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Autore: Merryweather616    04/02/2009    3 recensioni
Ripensavo ad una frase che Ville mi diceva spesso, l’aveva cantata, l’aveva sussurrata, l’aveva scritta. Nella gioia e nel dolore la mia casa è tra le tue braccia. E stretta contro di lui, i suoi occhi gentili e dolorosamente perfetti dritti sul mio volto, protettivi e seri mi trapassavano l’anima ricordandomi ogni istante ancora che la mia casa non erano quattro pareti di cemento riempite di mobili e foto, il luogo dove il mio cuore aveva messo le radici erano le sue braccia secche e il suo petto magro contro cui raggomitolandomi potevo sentire il ritmo della mia vita.
Genere: Romantico, Comico, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti, Ville Valo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ed ecco la fine fine di questa storia…che non è la vera fine di tutto. Diciamo che è la conclusione di “questa” parte di storia. Non mi capisco nemmeno da sola xD

Ringrazio tutti coloro che l’hanno seguita fino ad ora, commentando o non commentando. Ringrazio i miei angeli con cui ho condiviso due dei più bei viaggi della mia vita proprio nella patria delle Somme Maestà infernali. Ringrazio mia sorella per aver fatto da modello alla sorella della protagonista e Anita e Kari Valo per averci donato il protagonista xD Siamo tutte contente che quella sera non avete deciso di vedere un film LOL

 

A prestoooo

 

 

Epilogo

 

“Eva”

 

Eva sails away
Dreams the world far away
The Good in her will be my sunflower field

 

Non ce l’avevo fatta.

Entrare in sala parto andavo oltre le mie possibilità di coraggio. Ero rimasto seduto di fuori, con una sigaretta spenta in mano, e lo sguardo perso nel vuoto. Per tre ore, lunghissime e surreali avevo atteso, avevo guardato verso quella porta davanti a me con terrore e speranza. Una paura inconscia che potesse succedere qualcosa alle due donne della mia vita, e la speranza di vedere uscire un infermiera che veniva a dirmi che tutto era andato bene.

E poi.

Poi ero entrato, mi avevano chiamato e facendomi coraggio avevo varcato la soglia.

Bianca, stesa sul lettino stanca ma sorridente teneva in braccio un piccolo fagottino incartato in una copertina bianca, e il suo sguardo sembrava rapito da una forza magnetica. Io stesso improvvisamente sentii una forza trascinarmi in avanti. Il richiamo del sangue.

Mi avvinai con cautela. Era il primo incontro con la mia bambina, e avevo paura.

Ma poi la vidi. Paffuta. Morbida. Un po’ grinzosa.

Con gli occhi identici ai miei, il colore sarebbe stato ancora un mistero per vari giorni, ma la forma era inconfondibile, e un sorriso si affacciò sulla mia bocca, chissà a quanti mesi di vita Bianca le avrebbe insegnato che mettere la matita nera era fondamentale alla sopravvivenza.

Le labbra erano di Bianca, il naso un misto strano. Una piccola patata con una punta alla francese. Il resto era lei, Eva, già unica e perfetta.

-E’ bellissima- mormorai stendendomi vicino a Bianca e baciandola.

-Non avevo dubbi che lo sarebbe stata- rispose- e sentila, non piange, sicuramente non ha preso da te-

Ridemmo insieme, e poi continuammo incantati a fissare Eva, che con i suoi occhi, già profondi ci fissava di rimando, chiedendosi forse perché le erano toccati due tipi così strani come genitori. Sperai che non l’avremmo delusa.

In quel momento a fianco a loro due, rapito da due occhi appena nati. Toccai il cielo, e tornai sulla terra.

Ero un padre.

Un mese dopo…

 

-Ville?!-

Ero intenta a riempire il biberon per Eva, mentre Anita e Elena litigavano con le istruzioni del passeggino nuovo che la band ci aveva regalato. Ma avevo uno strano presentimento.

L’avevo lasciato da solo con la piccola, doveva solo tenerla tranquilla finché non fosse arrivato il cibo, ma conoscendolo stava sicuramente facendo qualcosa che gli avevo vietato, tipo farle sentire col volume al massimo i Black Sabbath.

-Ma prima inizia a sentire la vera musica meglio è- mi aveva risposto la prima volta che l’avevo trovato con lei in braccio sulla poltrona che le cantava, facendo head banging, Hole in The Sky.

-Piuttosto cantale qualcosa con la chitarra acustica, almeno non le distruggi l’udito già durante l’infanzia- gli avevo detto, cercando di suonare perentoria, ma vederlo sprofondato  nella poltrona, con la nostra principessina in braccio, vestita solo di una vecchia maglietta di Johnny Cash, riadattata da me a tutina. E vederlo che la guardava come se non esistesse altro essere sulla terra, mi aveva addolcita troppo.

Mi diressi verso il piano superiore, E, come avevo previsto, stava facendo qualcosa che non doveva fare.

-Pucci, pucci, bu bu bu, chi è la piccolina del papà? Sei tuuuu-

Stava parlando alla mia già geniale figlia come se fosse un cane.

Erano entrambi stesi sul letto e la stava facendo volare sopra la sua testa.

-Ville? Cosa ti avevo detto?-

Si accorse della mia presenza e uno sguardo di richiesta di misericordia si dipinse sui suoi occhi.

-Mi dispiace, ma non ce la faccio a parlarle come se fosse un adulta-

Lo scrutai e sembrava sincero. Poi resistere a quello sguardo da cucciolo abbandonato era ancora troppo difficile, forse in quarant’anni sarei diventata immune a lui e ai suoi occhi.

Così mi sdraiai sul letto insieme a loro, Ville posò Eva tra noi due. Calma e silenziosa ci scrutava senza fare un fiato, alzai gli occhi verso di lui, e potei leggere nel suo sguardo la stessa straripante e strana felicità che mi invadeva da un ormai un mese. Tutto si era sciolto, ogni altro legame, quando per la prima volta avevo messo gli occhi sulla mia bambina, e migliaia di fili dorati si erano andati a congiungere a  lei. Ed ora, entrambi avvolti dal nostro bozzolo di gioia guardavamo la nostra piccolina, già così intelligente e silenziosa, che dovevamo sembrarle noi i neonati.

La nostra Eva

Eva che dormiva beata tra le braccia di Ville che si dilettava a cantarle ogni cosa che gli veniva in mente.

Eva che aveva creato intorno a se una corte di amici adoranti che la viziavano in maniere terribile.

Eva che già dava sintomi di pazzia profonda, avendola trovata con le manine come appoggiate su una chitarra elettrica.

Eva. Piccolo essere infernale che si faceva amare solo con uno sguardo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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