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Autore: Giulz87    29/08/2015    3 recensioni
Seduta sul cordolo della grande finestra, Darcy osservava il regno.
La sera era scesa e aveva spento anche quel giorno, un impegno che non le era stato richiesto ma che si trovava ad affrontare contro ogni logica e previsione, perché come sempre si era trovata dove non doveva, troppo vicina a quegli amici che l’avevano coinvolta in un viaggio inaspettato, un varco aperto dal custode dei Nove Mondi con l’intento di proiettare i loro corpi su quel suolo chiamato Asgard.
[Questa storia partecipa al contest "E se?... Il contest dell'inaspettato" di milla4]
Genere: Angst, Avventura, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Darcy Lewis, Jane Foster, Loki, Thor
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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N.d.A. Salve a tutti! Ecco il secondo capitolo di questa storia… che spero possa piacervi e spronarvi a proseguire con la lettura. Gli aggiornamenti saranno sempre di sabato, uno a settimana. I capitoli sono già pronti, quindi potete considerarla come una specie di promessa!
Infine ci tengo a ringraziare tutti coloro che hanno inserito la storia fra le ricordate, le seguite e le preferite. Grazie a chi ha recensito e grazie anche a chi legge soltanto.
A presto. Giulia


 
Primo Interludio:The Locked Room”



La mano si era posata sul libro che teneva in grembo, un tocco gentile e di pura nostalgia che si perdeva tra i ritocchi di un tempo ormai andato, un tempo che pareva essersi fermato.
Era un vecchio volume quello che aveva davanti, uno scritto che parlava di antica magia, angoli usurati che persino al tatto sapevano di consumato, di un qualcosa di perso e quasi dimenticato, di giorni andati che provava a rammentare, attimi di felicità che sembravano attraversarlo, che fuggivano veloci senza che riuscisse ad afferrarli. Erano secondi eterni che si trasformavano nell’essenza di quello che era stato, nella figura di una madre che attenta e scrupolosa cercava di tramandargli ciò che per lei era importante, un pezzo di se stessa e la sostanza di un incanto.
Loki aveva alzato lo sguardo e aveva cercato il proprio riflesso nel vetro, pareti di cristallo che lo intrappolavano e che parlavano di sofferenza, una conseguenza dettata e firmata da colui che lo aveva rinnegato ed ingannato.
L’immagine che vedeva era quella di un uomo seduto, di un dio caduto, un ritratto opaco dai contorni indefiniti. A volte riusciva a fissare se stesso per ore mentre il suo pensiero correva lontano, mentre la sua coscienza elaborava quella che era stata come una promessa –torna a casa- una richiesta spergiurata e subito dimenticata, tre parole cancellate e sprofondate nel fango molle di un onore sconsacrato.
Qualche volta una sensazione di malessere lo coglieva impreparato. Era come se il suo corpo implodesse in un rigurgito straziato, come se il respiro si bloccasse all’interno del suo stomaco contratto, come se la sua mente fosse costretta a vagare nell’oblio di un incubo circolare. Come se ancora fosse in grado di sentire il terrore irradiarsi sulla pelle, un retro gusto di bile capace di donargli almeno un po’ pace. Perché la paura era anche quello, era la sana consapevolezza di avere ancora un qualcosa per cui lottare.
Catturato quel pensiero, il dio si era alzato, aveva sospirato piano e aveva ascoltato i battiti del suo cuore stanco. E nel silenzio si era avvicinato al suo riflesso cercando di toccarlo, poggiando un pugno serrato su quel muro invisibile che si nutriva del suo stesso tormento, un flaccido lamento che non l’avrebbe mai abbandonato.
Poi un rumore alle spalle lo aveva risvegliato.
“Umani! Per quanto possano inseguire il luminoso richiamo della libertà, si troveranno sempre rannicchiati nel pallido buio, smarriti in un antro dimenticato dal tempo. Proprio come te. ”
Loki si era voltato. Aveva sussurrato quell’espressione come fosse una sentenza, un verdetto non risparmiato e gettato a occhi chiusi verso l’inaspettato. Aveva ispirato a pieni polmoni, una vibrazione e un odore che sapevano di donna e di mortale.
“Bel soliloquio! C’era una domanda implicita?”
Darcy era in piedi oltre il vetro, lo fissava a bocca aperta senza tradire il suo stupore, senza distogliere lo sguardo da quello che sembrava essere l’apice del suo traguardo. Quello era uno scherzo del destino, un spazio volubile in cui si trovava intrappolata con il più sadico degli assassini.
“Non c’era niente che non volessi dire.”
“Darcy. Io sono Darcy Lewis.”
La pausa concessa dal suo interlocutore l’aveva spinta a proseguire.
“Immagino che tu sia una delle mortali giunte ad Asgard al seguito di quello stolto villano.”
Loki abbozzò l’ombra di un sorriso, un ghigno silenzioso che aveva mutato i suoi lineamenti rendendoli più sprezzanti e meno cupi. Aveva fatto qualche passo verso di lei, lentamente. E lentamente l’aveva guardata come nessuno prima d’ora, come chi s’interroga pur sentendosi al di sopra.
“Se per stolto villano intendi Thor… hai fatto centro. E tu devi essere Loki. Ti ho visto in televisione.”
“Perspicace.”
“Lo sono!”
Darcy aveva osservato la prigione e aveva permesso alle cose intorno di entrarle nella mente. Le pareti di pietra decorate, l’interno delle celle, tutte spoglie eccetto quella del dio dinanzi. La sua era curata, era piena di oggetti utili e disutili, una poltrona su cui soffermarsi a riflettere e un comodo letto su cui riposare. Un piccolo mondo in cui espiare.
Quella stanza era stata il suo unico riferimento per mesi, dopo tutto quell’odio riversato sulla sua città, dopo tutto quel caos generato solo per alleviare a se stesso una sofferenza millenaria. In quel luogo aveva permesso alla sua testa di fermarsi, una tregua imposta con l’unico intento di recuperare almeno un po’ di lucidità. Un armistizio che probabilmente non avrebbe messo fine alle ostilità.
“Mi dispiace.”
“Fai bene a dispiacerti, mortale. A quest’ora chissà cosa avrei potuto fare come sovrano del tuo patetico mondo.”
Loki fece un gesto sollevando il mento in alto.
“Non fare lo stronzo, bellimbusto. Il mio dispiacere era reale.”
“Anche la mia considerazione lo era.”
Le sue labbra si erano allargate e per un attimo aveva avuto l’impulso maligno di spaventarla, di ripagare con una moneta diversa quella comprensione e quell’umanità che aveva provato per lui. Ma poi quel pensiero se n’era andato e Loki era tornato a sedersi, aveva osservato il suo stesso disegno e aveva parlato.
“Di cosa sei dispiaciuta esattamente? Avanti, Darcy, sto ascoltando.”
Non poteva immaginare che quello che era un gioco si sarebbe trasformato in qualcos’altro.



   
 
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