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Autore: rocchi68    12/09/2015    2 recensioni
Avete mai pensato cosa comporta la fiducia negli altri? Tu la guadagni o la cedi agli altri…e poi?
Nessuno vi può garantire che questa sia riposta in buona o cattiva fede.
Si vive solo di illusioni e con l’illusione che ci sia un futuro, si muore.
Non c’è nascita senza morte e senza la morte non vi è la vita: è come un cane che si morde la coda.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Courtney, Dawn, Duncan, Scott, Zoey
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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Io decisi di sedermi sulla sedia che era appoggiata in un angolo della stanza, mentre la ragazza decise di restare in piedi, come se fosse di troppo in quella casa.
A dire il vero, semmai ero io di troppo e non il contrario e per questo decisi di metterla a suo agio.
“La prego si sieda pure.” Le dissi indicandole la branda che mia nonna mi aveva messo a disposizione. Non era una stanza imponente, ma per passarci poco meno di una settimana come sistemazione andava più che bene. Il tutto era composto dal letto, da un armadio, da un comodino, da una scrivania e dalla sedia su cui mi ero adagiato.
“Certo.” Mi aveva sorriso di nuovo e rispetto ai sorrisi della mia ex non c’era paragone. Quelli di Courtney erano sorrisi seccati e privi di sentimento, invece i suoi erano ricchi di gentilezza e d’amore.
“Non vorrei risultare troppo impiccione, ma da quanto tempo è che vive con mia nonna?” Chiesi osservandola per pochi istanti per poi concentrare la mia attenzione altrove.
“2 mesi al massimo credo e devo dire che mi trovo molto bene qui. I miei genitori hanno pensato…” E si interruppe facendo sparire il sorriso che aveva sempre avuto da quando avevo varcato la soglia.
“Cos ha?” Le chiesi, mentre lei stava abbassando sempre più il capo.
“Niente.” Disse con un sibilo quasi impercettibile.
“Un niente non ti butta giù in questo modo.”
“Dopo quello che le è successo, non mi sembra il caso che io parli della mia vita.” Aveva una sensibilità tale che nessuna ragazza con cui avevo avuto a che fare era riuscita a mostrarmi.
“Non si preoccupi. Sono un buon ascoltatore e poi per oggi non mi va di raccontare la mia storia. Domani le racconterò ciò che desidera e non deve preoccuparsi troppo per me, in fin dei conti, chi non soffre mai, mai troverà la felicità.”
“Come vuole. I miei genitori sotto consiglio di mia nonna hanno iniziato a cercare qualcuno con cui potessi convivere e grazie all’amicizia di vecchia data con la signora Fanny, sono riuscita a trovare un posto in cui stare. Mio padre è direttore di azienda e mia madre è la sua assistente e sono sempre in giro per il mondo.
Australia oggi, Brasile domani, Pechino dopodomani e poi altre città ancora. Io resto sempre a casa e loro vanno sempre in giro, ma ormai ci sono abituata.” Lo diceva con un tono tra l’abbattuto e il rilassato, ma in fin dei conti la capivo abbastanza bene.
“Ognuno ha la sua vita e purtroppo non sempre è piacevole.”
“Credo che abbia fame, forse è meglio andare a preparare la cena.” Si era appena alzata dal letto, mentre io osservavo ancora l’interno di quella stanza che mia nonna mi aveva donato.
“Le devo dire una cosa. Se non le dispiace, può iniziare a darmi del tu. Non sono così vecchio come sembro.” Per un attimo troppo breve sembrò ridere, ma poi tornò seria e si bloccò vicino alla porta.
“Ma se avrai una trentina d’anni.” Stavo quasi per cadere dalla sedia. La colpa del mio invecchiamento stava tutto in quella barba rossa che cresceva senza freni.
“Ho solo 25 anni, non sono poi così vecchio.”
“Staresti meglio senza barba.” Dopo aver piazzato una risposta secca uscì dalla stanza, mentre io rimuginavo su quello che mi aveva detto.
 
In effetti odiavo quella barba, l’avevo fatta crescere solo per far felice la mia ex, ma ormai non ne avevo più bisogno.
La barba faceva parte del passato e a dire il vero era da un pezzo che non mi specchiavo senza avere quella pulciosa roba pelosa. Prima di scendere in cucina decisi di andar a far visita al bagno e come sempre trovai i vecchi rasoi di mio nonno che nonostante il pessimo stato mi avrebbero sicuramente alleggerito di quel peso.
Via barba, via baffi e pure il pizzetto era andato giù per il lavandino.
Una veloce rinfrescata e scesi in cucina.
Mia nonna era ancora intenta a russare sulla poltrona e siccome ero ospite decisi di andare in cucina dove trovai Dawn intenta a cucinare.
“Cosa bolle in pentola?” Chiesi andandole alle spalle e facendola trasalire.
“Ho preso paura. Scott se lo rifai di nuovo ti riempio di botte.” Era una ragazza davvero simpatica e a modo suo, direi unica.
“E sentiamo con cosa avresti intenzione di picchiarmi?” Chiesi sorridendo, mentre lei voltata di spalle, quasi sicuramente era diventata tutta rossa.
“Non mi piace picchiare nessuno, non sono violenta come altre mie coetanee.”
“Nemmeno a me piace essere manesco e poi sono dell’idea che le donne siano il bene più prezioso e come tale non bisogna fargli del male.” Mi spostai dai fornelli e andai verso il frigo dove iniziai a preparare la mia ricetta.
“Cosa stai facendo?” Aveva lasciato il cibo a cucinarsi per bene e si era avvicinata per vedere cosa stessi combinando.
“È una ricetta che ho imparato quando ero bambino e voglio vedere se mia nonna è in grado di apprezzarla come ai vecchi tempi.”
“In cosa consiste?” Era fin troppo curiosa e si avvicinava di volta in volta sempre più al mio viso. Il profumo dei suoi capelli era inebriante e i suoi occhi che esprimevano un sorriso meraviglioso, mi lasciavano senza fiato.
“Una semplice omelette con un ingrediente segreto.”
“Sembra interessante.” E si avvicinava sempre di più. Stava giocando con il fuoco e il rischio che si scottasse era serio.
Annusai per un momento l’aria e percepii un lieve odore di bruciato.
“Lo sai cosa bisogna fare quando si cucina?”
“No.” Mi rispose, abbassando lo sguardo.
“Si deve sempre controllare ciò che si sta cucinando e tu lo stai facendo?” Chiesi con un pizzico di ironia al quale lei non seppe rispondere.
“Accidenti. I miei involtini stanno bruciando. Cosa faccio? Come?” Stava impazzendo per un semplice fornello da spegnere e non sapevo se riderci su o se aiutarla.
Mi avvicinai e spensi tutto aprendo subito dopo anche la finestra per mandare fuori quell’odore di bruciato che si stava diffondendo in tutta la stanza.
“Per questa volta sono salvi, ma la prossima fai maggiore attenzione.” Aveva chinato il capo come se si aspettasse una punizione da parte mia, ma questo non era nelle mie intenzioni.
“Sei stata brava comunque. I tuoi involtini sembrano davvero molto buoni.” Le accarezzai dolcemente la testa e tornai verso il tavolo, dove gli ingredienti stavano aspettando che iniziassi a preparare il tutto.
Sembrava stupita di non aver subito rimproveri da parte mia e infatti tornò nella postazione di prima, osservando con calma il mio operato.
“Scott posso dirti una cosa?” Mi chiesi perché non arrivasse subito al dunque senza girarci troppo attorno.
“Dimmi pure Dawn.”
“Lo sai che stai molto meglio senza barba, mi piaci molto di più e mi ispiri maggior fiducia.” In poche parole prima non gli andavo particolarmente a genio.
“Quella barba iniziava a darmi fastidio e comunque prima o poi doveva sparire. Cos è questa storia che non ti ispiravo fiducia?” Chiesi tirandola a me senza che lei riuscisse a ritrarsi.
“Mi facevi paura. Pensa che quando eri appoggiato al cancello avevo intenzione di chiamare la polizia pur di non vederti più, ma non sei affatto come sembri.”
“Questo ti ha insegnato che non si deve mai giudicare un libro solo dalla copertina. La prossima volta abbi maggior fiducia negli altri e non spaventarti per ogni cosa.” Le baciai la fronte, la lasciai libera di svolazzare in giro e poi tornai ad osservare lo strano miscuglio che stavo preparando.
“Io…vado a preparare…la tavola.” Era arrossita di nuovo e se in principio non avevo mai creduto al colpo di fulmine, questa volta c’ero rimasto scottato.
 
 
Da quando era arrivato non gli avevo più staccato gli occhi dosso.
La sua bellezza non era paragonabile a quella dei tanti modelli anoressici che si vedono in giro e non sembrava nemmeno un nobile con tutta la spocchia di cui è abituato.
Era un semplice ragazzo cordiale e umile colui che aveva suonato il campanello qualche ora prima.
È vero che con quella barba e con quell’aria triste e abbattuta, non mi aveva fatto una buona impressione, ma un libro non si giudica solo dalla copertina.
Non sapevo nemmeno che la signora che mi ospitava avesse un nipote, o meglio conoscevo un nipote, ma non era lui.
Lo zio di Scott aveva un figlio che nonostante mi facesse una corte spietata non mi ispirava fiducia.
Lo consideravo uno di quei figli di papà che ti corteggia solo per portarti a letto, per poi ottenuto il suo premio, buttarti in disparte.
Più volte ci aveva provato e dopo i primi tentativi in qui gli avevo dato buca, decisi di andare in giro quando lui veniva a farci visita oppure lo tenevo a distanza.
Invece Scott era diverso. Era della stessa famiglia, ma sembrava più semplice e non sembrava il tipico ragazzo che ti butta via non appena non gli fai più comodo.
Non appena avevo incrociato il suo sguardo spento, ma vivace, o così pensavo, il cuore iniziò a martellarmi in petto.
Avevo avuto qualche breve storiella fatta di baci e poco altro, ma lui era diverso. Mi faceva sentire diversa e la scusa che avevo cercato per uscire dal salotto, serviva solamente per farmi riprendere il controllo.
L’idea era quella di correre in camera, fare dei grossi respiri e riprendere il pieno controllo sui miei sentimenti che invece come un torrente in piena, mi dicevano che lui era un ragazzo perfetto e che non era come sembrava.
Dentro di me cercavo di capire cosa fosse questo “non era come sembrava”, ma con scarsi risultati.
Forse da fuori appariva in un modo, ma dentro era diverso. Non era un diverso di cui avere paura, ma anzi sembrava un diverso ancora più dolce di quello che manifestava abitualmente.
Invece con quella galanteria che raramente avevo incontrato, mi costrinse a restare in salotto.
Stava soffrendo terribilmente, ma non stava cercando nessun segno di pietà nei nostri sguardi.
Chiedeva un solo consiglio al quale risposi senza nemmeno pensare.
Non ero mai stata così spregiudicata di far finta di essere la ragazza di qualcuno che conoscevo da una decina di minuti al massimo.
Forse era amore o forse era solo amicizia mescolata con affetto, ma quel pensiero uscì senza darmi il tempo di riflettere.
Era inutile provare qualcosa per una persona che conoscevo appena, questo ripetevo in continuazione quando qualcuno mi faceva la corte, ma lui non ci aveva provato con me. Forse era proprio questo che mi piaceva di lui: non aveva cercato subito di farmi sua.
Sembrava studiasse la situazione con attenzione e non voleva rischiare di rovinare un legame molto sottile che minuto dopo minuto si stava creando.
Non ero mai stata avventata o così decisa, nemmeno quando avevo pensato di accompagnarlo nella sua stanza.
In fin dei conti eravamo sullo stesso pianerottolo, lui aveva una stanza a destra dopo le scale, io l’avevo a sinistra, la distanza era minima.
Non immaginavo nemmeno di essere in grado di entrare nella stanza di un ragazzo che conoscevo da poco eppure con lui avevo fatto anche questo.
Non solo ci avevo parlato, ma mi piaceva sempre di più.
E se ripenso solo a quello che mi è successo quando eravamo in cucina, arrossisco di nuovo come una stupida ragazzina.
Mi aveva solo tirato a se per scherzare e mi aveva baciato la fronte con dolcezza, eppure con lui mi sentivo diversa.
Un gesto così semplice non mi aveva mai spiazzato come prima d’allora e invece lui era riuscito con così poco ad abbattere le mie difese.
 
Mi avviai quindi verso il tavolo ed iniziai ad apparecchiare come di consueto, ma la mia testa era altrove. In continuazione mi cadevano forchetta e coltello di uno o di un altro commensale e la povera padrona di casa sentendo quel tintinnio ripetitivo si era svegliata dal sonnellino pomeridiano che era solita fare.
Prese a squadrarmi con attenzione e per la prima volta mi sentivo a disagio con lei presente.
“Dawn puoi sederti qui con me?” La signora mi chiamò ed io convinta che fosse una cosa importante, iniziai ad osservarla con attenzione.
“È quasi pronto signora.”
“Lo immaginavo, ma c’è una cosa che devi sapere.” Era diventata seria all’improvviso, ma l’avevo vista diverse volte in quello stato, specie quando perdeva a carte con le sue amiche del venerdì pomeriggio.
“Mi dica.” Cercai di mantenere il mio solito tono di voce, ma credo che questa fosse un po’ diversa dal solito.
“Se vuoi avere successo nella recita contro Courtney dovrai conoscere un po’ meglio mio nipote. In poche parole vi chiedo di fare quello che stavate facendo fino a pochi minuti fa.
Familiarizzate il più possibile e se serve, diventa gelosa e tira fuori gli artigli per il tuo uomo.”
“Ma signora…” Lei non era propensa a smettere di parlare e infatti mi interruppe subito.
“Il mio nipotino è un ragazzo sveglio, ma quando si tratta di donne è un po’ tonto, come tutti gli uomini del resto. Però Scott ha un grandissimo pregio: quando vuole qualcosa e capisce che non può rinunciarvi, lotta con le unghie e con i denti.
Non so se mi sono spiegata bene.” Non avevo capito niente da quel discorso della mia anziana coinquilina, ma in questo caso era meglio fare buon viso a cattivo gioco.
“Si è spiegata perfettamente.” Era una bugia grande come una casa, ma non potevo chiederle di ripetere. Sarebbe stata capace di essere più schietta e quel segreto che aveva lasciato trapelare per metà volevo scoprirlo da sola.
“È pronto in tavola.” Urlò lui nella nostra direzione e dopo aver aiutato Fanny ad alzarsi, iniziammo a mangiare e parlammo per un po’ della vita della povera nonna che ci raccontò di come aveva incontrato il suo Anselmo e di altre peripezie che aveva sopportato durante la sua lunga vita.
Finita la cena restammo alzati fino alle 23 e poi ognuno inizialmente decise di andare nelle sue stanze, mentre lui decise dopo un attimo di incertezza di restare sveglio a guardare la televisione.
“Non vai a dormire Scott?” Chiesi mentre salivo le scale e mentre lui monopolizzava il divano.
“Le prossime lezioni d’Università le conosco a memoria e i libri che mi servono sono tutti qui dentro.” Si picchiettò quindi due dita sulle tempie e mi sorrise.
“Ho capito.”
“E tu?” Mi chiese con un ulteriore sorriso smagliante.
“Domani ci sono le lezioni di recupero e credo che resterò a casa anch’io. Potrei invitare qualcuno?” Sentivo la nostalgia delle mie compagnie di classe e avevo una voglia matta di parlare con loro per informarle delle ultime novità.
“Fai come se fossi a casa tua.” Mi rispose ridendo appena.
“Vorrà dire che inviterò i miei migliori amici.”
“Mi fa sempre piacere conoscere gente nuova. Non vedo l’ora di incontrarli.” Siccome per l’indomani non avevo troppi impegni decisi che sarei rimasta sveglia anch’io per fargli compagnia e poi Zoey e gli altri sarebbero arrivati solo dopo le 15.
“Resti anche tu?” Mi chiese, vedendomi al suo fianco.
“Certo.” Risposi, ben sapendo che sarei crollata non appena avrei appoggiato la testa sui cuscini morbidi di quel comodo giaciglio.
 
   
 
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