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Autore: Adeia Di Elferas    03/09/2015    2 recensioni
Clarice, detta Clara o Claretta, è una ragazza di vent'anni quando sembra riuscire a coronare il suo sogno: conoscere l'uomo di cui si è perdutamente innamorata, ovvero l'uomo più potente del suo tempo, Benito Mussolini.
Una donna diventata famosa come l'amante del Duce e un amore che ha sfidato la storia e la crudezza di una guerra, iniziato in un giorno di aprile e tragicamente finito in un altro giorno d'aprile di molti anni dopo.
((Questa storia è basata su fatti storici, benché in parte io abbia dovuto romanzarla, per renderla più leggibile ed accattivante. Non ha scopi apologetici o di condanna, si tratta solo del racconto di una storia d'amore.))
Genere: Drammatico, Guerra, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Guerre mondiali, Novecento/Dittature
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~~ “Com'è esltante, non pensate anche voi?” stava chiedendo Marcello, il fratello di Clarice, al loro ospite.
 “Molto, molto.” convenne quello: “L'Agro Pontino libero dalla malaria, e ora questa nuova splendente città... Molto, molto esaltante.”
 Clarice non si era nemmeno presa il disturbo di informarsi su chi fosse quell'uomo che stava seduto nel loro salotto a bere lentamente un bicchierino di marsala.
 Sapeva solo che era rubizzo, pelato e caciarone come pochi e la irritava come non mai.
 “E voi cosa ne pensate, dell'opera del nostro amato Duce?” chiese l'uomo, forse senza secondi fini.
 “Che il Duce sa sempre cosa fare. Non sbaglia mai.” rispose, quasi in automatica Clarice.
 L'ospite sorrise benevolo, benché il tono della giovane l'avesse un po' spiazzato, così sbrigativo e nervoso...!
 In breve il pelato tornò a parlare con Marcello e con il dottor Petacci, evitando di parlare ancora con quella ragazza dai capelli scuri che pure gli era parsa tanto affabile, a un primo sguardo...
 Quel giorno Clarice era intrattabile e lei stessa riconosceva quanto quel suo atteggiamento non avesse senso.
 Mussolini era andato all'inaugurazione della città di Littoria, una città creata dal nulla, in pieno stile fascista, ordinata, perfetta e ancora tutta da popolare.
 A causa di quell'impegno di stato così importante, lui e Clarice non erano riusciti a vedersi per giorni e questa lontananza le pesava come non mai. Proprio adesso che cominciavano ad avvicinarsi ogni volta di più, lui veniva allontanato dai suoi obblighi...
 “Il clima è molto mite, quest'anno, non trovate?” chiese la signora Petacci, arrivando nel salone assieme a un alone di profumo costoso e dolciastro.
 L'ospite annuì, i pomelli che si arrossavano a ogni minuto di più a causa del marsala.
 “Scusate, ho mal di testa...” disse piano Clarice, alzandosi. Non avrebbe sopportato anche le chiacchiere sul tempo, quello no.
 Tutti si mostrarono comprensivi – soprattutto la madre, che si affrettò a dire che la figlia soffriva spesso di queste terribili auree emicraniche – e la lasciarono andare subito.
 Una volta nella sua stanza, Clarice si lasciò cadere sul letto. Mai come in quel momento si era sentita sopraffatta dagli eventi.
 Aveva accanto un uomo che non amava più – che forse non aveva amato mai. Quelli che conoscevano la sua famiglia, però, si aspettavano di vederla sempre al fianco di quel Riccardo Federici che tanto veniva decantato dal dottor Petacci. Lei non ci voleva stare, accanto a Riccardo. Lo trovava noioso e inutile, solo una faccia pulita e una divisa immacolata. Non aveva irruenza, non aveva lo spirito guerresco che doveva avere un vero uomo...
 Si tolse le scarpe e si infilò sotto le coperte, immaginandosi come doveva essere in quel momento Littoria e a come Benito, forse, era su un palco a declamare frasi studiate nel dettaglio, a incantare le folle e prendersi gli applausi della sua gente.
 Le sarebbe piaciuto, poter essere al suo fianco, accanto a lui, come una fidanzata o una moglie. Invece doveva accontentarsi delle briciole e dei momenti rubati e doveva anche far fronte ai pettegolezzi infondati che già si spargevano a destra e a sinistra.
 Possibile che la gente dovesse subito pensar male? Possibile che nessuno trovasse uno spazio nella propria anima per credere che l'amore puro, quello assoluto e che non chiede nulla, esistesse ancora?
 Affondò il viso nel cuscino e prese una decisione che la fece tremare di paura e aspettativa allo stesso tempo.
 La prossima volta che fosse riuscita a stare sola con Benito, avrebbe dato una svolta alla loro storia. Avrebbe avuto coraggio, sarebbe stata una donna in grado di sorprenderlo, come quella volta in cui l'aveva baciato all'improvviso.
 E allora sì che, finalmente, i pettegolezzi su di lei sarebbero stati fondati.

 Benito osservava la folla davanti a sé, soddisfatto dell'effetto che il suo discorso aveva avuto.
 Quella città era un simbolo, se ne rendeva conto ora che l'aveva davanti. Case nuove, strade pulite, gente volenterosa e l'immagine di un'Italia capace di espandersi anche all'interno dei propri confini.
 Mentre la grande festa continuava, lui si era messo in un angolo in disparte, in attesa di fare l'ultimo piccolo discorso di saluto, e così aveva avuto il tempo di riflettere meglio sulle potenzialità di una città come Littoria.
 Era nata in fretta... Ricordava ancora il giorno della prima pietra, i progetti che si erano susseguiti, fino alla decisione finale di farla così, proprio come era stata fatta.
 Ricordava anche quanto era stato cieco, all'inizio. Lui quella città non la voleva. Non voleva nemmeno che si sapesse che, alla fine, era stato convinto a lasciarla costruire.
 Aveva vietato ai giornali di parlarne, ma ovviamente la stampa estera aveva subito scoperto la cosa e ne aveva diramato ogni dettaglio...
 Solo quando aveva avuto il sentore di quanto quella straordiaria città sarebbe stata utile al Fascismo, aveva deciso di metterci più impegno. In pochi mesi aveva costruito una città, era bene che la gente lo sapesse, che associasse quel segno di potere e solidità a lui.
 Certo che... Ah, faceva abbastanza freddo, quel giorno.
 Diciotto dicembre, in fondo. Quasi Natale. Quasi Capodanno... Lentamente il tempo passava, un giorno dopo l'altro...
 Nella sua mente si affolarono i pensieri, i ricordi e le preoccupazioni per il futuro.
 Non gli piacevano troppo le agitazioni tedesche, quel politico che chiamavano Führer... Gli faceva comodo, che ci fossero altri con idee simili alla sua, ma quello lì... Ah, difficile dire cosa, ma aveva qualcosa che non lo convinceva.
 Si aspettava di poter incontrare a breve il suo ministro della propaganda, per farsi un'idea più precisa di quale fosse davvero la situazione tedesca. Sentiva, nel profondo, che stava per arrivare il momento delle decisioni irrevocabili e questo agitava le sue notti più di quanto chiunque potesse pensare.
 L'unica che sapeva, almeno in parte, quali fossero i suoi fantasmi, era sua moglie Rachele. Per tutti gli altri, lui doveva rimanere una guida forte e presente, capace di affrontare qualsiasi sfida della sorte.
 E poi c'era... Fece un breve sorriso, che si tolse subito dalle labbra, sostituendolo col solito grugno marziale che, secondo lui, era l'ideale per l'inaugurazione della città di Littoria.
 Ormai, però, la sua mente era occupata solo dall'immagine di Claretta. Quella ragazza che tanto poco gli chiedeva e che così tanto gli stava dando...
 Parlare con lei, starsene soli anche in silenzio, mano nella mano o semplicemente guardandosi negli occhi... Era come rinascere, ogni volta.
 Non era come tutte le altre donne che aveva e che aveva avuto.
 Non riusciva nemmeno lui a spiegare cosa ci fosse di diverso, in lei. Sapeva solo che, in altri tempi, se lui fosse non fosse stato più vecchio di lei, se lui non fosse stato sposato, se lui non fosse stato Benito Mussolini, forse...
 Scosse piano il capo. Lui era più vecchio di lei. Ed era sposato. E, mondo boia, era Benito Mussolini. E tutte queste cose non si sarebbero cancellate con un sospiro sognante esalato in un tramonto silenzioso.
 Mentre lo avvisavano che era il momento di salutare la nuva città con una breve frase di incoraggiamento e ottimismo, Mussolini si chiese cosa ne sarebbe stato di Claretta, se fossero diventati più che semplici conoscenti.
 Salendo sul palco cercò di tornare lucido, per non straparlare davanti a tutti quegli italiani che in lui ci credevano, perchè lui era il Duce e non perchè era un uomo innamorato.
 Fece il suo discorso e prese i suoi applausi, ma sulla via del ritorno, nella sua mente non c'era Littoria, ma il bacio che Claretta gli aveva dato in quel tranquillo pomeriggio di ottobre...

   
 
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