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Autore: garrett    30/08/2015    1 recensioni
Il seguente testo, incentrato sul ritorno di Harry, Ron, Hermione a scuola dopo la Battaglia, è, dal punto di vista compositivo, qualcosa di insolito, soprattutto per me. Il racconto che inizia ora e non so per quanto ancora è da prendere per quello che è: un semplice racconto scritto sul momento e con poca preparazione dal sottoscritto, che rispetta l'opera originaria. Ben vengano critiche e suggerimenti da coloro che leggeranno.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Il trio protagonista
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VI libro alternativo
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Allorquando la Grande Sala gremita di studenti e insegnanti fu,
una pioggia di gufi,
ascendendo dalle aperture del soffitto,
(pieno di soffici nuvole bianche)
pacchetti, messaggi e giornali lasciò cadere,
lungo le quattro tavolate.
I più maldestri centravano,
con l'oggetto tenuto un istante prima ben stretto tra gli artigli,
le tazze ricolme di caffè o di thè,
e il liquido si spargea tutto all'intorno.
Molti giovani però,
ben esperti dopo anni di pratica,
acciuffavano al volo,
senza indugi,
la posta tanto attesa.


Il Cavillo,
fresco di stampa,
atterrò tra le mani di Hermione,
e sulla copertina,
ricolma di colori,
ammiccava una figura,
ai tre nota.
Luna Lovegood,
in braccio un curioso oggetto sgargiante,
indicava, con dita affusolate,
i numeri 62-63,
presenti in copertina,
alle cui pagine corrispondenti,
l'articolo scritto di suo pugno,
elencava le stramberie nuove,
da lei scoperte.
Subito Hermione si fiondò sul pezzo,
abbandonando colazione e amici,
l'attenzione assorbita dalle imprese di Luna,
che dalla fine della Battaglia,
una sincera amica era diventata per lei;
mettendo da parte la logica acuta che di solito riservava a tutte le cose che di logica non avevano neanche l'ombra,
ma ricordandosi di,
data l'insistenza del petulante gufetto,
pagare con due piccole monetine il costo della rivista,
già febbrilmente sfogliata.


Due settimane,
dal Banchetto,
eran passate.
E proprio quel lunedì mattina,
Harry, teso,
con dita tremanti,
si ritrovò tra le mani una busta,
la calligrafia ben familiare.
Due fitte al cuore,
crudelmente,
colpirono il ragazzo:
pensando a Ginny e alla sua lettera appena ricevuta,
una nostalgia lo prese d'assalto,
ma ben peggio fu,
quando il gufo,
latore del messaggio,
appartenente alla Scuola,
decollò dal tavolo.
Era bianco,
proprio come lo era stata,
(non la vedeva da più di un'anno, ma sembrava un'eternità!)
la sua civetta,
Edvige.
Allontanò quei grigi pensieri,
nel mentre,
un raggio di sole si faceva largo tra le nuvole,
rallegrando l'immensa sala,
compreso l'umore abbattuto di Harry.
La foto di Ginny,
a tradimento,
fatta uscire in malo modo dalla busta lacerata,
dall'amico Ron,
ben presto sventolava nell'aria,
la voce del fiero fratello ai vicini di tavolo,
elogi e congratulazioni dai rossi Grifondoro riceveva.

Lesta,
la mano arrotolò e colpì,

il Cavillo sulla nuca rossa del ragazzo andò a segno.

Risa generali, lo sguardo fulminante di Hermione
(vagamente somigliante all'effetto mortifero del Basilisco),

indussero Ron a render il maltolto.

Ginny con aria sognante,
volava spericolata sul manico di scopa,
salutando colui che amava,

non più come compagno di vita,

ma come amico sincero;

in lontananza seguita dalle compagne,

le Holyhead Harpies,

di cui la ragazza,

con pieni meriti,

ne faceva parte.
Lo sguardo,

Hermione addolcì,

quando posato su Harry lo ebbe,

subito ritratto, 

però,
dall'incontro tra lo smeraldo e il nocciola.
Harry,

perso nei meandri dei suoi pensieri,

ignaro,

alzò gli occhi,

incontrando per un attimo quelli di lei,

soppesando ricordi passati,

non accortosi della battaglia emotiva,
in atto dentro la ragazza.
Un sentimento materno,

non proprio necessario in quel momento,

punzecchiava Hermione da tempo,

nato dalla morte dell'amore tra Harry e Ginny.

Di quello si incolpava,

lei stessa,

se con Ron,

l'amore era affondato.

Intanto,

però,
quel buffone,
pavoneggiandosi,

era già circondato da oche senza cervello,

al che,

Hermione,

imbestialita,

prese libri e quant'altro,

e partì,

spedita,

a Pozioni.

Anche Harry,

ancora immerso nei pensieri,
travolto il piccolo professor Vitious,

senza volerlo,

seguì l'amica a lezione.


Due giri a sinistra,
due giri a destra,
ripeteva Harry,
di cui l'aiuto del Principe abbisognava,
acre l'odore si levava dai calderoni,
e Lumacorno,

gaio,
dal volto sudato,

come un grosso ragno,

zampettava dintorno,
dispensando consigli,

notando errori,
e correndo allarmato,
quando il povero Michael,
fu in procinto,
di far,

la scuola saltare.
Tempo esaurito,

lezione terminata,
i due séco portaron libri e quaderni all'esterno,
per tosto godere,
del caldo meriggio,
i raggi splendenti,
di un Sole oramai,
il grigio autunno imminente,

ad assecondare è propenso.
Poi via di corsa,
un'ora veloce,

tra Mandragole e Tentacoli,

afa soffocante,

nella serra,

di vegetazione ricolma.

 

Successe proprio a pranzo,
quando lo stomaco empito è,
quando intorpiditi da una piacevole sensazione,

la sazietà,
si è restii a iniziare i compiti pomeridiani,
che Hagrid,
l'incedere pesante,
comparve ai tre.
Un foglio piegato,

a Harry,

lasciò in mano,

con aria furtiva e una strizzata d'occhio,

poi,

una pacca al ragazzo e un cenno con il capo,
si dipartì,
tornandosene sui propri passi.
All'oscuro dei due, 

lei china su un libro,
Ron che facea brillare la Spilla del Capitano sotto gli occhi di tutti;
Harry,
il foglio sotto il tavolo,
un'occhiata timorosa si azzardò a dare,
conscio di un brutto presentimento.
“Problemi nella Foresta”
questo lesse,
nella sgrammaticata scrittura del gigante barbuto,
e sospirò,
l'attenzione di Hermione ora su di lui.
In silenzio,
alzatosi in piedi,
lasciò la tavolata,
il cipiglio severo della ragazza lo seguì fino alla porta.
Del foglio,
in tasca frettolosamente infilato,
lei si era accorta.

 

< Hagrid! >
< Non ora! Stanotte! Porta il Mantello! >.
La porta della capanna,

cigolando,
si richiuse,
e Harry,
abbattuto,
al Castello tornò.
Il pomeriggio lasciò il posto alla sera,
il vento alzatosi dal nord,
sui verdi campi,
si sparse.
Quando la mezzanotte rintoccò,
dal tepore del focolare,
il ragazzo si apprestò ad accomiatarsi.
Il Mantello in mano,
la bacchetta nei jeans (dimentico dei consigli di Malocchio, sul come evitare di farsi saltare le chiappe!),
superò poltrone e divano,
un gioco di ombre in tutta la stanza.

Hermione,
veloce,
da una poltrona alzatasi,
sbucò dal nulla,
piantandosi di fronte al ragazzo,
braccia incrociate,
sguardo infocato.

Solo uno sguardo,

nessuna parola,
la mano,
morbida e sottile,
corse rapida dalla vestaglia al punto in cui,
diciassette anni fa,
Voldemort,
ebbro di potere,
colpì.
Toccò dolcemente,
Hermione,
la saetta,
incisa sulla fronte del ragazzo,
e i ricordi,
soffocarono entrambi.
Con il capo,
lei assentì,
sbuffando aria sul ciuffo ribelle,
che le sfuggiva ogniqualvolta si faceva la coda.
Prendendosi per mano,
calatosi il Mantello,
presenze invisibili,
varcarono il ritratto,
la notte oscura e tentatrice li avvolse,
e i due,
con passi felpati,
verso l'avventura si diressero.

 

 

   
 
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