EPISODIO 1
IL GIOCO DELLA
MORTE
(PARTE II)
Il professor Ferrazzani abitava in una di quelle case che solo un
luminare della stregoneria laureatosi a pieni voti nell’Università della Magia
di Parigi avrebbe potuto permettersi.
Si era
trasferito a New York dopo il matrimonio, e da allora era diventato uno dei
principali referenti del mondo della stregoneria americana, contribuendo a
riempire almeno in parte il solco profondo tra gli Stati Uniti e l’Europa in
materia di competenza magica.
La sua
bella villa in legno mattoni rossi, circondata da una palizzata bianca, e con
una grande quercia a svettare imponente al centro del giardino, si trovava in
una delle zone più eleganti di Staten Island.
E fu
proprio in giardino che Derek, Jonas ed Helen
trovarono il professore, intento a curare una delle aiuole fiorite che
cingevano il portico della casa.
«Professor
Ferrazzani?»
L’uomo,
chinato, si girò verso di loro, dandosi una rapida ripulita appena notò
l’apparire austero e rispettabile dei suoi ospiti.
A
vederlo così non aveva proprio l’aria di una persona che aveva rivoluzionato
completamente il modo di intendere la stregoneria in America, con la pelata e
gli occhiali di legno chiaro, eppure sia Derek che Helen, quando furono viso a
viso, non mancarono di rivolgerli un lieve, rispettoso inchino, come era usanza
comune tra colo che praticavano le arti magiche.
«Non
serve fare tutte queste cerimonie» disse lui con un sorriso. «Ormai è parecchio
tempo che non esercito più la stregoneria.»
«Professore,
io sono l’agente Norway della MAB. Questi sono i miei
colleghi, O’Bryan e Trevor.
Vorremmo
parlare con lei di sua figlia.»
«Lucy?»
rispose lui come perplesso. «Cosa le è capitato? Vi prego, ditemi che non si
tratta di qualcosa di serio.»
I tre
agenti si guardarono tra di loro, e i loro sguardi purtroppo non lasciavano
intendere nulla di buono.
«Professore»
disse Norway quasi balbettando. «Sono costretto a
dirglielo. Abbiamo trovato il corpo di sua figlia al Prospect
Park a Brooklyn, questa mattina all’alba.»
Per un
attimo il professore sembrò sul punto di svenire, poi però parve riconquistare
l’autocontrollo, sistemandosi gli occhiali e girando nervosamente la testa a
destra e a sinistra.
«Ci… ci dev’essere un errore. Mia
figlia è viva e vegeta.»
I tre
agenti non si scomposero più di tanto; negare l’evidenza era una reazione
normale e del tutto comprensibile ad un padre cui veniva detto di aver appena
perso la sua unica figlia.
«Professore,
la foto di sua figlia è stata riconosciuta dal nostro sistema di
identificazione. È sicuramente lei.»
«No, voi
non capite. Mia figlia è uscita di casa un’ora fa.»
Stavolta,
Derek e i suoi compagni rimasero di sasso.
«Come,
prego!?» domandò O’Bryan.
«Lucy è
uscita per andare a correre. L’ho vista coi miei occhi, e l’ho anche salutata.»
Neanche
a farlo apposta, proprio in quel momento una giovane ragazza in pantaloncini
attillati e maglietta da aerobica giunse dal viale e valicò il cancello,
togliendosi con l’asciugamano leggero avvolto attorno al collo il sudore dalla
fronte.
Vedendola
così, coi capelli biondo scuro annodati poco sotto le punte e la corporatura
ben scolpita, sembrava esservi quasi una curiosa, per quanto velata somiglianza
tra la nuova venuta e l’agente Trevor.
Quando
fu davanti a loro, i tre agenti restarono di sasso: non c’era alcun dubbio,
quella ragazza era uguale identica a quella che avevano visto distesa sul
tavolo delle autopsie.
«Scusa
papà, ci ho messo più del previsto.» disse togliendosi la fascia inzuppata
dalla fronte
«Tesoro,
questi signori sono della MAB.»
«Mio
Dio. È forse successo qualcosa?»
«Beh, effettivamente…»
replicò incredulo O’Bryan, per poi mostrare loro l’immagine della ragazza di
Brooklyn su di una finestra olografica appositamente aperta. «Questa è la
ragazza che si trova attualmente al nostro obitorio.
Concorderà
con noi che somiglia molto a sua figlia, professore.»
«Non
parlerei di somiglianza» rispose lui ad occhi spalancati. «Sono praticamente
identiche.»
Il
professore si accigliò, quindi fece un cenno alla figlia.
«Tesoro,
è quasi ora di lezione. È meglio se ti prepari.»
«Hai
ragione, papà. Se posso andare…»
«Sì,
ovviamente» rispose Derek ancora allibito.
A quel
punto il professore seguì con lo sguardo la figlia fino a che questa non
scomparve dietro la porta di casa, quindi, toltosi gli occhiali, guardò un
altro momento la sconosciuta della foto, distogliendo però gli occhi quasi
subito.
«Fa
quasi rabbrividire. Se non avessi saputo dove si trovava esattamente mia
figlia, probabilmente anche avrei confuso questa poveretta per lei.»
«Lei è
un professore di stregoneria» esordì il detective Trevor. «Che interpretazione
potrebbe dare per una cosa del genere?»
«La
risposta più logica sarebbe il pensare ad una coincidenza, ma sono io il primo
a credere che una tale somiglianza non può essere casuale.»
«Pensa
che potrebbero averla clonata?» chiese allora Derek
«Le
tecniche di clonazione magica non si sono ancora perfezionate fino a questo
punto.»
«E gli
incantesimi che permettono di modificare l’aspetto esteriore delle persone?»
ipotizzò O’Bryan
«Può
darsi, ma anche così la somiglianza è di un livello molto alto. Se di questo si
tratta, chiunque sia stato deve essere in possesso di considerevoli conoscenze
magiche.»
Un
attimo dopo il trillare di un telefono interruppe la conversazione, e O’Bryan,
appartatosi, si portò una mano all’orecchio, confabulando alcuni secondi per
poi tornare dai compagni.
«Era il
capo. Dobbiamo tornare alla centrale. Pare ci siano delle novità importanti.»
A quel
punto i tre agenti si congedarono, senza mancare però di dare istruzioni al
professore di rimanere reperibile in caso di ulteriori necessità.
Anche Jane e Kristen non avevano avuto molta fortuna.
Dopo
aver speso quasi due ore ad interrogare sbandati, senzatetto e persino
prostitute alla ricerca di informazioni non erano stati in grado di trovare un
solo testimone che avesse visto qualcosa di utile.
Per
fortuna, una buona notizia li attendeva al ritorno in centrale.
«Andate
subito alla sala autopsie» li accolse Hodgson prima
ancora che avessero il tempo di fare rapporto. «Dean ha qualcosa di molto
importante per la vostra indagine.»
Quindi,
i due si affrettarono a raggiungere Takikawa nel suo
piccolo regno sotterraneo, seduto al suo sgabello preferito ed intento a
giochicchiare con una curiosa statuetta a forma di gatto grande non più di
qualche centimetro, rappresentato seduto e con la zampa destra sollevata come a
voler salutare.
«Un
gatto!?» esordì Foch
«Non un
gatto qualsiasi» rispose sornione il dottore. «Un maneki
neko. Un gatto della fortuna.»
«Perché
stiamo parlando di gatti?» domandò allora Jane
«Perché
è grazie a questo bel micino di plastica che ora sono in grado di darvi alcune
importanti informazioni atte a sbrogliare questa matassa sempre più intricata.»
«Quando
hai finito di dare fiato alla bocca ti spiacerebbe provare a spiegarci perché
ci hai fatti venire qui?»
«D’accordo,
se volete rinunciare a farvi una cultura per me và più che bene» replicò il
dottore fingendosi offeso e decidendosi, finalmente, a raggiungere il corpo
della sconosciuta sul tavolo operatorio. «Quello che davvero dovete sapere è
che questi gatti hanno una particolarità. La loro zampa mobile oscilla in
presenza di qualunque emanazione magica.»
«E
questo come dovrebbe aiutarci?» chiese Foch quasi
provocatorio.
Takikawa
rispose con un sorriso beffardo, quindi poggiò la sua statuetta proprio accanto
al volto del cadavere; incredibilmente, dopo qualche secondo, la zampetta
destra cominciò ad oscillare avanti e indietro, aumentando sempre più la sua
andatura, fino a raggiungere un ritmo costante di una oscillazione circa al
secondo.
«E
questo che significa!?» esclamò Jane
«Me lo
sono domandato anch’io. Questo corpo a prima vista è stato privato di qualunque
residuo magico, e come da procedura ho eseguito un ulteriore drenaggio subito
prima di dare inizio all’autopsia.
Quindi,
come si spiega questo paradosso?»
«Sei tu
il dottore» rispose Foch
«Beh, ci
ho pensato per un po’, poi mi sono ricordato di una cosa. Certi incantesimi,
come quelli studiati per la modificazione del corpo, non lasciano dietro di sé
uno spettro energetico, e anche qualora venga effettuato un drenaggio i
cambiamenti fisici visibili non vengono rivelati.»
«Quindi,
qualcuno ha cambiato i connotati a questa donna?»
«E
chiunque sia stato è stato anche parecchio furbo» disse il dottore mostrando i
polpastrelli della vittima. «Ha modificato anche le impronte digitali. Per
questo la ricerca in archivio non ha dato risultati.»
«E
dunque? Come facciamo a scoprire chi è realmente questa donna?»
Di nuovo
Takikawa piegò le labbra in uno di quei sorrisetti
che Jane odiava ancora di più del dover lavorare con uno come Kristen, quindi, chiusi gli occhi, poggiò una mano sul
volto della vittima, il quale, sotto gli occhi dei due agenti, nel giro di
pochi secondi iniziò lentamente a trasformarsi, mentre l’energia presente nella
stanza aumentava al punto di far tintinnare i portelli metallici delle celle
frigorifere e ribaltare alcune delle action figure
che adornavano ogni singolo ripiano delle stanza.
Quando,
dopo poco, tutto cessò, i tratti della vittima erano radicalmente cambiati; i
capelli castano chiari erano diventati di un biondo innaturale, palesemente
tinto, e i lineamenti si erano fatti più grezzi, meno femminei.
«E
questa chi è?» domandò Foch non senza un certo stupore
«Per
fortuna, stavolta sono in grado di risponderti con certezza» rispose il dottore
focalizzando l’attenzione dei due detective sul vicino monitor. «La
ricostruzione facciale non è logicamente perfetta, ma ho comunque ottenuto un
riscontro.»
E
infatti, stavolta il database diede una risposta affermativa al riconoscimento
facciale.
«Eccola
qui. Molly Tips, di Tarrytown,
New York. Ventitre anni, piccoli precedenti per furto e detenzione di droga.
Viveva nel Queens. I genitori ne hanno denunciato la
scomparsa sei mesi fa.»
«Perché
una sbandata del Queens dovrebbe finire cadavere in
un parco di Brooklyn con i connotati di una ragazza di buona famiglia di Staten Island?»
«I miei
complimenti, detective Foch. È riuscito ad inserire
ben tre distretti di New York in una sola frase. Possiamo sperare di arrivare a
quattro?»
«Un
giorno o l’altro ti dirò dove puoi infilartelo questo tuo umorismo da quattro
soldi, sottospecie di nerd.»
«Una
ricostruzione come questa richiede una buona dose di esperienza ed abilità» osservò
Jane. «Chi e perché dovrebbe dannarsi tanto a fare una cosa del genere?»
«Ben
sapendo che è destinata a fallire» riprese Takikawa
portando nuovamente l’attenzione sul cadavere. «Questo tipo di incantesimi può
essere applicato indistintamente su maghi ed esseri umani. Quello che realmente
l’ha uccisa è stato il resto.»
«Di che
stai parlando?»
«Oltre a
ricostruirle il volto, l’autore di questo…
esperimento, se così vogliamo dire, ha cercato di inserire in lei anche una
personalità, affinché si sostituisse a quella originale. Una sorta di lavaggio
del cervello, se mi passate il termine. Ma dal momento che la nostra qui
presente signorina Tips non era dotata di un M-Code
sufficientemente sviluppato, una tale quantità di potere magico inserito
forzatamente nel suo corpo alla fine ha provocato un rigetto, che l’ha uccisa.
Viste le
circostanze, è già una fortuna che non sia diventata un’EDA.»
Tutti e
tre fissarono quindi per l’ennesima volta il volto della ragazza, ciascuno
perso nei propri pensieri.
Quando, poco dopo
mezzogiorno, Derek e gli altri tornarono in centrale, erano già stati
ragguagliati via telefono delle ultime novità circa la reale identità della
vittima, ma al secondo briefing della giornata, più che delle risposte, ad
attenderli c’erano solo nuove domande.
«Allora,
ricapitoliamo» disse Foch per cercare di riordinare
le idee. «Qualcuno si diverte a clonare una ragazzetta di buona famiglia di Staten Island, ma per qualche motivo il nostro clone
finisce in mille pezzi per poi farsi una passeggiata fino a un parco di
Brooklyn con le interiora di fuori dove finalmente tira le cuoia.»
«Direi
che questo escluse l’ipotesi della negromanzia» ipotizzò O’Bryan. «Anche
ipotizzando che Molly fosse viva quando è finita nelle mani dello stregone, se
il suo scopo era solo quello di fare esperimenti sulla rianimazione dei corpi
che senso aveva alterarle l’aspetto fisico?»
«D’accordo,
partiamo dalla prima domanda» disse Jane. «Prima ancora del perché, dovremmo
chiederci dove e come l’aspetto di questa ragazza sia stato alterato con la
magia.»
«Centri
che fanno questo genere di lavori ce ne sono parecchi in città» rispose Helen.
«La risposta può essere in uno di quelli.»
«Abbiamo
già indagato in questo senso» rispose subito O’Bryan. «Nessun centro di
chirurgia magica né alcuno studio privato ha mai avuto a che fare con Molly Tips, né ha ricevuto richiesta di effettuare un intervento
metamorfico sul modello di Lucy Ferrazzani.»
«Ma ci
sono anche persone che svolgono questo lavoro clandestinamente.»
I
detective si fissarono tra di loro, realizzando la fondatezza dell’affermazione
della loro nuova collega.
«Il
padre ha detto che la figlia è piuttosto famosa» disse Derek come a voler
rafforzare l’ipotesi. «Ha giocato nella squadra di volley dell’università, ed è
anche apparsa su alcuni siti internet. Forse qualche maniaco l’ha vista e ha
cercato di averne una copia per sé.»
«Con le
conoscenze di cui è a disposizione, non è escluso che l’assassino possa aver
alterato le fattezze di Molly Tips tutto da solo»
disse Hogdson. «Ma tanto vale fare un tentativo.»
Bastò
una breve ricerca nel database della polizia di New York per avere un
riscontro.
«Ho
qualcosa di interessante» disse Jane facendo comparire sul monitor il volto di
un afroamericano sulla quarantina. «Dustin Fletcher. Vive a Brooklyn. Ci sono
parecchie segnalazioni a suo carico per interventi illegali di alterazione
fisica, inoltre è segnalato come NAW.
E
indovinate un po’? Vive a meno di tre isolati dal luogo del ritrovamento.»
«È una
pista» disse Derek. «Andiamo a parlare con lui.»
L’ultima residenza nota di
Dustin Fletches era un vecchio condominio in Albemarle Road, uno di quei posti che bastava guardarli per
capire che era meglio girare al largo.
Derek e
Jane, una volta entrati, dovettero usare mezzi un po’ persuasivi per convincere
il portiere a rivelare quale fosse l’appartamento del sospettato, e quando lo
raggiunsero, al terzo piano dell’edificio, bussarono come di consuetudine.
«Dustin
Fletcher, MAB! Apri la porta.»
Un
istante dopo, dall’interno, si udì uno straziante urlo di donna, e allora i due
agenti, armatisi, sfondarono la porta con un calcio, penetrando all’interno.
L’abitazione
era un vero letamaio, sporca e trascurata, e nella sala seduta su di una sedia
malmessa, Derek e Jane trovarono una donna sui cinquant’anni, con il volto
fumante nascosto dietro le mani ed un uomo, probabilmente il marito,
inginocchiato accanto a lei nel tentativo di arrecarle conforto.
«Che è
successo?» chiese Jane
«Le
stava praticando un incantesimo di alterazione, e quando voi avete bussato è
scappato via senza interromperlo!»
«Dov’è
adesso?»
«È
andato in camera da letto.»
I due
agenti raggiunsero velocemente la stanza, aprendo la porta giusto in tempo per
vedere il sospettato uscire dalla finestra e correre giù dalla scala
antincendio.
«Fermo!»
Senza
indugio Derek si lanciò al suo inseguimento, mentre Jane, dopo un attimo di
indecisione, tornò invece da dove era venuta, non prima però di aver richiesto
un’ambulanza per la vittima dell’incantesimo fallito.
Come si
accorse di essere inseguito Fletcher saltò immediatamente giù dalla scala,
usando le sue abilità di mago per attutire la caduta, ed altrettanto fece Norway.
Ebbe
così inizio un lungo inseguimento, con guardia e ladro che sembravano impegnati
in un gioco magico nel tentativo di superarsi a vicenda; grazie alle loro
capacità i due superarono strade, scavalcarono reti, e persino corsero in
verticale lungo muri o altri ostacoli, ma per quanto Fletcher ci provasse Norway riusciva sempre e comunque a stargli dietro.
Sarebbero
andati avanti così per molto tempo, se alla fine il sospettato, svoltato un
angolo, non si fosse trovato davanti il detective Paloski,
che senza indugio sparò due colpi simili a globi di luce dalla sua pistola
centrandolo in pieno petto; non vi furono né sangue né ferite apparenti, ma ciò
nonostante Fletcher si ritrovò immediatamente a terra, immobile e rannicchiato
in posizione fetale come paralizzato.
«Cazzo,
che male!» imprecò cercando inutilmente di muoversi. «Che mi hai fatto, brutta
schifosa?»
«Essere
un mago ha i suoi lati negativi. Basta una scarica di energia velenosa per
mandare in tilt il tuo M-Code, e con esso tutto il tuo sistema nervoso.»
«Tranquillo,
però» disse Norway arrivandogli appresso ed
ammanettandolo. «Non è letale. Dopotutto, ne hai di cose da spiegare.»
Fletcher si riprese prima
ancora di arrivare in centrale, venendo quindi immediatamente rinchiuso nella
sala interrogatori assieme a Derek, di cui si diceva che sarebbe stato capace
di far parlare perfino Gheddafi con le sue abilità e il suo metodo coercitivo.
A dargli
manforte, come molte altre volte, il detective Paloski.
«Sei in
un mare di guai, Fletcher» esordì Derek sedendosi di fronte a lui. «Esercizio
della magia senza licenza e abuso della professione magica, senza contare le
lesioni aggravate.»
«Quella
poveraccia probabilmente rimarrà sfigurata a vita per le tue abilità da quattro
soldi.» rincalzò Jane
«È solo
colpa vostra» rispose lui strafottente. «Se non mi foste piombati in casa a
quel modo, le cose sarebbero andate diversamente.»
«Puoi
rigirare la frittata finché ti pare» gli rispose a tono Norway.
«Resta il fatto che qui ce n’è abbastanza per sbatterti in prigione per una
dozzina d’anni. Se poi ci aggiungiamo l’accusa di omicidio la situazione per te
diventa non esattamente rosea.»
«Omicidio!?»
replicò il sospettato con aria perplessa. «Che omicidio?»
Jane
allora gli sbatté davanti la foto della scena del crimine, suscitando in lui un
visibile senso di disgusto.
«L’omicidio
di questa ragazza. Il processo di alterazione a cui è stata sottoposta è stato
così pesante da ucciderla, e sai una cosa? È stata trovata a pochi chilometri
da quel cesso che ti vanti di chiamare studio.
Non lo
sapevi che una simile quantità di energia è letale per un essere umano?»
«Ehi un
momento, non scherziamo. Io questa qui non l’ho mai vista.»
«Ah sì?»
rispose Jane mostrandogli invece la foto “vera” di Molly Tips.
«E questa invece? Questi erano i suoi veri connotati, prima che tu ti mettessi
a giocare all’allegro chirurgo.
Quindi,
ora, te lo chiedo di nuovo. Qualcuno ti ha mai pagato per eseguire un
incantesimo metamorfico su questa ragazza?»
«Vi
ripeto che io questa tizia non l’ho mai vista. E se volete posso anche
provarvelo.»
I due
detective saltarono sul posto.
«Come
sarebbe a dire che puoi provarlo?» chiese Jane
«Non
così in fretta. Prima voglio un accordo. Che cosa mi offrite se vi aiuto?»
«Tu
comincia a parlare» lo imbeccò Derek. «Se poi la tua storia ci sembrerà
convincente, potremo sempre chiedere al procuratore di mettere una buona parola
per te.»
Fletcher
tergiversò, indeciso sul da farsi, ma alla fine si convinse.
«C’è una
chiavetta per computer nel mio studio. Lì dentro ci sono informazioni su tutti
i clienti che ho avuto, incluse le loro foto prima e dopo i miei…
lavoretti.»
«Perché
tenere foto dei tuoi pazienti?» domandò ancora il detective Paloski.
«Sono la prova del tuo lavoro sporco.»
«Così
non possono darsela a gambe prima di avermi pagato. Inoltre tra i miei clienti
ci sono persone che… come posso dire…
non hanno esattamente la coscienza a posto. Pensavo che un domani potessero
tornarmi utili, e a quanto pare non mi sbagliavo.
Controllate
se non mi credete.»
I due
detective si guardarono, quindi, raccolte le foto, si avviarono verso l’uscita.
«Prega
per te che sia vero» disse Derek prima di lasciare la stanza.
La chiavetta era già stata
portata in centrale assieme a molte altre prove, così analizzarla fu molto
facile e veloce.
Sfortunatamente,
le notizie che furono trovate al suo interno non erano incoraggianti.
«Sembra
che quel mago da strapazzo abbia detto la verità dopotutto» disse Foch scorrendo le immagini dei clienti di Fletcher.
«Malversatori, rapinatori, stupratori. Questo archivio farà venire un orgasmo
alla polizia di New York. Sfortunatamente però, non c’è alcuna traccia di
informazioni riguardanti Molly Tips o Lucy Ferrazzani.»
«Forse
sta solo giocando con noi» ipotizzò Helen. «Il corpo è stato trovato
stamattina. Se l’intervento è avvenuto ieri o addirittura stanotte, può darsi
che non abbia ancora avuto il tempo di inserire i dati.»
«Lo
escludo» disse Takikawa entrando nell’ufficio
succhiando rumorosamente un cartoccio di noodles del
ristorante cinese all’angolo. «Gli incantesimi metamorfici non lasciano tracce
evidenti, ma il processo di alterazione della personalità è molto più
complesso, e l’analisi delle particelle energetiche che sono riuscito ad isolare
parla chiaro.
L’aspetto
e la personalità della vittima erano state alterate già da qualche settimana
quando si è verificato il rigetto.»
«Il che ci
riporta al punto di partenza» disse mesta Jane
In
quella O’Bryan, seduto alla sua scrivania, rispose ad una telefonata, e dal
tono che assunse rapidamente il suo sguardo i suoi colleghi compresero che non
c’erano buone notizie.
«D’accordo,
arriviamo.» disse, con un filo di voce, posando la cornetta
«Che è
successo?» chiese Foch
Ma
niente poteva prepararli a ciò che stavano per sentire.
«Ne
hanno trovata un’altra.
Un’altra
Lucy Ferrazzani.»