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Autore: Carlos Olivera    05/09/2015    2 recensioni
Mi chiamo Derek Norway.
Quando avevo 9 anni, il mondo in cui vivevo è cambito per sempre.
Era il 1979 quando due scienziati europei, i professori Ward e Brennon, con le loro ricerche rivoluzionarie portarono la magia dal mondo delle favole a quello della realtà, scoprendo il codice genetico che ne permetteva l'utilizzo.
In pochi anni la magia si è diffusa in tutto il mondo, e ora, al pari di una scienza, è diventata il motore che alimenta la nostra civiltà.
E' stato creato uno speciale corpo di polizia internazionale, allo scopo di regolamentare l'uso della magia e prevenirne l'utilizzo a fini criminali.
Io faccio parte di questa unità speciale.
Siamo il Magic Administration Bureau.
Noi siamo... la M.A.B.!
Genere: Azione, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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EPISODIO 1

IL GIOCO DELLA MORTE

(PARTE II)

 

 

Il professor Ferrazzani abitava in una di quelle case che solo un luminare della stregoneria laureatosi a pieni voti nell’Università della Magia di Parigi avrebbe potuto permettersi.

Si era trasferito a New York dopo il matrimonio, e da allora era diventato uno dei principali referenti del mondo della stregoneria americana, contribuendo a riempire almeno in parte il solco profondo tra gli Stati Uniti e l’Europa in materia di competenza magica.

La sua bella villa in legno mattoni rossi, circondata da una palizzata bianca, e con una grande quercia a svettare imponente al centro del giardino, si trovava in una delle zone più eleganti di Staten Island.

E fu proprio in giardino che Derek, Jonas ed Helen trovarono il professore, intento a curare una delle aiuole fiorite che cingevano il portico della casa.

«Professor Ferrazzani

L’uomo, chinato, si girò verso di loro, dandosi una rapida ripulita appena notò l’apparire austero e rispettabile dei suoi ospiti.

A vederlo così non aveva proprio l’aria di una persona che aveva rivoluzionato completamente il modo di intendere la stregoneria in America, con la pelata e gli occhiali di legno chiaro, eppure sia Derek che Helen, quando furono viso a viso, non mancarono di rivolgerli un lieve, rispettoso inchino, come era usanza comune tra colo che praticavano le arti magiche.

«Non serve fare tutte queste cerimonie» disse lui con un sorriso. «Ormai è parecchio tempo che non esercito più la stregoneria.»

«Professore, io sono l’agente Norway della MAB. Questi sono i miei colleghi, O’Bryan e Trevor.

Vorremmo parlare con lei di sua figlia.»

«Lucy?» rispose lui come perplesso. «Cosa le è capitato? Vi prego, ditemi che non si tratta di qualcosa di serio.»

I tre agenti si guardarono tra di loro, e i loro sguardi purtroppo non lasciavano intendere nulla di buono.

«Professore» disse Norway quasi balbettando. «Sono costretto a dirglielo. Abbiamo trovato il corpo di sua figlia al Prospect Park a Brooklyn, questa mattina all’alba.»

Per un attimo il professore sembrò sul punto di svenire, poi però parve riconquistare l’autocontrollo, sistemandosi gli occhiali e girando nervosamente la testa a destra e a sinistra.

«Ci… ci dev’essere un errore. Mia figlia è viva e vegeta.»

I tre agenti non si scomposero più di tanto; negare l’evidenza era una reazione normale e del tutto comprensibile ad un padre cui veniva detto di aver appena perso la sua unica figlia.

«Professore, la foto di sua figlia è stata riconosciuta dal nostro sistema di identificazione. È sicuramente lei.»

«No, voi non capite. Mia figlia è uscita di casa un’ora fa.»

Stavolta, Derek e i suoi compagni rimasero di sasso.

«Come, prego!?» domandò O’Bryan.

«Lucy è uscita per andare a correre. L’ho vista coi miei occhi, e l’ho anche salutata.»

Neanche a farlo apposta, proprio in quel momento una giovane ragazza in pantaloncini attillati e maglietta da aerobica giunse dal viale e valicò il cancello, togliendosi con l’asciugamano leggero avvolto attorno al collo il sudore dalla fronte.

Vedendola così, coi capelli biondo scuro annodati poco sotto le punte e la corporatura ben scolpita, sembrava esservi quasi una curiosa, per quanto velata somiglianza tra la nuova venuta e l’agente Trevor.

Quando fu davanti a loro, i tre agenti restarono di sasso: non c’era alcun dubbio, quella ragazza era uguale identica a quella che avevano visto distesa sul tavolo delle autopsie.

«Scusa papà, ci ho messo più del previsto.» disse togliendosi la fascia inzuppata dalla fronte

«Tesoro, questi signori sono della MAB.»

«Mio Dio. È forse successo qualcosa?»

«Beh, effettivamente…» replicò incredulo O’Bryan, per poi mostrare loro l’immagine della ragazza di Brooklyn su di una finestra olografica appositamente aperta. «Questa è la ragazza che si trova attualmente al nostro obitorio.

Concorderà con noi che somiglia molto a sua figlia, professore.»

«Non parlerei di somiglianza» rispose lui ad occhi spalancati. «Sono praticamente identiche.»

Il professore si accigliò, quindi fece un cenno alla figlia.

«Tesoro, è quasi ora di lezione. È meglio se ti prepari.»

«Hai ragione, papà. Se posso andare…»

«Sì, ovviamente» rispose Derek ancora allibito.

A quel punto il professore seguì con lo sguardo la figlia fino a che questa non scomparve dietro la porta di casa, quindi, toltosi gli occhiali, guardò un altro momento la sconosciuta della foto, distogliendo però gli occhi quasi subito.

«Fa quasi rabbrividire. Se non avessi saputo dove si trovava esattamente mia figlia, probabilmente anche avrei confuso questa poveretta per lei.»

«Lei è un professore di stregoneria» esordì il detective Trevor. «Che interpretazione potrebbe dare per una cosa del genere?»

«La risposta più logica sarebbe il pensare ad una coincidenza, ma sono io il primo a credere che una tale somiglianza non può essere casuale.»

«Pensa che potrebbero averla clonata?» chiese allora Derek

«Le tecniche di clonazione magica non si sono ancora perfezionate fino a questo punto.»

«E gli incantesimi che permettono di modificare l’aspetto esteriore delle persone?» ipotizzò O’Bryan

«Può darsi, ma anche così la somiglianza è di un livello molto alto. Se di questo si tratta, chiunque sia stato deve essere in possesso di considerevoli conoscenze magiche.»

Un attimo dopo il trillare di un telefono interruppe la conversazione, e O’Bryan, appartatosi, si portò una mano all’orecchio, confabulando alcuni secondi per poi tornare dai compagni.

«Era il capo. Dobbiamo tornare alla centrale. Pare ci siano delle novità importanti.»

A quel punto i tre agenti si congedarono, senza mancare però di dare istruzioni al professore di rimanere reperibile in caso di ulteriori necessità.

 

Anche Jane e Kristen non avevano avuto molta fortuna.

Dopo aver speso quasi due ore ad interrogare sbandati, senzatetto e persino prostitute alla ricerca di informazioni non erano stati in grado di trovare un solo testimone che avesse visto qualcosa di utile.

Per fortuna, una buona notizia li attendeva al ritorno in centrale.

«Andate subito alla sala autopsie» li accolse Hodgson prima ancora che avessero il tempo di fare rapporto. «Dean ha qualcosa di molto importante per la vostra indagine.»

Quindi, i due si affrettarono a raggiungere Takikawa nel suo piccolo regno sotterraneo, seduto al suo sgabello preferito ed intento a giochicchiare con una curiosa statuetta a forma di gatto grande non più di qualche centimetro, rappresentato seduto e con la zampa destra sollevata come a voler salutare.

«Un gatto!?» esordì Foch

«Non un gatto qualsiasi» rispose sornione il dottore. «Un maneki neko. Un gatto della fortuna.»

«Perché stiamo parlando di gatti?» domandò allora Jane

«Perché è grazie a questo bel micino di plastica che ora sono in grado di darvi alcune importanti informazioni atte a sbrogliare questa matassa sempre più intricata.»

«Quando hai finito di dare fiato alla bocca ti spiacerebbe provare a spiegarci perché ci hai fatti venire qui?»

«D’accordo, se volete rinunciare a farvi una cultura per me và più che bene» replicò il dottore fingendosi offeso e decidendosi, finalmente, a raggiungere il corpo della sconosciuta sul tavolo operatorio. «Quello che davvero dovete sapere è che questi gatti hanno una particolarità. La loro zampa mobile oscilla in presenza di qualunque emanazione magica.»

«E questo come dovrebbe aiutarci?» chiese Foch quasi provocatorio.

Takikawa rispose con un sorriso beffardo, quindi poggiò la sua statuetta proprio accanto al volto del cadavere; incredibilmente, dopo qualche secondo, la zampetta destra cominciò ad oscillare avanti e indietro, aumentando sempre più la sua andatura, fino a raggiungere un ritmo costante di una oscillazione circa al secondo.

«E questo che significa!?» esclamò Jane

«Me lo sono domandato anch’io. Questo corpo a prima vista è stato privato di qualunque residuo magico, e come da procedura ho eseguito un ulteriore drenaggio subito prima di dare inizio all’autopsia.

Quindi, come si spiega questo paradosso?»

«Sei tu il dottore» rispose Foch

«Beh, ci ho pensato per un po’, poi mi sono ricordato di una cosa. Certi incantesimi, come quelli studiati per la modificazione del corpo, non lasciano dietro di sé uno spettro energetico, e anche qualora venga effettuato un drenaggio i cambiamenti fisici visibili non vengono rivelati.»

«Quindi, qualcuno ha cambiato i connotati a questa donna?»

«E chiunque sia stato è stato anche parecchio furbo» disse il dottore mostrando i polpastrelli della vittima. «Ha modificato anche le impronte digitali. Per questo la ricerca in archivio non ha dato risultati.»

«E dunque? Come facciamo a scoprire chi è realmente questa donna?»

Di nuovo Takikawa piegò le labbra in uno di quei sorrisetti che Jane odiava ancora di più del dover lavorare con uno come Kristen, quindi, chiusi gli occhi, poggiò una mano sul volto della vittima, il quale, sotto gli occhi dei due agenti, nel giro di pochi secondi iniziò lentamente a trasformarsi, mentre l’energia presente nella stanza aumentava al punto di far tintinnare i portelli metallici delle celle frigorifere e ribaltare alcune delle action figure che adornavano ogni singolo ripiano delle stanza.

Quando, dopo poco, tutto cessò, i tratti della vittima erano radicalmente cambiati; i capelli castano chiari erano diventati di un biondo innaturale, palesemente tinto, e i lineamenti si erano fatti più grezzi, meno femminei.

«E questa chi è?» domandò Foch non senza un certo stupore

«Per fortuna, stavolta sono in grado di risponderti con certezza» rispose il dottore focalizzando l’attenzione dei due detective sul vicino monitor. «La ricostruzione facciale non è logicamente perfetta, ma ho comunque ottenuto un riscontro.»

E infatti, stavolta il database diede una risposta affermativa al riconoscimento facciale.

«Eccola qui. Molly Tips, di Tarrytown, New York. Ventitre anni, piccoli precedenti per furto e detenzione di droga. Viveva nel Queens. I genitori ne hanno denunciato la scomparsa sei mesi fa.»

«Perché una sbandata del Queens dovrebbe finire cadavere in un parco di Brooklyn con i connotati di una ragazza di buona famiglia di Staten Island?»

«I miei complimenti, detective Foch. È riuscito ad inserire ben tre distretti di New York in una sola frase. Possiamo sperare di arrivare a quattro?»

«Un giorno o l’altro ti dirò dove puoi infilartelo questo tuo umorismo da quattro soldi, sottospecie di nerd.»

«Una ricostruzione come questa richiede una buona dose di esperienza ed abilità» osservò Jane. «Chi e perché dovrebbe dannarsi tanto a fare una cosa del genere?»

«Ben sapendo che è destinata a fallire» riprese Takikawa portando nuovamente l’attenzione sul cadavere. «Questo tipo di incantesimi può essere applicato indistintamente su maghi ed esseri umani. Quello che realmente l’ha uccisa è stato il resto.»

«Di che stai parlando?»

«Oltre a ricostruirle il volto, l’autore di questo… esperimento, se così vogliamo dire, ha cercato di inserire in lei anche una personalità, affinché si sostituisse a quella originale. Una sorta di lavaggio del cervello, se mi passate il termine. Ma dal momento che la nostra qui presente signorina Tips non era dotata di un M-Code sufficientemente sviluppato, una tale quantità di potere magico inserito forzatamente nel suo corpo alla fine ha provocato un rigetto, che l’ha uccisa.

Viste le circostanze, è già una fortuna che non sia diventata un’EDA.»

Tutti e tre fissarono quindi per l’ennesima volta il volto della ragazza, ciascuno perso nei propri pensieri.

 

Quando, poco dopo mezzogiorno, Derek e gli altri tornarono in centrale, erano già stati ragguagliati via telefono delle ultime novità circa la reale identità della vittima, ma al secondo briefing della giornata, più che delle risposte, ad attenderli c’erano solo nuove domande.

«Allora, ricapitoliamo» disse Foch per cercare di riordinare le idee. «Qualcuno si diverte a clonare una ragazzetta di buona famiglia di Staten Island, ma per qualche motivo il nostro clone finisce in mille pezzi per poi farsi una passeggiata fino a un parco di Brooklyn con le interiora di fuori dove finalmente tira le cuoia.»

«Direi che questo escluse l’ipotesi della negromanzia» ipotizzò O’Bryan. «Anche ipotizzando che Molly fosse viva quando è finita nelle mani dello stregone, se il suo scopo era solo quello di fare esperimenti sulla rianimazione dei corpi che senso aveva alterarle l’aspetto fisico?»

«D’accordo, partiamo dalla prima domanda» disse Jane. «Prima ancora del perché, dovremmo chiederci dove e come l’aspetto di questa ragazza sia stato alterato con la magia.»

«Centri che fanno questo genere di lavori ce ne sono parecchi in città» rispose Helen. «La risposta può essere in uno di quelli.»

«Abbiamo già indagato in questo senso» rispose subito O’Bryan. «Nessun centro di chirurgia magica né alcuno studio privato ha mai avuto a che fare con Molly Tips, né ha ricevuto richiesta di effettuare un intervento metamorfico sul modello di Lucy Ferrazzani

«Ma ci sono anche persone che svolgono questo lavoro clandestinamente.»

I detective si fissarono tra di loro, realizzando la fondatezza dell’affermazione della loro nuova collega.

«Il padre ha detto che la figlia è piuttosto famosa» disse Derek come a voler rafforzare l’ipotesi. «Ha giocato nella squadra di volley dell’università, ed è anche apparsa su alcuni siti internet. Forse qualche maniaco l’ha vista e ha cercato di averne una copia per sé.»

«Con le conoscenze di cui è a disposizione, non è escluso che l’assassino possa aver alterato le fattezze di Molly Tips tutto da solo» disse Hogdson. «Ma tanto vale fare un tentativo.»

Bastò una breve ricerca nel database della polizia di New York per avere un riscontro.

«Ho qualcosa di interessante» disse Jane facendo comparire sul monitor il volto di un afroamericano sulla quarantina. «Dustin Fletcher. Vive a Brooklyn. Ci sono parecchie segnalazioni a suo carico per interventi illegali di alterazione fisica, inoltre è segnalato come NAW.

E indovinate un po’? Vive a meno di tre isolati dal luogo del ritrovamento.»

«È una pista» disse Derek. «Andiamo a parlare con lui.»

 

L’ultima residenza nota di Dustin Fletches era un vecchio condominio in Albemarle Road, uno di quei posti che bastava guardarli per capire che era meglio girare al largo.

Derek e Jane, una volta entrati, dovettero usare mezzi un po’ persuasivi per convincere il portiere a rivelare quale fosse l’appartamento del sospettato, e quando lo raggiunsero, al terzo piano dell’edificio, bussarono come di consuetudine.

«Dustin Fletcher, MAB! Apri la porta.»

Un istante dopo, dall’interno, si udì uno straziante urlo di donna, e allora i due agenti, armatisi, sfondarono la porta con un calcio, penetrando all’interno.

L’abitazione era un vero letamaio, sporca e trascurata, e nella sala seduta su di una sedia malmessa, Derek e Jane trovarono una donna sui cinquant’anni, con il volto fumante nascosto dietro le mani ed un uomo, probabilmente il marito, inginocchiato accanto a lei nel tentativo di arrecarle conforto.

«Che è successo?» chiese Jane

«Le stava praticando un incantesimo di alterazione, e quando voi avete bussato è scappato via senza interromperlo!»

«Dov’è adesso?»

«È andato in camera da letto.»

I due agenti raggiunsero velocemente la stanza, aprendo la porta giusto in tempo per vedere il sospettato uscire dalla finestra e correre giù dalla scala antincendio.

«Fermo!»

Senza indugio Derek si lanciò al suo inseguimento, mentre Jane, dopo un attimo di indecisione, tornò invece da dove era venuta, non prima però di aver richiesto un’ambulanza per la vittima dell’incantesimo fallito.

Come si accorse di essere inseguito Fletcher saltò immediatamente giù dalla scala, usando le sue abilità di mago per attutire la caduta, ed altrettanto fece Norway.

Ebbe così inizio un lungo inseguimento, con guardia e ladro che sembravano impegnati in un gioco magico nel tentativo di superarsi a vicenda; grazie alle loro capacità i due superarono strade, scavalcarono reti, e persino corsero in verticale lungo muri o altri ostacoli, ma per quanto Fletcher ci provasse Norway riusciva sempre e comunque a stargli dietro.

Sarebbero andati avanti così per molto tempo, se alla fine il sospettato, svoltato un angolo, non si fosse trovato davanti il detective Paloski, che senza indugio sparò due colpi simili a globi di luce dalla sua pistola centrandolo in pieno petto; non vi furono né sangue né ferite apparenti, ma ciò nonostante Fletcher si ritrovò immediatamente a terra, immobile e rannicchiato in posizione fetale come paralizzato.

«Cazzo, che male!» imprecò cercando inutilmente di muoversi. «Che mi hai fatto, brutta schifosa?»

«Essere un mago ha i suoi lati negativi. Basta una scarica di energia velenosa per mandare in tilt il tuo M-Code, e con esso tutto il tuo sistema nervoso.»

«Tranquillo, però» disse Norway arrivandogli appresso ed ammanettandolo. «Non è letale. Dopotutto, ne hai di cose da spiegare.»

 

Fletcher si riprese prima ancora di arrivare in centrale, venendo quindi immediatamente rinchiuso nella sala interrogatori assieme a Derek, di cui si diceva che sarebbe stato capace di far parlare perfino Gheddafi con le sue abilità e il suo metodo coercitivo.

A dargli manforte, come molte altre volte, il detective Paloski.

«Sei in un mare di guai, Fletcher» esordì Derek sedendosi di fronte a lui. «Esercizio della magia senza licenza e abuso della professione magica, senza contare le lesioni aggravate.»

«Quella poveraccia probabilmente rimarrà sfigurata a vita per le tue abilità da quattro soldi.» rincalzò Jane

«È solo colpa vostra» rispose lui strafottente. «Se non mi foste piombati in casa a quel modo, le cose sarebbero andate diversamente.»

«Puoi rigirare la frittata finché ti pare» gli rispose a tono Norway. «Resta il fatto che qui ce n’è abbastanza per sbatterti in prigione per una dozzina d’anni. Se poi ci aggiungiamo l’accusa di omicidio la situazione per te diventa non esattamente rosea.»

«Omicidio!?» replicò il sospettato con aria perplessa. «Che omicidio?»

Jane allora gli sbatté davanti la foto della scena del crimine, suscitando in lui un visibile senso di disgusto.

«L’omicidio di questa ragazza. Il processo di alterazione a cui è stata sottoposta è stato così pesante da ucciderla, e sai una cosa? È stata trovata a pochi chilometri da quel cesso che ti vanti di chiamare studio.

Non lo sapevi che una simile quantità di energia è letale per un essere umano?»

«Ehi un momento, non scherziamo. Io questa qui non l’ho mai vista.»

«Ah sì?» rispose Jane mostrandogli invece la foto “vera” di Molly Tips. «E questa invece? Questi erano i suoi veri connotati, prima che tu ti mettessi a giocare all’allegro chirurgo.

Quindi, ora, te lo chiedo di nuovo. Qualcuno ti ha mai pagato per eseguire un incantesimo metamorfico su questa ragazza?»

«Vi ripeto che io questa tizia non l’ho mai vista. E se volete posso anche provarvelo.»

I due detective saltarono sul posto.

«Come sarebbe a dire che puoi provarlo?» chiese Jane

«Non così in fretta. Prima voglio un accordo. Che cosa mi offrite se vi aiuto?»

«Tu comincia a parlare» lo imbeccò Derek. «Se poi la tua storia ci sembrerà convincente, potremo sempre chiedere al procuratore di mettere una buona parola per te.»

Fletcher tergiversò, indeciso sul da farsi, ma alla fine si convinse.

«C’è una chiavetta per computer nel mio studio. Lì dentro ci sono informazioni su tutti i clienti che ho avuto, incluse le loro foto prima e dopo i miei… lavoretti.»

«Perché tenere foto dei tuoi pazienti?» domandò ancora il detective Paloski. «Sono la prova del tuo lavoro sporco.»

«Così non possono darsela a gambe prima di avermi pagato. Inoltre tra i miei clienti ci sono persone che… come posso dire… non hanno esattamente la coscienza a posto. Pensavo che un domani potessero tornarmi utili, e a quanto pare non mi sbagliavo.

Controllate se non mi credete.»

I due detective si guardarono, quindi, raccolte le foto, si avviarono verso l’uscita.

«Prega per te che sia vero» disse Derek prima di lasciare la stanza.

 

La chiavetta era già stata portata in centrale assieme a molte altre prove, così analizzarla fu molto facile e veloce.

Sfortunatamente, le notizie che furono trovate al suo interno non erano incoraggianti.

«Sembra che quel mago da strapazzo abbia detto la verità dopotutto» disse Foch scorrendo le immagini dei clienti di Fletcher. «Malversatori, rapinatori, stupratori. Questo archivio farà venire un orgasmo alla polizia di New York. Sfortunatamente però, non c’è alcuna traccia di informazioni riguardanti Molly Tips o Lucy Ferrazzani

«Forse sta solo giocando con noi» ipotizzò Helen. «Il corpo è stato trovato stamattina. Se l’intervento è avvenuto ieri o addirittura stanotte, può darsi che non abbia ancora avuto il tempo di inserire i dati.»

«Lo escludo» disse Takikawa entrando nell’ufficio succhiando rumorosamente un cartoccio di noodles del ristorante cinese all’angolo. «Gli incantesimi metamorfici non lasciano tracce evidenti, ma il processo di alterazione della personalità è molto più complesso, e l’analisi delle particelle energetiche che sono riuscito ad isolare parla chiaro.

L’aspetto e la personalità della vittima erano state alterate già da qualche settimana quando si è verificato il rigetto.»

«Il che ci riporta al punto di partenza» disse mesta Jane

In quella O’Bryan, seduto alla sua scrivania, rispose ad una telefonata, e dal tono che assunse rapidamente il suo sguardo i suoi colleghi compresero che non c’erano buone notizie.

«D’accordo, arriviamo.» disse, con un filo di voce, posando la cornetta

«Che è successo?» chiese Foch

Ma niente poteva prepararli a ciò che stavano per sentire.

«Ne hanno trovata un’altra.

Un’altra Lucy Ferrazzani

 

  
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