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Autore: rocchi68    03/09/2015    1 recensioni
Chiuso in un ospedale con zero possibilità di uscire prima di sera, ecco dove stavo. Non che mi importasse essere sotto sorveglianza di dottori e infermieri che facevano la ronda solo per vedere se ero in grado di respirare o di andare in bagno senza ridurmi da schifo.
Ormai però nello schifo ci ero immerso talmente a fondo che faticavo a capire come riuscissi anche solo a pensare.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: B, Dawn, Scott
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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Fu così che per non so quale motivo, lei mi portò a casa sua dove suo padre mi aspettava per conoscermi.
Ci scambiammo un occhiata intensa e capii quasi da subito che io non ero accetto in quella struttura e ancora meno accettava la mia vicinanza, che io non desideravo, a sua figlia.
“Mostrami ciò che sai fare.” Mi disse con aria di sfida dopo avermi portato in una palestra lì vicino.
Partii con le solite combo che utilizzavo abitualmente: pugnazzo sullo stomaco e testata in fronte.
Cercavo di colpirlo in ogni modo e tutte le volte le mie tecniche migliori si ribaltavano contro di me.
“Può bastare.” Dawn aveva fatto da arbitro e mentre il nonnetto era bello fresco e riposato, io ero ferito nell’orgoglio.
“Hai una buona tecnica e una buona dose di forza, ma nella mia palestra ci vuole di più per vincere.” Gli allievi presero ad applaudire il loro sensei mentre io mi leccavo le ferite.
“Non finisce qui.”
“Vedi Scott se sei venuto qui c’è un motivo. Quello che ti chiedo è di diventare mio allievo. Cosa ne pensi?” Per un attimo la mia mentre venne tormentata da quel dubbio, ma alla fine venni a capo del problema.
“La mia risposta è no. La mia preparazione va bene così com’è e poi non avrei i soldi per pagarla delle sue lezioni. Declino l’offerta, mi dispiace maestro.” Dissi l’ultima parola più per sbeffeggiarlo che per altro.
“Lasci perdere sensei. È solo un idiota che non capisce nulla.” Un omaccione di colore si era affiancato al nonnetto e presi a scrutarlo con attenzione. Nonostante la stazza aveva la mia età eppure non sembrava così minaccioso come voleva farmi credere.
“Beverly perché non vi sfidate un po’?” Il maestro aveva preso posto in centro e decise di arbitrare l’incontro.
“Cosa ne dici pivello?” Mi chiese con un’aria di superiorità che non sopportavo.
“Più sono grossi più fanno rumore quando cadono.” Risposi con un ghigno, ma complice l’ultima lotta, le botte che mi ero preso mesi prima e che credevo assorbite e la fatica che mi portavo dietro, riuscì a battermi in pochi minuti.
“Deboluccio l’amico.” Disse ai suoi compagni, mentre per l’ennesima volta cercavo di alzarmi.
“Non ora.” Urlai più a me stesso che a quelle persone.
Crollai al suolo come un sacco di patate e il mio maestro dopo un attimo di osservazione passiva decise di portarmi in ospedale.
 
“Ecco dove si era cacciato.” Il dottore che mi aveva in cura si sorprese di rivedermi vivo e vegeto.
“Perché scusi?” Il nonnetto si era fatto seguire da Dawn e dal gigante Beverly e stava parlottando con quello strambo dottore.
“Due mesi fa lo abbiamo ricoverato a seguito di una rissa. Dopo essersi fatto medicare e quanto altro è scappato. La cosa strana è che con tutte le botte che si è preso, era un miracolo se era in grado di stare in piedi.” Il dottore prese ad elencare tutto ciò che mi era capitato, ma nel frattempo io mi ero già svegliato.
Dopo aver controllato fuori dalla stanza che non ci fosse nessuno, mi diedi di nuovo alla fuga e anche questa volta riuscii a cavarmela.
Tornai a casa e dopo essermi riposato per una settimana iniziai a colpire uno alla volta tutti gli armadi che avevano osato malmenarmi per bene.
Nel frattempo ero tornato a scuola e scoprii dopo molto tempo che quel Beverly era diventato pure mio compagno di classe. Le sfighe non cessano mai e ti seguono per l’eternità.
 
La biondina mi costrinse di nuovo a far visita a suo padre e dopo un attimo di incertezza, decisi di unirmi a loro e iniziai a seguire le sue lezioni. Mi interessava solo di migliorare la tecnica, nulla più e poi li avrei mandati al diavolo.
“Scott il prossimo mese inizia il torneo Under 18 di lotta e avevamo intenzione di iscriverti con Beverly per vedere chi fosse il migliore del paese.” Il sensei mi mostrò il foglio d’iscrizione e notai che il primo premio in palio consisteva in una cifra pari ad almeno 5 assegni della zia spilorcia.
“Accetto.” Dissi e presi ad allenarmi con maggiore intensità per ottenere il premio che tanto sognavo.
Dawn invece non era contenta che passassi così tanto tempo con gli allenamenti anziché vedermi con lei, ma in fin dei conti ero stato chiaro: lei per me non era nemmeno un’amica era solo una conoscente rompiscatole.
Quando avrei capito che lei per me era qualcosa in più di un’amica, allora sarebbe stato troppo tardi.
 
Le cose procedevano discretamente, mi ero sbarazzato della gang del quartiere e gli allenamenti mi stavano rendendo sempre più forte e tecnico di quanto non fossi all’inizio della mia avventura.
Un giorno accadde qualcosa di strano e ora ve la racconto nei dettagli.
“È permesso?” Urlarono 6 individui che anni prima facevano parte di quella palestra. Il sensei era ancora assente e tranne per me, Beverly, Dawn e qualche nuova leva possiamo dire che quell’area era quasi deserta.
“Chi siete e cosa volete?” Era Beverly il capo qualora mancasse il boss e infatti fu lui a prendere la parola.
“Ti sei dimenticato di me? Abbiamo un affare in sospeso.” Da dietro i 5 gorilla comparve un omaccione molto pesante che aveva un affare in sospeso con il mio amico.
“Voi statene fuori.” I ragazzini erano spaventati e dopo averli fatti uscire da una porta sul retro tornai a controllare la situazione.
I due presero a menarsi con rabbia, ma uno dei gorilla aveva preso in mano un bastone ed era pronto a colpire a tradimento il mio amico.
“Beverly è davvero tosto.” Uno di quegli scemi aveva preso parola per dire una fesseria. Beverly era il fiore all’occhiello della palestra e di questo ne era a conoscenza mezza città.
“Quel tipo mi ha stufato.” Uno di loro prese il bastone ed era pronto a colpirlo alle spalle. Fu a questo punto che decisi di intervenire.
Gli presi la testa con una mano e con un ringhio lo feci voltare a me.
“Cosa pensi di fare?” Chiesi con rabbia e con un pizzico di cattiveria.
“Scott.” Beverly si era distratto come uno stupido e l’uomo che aveva a terra gli tirò una violenta testata sui denti, mandandolo dopo qualche pungo Ko.
Al contrario il gorilla con in mano il bastone me lo diede in testa causandomi un taglio profondo sulla fronte dal quale non mi sottrassi. Mi aveva procurato un bel taglio e il sangue prese a coprirmi una parte del volto.
“Adesso mi hai proprio rotto.” Con un rapido movimento lo mandai a nanna e dopodiché mi fiondai contro gli altri, dandogli una bella lezione.
Il capo era rimasto da solo, ma fu in quel momento che entrò il sensei il quale mandò via i ragazzi, lasciandomi con un palmo di naso.
“Possibile che quando manco io, deve scorrere il sangue?” Presi a toccarmi la fronte e dopo essere andato in bagno, mi feci medicare dalla povera Dawn che fu costretta a farci da infermiera.
 
Escluso questo triste episodio, giunse il giorno tanto atteso del torneo e secondo i tabelloni io e Beverly avremmo potuto affrontarci solo in finale.
I sedicesimi e i quarti furono delle autentiche passeggiate e l’importante per me era essere arrivato almeno tra i primi 4.
Fu durante una delle gare di Beverly che qualcosa dentro di me iniziò a rompersi.
Terminato l’incontro dell’omaccione, la bella Dawn era corsa a baciarlo rendendo chiara anche ai più stupidi che quei due ormai stavano insieme.
A dire il vero, il dubbio mi era sorto qualche giorno prima quando li avevo visti a scuola camminare a braccetto.
 
Almeno adesso qualcuno era davvero felice, ma dentro di me sentivo il cuore pesante come un macigno.
In quella strana semifinale eravamo rimasti io, Beverly, Brick, ragazzo di 16 anni di una scuola vicina e il Fulmine campione in carica per 3 anni consecutivi.
“La prima semifinale metterà di fronte Scott e Brick, mentre le seconda vedrà il confronto tra Beverly e il Fulmine.” Il nostro maestro ripeteva come una nenia quella frase da circa un ora e stava facendo tutti gli scongiuri del caso.
“Brick ha vinto per pura fortuna e negli ultimi tempi il Fulmine ha perso la sua leggendaria velocità. Nel caso in cui uno di voi due perda, l’altro riuscirà sicuramente a vincere.”
“Non la deluderò maestro.” Beverly aveva iniziato con grandi proclami, mentre io avevo preferito restare in silenzio.
 
Lunedì 23 aprile era prevista la giornata delle semifinali, mentre il mercoledì successivo sarebbe stato la grande giornata della finale.
Il primo incontro vide di fronte me e il povero Brick che in pochi minuti venne distrutto senza nemmeno riuscire a portare a segno un colpo.
La seconda semifinale vedeva di fronte Beverly e quel Fulmine che secondo me era troppo forte per il mio amico.
Infatti l’incontro terminò con una pesante sconfitta del mio amico e dopo averlo soccorso, andai faccia a faccia con il finalista.
“Cosa vuoi?” Mi chiese mentre si asciugava il sudore che gli copriva il volto.
“Voglio batterti. Ci vediamo mercoledì Fulmine.” Allungai la mano per aspettare la sua stretta di mano e nell’atto del confronto ci scambiammo sguardi che promettevano fuoco e fiamme.
“I due contendenti sono pronti per il loro scontro. Guardate che sguardi carichi di sfida.” Il telecronista sparava cazzate senza fine e infatti uscendo dal ring, volsi la mia attenzione verso di lui il quale si zittì all’istante.
 
I due giorni che mancavano alla sfida passarono abbastanza velocemente e mi presentai nello spogliatoio dello stadio con tutto l’equipaggiamento necessario per vincere.
“Sei pronto Scott?” Il mio sensei era entrato proprio mentre mi stavo sistemando.
“Certo maestro.”
“Come mai indossi i guanti oggi?” La mia peculiarità era proprio quella di combattere a mani nude, ma come potevo dirgli la verità senza passare per un codardo.
“Beverly li indossava sempre e desidero che anche una parte di lui vinca quando batterò il Fulmine.” Lui se ne uscì soddisfatto, ma dentro di me sapevo che sarei uscito sconfitto dal confronto. Il motivo per cui lo so con tanta certezza è che martedì sera ero stato vittima di un agguato e un gruppetto di 5 persone mi aveva spezzato la mano destra. Non riuscivo nemmeno a chiuderla, per questo motivo indossavo i guanti: nessuno si doveva accorgere di quella situazione.
 
Ero entrato nello stadio concentratissimo, ma anche se non lo fossi stato, tanto il risultato non sarebbe cambiato.
“Potete cominciare.” L’arbitro decretò l’inizio del match ed iniziai a studiare il ragazzo che avevo davanti.
“Lo sai Scott.”
“Cosa?” Chiesi mantenendo la guardia ben alta.
“Nella mano ci sono ben 27 ossa e spezzarne un paio causa dolori lancinanti.” Era lui il maledetto che aveva assoldato un team di assassini per farmi perdere la sfida.
“Non vedo l’ora di combattere.”
“Ho notato che sei un tipo molto forte e se non avessi fatto così, avrei dovuto rinunciare al titolo. Nel ring si sale per vincere o perdere e non per farsi massacrare, ma se tu vuoi finire male, non sarò io a mettermi in mezzo. Ti chiedo solo questo: perché lo fai?” Mi chiese abbassando per un secondo la guardia e osservando il pubblico che era accorso numeroso.
“Il perché non lo so nemmeno io.”
“Ci sarà un motivo.” Se non fosse per quello che mi aveva fatto, poteva anche starmi simpatico.
“Molti credono che sia per il valore che do a certe cose come l'impegno e la parola d'onore, ma il vero motivo è un altro. Mi hanno insegnato che non ci si deve mai arrendere e bisogna sempre lottare costi quel che costi.”
“Ti hanno detto la verità e mi piacerebbe lottare con te al meglio delle nostre possibilità, ma ho uno sponsor importante e i tifosi sono qui per me.” Sembrava sincero, ma non ne ero ancora convinto.
“Tu lotti per tutti loro, io lotto per me stesso. È per questo motivo che perderò contro di te, se avessi anche solo una persona che tiene a me, allora potrei rialzarmi all’infinito e batterti, ma così non è.” L’arbitro era intervenuto dopo il nostro breve dialogo per sincerarsi che tutto andasse bene ed entrambi scattammo come molle.
Non riuscivo a tirare nemmeno un pugno ed ero costretto ad utilizzare il sinistro che di per se non avrebbe mai fatto male nemmeno ad una mosca.
“Scott ha alzato una buona guardia, ma in questi ultimi 3 minuti sta giocando sulla difensiva, cosa ne pensa maestro Chef?” Il telecronista della tv locale stava riportando i suoi pensieri su quel match e chiedeva l’opinione di un esperto in materia come l’ospite alla sua sinistra.
“Scott è una macchina da guerra, ma non capisco questa sua strategia. Con la sua tecnica e velocità avrebbe potuto tirare almeno una decina di pungi e invece zero. L’unica possibilità è che voglia far stancare il Fulmine, ma questo può essere un errore. Tutti sanno che il campione in carica è in grado di resistere senza patire la stanchezza anche per più di 2 ore, ma probabilmente lo sfidante non ne è a conoscenza.” Invece si sbagliavano, conoscevo perfettamente le sue doti e sapevo che aveva una resistenza migliore anche della mia, ma senza il destro ero innocuo come un neonato.
Riuscii a resistere ancora per una manciata di minuti e poi stanco di quella situazione, abbassai leggermente la guardia, scoprendo il fianco e consentendogli di mandarmi al tappeto per almeno 2 minuti.
 
Il primo premio di 5000 dollari era andato a farsi benedire e il secondo premio non era nulla a confronto.
Il Presidente della commissione mi passò l’assegno e le telecamere mi chiesero di mettermi in posa con il premio e con il vincitore che sorrideva radioso.
Avevo perso, avevo dolore, mi sfottevano e mi chiedevano pure le foto.
Non sopportavo più quella situazione e presi un microfono.
“Sapete cosa me ne faccio di questo assegno? Questo.” Presi quel minuscolo foglietto e lo spezzettai in una miriade di pezzettini di carta e me ne andai verso gli spogliatoi.
 
Nemmeno qui le cose andavano come speravo: il mio maestro consolava la coppietta che era venuta ad assistere allo spettacolo, mentre io cercavo con immensa fatica di mettermi gli abiti da strada.
Avevo appena finito di mettermi la giacca e andai verso gli altri.
“Maestro ci vediamo domani.” Dissi con la speranza che mi avrebbe accettato di nuovo dopo tutto il caos che gli avevo causato.
“Aspetta un minuto Scott.” Dawn si era appena alzata e mi tirò un ceffone che mi sorprese un po’.
“Perché?” Chiesi non capendo il motivo di quel gesto tanto violento da parte sua.
“Con il destro che possiedi, avevi una decina di occasioni per battere il Fulmine, ma tu non hai sfoderato l’arma segreta perché ti sei venduto. Questa è l’unica possibilità per il comportamento che hai tenuto un ora fa su quel ring.” Beverly si era alzato con tutta la sua mole e si era affiancato alla fidanzata come se avesse paura che potessi far del male a quel povero fiorellino.
“Anche se vi dicessi che non mi sono venduto, non capireste.” Dissi negando con il capo e prendendo in mano il borsone con tutta la mia roba.
“Cosa non capiremmo?”
“Lasciate perdere. Avete ragione voi: mi sono venduto in cambio di metà dell’assegno del Fulmine. Per 200 fottuti dollari non ne valeva la pena di perdere facendo il figo, è meglio perdere con 2500 dollari in tasca.” In verità non avevo ricevuto nemmeno la fotocopia di un centesimo da quella battaglia, ma loro non dovevano saperlo.
“Sei la sciagura della mia palestra e lottando come oggi, hai disonorato gli abiti che hai indossato e hai disonorato me, il tuo maestro. Per quanto riguarda il tuo desiderio di tornare domani ti dico solo questo: vattene non voglio vederti più.” Il maestro mi andò via in malo modo ed io vedendo i segni d’assenso anche degli altri due, mi sentii morire.
Senza di me tutto sarebbe andato meglio e decisi di preparare l’occorrente per l’ultimo viaggio della mia vita.
Tornai a casa, presi una lettera e iniziai a scrivere. Non avevo nemmeno idea di come cominciare e così iniziai a pensare solo ai pochi momenti belli che avevo vissuto in loro compagnia.
 
Caro maestro, quando riceverà questa lettera per me sarà ormai tardi.
Lei ha perfettamente ragione sul mio conto: io sono solo uno stupido ragazzo che ha deciso di combattere con una mano spezzata e questo ha umiliato la sua palestra. Sappia che non mi sono venduto per soldi e mai l’avrei fatto, ma questo ormai non è importante per dove devo andare.
Mi dispiace dirle che non possiedo denaro per i danni che le ho causato e per il disonore che le ho provocato.
Lo sa, era da tanti anni che non venivo accettato da qualcuno e dopo molto tempo credevo di aver trovato una famiglia che mi accettasse, mi sono illuso ancora.
Dopo aver perso anche questa parte della mia famiglia ho deciso di non volermi più, ho deciso di buttarmi per sempre, in poche parole, ho deciso di andarmene.
Finita questa lettera, prenderò la bici, percorrerò il centro, la imbucherò e mi fermerò a prendere un gelato alla nocciola e menta (ne ho davvero bisogno). Tornerò quindi a casa e distruggerò i pochi ricordi felici che mi sono rimasti.
Un po’ difficile distruggere qualcosa di felice, laddove nemmeno io so, dove e cosa sia la felicità. Ogni cosa di questa casa mi ricorda solo momenti tristi e privi di amore, ma non importa.
Se devo distruggere qualcosa, tanto vale che mi distrugga.
Purtroppo mi fa troppo schifo vivere così, ma ormai è troppo tardi per cambiare.
Vede maestro, tutti mi ripetevano che in vita ci si riconosce solo quando si fa parte di un gruppo.
Ho capito solo ora di essere fuori da ogni gruppo.
Le persone normali mi hanno isolato da quando sono venuto al mondo e gli altri mi accettano solo perché sono peggio di me. Da questa situazione non c’è via d’uscita: o si diventa grandi di spirito o ci si abbassa a diventare un nessuno.
Di grandezza di spirito non ne ho: è già tanto se vado in chiesa una volta all’anno e il diventare un nessuno non mi piace.
Io non ho futuro e non ho voglia di vivere per strada mescolato ai barboni e sotto le intemperie: si diventa strani e non voglio impazzire. Non voglio diventare cattivo e far paura alle persone che mi guardano e per questo motivo ho deciso di caricare l’ultima arma.
L’arma che mio padre usava per difendere la vita mia e di mia madre, io la utilizzerò per interrompere tutto. Io fermerò il loro volermi bene e potrò finalmente rivederli: non mi sgrideranno mai e anzi mi accoglieranno, dopo molto tempo, a braccia aperte.
Da piccolo molti mi dicevano che l’arma migliore è l’intelligenza e mi consigliavano di guardare dei film a riguardo per coltivare tutto ciò.
Per paura ho venduto anche la mia intelligenza e ora mi ritrovo incapace di scrivere persino due righe senza fare errori.
Lo sa, molte volte me lo sono chiesto. Come sarebbe stato? Forse come uno di quei film che loro mi consigliavano, dove la vicina sente lo sparo, la polizia arriva e trovano il suicida con la pistola vicina alla tempia. Uno degli agenti volta il corpo del ragazzo e si rattrista per una giovane vita spezzata e gettata nel cesso. Un ultimo messaggio, un telefono che squilla, gli agenti che ti dicono tizio è morto senza soffrire, gente ipocrita che finge di essere infelice al funerale e cose così.
Se potessi, vorrei andarmene facendo sparire il mio corpo, ma Dio ha detto che questo non è giusto. Quando uno muore, il corpo deve restare in testimonianza di quanto abbia fatto schifo nella vita terrena e ormai il mio schifo ha ricoperto ogni singola fibra del mio essere. Il mio schifo è talmente schifoso che rischia di contagiare anche le persone che mi sono state vicine in questi ultimi periodi.
Probabilmente è per questo che mia zia non mi ha mai voluto con se nella sua megavilla, sono stato sempre e solo un enorme errore. La mia vita è un errore continuo, io sono la calamita di guai più grande che conosca e per questo in molti mi hanno evitato come un lebbroso.
La mia nascita è stata un errore, tutto nella mia vita è dannatamente sbagliato.
Per una volta volevo fare qualcosa di giusto, volevo un gran finale e invece.
Ho sbagliato di nuovo anche quello che era impossibile da sbagliare.
Che tristezza, non ci sarà nessun colpo di scena nella storia di Scott: una storia completamente inutile.
Ma lo sa maestro, io sono a posto con me stesso. Per la prima volta nella mia vita faccio qualcosa di grande senza fare del male a nessuno e questo mi gratifica molto.
Il resto me l’hanno insegnato o hanno provato a spiegarmelo, ma questa volta sono io a fare qualcosa per me.
Maestro sono sereno, non credere.
Mi saluti i ragazzi della palestra e soprattutto Beverly e sua figlia.
La ringrazi per il tempo che ha perso inutilmente in mia compagnia e dica a Beverly di prendersene cura, altrimenti giuro che torno dall’Inferno e lo prendo a pugni.
Gli dica che ho scritto due righe su cosa migliorare, ma forse lei, maestro, sa che deve migliorare a subire i colpi e che dovrebbe alzare un po’ di più la guardia.
La abbraccio e la saluto con tutta la forza. Non lasci che vi sottomettano.
Non mi dimenticate.
Addio, il vostro
Scott.”
 
Avevo appena imbustato il tutto e quando giunse alla loro casa, sono certo che anche loro avranno pensato di essersi liberati di un peso.
Di Scott nessuno ha bisogno e saluto anche questa casa che da ora in poi sarà felice senza di me.
Scott vs Vita 0-1.
Anche questo confronto l’avevo perduto alla grande, ma forse mi andrà meglio la prossima volta…se ci sarà. Io non avevo mai vinto…ero sempre stato un perdente che si credeva vincente.
 
BANG.
 
Uno sparo nel cuore della notte.
Uno solo.
Un rivolo di sangue che cola.
 
Addio mondo, questa è la fine.
La fine di Scott il reietto.
 
Questa è la mia fine.
La mia…fine.
 
 
 
 
Angolo Autore.
Rispondo per prima cosa al quesito che ho lanciato nel capitolo precedente.
Per la parte dove Scott viene rifiutato dalla ragazza e le seguenti prese per il culo ad opera dei suoi amici ho preso spunto dal primo episodio di Slam Dunk.
Una parte del dialogo tra Mike, Dawn, Scott e la Rossa fiammante (Zoey se non l’avete capito) è ripreso invece dall’episodio 38 verso il 7 minuto o giù di lì di Ultimate Muscle.
Questa è la mia prima storia dove il buono muore, ma purtroppo prima o poi doveva succedere che mi imbattessi in questo campo.
Spero vi sia piaciuto anche questo capitolo e vi propongo come l’altra volta lo stesso giochino.
La lettera, che ho accuratamente modificato, l’ho presa dal libro di un autore italiano che tratta del suicidio di un amico del protagonista.
Per quanto riguarda il titolo del libro posso anche dirvi che si rifà al cognome di un cantante abbastanza famoso.
Basta indizi: altrimenti diventa troppo semplice e non è divertente.
Fatemi sapere se avete qualche idea a riguardo.
Alla prossima.
 
 
 
   
 
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