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Autore: RubyChubb    08/02/2009    6 recensioni
Aspettava da un’ora, seduta sulla sua valigia grigia e rigida, tutta graffiata. Intorno a lei migliaia di viaggiatori di ogni nazionalità, persone che esibivano cartelli con strani nomi neri di pennarello e famiglie che si ricongiungevano, tra baci ed abbracci.
Ma ancora nessuno per Joanna…
Seguito di "Four Guys in her Hair" - RubyChubb & McFly
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Four Guys in Her Hair & And That's How I Realize...'
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The singer finished singing and she's walking out.
The singer sheds a tear, her fear of falling out...
And it's hard to say how I feel today for years gone by and I cried...


Tutto era iniziato ancora.  Tutto, ogni più piccola cosa era ripartita per il suo solito corso di vita.  
Si era licenziata dal multisala, dove non si era mai sentita soddisfatta né del lavoro che le facevano fare, né della paga che le davano. Poteva essersi trovata bene con i suo colleghi, ma pulire i pavimenti dalle incrostazioni dei popcorn non era proprio la sua massima aspirazione. Per il momento faceva un sacco di colloqui, avrebbe voluto comunque continuare a lavorare al pubblico e non le sarebbe dispiaciuto stare dietro ad un bancone di un negozio, di qualsiasi genere. Aveva anche pensato seriamente di riprendere gli studi, era stata Arianna a proporle quell'idea. Ci aveva pensato per una settimana, ma non si sentiva ancora sicura del passo che stava per fare: iscriversi all'università e tornare sui libri le avrebbero tolto il tempo per poter guadagnare un buono stipendio e mantenersi da sola, e non voleva gravare sulle spalle di nessuno, era fuori discussione. Arianna era stata entusiasta quando gliene aveva parlato e le aveva dato tutto il suo appoggio, di ogni genere, anche finanziario, ma aveva prontamente rifiutato. Si sarebbe inventata qualcosa, per il momento aveva ancora un po' di tempo per rifletterci in maniera più approfondita, le iscrizioni sarebbero scadute a fine mese. Le sarebbe piaciuto comunque tornare a studiare lingue straniere, cosa che le era sempre piaciuta ma che suo padre le aveva negato, obbligandola ad iscriversi alla facoltà di medicina, come era ancora impresso nei suoi ricordi.
Appunto, ricordi.
Arianna era tornata a fare quello in cui era capace più di ogni altra cosa: affari. Era troppo intelligente e furba per mettersi dietro ad una scrivania e digitare lettere commerciali, o ricevere chiamate e prendere appuntamenti per il capo. Quando si trattava di impegnare la mente in un idea e realizzarla, non la batteva nessuno. Possedeva materia grigia discretamente funzionante ed un po' di denaro da impiegare: si era sempre detta che se non avesse avuto il padre dirigente, si sarebbe sentita frustrata per la mancanza di risorse economiche da investire nei suoi progetti, ma Joanna era sicura che sarebbe stata capace di guadagnare milioni con un solo centesimo nel borsello. Arianna ossedeva un paio di vecchi appartamenti: li stava facendo ristrutturare, piuttosto che decadere inutilizzati, ed aveva intenzione di affittarli. Nello stesso stabile, inoltre, c'era un grande salone vuoto, a piano terra: inutile dire che voleva convertirlo in un qualche locale, aveva già valutato un paio di fantasiose ipotesi, accanto ad una di tipo tradizionale su cui Joanna puntava più del resto.
Quell'idea era aprire un ristorante di tipiche produzioni italiane.  Arianna era scettica, ma non se la sentiva di rischiare fino in fondo con il pub in stile horror ed il locale zen. Era più vincente un progetto assodato ed aveva un buon fiuto per capire che la gente dei quartieri limitrofi avrebbe accolto la sua idea con entusiasmo. Bastava avere l'occhio per scegliere le materie prime giuste, poi tutto poteva essere passato per italiano... Non al cento per cento, ma le bocche che avrebbero assaggiato i suoi piatti non avrebbero sentito la differenza. Semplicemente perché non sarebbero state bocche italiane e importare la mozzarella di bufala dalla Campania costava un braccio e quattro dita.
Questo stava a significare una sola cosa: Joanna si era decisa.
Ma l'aveva fatto solo per se stessa, non per altri motivi. Con Arianna, erano arrivate nel suo piccolo appartamento in piena Londra, nel quartiere di Mayfair, vicinissimo ad Hyde Park. Come le aveva detto tempo fa, era un po' piccolo: per le unità di misura mentali di Arianna poteva esserlo, abituata alla sua villetta a due piani con giardino, ma per quelle di Joanna era molto più che sufficiente.  Quando entrarono lo trovarono sommerso dalla polvere, era da più di un anno che Arianna non vi metteva piede e ci vollero due giorni per ripulirlo tutto, sterilizzarlo, liberarlo dai ragni e dai gechi. Il terzo giorno decisero di sostituire le tende ed i tappeti, comprare dei nuovi piatti e spendere il resto in nuovi abiti. Il quarto giorno salirono su un bus turistico e si fecero un giro per tutta la città, visitando qualche museo e scattandosi foto in compagnia delle cere dei divi famosi, esposte al Madame Tussauds. Il quinto decisero di dedicarsi a cose più serie: andarono in una beauty farm. Durante il sesto Arianna fece un giro per le case di tutti i suoi vecchi amici e glieli fece conoscere: erano persone molto più che simpatiche, anche se un po' altezzose, ma Joanna fu comunque contenta di prendere parte alle pubbliche relazioni di Arianna.
Ed il settimo giorno, ovviamente, si riposarono. Lo diceva anche la Bibbia che la domenica era festività per tutti.
La seconda settimana passò come un lampo in ciel sereno: ognuna si preoccupò di se stessa e dei propri progetti, non ebbero tempo nemmeno per fermarsi, erano troppo prese da quello che passava loro per la testa e, ora che erano giunte al sabato, stremate sul divano, decisero di godersi il secondo fine settimana in città.  
Non aveva detto a nessuno che si trovavano lì, ed era altrettanto sicura che nel caos di Londra nessuno l'aveva vista. Sarebbe stato praticamente impossibile, e se ne accertò quando chiamò Dougie.
Pronto?”, rispose lui, ignaro.
Hey, Dougster.”, gli fece.
Rimase un attimo perplesso, lo stava chiamando dal suo nuovo cellulare, con una nuova scheda, con un nuovo numero tutto inglese.
Jonny?
Sì, sono proprio io.”



Era alquanto scioccato, stupito, dubbioso, contento, incerto, sbalordito... Provava tutto un insieme di emozioni contrastanti che lo facevano riflettere. L'aveva sentita sporadicamente in quel mese da poco concluso e la chiamata più recente, oltre a quella che l'aveva colto pienamente spiazzato poche ore prima, risaliva a poco dopo il rimpatrio di Danny. Adesso capiva: a quanto gli aveva spiegato, era arrivata da due settimane ed erano state completamente sommerse dal trasferimento. Non sapeva dire se fosse contento di trovarsela davanti, seduta nel salotto dell'appartamento londinese di Arianna, mentre la donna stava preparando loro qualcosa da bere. Era ancora troppo confuso: non se lo sarebbe mai aspettato anche se, ad essere sincero, aveva pensato alla possibilità di avere la sua Jonny tra i piedi, ma l'aveva vista come una cosa remota.
E Danny non sa niente.
Quando pensi di dirglielo?”, le chiese, “Prima o poi lo verrà a sapere, lo sai?”
Jonny sembrò rifletterci.
Non lo so... Ma non per il momento.”, gli rispose, “Adesso ho ancora delle cose da sistemare.”
Devi farlo al più presto, Jonny.”
Danny non se la cavava tanto bene. Faceva finta di niente, si comportava come sempre, come se non fosse successo niente. Niente. Lo conoscevano abbastanza bene per sapere che lo faceva solo per evitare di affrontare la situazione: la casa era vuota, e Jonny era rimasta in Italia. Lei non lo aveva mai cercato, lui non provava nemmeno a farlo. Un paio di volte Danny gli aveva chiesto se avesse saputo qualcosa di lei, ma aveva dovuto negare. All’inizio non gli aveva creduto, accusandolo di non volergliene parlare: solo dopo un bel faccia a faccia si era convinto che gli stava dicendo la verità.
Inoltre, la notizia della fine della storia con Tamara non era passata molto in sordina: se da una parte le fans si dividevano tra l’essere contente e l’essere dispiaciute, la stampa aveva un po’ speculato sopra i motivi per cui si erano lasciati, ma ormai i media si erano abituati alla totale riservatezza con cui tutti loro trattavano i loro affari personali, e presto non ebbero più niente su cui lucrare, dato che nessuno rilasciava dichiarazioni, né i rumori che circolavano sembravano essere uno più vero dell’altro.
Lo farò, Doug, lo farò.”, gli disse Jonny, con tono quasi infastidito.
Non ne voleva parlare, era ovvio. Non credeva alla giustificazione che aveva dato al suo trasferimento, o meglio, aveva capito che si era aggrappata alla voglia di cambiamento per non voler ammettere che lo aveva fatto per lui. Ma forse si sbagliava... Forse.
Beh, lo sai, mi fa molto più che contento saperti qua vicino, a mezzora di distanza da casa mia.”, le fece con sincerità, “Solo che non mi va di mentire a Danny.”
Non ti ho chiesto di farlo.”, rispose Jonny, “Vorrei solo che non gli dicessi niente.”
Per me è come mentire.”
Non ti facevo così moralista, Dougster.”, ribatté lei, “E’ solo un piacere che mi fai, potrai chiedermi di sdebitarmi quando vuoi.”
Non è quello il punto. Danny è mio amico, mi conosce, non sono bravo a tenere un segreto con lui e con gli altri.”
Lo sguardo di Jonny si approfondì e si fece più deciso che mai.
Non devi dirglielo. Per niente al mondo, Douglas Lee Poynter, non devi farlo.”
Per un brevissimo istante, sentì un piccolo brivido percorrergli la schiena. Non gli piaceva quella Jonny, né condivideva la sua scelta, ma la doveva accettare.



Tolse la matita dall’orecchio e cancellò il segno sullo spartito, modificando il la in un si.
Non credo che una nota su ottomila possa cambiare qualcosa.”, borbottò Danny.
Hai ragione.”, gli rispose Tom, con pazienza, “Però cambia la melodia del ritornello, Jones.”
Danny sbuffò, si sentiva annoiato e non aveva voglia di starsene nel suo studio con loro, a provare. Harry se n’era appena andato, non trovando migliore occupazione che dormicchiare sul divano. Tom era tutto concentrato in mille strofe e ritornelli, il resto era solo un optional per la sua presenza lì dentro. Dougie se ne stava chino sul suo basso e faceva vibrare le corde con poco rumore: la testa era circondata da un paio di grosse cuffie, le note che suonava erano percepite solo da lui.
Danny lo stava osservando da un bel pezzo a quella parte.
Doug, cos’hai?”, gli fece, ignorando il fatto che non potesse sentirlo.
Prese il cuscino accanto a sé e glielo tirò, facendolo sobbalzare per lo spavento.
Ma che cazzo!”, protestò Poynter, togliendosi le cuffie con fastidio.
Hey, calmati amico!”, lo fermò prontamente, “Volevo solo sapere che cosa avevi!”
Niente, va tutto bene.”, lo seccò, tornando sul suo basso e isolandosi di nuovo.
Tom gli lanciò un’occhiata di assenso, segno che era meglio lasciar perdere. Erano diversi giorni che Dougie si comportava in modo strano, ancora più assurdamente che lui. Nel novanta per cento delle situazioni era se stesso, nient’altro che Poynter, con tutte le bizzarre sfaccettature della sua personalità adolescenziale., ma capitavano dei momenti in cui non era lui. Momenti come quello.  Danny aveva iniziato a prestarci attenzione, non tanto alla frequenza con la quale potevano capitare, ma al come succedevano. Un’infinità di piccoli particolari erano quadrati nella sua testa, e non volle elencarli tutti perché si sarebbe fatto prendere dalla rabbia, bastava semplicemente convogliarli verso un’unica direzione.
Dougie era strano quando si trovava nei suoi paraggi, e se rimanevano soli trovava una scusa banale per andarsene. Non voleva essere paranoico, ma ne aveva la piena certezza. C’era qualcosa che gli nascondeva, oppure ce l’aveva con lui, non lo sapeva. Quando Danny Jones arrivava, Dougie Poynter si zittiva, oppure abbassava il tono, come per non attirare l’attenzione. La sua attenzione.  E dire che pensava che ne bastasse uno su quattro -lui- a fare l’idiota del villaggio, e non nel senso comune del termine. Si rivolse a Tom.
Hey... Mi spieghi che cos’ha?”, gli chiese, con un lieve cenno di testa verso Dougie.
Non lo so.”, rispose brevemente Tom, senza prestargli troppa attenzione, “Ti sta sentendo, non è scemo.”
Danny si alzò, preferendo non assistere un minuto di più a quella sceneggiata. Andò verso Dougie e gli tolse le cuffie dalla testa, sotto la faccia attonita di Tom e nel pieno stupore del bassista.
Hai qualche problema con me?”, gli chiese.
Dougie era ancora troppo frastornato per rispondergli e Danny ne approfittò per avvicinare una sedia e sedersi di fronte a lui.
Danny, ma cosa dici...”, gli fece, con un sorriso imbarazzato sulla faccia.
Gli occhi si muovevano dai suoi a quelli di Tom e cercavano sostegno, ma Fletcher era altrettanto fuori fase.
Ascoltami, non sono uno scemo. Ho notato i tuoi comportamenti, e mi stanno seccando. Mi stanno molto seccando.”
Scusami, non so di cosa parli.”, disse Dougie.
Non prendermi in giro.”, era perentorio, “Dimmi se hai qualche problema con me.”
Non c’è niente, Danny!”, ribatté l’altro, “Ho il diritto di farmi girare le palle per i cazzi miei oppure no? E’ solo una tua prerogativa?”
Almeno io ho un motivo. Tu ne hai uno?”
Dougie non resistette. Lo guardava con rabbia, mentre si toglieva il basso di dosso. Lo ripose nella sua custodia. Tom non sembrava avere il coraggio per interporsi tra di loro.
Dacci un taglio, Danny.”, gli disse, “Non ho niente a che vedere con i tuoi problemi.”
Allora spiegami perché, quando ci sono io, tu diventi un’altra persona.”
E’ una cazzata.”
No, non lo è, lo abbiamo notato tutti!”, Danny cercò gli occhi di Tom, “Non è vero?
L’altro alzò le spalle, scosse la testa.
Sei paranoico, Jones.”, sibilò Dougie, “E te lo ripeto, non accusarmi dei tuoi problemi.”
Il suo problema era chiaro a tutti, sebbene cercasse di tenerlo nascosto il più possibile e di sorridere anche quando tutto quello che avrebbe voluto fare era starsene muto ed inespressivo.
Non lo sto facendo, credimi, ti sto solo chiedendo di parlarmi del tuo!”
Non ne ho!”, esclamò l’altro, agitandosi fino a scoppiare, “Io non ho nessun problema, io sto benissimo! Sei tu che continui a vivere come se non ne avessi!”
Non è di me che stiamo parlando, Poynter!”
Ah no? E di chi, allora?”, sbuffò l’altro, sarcastico.
Di te e del fatto che mi tieni nascosto qualcosa!”
In un istante gli sembrò di vederlo turbato, come se avesse colto nel bel mezzo della questione.
Certo, Danny, ti sto tenendo nascosto qualcosa.”, disse Dougie, “E vuoi sapere che cos’è?”
Fu lui ad esitare.
Dimmelo.”
E’ un coniglio nel cappello, idiota.”
Prese il suo basso e uscì dalla stanza.  Danny se ne rimase  a fissare la portacome un imbecille, ed il pugno di mosche che aveva tra le dita volò via.
Contento adesso?”, gli chiese Tom.
Lo sai anche tu che è strano.”, rispose al suo amico, tornando a sedersi sul divano, “Non negarlo.”
Ti dico le stesse cose che hai sentito da Dougie.”, fece l’altro, “Mi dispiace.”
Grazie, bel sostegno da parte tua.”, borbottò, scuotendo la testa.
Tom posò la chitarra, passandosi una mano sugli occhi stanchi e stropicciandoli.
Danny, ti prego, chiamala.”, gli disse.
No.”, rispose prontamente, “E’ fuori discussione.”
Il biondo chitarrista si frugò nelle tasche e gli porse il suo telefono.
Per l’amor del cielo, Danny, fai quel cazzo di numero e parlale!”, gli impose, cercando di essere autoritario.
No, non mi risponderebbe.”
Ma cosa ne sai!”, contrattaccò subito, “Chiamala e basta!”
No.”
Spiegami almeno perché!”
Tom era visibilmente adirato e, essendo sempre stato la calma fatta persona, faceva abbastanza paura in quello stato. Danny non voleva parlarne, non lo aveva mai fatto ed era sempre stato bene in quel modo. Sfogarsi non sarebbe servito a niente, solo a stare peggio, ed era sicuro che l’avrebbe superata con calma e pazienza.
Danny, non è Dougie quello che ci sta preoccupando, sei tu.”, gli disse Tom, “Non è lui quello strano, sei tu. Tutto perché sei così testardo e cocciuto da fare sempre come ti pare, senza chiederci aiuto.”
Non ne ho bisogno. Sto bene così.”
Tom non si arrese e continuò a pregarlo di chiamarla, di provare a parlarle. A cosa sarebbe servito? A niente, Little non gli avrebbe risposto, era stata chiara, preferiva non sentirlo più. Non avrebbe avuto senso farlo: non gli interessava sentire la sua voce vicina, amplificata dalla cornetta del telefono, mentre lei gli parlava a chilometri e chilometri di distanza. Se non poteva guardarla negli occhi, allora non valeva la pena nemmeno provarci.
Fletcher, non insistere, ti prego.”, gli disse, “Se mi comporto così ho le mie ragioni per farlo.”
Non ti capisco, Danny.”, rispose l'altro, “Ti ci è voluto più di un anno per capire che ne eri innamorato, e poi molli tutto. Se ti fosse stata veramente a cuore, avresti lottato fino in fondo.”
Non posso chiederle di trasferirsi qui!”, esclamò, “Sarebbe assurdo!”
Potevamo parlarne, Jones.”, disse Tom, sconsolato e stanco, “Sarebbe bastato riuscire ad organizzare bene il nostro lavoro.”
Non sarebbe comunque abbastanza!”, ribattè.
Vuoi sempre tutto e subito, Jones, non sai aspettare.”, borbottò Tom e lasciò l'osso, riprendendo la chitarra e tornando a correggere lo spartito davanti a sé.
Infastidito ed arrabbiato, Danny lo mollò da solo nello studio, preferendo spostarsi in un'altra stanza della casa, dove avrebbe cercato in qualche modo di allentare la tensione.

***

Jonny aveva due opzioni: scegliere di studiare o di lavorare. Non era capace di decidersi.  Dougie era lì con lei, seduto intorno al tavolo della propria cucina. Arianna l'aveva accompagnata lì pochi minuti prima e, nonostante la discreta vicinanza all'appartamento di Danny, Jonny non sembrava curarsene. Era bastato solo non farsi riconoscere, con un cappuccio sulla testa: come era già successo altre volte, avrebbe voluto presentarsi da lei, sarebbe stato più sicuro, ma era stata Jonny ad insistere. Aveva voluto vedere dove viveva, come fosse fatta casa sua, e l'aveva accontentata. Non le aveva detto della litigata avuta con Danny durante la settimana appena scorsa, non le voleva rinfacciare il peso di quella drastica ed insensata imposizione.
Lei sospirò, chiedendosi se mai sarebbe riuscita nella scelta. Un negozio di oggetti da regalo l'aveva chiamata, dopo il centesimo colloquio di lavoro, e le aveva detto che voleva tenerla un paio di settimane in prova. Inoltre, si era informata su come poter essere ammessa alle università inglesi: la pratica era abbastanza lunga, c'erano centinaia di moduli da compilare, oltretutto doveva essere esaminata sulla sua conoscenza dell'inglese e avrebbe anche dovuto fare un test d'ammissione, se aveva capito bene. Aveva quasi abbandonato l'idea di approfondire la conoscenza delle lingue, preferendo altri corsi di tipo umanistico e storico-letterario.
Stava cercando di aiutarla e, anche se non sapeva esattamente cosa dirle e come consigliarla, era felice per lei, non sapeva dire quanto. Quella che aveva accanto non era neanche lontanamente la Jonny che aveva conosciuto, né quella di cui era diventato amico. Sebbene fosse ancora l'essenza naturale dell'incertezza, il saperla impegnata in quella decisione così difficile, ma soprattutto vedere la sua presenza materiale e stabile lì in Inghilterra, era la dimostrazione che aveva avuto il coraggio di fare fronte alla sua vita. Forse erano state le parole dure e taglienti che le aveva detto nei momenti di rabbia qualche tempo fa, ma credeva più nella brutta scossa che le aveva dato Danny. Jonny aveva voglia di prendersi una rivincita contro tutte quelle persone che le avevano fatto male, in un modo o nell'altro, e provava a dimostrare al mondo ed a se stessa che era in grado di farcela.
Poco prima aveva ricevuto una chiamata dall'Italia, da parte di sua madre, che le aveva chiesto come si trovasse lassù. Sbrigativamente Jonny l'aveva aggiornata, senza mancare di dirle quanto era felice lontano da loro. Gli spiegò che la chiamava regolarmente, almeno una volta alla settimana.
Dougster, perché è così difficile!”, si lamentò, la fronte appoggiata sul freddo tavolo di vetro.
Perché se fosse facile, tutti sarebbero in grado di farlo.”, le rispose, unendo le mani dietro alla testa e stiracchiando la schiena.
Vorrei tornare a studiare, ma poi mancherebbero i soldi per mantenermi.”, ripeté lei, per l'ennesima volta
Allora dovresti dire di sì al negozio.”, le fece, tirando fuori il solito consiglio che le aveva già dato.
Ma mi piacerebbe anche studiare!”
Puoi fare le due cose contemporaneamente.”
Non so se ci riuscirei.”, continuò lei a lamentarsi.
Non hai nessuno che possa aiutarti?”, le chiese.
Non voglio nessuno che possa aiutarmi.”, rispose Jonny, con tono perentorio, “Ce la devo fare da sola.”
Erano sempre più uguali. Lei e Danny si somigliavano sempre di più, gli venne da sorridere a quel pensiero, ma allo stesso tempo c'era ben poco da gioire. Per lui era sempre più difficile gestire la situazione tra i due e ogni occasione di incontro con Jones diventava uno scontro, tanto che sia Tom che Harry avevano fiutato qualcosa. Aveva promesso ai due che gliene avrebbe parlato, ma che non avrebbero dovuto assolutamente riferire a Danny. Era chiaro che non poteva durare a lungo e che prima o poi tutto sarebbe degenerato. Jonny non lo voleva capire. Voleva dimostrare che non si era trasferita in Inghilterra per stare con lui ma per vivere la sua vita? Beh, per quanto lo riguardava quello scopo era già stato raggiunto da un bel pezzo, poteva anche uscire allo scoperto.
Sappi che io sono dalla tua parte.”, le disse, “E che non mi tirerei mai indietro se avessi bisogno di una mano.”
Ti ringrazio, Doug, ma per il momento i soldi non mi mancano.”
Appunto, per il momento, ma poi?”, le fece, “Le rette sono care, la vita qua è ancora più costosa...”
Grazie per l'incoraggiamento...”, borbottò lei, “Ma se devo mendicare, preferisco allora rinunciare e mettermi a lavorare.”
Non la capiva, certe volte non ci riusciva proprio.
Allora preferisci continuare a vivere insoddisfatta piuttosto che impegnarti in qualcosa a cui tieni.”, esclamò Dougie, cercando di farle capire che non si stava riferendo solo a quella scelta, ma bensì anche a qualcos'altro.
Non ci arrivi, Doug!”, rispose lei, adirandosi, “Non voglio avere nessun debito sulle spalle!”
Non ne avresti, non ti chiederei niente indietro, nemmeno un penny!”
Ma mi sentirei comunque in dovere di restituirti tutto!”
E allora, se ti fa tanto piacere, mettiamola così.”, le volle proporre, “Ti aiuto, e quando sarai in grado di saldare il tuo debito, lo farai.”
Se quel giorno fosse arrivato,Dougie  non avrebbe mai accettato. Le stava offrendo il suo appoggio perché poteva tranquillamente permetterselo, e niente lo avrebbe mai convito a riprendersi indietro i suoi soldi, anche a costo di litigare a morte con Jonny.  Lei, comunque, era sempre incerta.
Dougie, non pensare che sia venuta qui per chiederti del denaro...”, disse poi, abbassando lo sguardo imbarazzato.
Beh, se credi che lo abbia pensato anche per un solo secondo, allora possiamo anche non parlarci mai più.”, le fece, con falsa serietà.
Volevo solo che mi aiutassi a scegliere...”, piagnucolò lei.
Le si avvicinò, le sostenne il viso tra le dita della mano destra.
La tua scelta l'hai già presa, Jonny.”, le disse, “Ed io ho preso la mia. Ti iscriverai all'università, cercherai un lavoretto poco stressante e, quando avrai bisogno di me, basta chiamare. Non posso darti ripetizioni, a meno che tu non sia interessata allo skate o al basso, ma ho abbastanza centesimi sotto il cuscino per poterti sollevare dalla retta che dovrai pagare... E anche dalle altre spese, se ti va. Sono più che felice di farlo, lo sai, non ti immagini quanto sia contento per te.”
Ma Dougie, io...”
Zitta, non obiettare.”, le fece, chiudendole la bocca con l'altra mano, “Ho già emesso la mia sentenza, ora non devi fare altro che metterti sotto nello studio e farmi contento. Voglio vedere dei risultati!”
Lei sbuffò in una risata e nello stesso attimo lui la seguì. Per ringraziamento si accontentava anche di un abbraccio e, come se gli leggesse nella mente, Jonny si strinse al suo collo, facendolo quasi cadere dalla sedia.
Piano!”, la sgridò scherzosamente, “Non vedi che c'è scritto 'alto e fragile'? Mi stai strozzando!”
Gli dette un sonoro bacio sulla guancia.
Ti voglio bene, scemo di un Poynter.”
Adesso non voleva davvero nient'altro in cambio, si sentiva pienamente soddisfatto e felice. Il sapere di poterle essere realmente d'aiuto lo faceva stare bene, era quello che aveva aspettato..
Un rumore strano alle sue spalle gli solleticò l'orecchio.
Little?”




Non ha detto di che cosa si tratti, ma ha promesso che ce ne parlerà, a patto di non riferirti niente.”, gli disse Harry, seduto davanti a lui, insieme a Tom, “Questo è tutto.”
Tutto?”, domandò Danny, scettico di quello che aveva appena sentito.
Sì.”, intervenne Tom, “Dougie sta nascondendo qualcosa. Soprattutto qualcosa a te.”
Lo sapevo...”, borbottò.
Realizzare di avere pienamente ragione non lo stava facendo affatto stare meglio, anzi, la sua rabbia aumentava. Dougie stava tacendo qualcosa di importante, qualcosa che lo riguardava, ma ne aveva fatto parola con Tom ed Harry, che adesso glielo stavano riferendo. Doveva tenersi a mente di fargli i complimenti, oltre che ad incazzarsi con lui come pochissime altre volte in tutti quegli anni insieme.
Calmati, Danny.”, gli disse Harry, “Non fare niente di stupido, se Dougie ce l'ha detto vuol dire che prevede di farlo presto anche con te.”
Capite che non parlavo a sproposito quando dicevo che era strano?”, sbuffò, senza ascoltarlo, “Perché non mi credevate?”
Lo avevamo intuito anche noi.”, rispose Tom, “Ma volevamo solo aspettare che lui si facesse avanti. Lo sai com'è fatto, se non vuol parlare, non lo farà.”
Esattamente come lei...
E tu sai benissimo cosa significa quando una persona ha quel carattere, Jones.”, sottolineò Harry, cogliendo il suo pensiero, “Non lo si può forzare a parlare, ma il fatto che ci abbia anticipato questa cosa...”
Non me ne frega un cazzo, Judd!”, esplose Danny, “E non ci passerò sopra!”
Nessuno chiuderà un occhio, puoi starne certo.”, riprese Tom, con tono conciliante, “Ma se continui così, ci farai pentire di avertelo detto.”
Tom ed io abbiamo discusso molto sul fatto di fartelo sapere o no.”, disse Harry, “Pensavamo che avresti reagito con razionalità e non agitandoti così.”
Se si era incazzato a quel modo, c'era un motivo ben preciso. Dougie non aveva mai avuto motivo di tener segreto qualcosa, aveva sempre parlato di tutto, perché loro erano amici. Erano una famiglia e si davano una mano a lavare i panni sporchi. Se Dougie aveva violato quella regola implicita, allora si sentiva giustificato per una qualche ragione. Ma di tutte le cause del mondo, però, gliene veniva in mente solo una.
Vado a parlargli.”, disse, con decisione.
No, Danny, siediti.”, gli impose Harry, “Non lo farai adesso, né mai, aspetta di esserti calmato.”
Ma soprattutto aspettiamo che si faccia avanti Dougie.”
No, non era sua minima intenzione attenderlo, però Harry aveva ragione, doveva calmarsi, altrimenti non lo avrebbero mai lasciato andare. Fece passare un paio di ore e, non appena la guardia dei due si fu abbassata, tirò fuori una scusa banalissima ma molto efficace per togliersi da casa di Tom, luogo in cui quella specie di riunione segreta si era svolta. Doveva tornarsene a casa, fu quello che disse, e li convinse entrambi, ma fece una piccola sosta fuori percorso. Si fermò a diversi portoni da quello di casa sua, svoltando a sinistra ed entrando nel cortiletto di casa Poynter. Percorse tutto il tratto verde che circondava l'appartamento e, una volta sul retro, bussò alla porta di legno bianco. Attese, nessuno sembrava in casa. Bussò di nuovo e, nonostante quello, Dougie non gli aprì. Decise allora di entrare, molto probabilmente si stava dedicando alla pennichella quotidiana, data l'ora che segnava il suo orologio.  Il corridoio lo portò per primo verso il salotto, dove la televisione era illuminata da un film in bianco e nero, a cui era stato tolto l'audio. C'era un po' di confusione: cd sparsi, la consolle per i videogiochi per terra, i joystick che riposavano sul divano. La seconda porta si affacciava sul bagno e la lasciò perdere.
Sentì poi una risata, era Dougie.
Piano!”, disse il suo amico bassista, “Non vedi che c'è scritto 'alto e fragile'? Mi stai strozzando!”
Se non fosse stato per la ragione che l'aveva spinto lì, si sarebbe pentito di essere entrato furtivamente. Dougie era in compagnia e lo avrebbe colto in una situazione abbastanza compromettente ed imbarazzante. Sentì lo schiocco di un bacio.
Ti voglio bene, scemo di un Poynter.”
Si sentì pietrificare, dalla testa ai piedi, al suono di quella voce femminile così ben conosciuta. Non poteva essere, no, si era sicuramente sbagliato. Era un'altra persona, due voci potevano somigliarsi al tal punto da confonderle, gli capitava spesso quando sua zia gli telefonava, la scambiava sempre per sua madre. Ma quelle due stesse voci potevano anche avere lo stesso particolare accento?  Ebbe paura di muovere un passo e scoprirla lì, con Dougie, e di realizzare che fosse lei il segreto che il suo amico gli nascondeva. Quello non glielo avrebbe davvero mai perdonato. Mai.
Si fece coraggio.
Piuttosto che vederla abbracciata a lui, con un viso dall'aspetto felice, avrebbe preferito una tortura qualsiasi, di ogni tipo.
Little?”
Lei aprì gli occhi e lo vide. Nello stesso istante, le sue braccia si sciolsero dal collo di Dougie, che si voltò immediatamente. Non sapeva quale sentimento provare: delusione, amarezza, rabbia. Era confuso, non sapeva dove guardare, i suoi occhi non facevano altro che spostarsi da Little a Dougie, dai quali traspariva tutta la colpevolezza della loro azione.
Danny... Ciao...”, balbettò Poynter, “Che ci fai qua?”
Prese un profondo respiro e gli rispose.
Ero venuto per farti una visita. Ma vedo che qualcuno mi ha preceduto.”
Little se ne stava accanto a lui, mani giunte che nervosamente si contorcevano, mentre lo sguardo era incerto.
Come stai?”, le chiese Danny, “Hai fatto un buon viaggio?”
Dougie gli aveva nascosto che sarebbe venuta a trovarlo, ecco qual era stato il suo problema in quei giorni. Non voleva che lui ne venisse a conoscenza, ma Tom ed Harry erano stati in parte informati: ciò stava a dire che almeno loro due l'avrebbero vista, ma non lui. Lui non era stato invitato. Era stato lei a chiederglielo?
E' arrivata poche ore fa...”, cercò di recuperare Dougie, “Sono... Andato a prenderla all'aeroporto, avevamo in programma di passare a trovarti...”
Sì?”, fece, poco convinto, “Peccato che non sapessi che stesse per arrivare.”
Volevamo farti una sorpresa.”, continuò Dougie a mentirgli, “Pensavo ti sarebbe piaciuto.”
In genere sì, ma questo tipo di sorprese mi vanno abbastanza di traverso.”
Mi... Mi dispiace, però ero certo che...”
Finiamola, Dougie.”, disse Little, il suo tono era inequivocabilmente sicuro, “Lo vedi che non la sta bevendo?”
Quella frase fu peggio di uno schiaffo in pancia, di un pugno sullo stomaco, di un coltello affondato nella carne. Uno scorcio di quello che era successo iniziò a formarsi nella sua mente. Non ci sarebbero state sorprese per lui, solo quello che aveva già intuito. Lei era venuta a trovare Dougie, Tom ed Harry, non Danny.
Jonny, possiamo scambiare due parole?”, le domandò Dougie.
Non mi dispiacerebbe ascoltarle.”, disse Danny ai due, incrociando le braccia ed appoggiandosi allo stipite della porta, “Soprattutto se mi aiutano a capire che cosa diavolo stia succedendo.”
Niente, Danny.”, gli rispose ancora Poynter.
Dougie, basta.”, lo zittì Little, “Tagliamola qui, non ha più senso continuare.”
Il terribile sospetto che non si trattasse solo di una semplice visita di cortesia tra amici lo atterrì dalla paura, ma cercò di non far trasparire alcun pensiero. La parte di lui che sentiva tuttora la sua mancanza, che voleva stringerla e averla ancora una volta per sé, si era ammutolita nello stesso attimo in cui l'aveva sentita baciare Dougie e dirgli che gli voleva bene. Se quella possibilità era il futuro che si sarebbe trovato a vivere, non era certo di avere il coraggio di affrontarlo. Preferiva mollare.
Little si sistemò i capelli dietro alle orecchie e si schiarì la voce. Danny non voleva farla parlare, non sapeva che cosa avrebbe potuto sentire.
Mi sono trasferita qui, con Arianna.”, disse.
Sentì un esplosione in petto.
Da un mese.”
Il cuore tornò a fermarsi per l'ennesima volta.
Nei prossimi giorni mi iscriverò all'università, ho deciso di tornare a studiare. Arianna ha già avviato tutte le pratiche per aprire un nuovo locale. Abbiamo la nostra vita, e ce la caviamo piuttosto bene. Dougie ha saputo tutto solo due settimane fa, sono stata io ad imporgli di non dirti assolutamente niente.”
Fece una breve pausa.
L'ho fatto per me, e quello di cui mi importa è stare bene.”
Un'altra pausa.
Da sola.”
Danny vide Dougie voltarsi e parlarle, ma fu solo un rumore lontanissimo. Little si voltò verso di lui, gli disse qualcosa, ma non riuscì a capirla. Danny si sentiva dentro ad una campana di vetro che lo isolava dal mondo esterno: i due si animavano, alzavano i toni della discussione ma non percepiva le loro voci. Era tremendo, era così surreale che le orecchie si erano sigillate, forse per paura di sentire parole in più rispetto a quelle che già gli avevano fatto male. Doveva trovare il modo di uscire da quella prigione, il respiro iniziava a mancargli. Soffocava.
Ok.”, disse, tutto d'un botto.
I due si interruppero.
Ok.”, ripeté, “Se è quello che vuoi...”
Little sembrò titubante, ma fu solo per una piccolissima frazione di tempo.
Sì.”, rispose, “E' quello che voglio.”
La rabbia per Dougie e le sue bugie svanirono. Si estinse anche la paura che potesse essere successo qualcosa tra lui e Little. Tutto si volatilizzò e diventò vapore acqueo, che gli bagnò la fronte. Lo stipite a cui era appoggiato era diventato improvvisamente il posto più scomodo su cui avesse mai sostato.
Va bene.”, disse Danny, “In bocca al lupo per lo studio...”
Divincolò le braccia, nervosamente incrociate sul petto, e se ne andò senza attendere il saluto di nessuno dei due.

***

China sui libri di storia, Joanna stava dando un ripasso ai fatti storici del medioevo, tanto per non farsi trovare impreparata al test di ammissione che avrebbe avuto tra due settimane. Si volle prendere un quarto d'ora di pausa ed accese la macchinetta del caffè. Non avendo la mente occupata dalle vicende di Carlo V, il quasi ultimo imperatore del Sacro Romano Impero, l'unica cosa a cui riuscì a pensare fu il solito e classico sorriso. Ci sarebbe voluto tempo, ma prima o poi anche quello sarebbe finito. Si sentiva stranamente fiduciosa, forse per il fatto di aver passato con facilità il primo scalino verso la sua nuova carriera universitaria, essendo stata promossa a pieni voti all'esame di lingua inglese, e credeva che si sarebbe presto tolta quel pensiero fisso dalla testa.
La porta principale si aprì e si chiuse con un tonfo, Arianna era tornata.
Jo?”, la chiamò subito, come era solita fare.
Sono qua!”, le rispose, “Vuoi un caffè?”
Per carità, no! Ne ho già presi dieci, potrei avere un infarto!”, sbottò ridendo.
La sentì camminare sui suoi tacchi e un passo dopo l'altro fu in cucina.
Stavi studiando?”, le chiese, sedendosi.
Era stanca, lo si vedeva dalle grandi occhiaie sul suo volto. Da diversi giorni era in frenesia: doveva dirigere i lavori di ristrutturazione ed era in piena crisi. Tutti gli operai sembravano fregarsene delle sue decisioni e doveva spesso imporre i suoi progetti e la sua autorità. Aveva accolto con felicità la decisione di Dougie di darle una mano con lo studio: resasi conto che l'inflazione aveva fatto salire vertiginosamente i prezzi di tutti i beni venduti in terra inglese, Arianna si stava rendendo conto di quanto le sue casse si stessero prosciugando in fretta e di come non poteva aiutarla fino in fondo. Aveva ricambiato il bel gesto di Dougie promettendogli che lo avrebbe sempre fatto mangiare gratis, se fosse mai riuscita ad aprire il suo ristorante. Oltre alla ristrutturazione, infatti, la difficoltà più grossa era nel riuscire a trovare del personale qualificato ed adatto al suo scopo: non poteva mettere un cuoco inesperto a cucinare un ragù, o ne sarebbe uscito un disgustoso pappone al ketchup e carne trita. Joanna le aveva anche parlato di Danny. Arianna non si era stupita della sua reazione, anzi, era esplosa con un amaro 'te l'avevo detto', ma Joanna si aggrappava all'ottimismo che sentiva, oltre che al motivo primario che l'aveva spinta lì: il bisogno di stare bene.
Stavo facendo una breve pausa.”, le rispose.
Sono quasi le otto, è l'ora di darci un taglio con questo barbone a cavallo!”, borbottò Arianna, dando un'occhiata al libro aperto.
E' Carlo V, ignorante.”, le rispose ridacchiando.
Per me poteva anche essere l'antenato di Brad Pitt, ma per il momento è giusto mandarlo nel dimenticatoio.”
Chiuse il libro con un tonfo.
Hai già mangiato?”, le domandò la donna.
Sì, mi sono fatta uno spuntino. Tu?”
Le annuì con un cenno ed uno sbadiglio trascurato.
Uh! Ma quanto sonno che abbiamo!”, esclamò Joanna, ridendo, “Forse è meglio andare a letto!”
Sì, credo che seguirò il tuo consiglio, ma solo in parte.”, rispose l'altra, “Devo cercare di far quadrare i conti e credo che la calcolatrice mi farà compagnia per tutta la notte.”
Non chiedermi di aiutarti.”, le fece, “Per me la matematica è una sgradevole opinione non richiesta.”
Ok...”, Arianna sbadigliò ancora, “Quando decidi di andare a letto, vienimi a togliere quell'aggeggio infernale dalle dita.”
Va bene. Notte, Arianna!”
Buonanotte...”
Con il passo agile di uno zombie morente, Arianna se ne andò nella sua stanza. Il caffè era quasi pronto e, dopo essersene versata una tazza, prese il libro di storia e andò ad accomodarsi sul divano del salotto. Per quella casa Arianna aveva scelto tonalità estremamente chiare e tutto intorno a lei era luminoso e confortevole. Certamente l’aiutava a tenere gli occhi aperti, anche lei era abbastanza stanca, ma si era imposta di terminare almeno quel capitolo, così sarebbe rimasta fedele al programma che doveva seguire. Sintonizzò la tv su un qualsiasi canale, togliendo il volume e bevve il suo caffè, tornando poco dopo alle tragiche ed alquanto noiose vicende dell’imperatore asburgico al trono dell’ultimo brandello del defunto impero romano d’occidente.
Stava quasi per leggere di come cedette il suo vastissimo regno diviso in due grandi parti, quando il campanello la distrasse. Chiuse il libro, si stirò e sbadigliò durante il tragitto. Afferrò la cornetta del citofono e chiese chi fosse.
Sono io!”
Era Dougie, come sempre breve nel presentarsi. Aprì a distanza il portone principale del piccolo condominio, lasciò lievemente socchiusa quella dell’appartamento e lo aspettò seduta sul divano. Piegò un angolo del libro di storia e lo chiuse, riponendolo nella libreria vicino alla finestra del soggiorno. Mentre cercava qualcosa di interessante alla tv, sentì tre colpi alla porta.
Vieni pure Dougster!”, gli disse, alzando un po’ la voce.
Il soggiorno non era proprio vicino all’ingresso, in mezzo vi si trovava infatti la cucina, mentre dall’altro lato del corridoio non vi si affacciava nessuna stanza, ma un balconcino che dava sul cortile interno del palazzo.  Ascoltò i passi che si avvicinavano, incavolandosi con la televisione inglese che non proponeva niente di suo gradimento. Quando la faccia di Ben Stiller apparve sullo schermo, decise di abbandonare il telecomando e dedicarsi a Dougie, che ancora non era riuscito a percorrere quei quattro metri scarsi di corridoio.
Attento che ti perdi!”, gli disse scherzando.
Si voltò, allungando lo sguardo oltre la spalliera del divano. Non c’era nessun Dougie sulla soglia del soggiorno. Era vuota.
Dougie?”, lo chiamò.
Le stava facendo uno scherzo idiota, lo aveva capito, ma il bel gioco durava sempre poco.
Poynter, smettila, non è divertente!”, disse, “Fatti vedere!”
Il viso che apparve sulla sua soglia non era quello che si aspettava. Non era Dougie. Era Danny.
Joanna sbatté gli occhi, ancora doveva capire come aveva fatto a scambiare la sua voce per quella di Dougie. Le ci volle qualche attimo prima di rendersene conto: Poynter aveva risposto per lui.
Scusa.”, fece lui, “E’ stato meschino, ma non avevo altre idee.”
Joanna incrociò le braccia, in posizione difensiva, e pregò che Danny capisse che cosa le stesse passando per la testa. Voleva che se ne andasse, il suo gesto non era stato solamente meschino, ma anche profondamente ingiusto nei suoi confronti. Per la seconda volta si presentava così, all’improvviso, cogliendola in momenti privati di cui lui non doveva farne parte. Glielo aveva detto, non voleva saperne, aveva se stessa a cui pensare. Per troppo tempo aveva vissuto all’ombra di qualcuno o di qualcosa.
Cosa vuoi?”, gli chiese, tutt’altro che amichevole ma comunque con tono basso e calmo.
Niente. Solo parlare.”, le rispose, “Con tranquillità, come due amici.”
Gli amici non si intrufolano nelle case degli altri come hai fatto tu.”, non riuscì a trattenersi.
Hai ragione.”, le disse, “Ma se avessi fatto altrimenti, avresti rifiutato.”
Invece così, con le spalle al muro, sono obbligata ad ascoltarti.”, borbottò, toccandosi la fronte con aria stanca ma stizzita.
Per piacere, non sono venuto per litigare con te... Ma solo per parlare, te l’ho detto.”
Joanna sospirò. Danny la aspettava sulla soglia del soggiorno, una mano in tasca e l’altra fuori, la usava sempre per gesticolare. Poteva lasciarlo sedersi sul divano e parlare, poteva mandarlo via. Stavolta non c’era Dougie ad aiutarla nella scelta, doveva prenderla da sola.
Ok.”, gli rispose, “Andiamo in cucina.”
Ignorò il flebile sorriso che vide spuntare sulle sue labbra e tenne lo sguardo basso quando gli passò accanto. Le sedie intorno al tavolo non erano così comode come il divano, avrebbero evitato che nascessero molti equivoci. Gli offrì qualcosa da bere, ma lui rifiutò con gentilezza. Joanna si sedette di fronte a lui, nonostante il confronto la stesse mettendo in lieve soggezione.
Avanti, cosa vuoi dirmi...”, gli disse, tornando ad incrociare le braccia.
Beh... Come stai?”, le domandò.
Bene. Tu?”
Sì, va tutto piuttosto bene.”, rispose Danny, arricciando le labbra con indifferenza.
Joanna attese la sua prossima domanda.
E così... Ti sei davvero iscritta all’università.”, fece lui.
Sì, esattamente tra due settimane ho il test di ammissione.”, gli disse, senza mai lasciare il suo tono freddo e distaccato, “Per la East London.”
E Arianna?”, domandò ancora, “Mi ha detto Dougie che presto aprirà un nuovo locale, qua vicino.”
Sì.”
Lui annuì.
Uhm...”, fece poi, “Non so cos’altro chiederti...”
Joanna si fece perplessa, non capiva a che gioco stesse giocando. Danny era a disagio, non la guardava in viso, e non sembrava fosse venuto totalmente impreparato. Le braccia erano appoggiate sul legno del tavolo, le dita si muovevano nervosamente.
Una cosa ci sarebbe.”, disse Danny.
Lo aspettò.
Perché?”
Rimase spiazzata.
Lo sai già il perché.”, gli rispose.
Esprimiti meglio.”, disse lui, scuotendo la testa.
Perché voglio pensare a me stessa.”, gli ripeté, come aveva già fatto in precedenza.
Non ti facevo così egoista.”
No, non lo sono affatto.”, si difese Joanna, “Voglio solo vivere tranquillamente senza problemi.”
Non esiste una vita senza problemi.”, la provocò lui.
Allora devo solo ridurli al minimo.”
Credi che non sappia di essere il tuo problema?” , sbottò lui.
Se lo sai, cosa ci fai seduto nella mia cucina!”, esclamò Joanna.
Danny scosse ancora la testa, con una smorfia amara sul viso.
Volevo cercare di parlare civilmente con te.”, le rispose, “Ma vedo che non è possibile.”
Perché non vai dritto al punto, Danny?”, gli fece, “Così potrei capire civilmente dove tu voglia andare a parare.”
Non ha più senso.”
Non ha mai avuto senso!”
Ecco, hai capito ora cosa intendo con parlare civilmente?”, si riprese lui, “Questo non lo è. Tu non puoi trattarmi come se fossi l’ultima persona che vuoi vedere sulla Terra!”
Lo sei.”
Stai mentendo.”
No.”
Basta!”, esclamò Danny.
Joanna era esasperata. Quella conversazione era del tutto inutile e non erano capaci di sostenerla senza alzare il tono della voce.
Danny, per piacere, vuoi dirmi che cosa vuoi da me?”, gli fece, cercando di riprendere la calma.
Lui prese un profondo respiro.
Ero venuto a dirti tante cose.”, disse, con aria disinteressata, “Cose che prima mi importavano, ora non più...”
Parla.”, gli impose.
Ti volevo chiedere scusa, perché se avessi saputo essere paziente, molto probabilmente tutto questo non sarebbe mai successo. E’ colpa mia, non pensavo di potercela fare, la distanza mi spaventava, ma se mi fossi impegnato, tutto sarebbe stato possibile. Ce l’ho con me stesso perché tu aspettavi solo che mi facessi avanti, che ti dicessi che ci credevo. Non ce la faccio ad essere arrabbiato con te per quello che hai fatto... Perché ti capisco.”, le fece.
Joanna cacciò indietro tutte le emozioni che stava provando, comprese le lacrime, e tenne gli occhi fissi sul tavolo.
L’ho capito da subito che ti eri trasferita qua per vivere la tua vita, non la mia. Potevo essere infuriato sul momento, soprattutto per il fatto che Dougie ti aveva tenuta nascosta... Ma ho capito anche lui. Lo ha fatto per proteggerti, tiene a te come ad una sorella, farebbe di tutto per farti felice e tenerti al sicuro.”
Joanna ribadì a se stessa tutte le convinzioni che l'avevano portata in Inghilterra, ignorando le potenti scosse causate dalle parole di Danny, e sentì le sue fondamenta tornare a rinforzarsi. Doveva stabilire le sue priorità, come aveva fatto Danny.
Me stessa, amici e famiglia... Lui.
Veniva solo al terzo posto. Danny tornò a parlarle.
Ti voglio bene e voglio stare con te.”, riprese Danny, con ancora più decisione, “E' per questo che sono venuto.”
Non c’era nascondiglio efficace che la schermasse dalle sue parole.
Danny, per favore!”, esclamò Joanna, “Basta!”
Incrociò le braccia sul tavolo e vi appoggiò la fronte, singhiozzando. Le fondamenta erano crollate con una facilità impressionante, come se la malta composta dalle idee e dalle convinzioni non fosse stata buona a niente, tranne che ad illuderla senza pietà. Fanculo i libri, fanculo la storia e fanculo tutto, compresa la scala delle priorità. Era con lui che voleva stare, con Danny: lo aveva voluto da sempre, da così tanto tempo che quando aveva potuto averlo per sé aveva stentato a crederci. Danny non aveva mai fatto altro che prendere le proprie decisioni pensando a lei, a discapito delle persone a cui teneva di più, mentre lei si era trasferita in Inghilterra tenendoglielo nascosto.
Sentì una mano sui capelli, una mano che l’accarezzava, come a consolarla.
Alzò gli occhi, incrociando quelli preoccupati di Arianna, seduta davanti a lei. Si guardò intorno, Danny non c’era.
Dov’è Danny?”, le chiese, non avendolo sentito muoversi.
E’ andato via.”, le rispose lei, sospirando, “Hai combinato un bel casino, Little Joanna.”



Dougie lo vide uscire di corsa dalla porta del condominio dove Jonny abitava. Lo aveva atteso in macchina, sapendo che non si sarebbe trattenuto per più di una decina di minuti, né che sarebbe uscito con un bel sorriso stampato in faccia. Lo osservò percorrere la strada, attraversarla e salire in auto.
Com’è andata?”, gli chiese, con retorica.
Portami a casa.”, disse Danny, senza aggiungere altro.
Ok...”
Fece girare le chiavi ed il motore si avviò. Uscì dal parcheggio di lì a poco, nel totale silenzio.
Uhm... Come sta Jonny?”, gli chiese, dopo qualche minuto, sperando che si fosse calmato.
Dougie, sarà lei stessa a dirtelo, non domandarlo a me.”, gli disse Danny.
Per la restante parte del viaggio, Dougie non ebbe il coraggio di rivolgergli parola. Gli disse solo una timida buonanotte quando lo lasciò davanti a casa sua.


It's hard to say that I was wrong, it's hard to say I miss you.
Since you've been gone, it's not the same.







Ci siamo quasi :) Meno due! Il titolo e i brani inclusi nel capitolo appartengono ai The Used e sono estratti dalla canzone Hard To Say. Senza scopo di lucro.
Ringrazio Bitter/Ludo/Luvi per avermi ricordato (imposto?) di aggiornare XDDDD  E ringrazio anche tutte coloro che ancora mi seguono :)

A presto, Ruby

   
 
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