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Autore: Adeia Di Elferas    01/09/2015    4 recensioni
Caterina Sforza, nota come la Leonessa di Romagna, venne alla luce a Milano, nel 1463. Si distinse fin da bambina per la sua propensione al comando e alle armi, dando prova di grande prontezza di spirito e di indomito coraggio.
Bella, istruita, intelligente, abile politica e fiera guerriera, Caterina passò alla storia non solo come grande donna, ma anche come madre di Giovanni dalle Bande Nere.
La sua vita fu così mirabolante e piena di azione che ella stessa - a quanto pare - sul letto di morte confessò ad un frate: "Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo..."
[STORIA NON ANCORA REVISIONATA]
Genere: Drammatico, Generale, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Rinascimento
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~~ La donna vestita di grigio accelerava sempre di più, tanto che Caterina faticava a starle dietro.
 “Devo andare nelle mie stanze!” protestò la bambina, aggrappandosi all'ultimo appiglio che sentiva di avere: “Un momento solo!”
 Continuò a ripetere la sua preghierà, finché la donna cedette, conducendola rapidamente in stanza e facendole capire di sbrigarsi.
 Caterina non sapeva che le sarebbe successo, ma sapeva che avrebbe avuto bisogno di conforto.
 Pur non amando le bambole – anzi, disprezzandole apertamente – ne aveva una alla quale aveva risparmiato le umiliazioni inflitte alla altre. Gliela aveva regalata Bona, l'aveva cucita con le sue mani e Caterina sapeva che conservava il suo profumo.
 La cercò velocemente, buttando tutto per aria, e quando la trovò, la strinse al petto e l'annusò, sentendo il sentore rassicurante di una delle sue madri.
 La donna in grigio la riacciuffò e la costrinse a seguirla. Non le fece osservazione per la bambola che le vide stringere con forza sul cuore. In fondo era una bambina di nove anni...
 I loro respiri lasciavano nuvolette di condensa nell'aria gelida del palazzo e i loro passi risuonavano rapidi e solitari. Andarono in un'ala deserta del palazzo, tanto silenziosa da essere inquietante e qui la donna silenziosa prese a svestire Caterina, con più delicatezza, però, come se finalmente capisse che quella era una bambina.
 Nella stanza non c'era nulla, se non il caminetto acceso, un grande letto e un piccolo mobile su cui era appoggiato uno specchio minuscolo e una bacinella piena d'acqua.
 La lasciò in sottoveste e poi uscì, veloce come se avesse fretta di sottrarsi al macabro spettacolo che stavano per mettere in scene a spese della figlia illegittima del Duca.
 Perchè ora Caterina si stava convincendo di quello. Era toccato a lei perchè non era una figlia legittima, ma una partita fallata, un sacrificio sopportabile...
 Girolamo Riario arrivò quasi immediatamente. Indossava una vestaglia di seta e sembrava decisamente più baldanzoso di lei.
 Caterina lo guardò per la prima volta. Doveva ammettere che il giovane era prestante e i suoi capelli erano incantevoli, ma il ghigno che portava sulle labbra cancellava ogni altra cosa.
 Negli occhi di Girolamo, per un soffio, Caterina intravide lo stesso bagliore che aveva visto quella lontana mattina di caccia negli occhi di suo padre. Quando l'aveva costretta a uccidere quel piccolo daino... Solo che ora il piccolo daino era lei e il coltello con il quale suo padre la stava per uccidere si chiamava Girolamo Riario, nipote di Sisto IV.
 La luce delle fiamme gli conferiva un'aria diabolica che Caterina non avrebbe mai dimenticato in vita sua.
 “Lasciate andare quella bambola.” le disse il suo sposo, cercando di strappargliela. Caterina oppose resistenza e così lui rise in modo gutturale e commentò: “Come preferite... Gli occhi di una bambola di pezza non mi imbarazzano, non mi lascio certo fermare da così poco...”

 Galeazzo Maria era ancora preda di sporadici conati di vomito. Se ne stava riverso sul letto, incapace di fare altro.
 Simonetta l'aveva lasciato con un severo ammonimento: “Ormai è tardi, non potete fare più nulla. Non cercate di fare più nulla.”
 Il Duca voleva gridare, uccidere, uccidersi, scappare, andare a salvare la figlia dalle grinfie di quel bruto... Ma Simonetta aveva ragione: ormai era tardi. Fare qualcosa in quel momento sarebbe stato un errore troppo grande.
 Che aveva fatto?
 L'aveva tradita.
 Per cosa, poi?
 Per evitare una guerra? Ma che codardo era diventato?
 Aveva dato la sua bambina prediletta a un bifolco, per evitare qualche soldato morto e qualche sconfitta?
 Si strappò due ciuffi di capelli con le mani e morse il cuscino. Aveva tradito sua figlia per una cosa che di valore non ne aveva...
 Si mise in piedi e corse alla porta, trovandosi in mano un pugnale e senza ricordare quando l'avesse raccolto.
 Era già deciso a correre da loro e uccidere quell'essere immondo che voleva farsi passare per nobile, quando tutta la sua rabbia scomparve, sostituita da un sentimento di vuoto e ineluttabilità.
 Era tardi. Troppo tardi. Poteva solo confidare nella forza di sua figlia e nel suo perdono.
 Caterina sarebbe andata a vivere da Riario al compimento del suo quattordicesimo anno. C'era tempo. Un uomo in quattro anni può ammalarsi, finire in carcere, morire perfino.
 Da quella notte, Galeazzo Maria aveva quattro anni per eliminare Girolamo Riario dalla faccia della terra.

 Caterina giaceva nel letto quasi priva di sensi, la bambola ancora stretta al petto. Suo marito stava riprendendo fiato accanto a lei e non parlava.
 Caterina aveva le idee ancora molto confuse e il dolore e la paura che non la voleva lasciare la costringevano alla più totale immobilità.
 L'unica cosa che aveva chiara nella mente era che quella notte, in quella stanza, in quel preciso punto del palazzo, il suo amore per il padre, prima così puro e profondo, morì per sempre, come quello che sarebbe potuto nascere, in altri tempi, nei confronti del marito.
 Marito che se ne stava ancora lì...
 Voleva che se ne andasse, che la lasciasse lì sola a morire, se quello era il suo destino.
 Come se avesse ascoltato questa preghiera silenziosa, Girolamo si alzò e indossò la vestaglia con cui si era presentato.
 Andò alla porta e uscì, lasciando entrare Cicco Simonetta e la donna in grigio, che dovevano essere rimasti lì tutto il tempo.
 Caterina intravide lo sguardo di Simonetta, in netto contrasto con la voce che annunciava gioiosa: “Bene! Abbiamo le prove del matrimonio... Portatela nelle sue stanze.” aggiunse, alla donna in grigio, che ci mise qualche secondo, prima di annuire e mettersi all'opera.
 “Vostro padre è molto orgoglioso di voi, madonna Caterina.” continuò il cancelliere, sorridendo solo con l'angolo delle labbra: “Del vostro coraggio e...” non riuscì nemmeno lui a terminare la frase.
 Caterina si lasciò soccorrere dalla donna in grigio, si fece prendere in braccio e una volta nella sua stanza – mai si spiegò con quale forza quella donna riuscì a portarla con tanta delicatezza per così tanti metri – si lasciò cambiare e tamponare la fronte con una pezza fresca.
 Quella notte per Caterina morì il mondo così come lo aveva conosciuto fino a quel momento. L'avevano tradita. Non l'avevano preparata. Non l'avevano rispettata. Da quella notte, tutti loro non erano più la sua famiglia. Erano morti tutti quella notte, per lei.
 Quella notte, nel suo cuore, una dopo l'altra erano state piantate tante croci: suo padre, le sue madri, suo marito, le sue balie, il cancelliere, quel lurido e viscido individuo che aveva osato sorriderle...
 Da quel momento in poi erano tutti morti, per lei. Il padre, le madri, il marito, le balie, il cancelliere e tutti quelli che l'avevano tradita da quel momento in poi per lei non erano altro che spettri.
 Quella notte in lei era morto l'amore. Il suo cuore si creò un muro di cinta alto mille metri, la sua mente divenne fredda e lucida, capace di controllare ogni sua reazione, la sua anima si fece più fredda e distaccata, scottata dalla cruda realtà a cui il tradimento della sua famiglia l'aveva messa a conoscenza, e la bambina che era in lei... Oh, quella notte, la bambina morì.
 La donna in grigio le passò la pezza umida sugli occhi e poi sulle guance. Mentre scorgeva nella complice silenziosa del suo sacrificio una lacrima scappare dalle ciglia, Caterina emise un breve gemito e svenne.

   
 
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