, senza nemmeno farlo apposta, Albus. James si arrabbiò da matti col fratello, difese Bree allo stremo, ma fu tremendamente crudele con Ivonne. Troppo crudele. E quando Albus cercò di rimediare, il danno era ormai fatto e le scuse di James erano servite a poco. Il cuore di Ivonne era andato definitivamente a pezzi.
 
Ivonne aveva passato la notte insonne, lo sfogo con Scorpius e Rose era servito a poco e l’aveva lasciata con più dubbi che risposte. Non riusciva a capire, non riusciva a capacitarsi di tutto quel casino. Era ancora intenta a rimuginarci sopra quando un biglietto le volò in testa.
 
“Stasera al solito posto e alla solita ora. Ti devo parlare, per favore.
J.S.”
Ivonne lesse col cuore in gola, ma non sapeva se accettare o meno. Decise di lasciare James senza risposta: avrebbe deciso all’ultimo se affrontare il proprio demone di carne.
Quando, quella notte, varcò la porta della Stanza delle Necessità, al suo interno non vi trovò il solito letto a baldacchino con lenzuola morbide e fluttuanti. Non vi trovò specchi cui mirarsi e nemmeno il necessario per tutti quei lievi giochi erotici che entrambi amavano fare, dato che erano due anime nere che si erano incontrate e intrecciate. Questa volta, nella Stanza, trovò solo due sedie e James era già seduto; aveva lasciato ad Ivonne la poltrona rosso sangue in stile vittoriano, bordata di nero e che sembrava tanto comoda quanto austera. James, nonostante provasse ad evocarne una altrettanto confortevole, si ritrovava sempre su una sedia di legno dura e scomoda: forse la verità di Ivy era troppo scomoda da sentire e questo, il Castello, lo sapeva e avrebbe punito James a modo suo.
Ivonne si sedette e squadrò il ragazzo per un tempo infinito, quando lui si decise a parlare.
“Lo so che mi odi, hai tutte le ragioni per farlo, per-“
“Tu non sai un bel niente! – interruppe lei con una calma irreale – Credi di sapere l’inferno che ho passato in questi giorni, credi di sapere cosa io abbia provato nel subire il tradimento di un’amica, perché Bree l’ho sempre considerata tale, quando in realtà non faceva altro che fomentarti contro di me. Non ce l’ho con tuo fratello, ma ce l’ho con voi. Ce l’ho con lei perché non me lo aspettavo, perché non so cosa ti abbia raccontato e mi dà il voltastomaco per il doppiogioco che ha portato avanti per mesi. Ce l’ho con te perché le hai creduto come un pollo, perché ti sei bevuto ogni singola fandonia e invece di parlarne con me, hai lasciato che delle dicerie rovinassero il rapporto. Dio santo, ero solo una scopata e basta?! Ero solo una bambolina su cui sfogare le tue voglie e fingere, il giorno dopo, che andava tutto bene così? E a me hai mai pensato? Hai mai pensato per un singolo momento che dovevi parlare con me, invece di credere al mondo intero senza darmi possibilità di appello? Hai mai pensato che sono una persona?!”
James incassò il colpo. Ivonne aveva ragione, aveva creduto a Bree perché era più facile, perché lei lo capiva, lo consigliava, ma cercava sempre di imporgli la propria visione. Ivonne lo comprendeva meglio certo, ma lo faceva sentire tremendamente inadeguato e non sapeva mai come prenderla eppure non aveva mai cercato di cambiarlo. Certo, era difficile stare dietro ad una persona così scostante e tremendamente lunatica come la Black, ma era la sensazione più viva che aveva mai provato in vita sua.
“Ho sbagliato, non hai idea di quanto me ne penti. Tu sei così irritante, a volte, così scorbutica e aristocralmente snob che mi dai sui nervi – James la guardò con fervore prima di addolcire lo sguardo – ma ogni volta che facevamo l’amore, ogni volta che discutevamo non sono mai riuscito a smettere di pensare quanto tu fossi bella e quanta voglia avevo di strapparti i vestiti e di baciarti a lungo, ogni centimetro della tua pelle, e tenerti stretta. E lo penso anche ora, nonostante senta il tuo dolore addosso che mi inchioda agli sbagli commessi. Io non so se possa definirsi amore, non ho mai amato nessuno all’infuori di me – e Ivonne accennò il primo sorriso della serata – ma sento essere qualcosa di molto vicino. Perdonami Ivy, davvero”.
Ivonne lo guardò pensosa. Come poteva fidarsi ancora di chi le aveva spezzato il cuore? Come permettere a chi l’aveva ferita più di tutti di avvicinarsi nuovamente? Ma decise di provarci, forse – in fondo – ne sarebbe valsa la pena.
“C’è da lavorarci sopra, Potter. E tanto. Non te la caverai così facilmente..”
“Oh lo so – James sorrise, mentre la ragazza si guardava attorno – ma possiamo cominciare già adesso”.
La Stanza stava cambiando per volere di Ivonne: niente più sedie, niente più austerità. Solo un letto rotondo e una finestra sul mare, da cui il profumo di salsedine entrava inebriando i sensi.
 
 
James e Ivonne ci lavorarono parecchio, sulla fiducia. Impararono entrambi che, per quanto il corpo avrebbe sempre parlato di più, dovevano dar voce anche ai loro pensieri e al loro cuore. Ci lavorarono, si. Ci lavorarono una vita intera.  E furono la coppia più passionale e felice che la famiglia ebbe.

 
   
 
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