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Autore: OnlyHope    11/09/2015    20 recensioni
Crescere, cambiare, modificare e divenire. È ciò che accade ai sentimenti, alle emozioni di due persone, nel breve lasso di tempo di anno. Questa è la storia di cosa c’è stato prima di un addio. Questa è la storia di Tsubasa e Sanae prima che si trasformino in due coraggiose farfalle.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Don't Be Afraid to Fly '
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Becoming (Butterfly Intro)

Prologo - Parte prima

Sanae

 




 
 
Cammino e sistemo le pieghe della gonna.
È uno strazio questa uniforme, non ci sono proprio abituata.
Come rimpiango la mia vecchia divisa da maschio!
Purtroppo il passaggio in prima media mi ha obbligata a seppellirla, definitivamente e a malincuore, in fondo all’armadio.
Solo la mamma sembra entusiasta di questa gonna lunga oltre il ginocchio e scomodissima.
Per non parlare del nodo alla marinara che mi pende al collo…
Sono convinta che non mi abituerò mai ad andare in giro addobbata così.
Ecco la mia nuova scuola!
Sposto la cartella da una mano all’altra, mentre imbocco il cancello d’ingresso, guardandomi intorno curiosa.
Mi unisco così agli altri studenti nel cortile, cercando di scorgere qualche viso familiare, fra i tanti che mi circondano.
In fondo, accanto alle scale, riconosco una persona.
Yukari Nishimoto.
Non siamo in classe insieme ma ci siamo conosciute perché anche lei si è iscritta al club di calcio, per diventare una manager, proprio come me.
È una ragazza simpatica e molto diretta, mi ha fatto subito una buona impressione.
Immagino che potremo proprio andare d’accordo in futuro!
Yukari Nishimito mi ha notata ora, la saluto con un cenno della mano.
Lei ricambia sorridendo allegra.
In fondo, come ripete la mamma in continuazione, è ora che cominci a frequentare altre femmine, invece di perdere tempo a fare il maschiaccio, insieme ai miei amici d’infanzia.
A proposito! Ma dove saranno i ragazzi?
Porto una mano sugli occhi a schermare il sole, aguzzando meglio la vista e girando su me stessa un paio di volte.
Ma soprattutto sarà arrivato Tsubasa?
“Senti scusa!” esclama all’improvviso una voce estremamente famigliare alle mie spalle.
Mi volto con aria dubbiosa verso il mio interlocutore.
Ishizaki entra nel mio campo visivo con il suo solito faccione da scemo, quando il suo sguardo incrocia il mio però, la sua espressione cambia.
E mi sembra di scorgere un po’ di delusione.
“Ah! Anego sei tu!”
Alzo involontariamente un sopracciglio, che prende a vibrare in maniera vistosa, temo.
“Non c’è verso che ti riconosca conciata così!”
Calma…
“Sì insomma, vestita da femmina!” si sente proprio di aggiungere.
Calma!
Stai calma!
“Che spiritoso!” esclamo con un sorrisetto tirato e finto, poi non resisto e gli assesto un pugno deciso sul braccio.
Ryo Ishizaki prende a massaggiare la parte lesa guardandomi torvo e borbottando altre cose simpatiche sul mio carattere, compresa la mia scarsa femminilità.
Lo ignoro, sbuffando vistosamente quando noto il sopraggiungere degli altri ragazzi della squadra.
Mi basta un rapido sguardo per capire che di Tsubasa non c’è nemmeno l’ombra.
“Con chi parli, Ryo?” chiede Izawa facendo capolino oltre le spalle dell’amico.
“Ah! Ciao, Anego! Non ti avevo riconosciuta da lontano!”
Alzo vistosamente gli occhi al cielo.
Perché questa storia inizia ad essere abbastanza fastidiosa.
Se qualcuno pronuncia ancora quel “ah” prima di salutarmi, giuro che non rispondo di me!
“Izawa…” borbotto, accennando poi un semplice gesto della mano verso tutti gli altri.
I ragazzi ricambiato il saluto, poi iniziano a confabulare tra loro.
Ovviamente stanno parlando di calcio, non ci vuole molto a capirlo.
Lascio che mi sorpassino, dirigendosi in gruppo verso l’entrata principale dell’edificio scolastico.
Continuo ad osservarli mentre si allontanano, senza muovere un passo.
Stranamente mi sento un po’ offesa.
E la cosa mi stupisce davvero molto, perché di solito tutto quello che dicono mi scivola addosso, come niente fosse.
Con un gesto involontario sistemo prima il caschetto corto, portando una ciocca dietro a un orecchio, poi di nuovo le pieghe della gonna.
Ma perché me la prendo tanto?!
Mi rimprovero, dandomi velatamente della stupida.
Decido così di raggiungere i miei amici, senza perdere altro tempo.
Ma quando faccio per muovere il primo passo mi blocco di nuovo.
Un rumore alle mie spalle attira completamente la mia attenzione.
È il suono emesso da un pallone di cuoio, che rimbalza, preso a calci, sulla terra battuta del cortile.
È un rumore che amo, ma non tanto nel suo specifico...
Mi volto non trattenendo un sorriso, che deve risultare a dir poco esagerato.
Tsubasa mi raggiunge in pochi passi, fermandosi poi davanti a me.
Il peso del suo corpo posa sulla gamba sinistra, mentre il piede destro continua a muovere la sfera sotto la suola, in una specie di riflesso incondizionato.
“Ciao!” mi saluta sorridendo allegro, quando incrocia il mio sguardo.
Io gli rispondo con altrettanto buonumore.
Finalmente sei arrivato!
“Ho fatto tardi!” esclama poi grattandosi la nuca, prima di chiedermi dove sono gli altri, ovvero i nostri compagni di classe, nonché resto della squadra.
“Sono all’ingresso e non preoccuparti, sono arrivati giusto un minuto prima di te!” e con il pollice indico oltre le mie spalle.
Tsubasa ride ancora, divertito.
“Come mai questo ritardo?” chiedo in maniera retorica, senza lasciarmi scappare l’opportunità di parlare un po’ in disparte con lui, prima di entrare a scuola.
“La corsa mattutina! Ho perso la cognizione del tempo!” e ride ancora, continuando a torturare i capelli con la mano.
Lo guardo e non posso fare a meno di pensare che abbia il sorriso più contagioso che conosca.
All’improvviso però Tsubasa torna serio.
E mi fissa.
Giusto un attimo, forse solo una manciata di secondi.
Avverto di nuovo una sensazione strana…
Nonostante mi piaccia un casino fin dalle elementari, non mi sono mai sentita in imbarazzo con lui.
Ma ora…
Ora invece sento qualcosa di molto simile e la cosa mi mette un po’ a disagio.
Quando i suoi occhi tornano ancora a squadrarmi, comincio a nutrire il sospetto di avere qualche cosa fuori posto.
“Ehm… Ho qualche residuo di colazione in faccia?” chiedo dubbiosa, portando una mano istintivamente alle labbra, poi sulle guance.
Tsubasa spalanca leggermente le palpebre poi scuote la testa.
Rimango perplessa a fissarlo.
“Sei diversa…”
Le mie sopracciglia si aggrottano all’istante.
No, ti prego!
Risparmiami!
Almeno tu!
Non distolgo lo sguardo, sentendomi comunque un po’…
Avvilita?
Delusa?
“La divisa delle medie…” continua ed io penso che lo picchierò sul serio, se dirà che non mi riconosce nemmeno lui vestita così!
“Sei carina, ti sta bene!”
Uh?!
Arrossisco.
Tsubasa sorride di nuovo, con la sua solita allegria, piegando un braccio e massaggiando il collo con una mano.
Io invece…
Mi sento…
Sono…
Ammutolita.
Sbatto le palpebre più volte, non sapendo proprio cosa dire.
Tsubasa allora assume un’espressione buffa, divertito forse da quella che sta passando ora sul mio volto.
E non mi riesce proprio di parlare, nemmeno quando abbassa lo sguardo sull’orologio da polso e spalanca gli occhi.
“Ehi è tardi! Raggiungiamo i ragazzi!” esclama, sempre pieno del suo consueto entusiasmo.
Ah sì è ora di entrare…
Tsubasa mi sorpassa, palla al piede ed io sarei già al suo fianco se non fosse…
Non riesco proprio a muovermi e questa volta per un motivo diverso.
Enormemente diverso.
Rimango ferma, imbambolata a guardare le sue spalle che si allontanano, con una sensazione strana alla bocca dello stomaco.
“Che fai lì impalata?”
Tsubasa si è fermato diversi metri da me, probabilmente non vedendomi arrivare.
“Dai vieni, Sanae(1)!
SANAE?!
Arrossisco ancora.
Di brutto.
E vistosamente temo.
Tanto è lo stupore, l’imbarazzo e…
L’emozione che sento.
Le farfalle hanno abbandonato il mio stomaco e ora ballano un tantino più su.
Pericolosamente vicine al mio cuore.
Tsubasa mi fissa perplesso, poi sussulta portando ancora una mano dietro il collo.
Questa volta anche lui è un po’ imbarazzato, noto.
“Scusa!” esclama grattandosi nervoso la nuca e arricciando il naso.
“Mi è scappato! Ma se…”
“NO VA BENE!” lo dico tutto d’un fiato, interrompendolo.
Mossa dalla paura folle e irrazionale, che non voglia più chiamarmi così in futuro.
Col mio vero nome.
Quello femminile, da ragazza.
Quello che piace così tanto a mamma e papà.
Poi gli sorrido, sempre rossa in volto, lo sento ancora.
Sperando però che lui non se ne accorga o che, come al solito, non ci faccia proprio caso.
E tutto questo pudore ora, dove salta fuori?!
Mi chiedo, stentando ancora a riconoscermi nelle mie reazioni, in questa strana mattina di primavera.
Tsubasa annuisce sollevato, poi con un gesto della mano m’invita ancora a seguirlo.
Lo osservo rimanendo sempre immobile mentre si volta di nuovo e riprende, palla al piede, la sua corsa verso la scuola.
Sospiro prima d’iniziare a camminare.
Uno strano peso grava sul mio petto.
E ho la netta sensazione che qualcosa dentro di me si sia come spostato.
Come plastilina sento il mio cuore, che sta cambiato forma.
Raggiungo Tsubasa ed entriamo a scuola insieme.
E sembra quasi un giorno normale, anche se sto cercando di arginare l’imbarazzo.
Con la paura addosso di non saperlo nascondere.
Ma questo ancora non è niente…
Non so ancora che stanotte stenterò a dormire.
Che un batticuore perpetuo mi tormenterà il petto, d’ora in poi.
E nemmeno che un giorno mi mancherà l’appetito, a causa di tutto questo.
E forse non sarò mai più il maschiaccio di un tempo...
Con somma gioia di mia madre!
Quando saprò dare un nome a tutto questo, capirò che quello che provo ora ha cambiato forma sì, ma anche definizione.
Non più una cotta ormai, ha un altro nome.
Semplicemente è il primo amore.

 
 
 
 
 
(1) Una piccola nota: lo sconvolgimento emotivo di Sanae quando si sente chiamare per nome è plausibile in due frangenti. Quello nell’ottica della cultura giapponese, implica un grado di confidenza tale da permettersi di chiamare con il nome proprio un’altra persona (in famiglia si usa così, tra amici stretti e/o d’infanzia, infine tra innamorati). Non è un atteggiamento opinabile, i giapponesi sono estremamente formali nei rapporti interpersonali, quindi quando Sanae sente Tsubasa chiamarla con il suo nome “di battesimo” si stupisce emotivamente.
L’altro implica una, seppur involontaria, presa di coscienza della sua femminilità: non più Anego ma Sanae, di pari passo al cambiamento dei suoi sentimenti, che da cotta diventano amore.
 
Questa intitolata Becoming (Butterfly intro) vuole essere una raccolta di momenti, di emozioni.
Partendo da dopo questo prologo, diviso in due parti, un anno di vita di Tsubasa e Sanae raccontato in frammenti di vita, dall’inizio dell’ultimo anno delle scuole medie fino alla separazione, all’addio alla pensilina dell’autobus.
Questa FF, come si può intuire dal titolo, è il prequel di Butterfly e di conseguenza quello di Fly Away, ma può essere tranquillamente letta come una storia a sé.
Per metà FF riprenderò alcuni fatti salienti del manga, rivisitandoli in una mia personale lettura, per coerenza con le mie storie, fedeltà all’IC dei personaggi e per aiutare il lettore a seguire una cronologia mirata.
Userò entrambi i pdv nei vari capitoli, non necessariamente però in maniera paritetica, ma funzionale al periodo preso in considerazione.
Se vi andrà staremo insieme per qualche mese, nel frattempo vi ringrazio per essere arrivati a leggere fin qua!

OnlyHope!
   
 
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