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Autore: Laky099    03/09/2015    6 recensioni
"Più scoprirai su di te, più cose ricorderai".
Un uomo, impossibilitato a ricordare persino il suo nome, si ritrovò in una stanza completamente bianca. Tutto ciò che lo riguardava era stato cancellato dalla sua memoria. Solo una bambina-avatar, dietro un display sembra poterlo aiutare a compiere questo complicato viaggio alla scoperta di se stesso ed a svelare il mistero che l'ha condotto in quella piccola strana stanza bianca.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3 - La Stanza dell' Amore



"Mercy, è una mia impressione o sei... cresciuta?" Chiese Mark perplesso. Mercy non sembrava più la bambina che aveva conosciuto fino a quel momento e, a vederla adesso, pareva avere più o meno dai sedici ai diciotto anni. Il suo corpo era cresciuto ed i suoi tratti erano diventati molto più particolari e marcati. Indossava un paio di occhiali dalla montatura trasparente, pigramente poggiati poco sopra la punta del suo naso a patata.  I suoi due splendidi occhi dai colori diversi, color smeraldo  quello sinistro ed azzurro pallido quello destro, assunsero un espressione divertita e la ragazza annuì con un cenno della testa, scuotendo la lunga treccia che le cadeva lungo la schiena.
"Forse un pochino" disse "Ho mangiato tanti di quei ricordi che guarda come sono diventata!". Mercy piroettò su se stessa, facendo volteggiare la gonna del bel vestito nero che indossava, il quale turbinò svelando le ginocchia della ragazza, che dopo essersi fermata sorrise, inclinando in avanti il capo e tendendo le mani dietro la schiena.
"Spiace bella" commentò Mark facendo spallucce "ma Caty era di un altro livello". Mercy gli rispose con una pernacchia.
"Andiamo avanti?" Propose lui che, per quanto non lo avrebbe mai e poi mai ammesso, aveva preso gusto nel vedere la sua vita ricostruirsi mattone dopo mattone nella sua memoria "Fai comparire la porta".
Mercy titubò per un istante, come se fosse indecisa.
 "C'è qualcosa che non va?" Chiese Mark dolcemente, sorpreso dal comportamento della ragazza-avatar.
"No è solo... Solo che volevo chiederti una cosa"
"Spara"
"Ora che bene o male ricordi qualcosa... Come va con Caty? Siete una coppia felice?"
"Come mai me lo chiedi?" Chiese Mark perplesso.
"Nulla in particolare, vorrei solo conoscerti meglio"
"Beh, stando a quanto ricordo il nostro era davvero un bel matrimonio. Battibeccavamo spesso, vero, ma di litigi seri ne ricordo uno, forse due. Ora che la la ricordo, non vedo l'ora di riabbracciarla. Mi manca da morire."
Mercy sorrise, annuendo con la testa "Sembrate davvero carini insieme"
"Grazie. Ed a proposito di gente carina, il tizio che entrambi abbiamo scambiato per trentenne ha 38 anni. Sono un figo"
"Avanza, scemo" disse Mercy ridacchiando.
Mark si diresse verso la porta e la aprì delicatamente. Si ritrovò immerso in una stanza buia, caratterizzata solamente da un enorme schermo anteposto ad una comoda poltrona nera, sulla quale Mark si sedette senza esitare. Improvvisamente lo schermo si accese, irradiando di luce bianca la cupa stanza ed accecando Mark, i cui occhi bruni si erano abituati in fretta al buio. Quando finalmente riuscì a riaprire gli occhi, lo schermo era nuovamente completamente nero e, piccola piccola nell'angolo in basso a destra dello stesso, vide una versione cartoonesca di Mercy salutarlo con la mano.
"Che ci fai qui?" Chiese Mark stupito. "Un puntatore che risponde ai comandi vocali ti farà comodo, no?"
Alzando lo sguardo, Mark vide nello schermo la scritta "Nuovo Gioco".
"Mercy, tu ne sai qualcosa?"
"No. Ma credo che dovremmo giocare, no?" Disse, andando a toccare la scritta camminando nello schermo. Partì un lungo filmato nel quale vennero mostrate una scuola e diverse ragazze, terminando sul primo piano di una ragazza con i capelli rossi. Sullo sfondo era rappresentato, sempre disegnato in stile cartone animate giapponese, quello che sembrava un campus universitario americano.  La ragazza dai capelli rossi, che nel filmato era stato spiegato essere un'amica conosciuta da poco, cominciò a parlare. "Non puoi entrare nel Campus vestito in quel modo, Mark. Il regolamento è chiaro" disse, mentre in una nuvoletta in fondo allo schermo comparivano mano mano dei sottotitoli che riportavano qualsiasi cosa dicesse "Sei venuto a studiare architettura in una delle università più prestigiose al mondo e ti presenti con calzoncini e maglietta da basket? Sei un imbecille!"
Al termine del rimprovero, comparvero sullo schermo quattro finestrelle con quattro opzioni diverse.
"Ignorala e vai a lezione, scusati torna a casa e cambiati, mandala al diavolo ed entra, inventa una scusa creativa".
" Ma... È un dannatissimo dating sim!" Commentò basito. Dopo un breve momento di riflessione, Mark capì lo scopo di quella stanza. "Devo rimorchiare mia moglie in un dating sim. Dopo questa, posso di aver visto tutto nella vita" pensò divertito.
"Mercy, dille che torno a cambiarmi"
Mercy annuì allegra e toccò la finestrella selezionata. Mark tornò a casa e scelse degli abiti vagamente dignitosi ma, conseguentemente, fece ritardo e venne sgridato dal professore. A fine lezione, venne messo a studiare un progetto con  un ragazzo suo dirimpettaio. Dopo una lunga sequenza di scelte nella quale Caty non comparve mai ed in cui scelse sempre l'opzione più gentile, partì il filmato finale nella quale vide, appartati in un angolo, la sua futura moglie ed un tizio biondo  baciarsi appassionatamente, dopo di che la schermata tornò nera.
"... Suppongo questo fosse il bad ending" disse Mark irritato.
Mercy annuì e, dopo qualche istante di silenzio, prese la parola. "Mark, davvero torneresti a casa per vestirti meglio se una ragazza che  conosci appena te lo dicesse?"
"No, ma nel modo più assoluto"
" Allora perché lo hai fatto?"
"Pensavo fosse più giusto, no?"
"Idiota!" Inveì Mercy "Lei amava te, no? Perché essere diverso da quel che sei, pregi, difetti e pessimo gusto nel vestire compresi?"
Anche questa volta, capì Mark, per andare avanti era necessario conoscere se stessi. La frase che Mercy le aveva detto nella prima stanza bianca, quanto più saprai di te quanto più ricorderai chi sei, aveva sempre più senso.
"Nuovo gioco. Veloce" disse e Mercy, allegramente, obbedì. Una volta arrivati alla prima scelta, Mark non pensò nemmeno alla risposta. "Mercy, scusa creativa"
"Vado!"
Subito dopo apparvero altre tre opzioni, che Mark lesse a voce alta "Prima: Dille che hai salvato un bambino da un incendio venendo al campus e che la giacca si è bruciata. Seconda: Dille che diversi studi di un' università di cui inventerai il nome, concordano nel dire che la comodità aumenta le capacità di comprensione del 40%. Terza: Dille che ci sono condizioni astrali che non potrebbe capire"
"Hai scelto male" disse Mercy "sono le scuse più assurde che abbia mai letto!"
"Solo due di queste. Metti la seconda"
Mercy, titubante, cliccò la strana scusa.
"Non esiste alcuna università di Papaya, Mark" disse nervosa Caty "mi stai prendendo in giro?"
Le opzioni, stavolta, erano si/no/forse ho letto male.
"Clicca no!"disse Mark e Mercy, sempre più perplessa, fece quanto detto.
"Bene facciamo così: se all' esame di dopodomani prenderai un voto più basso butterai questa maglietta e ti vestirai degnamente. Se no io verrò qui per un'intera settimana vestita come te".
 Le opzioni, ovviamente, erano si e no. Mark accettò e, dopo un rapido filmato riassuntivo, vennero pubblicati i risultati. Mark prese il secondo voto più alto dell'intera scuola, dietro una tale chiamata Maria.
"Eri un mostro all'università" commentò Mercy basita. Mark le sorrise "Avevi dubbi? Mica hai davanti l'ultimo arrivato"
Il gioco proseguì e Mark per la maggior parte del tempo derise Caty per l'abbigliamento a cui era costretta. Tuttavia, come Mercy ebbe premura di notare, piazzò qualche attento complimento strategico qua e la. Il gioco terminò all' ottavo giorno dopo l'esame, giorno in cui Caty venne, nonostante la fine della pena della scommessa, vestita con la maglietta dei Los Angeles Clippers. Al termine della giornata Caty chiese  a Mark di uscire e lui, ovviamente accettò. Partì, a quel punto, il filmato conclusivo, composto da svariate foto in successione che mostravano tutti i ricordi più belli che avevano vissuto insieme da quel momento sino al matrimonio. Ricordare tutte quelle esperienze, quei momenti e quei tempi strappò una lacrimuccia a Mark che, orgoglioso com'era, cercò di non farsi vedere da Mercy. Finita la sequenza, sullo schermo apparve una porta poco lontano dall'angolo da cui era comparsa Mercy "È una vera porta!" Disse lei sorridendo "Vai, ti aspetto giù".
Mark, ancora piuttosto commosso, annuì "Ah una cosa" disse Mercy da lontano, sintomo che fosse già tornata nella stanza bianca "mi sono accorta che stavi piangendo!"
Mark trattenne un imprecazione e varcò la porta. A differenza delle precedenti scalinate, quella in cui si ritrovò era avvolta in un clima oscuro e nefasto. Fredde mura scavate nella pietra circondavano e mantenevano chiuso l'ambiente, tanto basso che Mark dovette chinarsi per passare. Non appena il piede toccò il primo gradino una campana rintoccò vigorosamente, continuando a suonare la classica melodia da funerale. Scendendo le scale notò come le fastidiose luci verdi fossero visibili anche nell'ambiente chiuso, filtrando attraverso le mura come se fossero in grado di superare persino un muro solido. L'aria diventò, dopo pochi passi, stantia, come se quell'orrido corridoio fosse sigillato per decenni. Scese i gradini con paura, un istintivo terrore che si era impossessato di lui come un avido drago si impossessa dell'oro.
Mark cominciò a correre come se stesso scappando da qualche demoniaca creatura, tanto da rischiare più volte di ruzzolare giù dalle scale. Quando finalmente, frastornato dal suono della campana e dalla paura, giunse nello spiazzo antistante la porta notò come questa fosse molto  elegante e ben decorata, per quanto a qual punto glie ne potesse potesse interessare davvero poco. La apri e, per la prima volta, si ritrovò in uno spazio aperto. Il cielo era terso, con molte nubi nere intente a promettere pioggia ed a giustificare la rigida temperatura. Davanti a se vide un nugolo di persone, ognuna delle quali vestita di nero. Capì solo allora di trovarsi in un cimitero, precisamente durante un funerale. Corse verso la folla ma, stranamente, più vi si avvicinava, più il ricordo diventava instabile, mostrando un immagine distorta simile a quella di un televisore non ben sintonizzato. La bara era già nella fossa, col prete che mandava le sue ultime benedizioni. Si voltò e vide se stesso in abito nero ed il viso, nettamente più smunto e magro del solito, profondamente segnato dalle lacrime. Poco distante da lui vide anche Caty, in condizioni anche peggiori. Piangeva sommessamente e  sembrava debole, stanca a tal punto da far fatica a stare in piedi.
"Chi diavolo è morto di così importante?" Si chiese attanagliato dal dubbio "A giudicare dalla folla di persone doveva essere qualcuno di davvero ben voluto".
Si avvicinò alla bara, sperando di leggere il nome della vittima, ma il ricordo si fece tanto instabile da costringerlo a desistere. Sempre più confuso si voltò, vedendo un uomo avvicinarsi a Mark e poggiargli una mano sulla spalla. Lo avevano fatto in molti, ma lui in particolare lo colpì. Portava un elegantissimo completo nero, capelli corti ed una barba folta ma molto curata. Ma, come Mark notò immediatamente, escludendo questi aspetti era in tutto e per tutto identico a lui. "Yulian" capì  "Siamo anche gemelli, quindi" .
Mark e Yulian si abbracciarono, con quest'ultimo che lo incitò a farsi forza.
"Miriel mancherà a tutti noi, Mark" lo consolò fratello "Ma qualunque cosa succeda, qualsiasi cosa ti serva, ricordati: io sono qui per te. Non dimenticarlo mai".
Mark, a quelle parole, singhiozzò ulteriormente e, con la voce spezzata dal pianto, lo ringraziò. L'immagine tutta intorno si dissolse, trasformandosi gradualmente nella classica stanza bianca. Mercy forse disse qualcosa, forse no, Mark non ci fece caso. Nella sua mente c'era spazio solo per un quesito: chi era Miriel?
   
 
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