Storie originali > Soprannaturale
Segui la storia  |       
Autore: Tessa Fray    16/09/2015    0 recensioni
Mi chiamo Adele Morris, ho 18 anni e una vita normalissima. Normali drammi adolescenziali. Normale migliore amica. Normale ex ragazzo. L'unica cosa che non mi sembra normale sono io. Troppo chiusa in me stessa, troppo noiosa, troppo poco interessante. Volevo cambiare, essere normale come lo sono tutti gli altri.
Ma non mi sarei mai aspettata che il prezzo per cercare di ottenere la normalità sarebbe stato così alto...
Genere: Romantico, Sovrannaturale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il casino che è successo è solo per colpa tua. Il casino che è successo è solo per colpa tua. Il casino che è successo è solo per colpa tua. Se quelle parole avessero risuonato ancora per un po’ nella mia testa mi sarebbe venuta un’emicrania con i fiocchi. Dopo avermi gentilmente ricordato la mia inadeguatezza a quel posto ed essermi prontamente difesa fissandolo scioccata come un pesce lesso boccheggiante, Shaytan mi aveva piantata in asso nel corridoio e, in tutto il tempo che avevo impiegato per ritrovare la mia stanza e durante la notte, le parole che mi aveva sputato in faccia avevano risuonato prepotentemente nella mia testa. Le avevo persino sognate associate a immagini stupidissime, come un enorme vassoio di frittelle di mia mamma che mi era scivolato dalle mani. Ora che ci ripensavo, quello era stato un vero e proprio incubo. Mia madre era impettita, con le braccia sui fianchi (pessimo segno), e mi urlava contro, solo che la voce non era la sua, ma quella di Shaytan, e per questo spaventava ancora di più. Pure mentre seguivo Luc nei corridoi quelle parole faticavano a lasciarmi in pace. Lui si era presentato a quelle che sosteneva essere le nove di mattina, cosa che non avevo potuto appurare dato che non conoscevo ancora il modo per capire che ora fosse all’inferno, e mi aveva letteralmente buttata giù dal letto, sollevandomi di peso e spintonandomi nei corridoi. Anche ora di tanto in tanto mi dava qualche pacca.
- Smettila, mi stai irritando! – mi lamentai, insultandolo mentalmente con le mie parolacce più fantasiose. Per tutta risposta mi diede uno spintone ancora più forte che mi fece quasi inciampare.
- Muoviti. – La sua voce annoiata e atona riusciva solo a far crescere il mio malumore. – Oggi inizierai a recuperare i ricordi del tuo passato, e finalmente smetterai di sbavare su quel letto. –
- Io non sbavo! – protestai indignata. Ma guarda te quello stronzo! Girai la testa per fargli una patetica linguaccia, e le sue labbra si piegarono in un ghigno pericoloso.
- Sbavi eccome, pidocchietto. –
Sentivo il sangue ribollirmi dentro. – Come mi hai chiamata? –
- Sbrodolina. –
- Smettila. – lo imbeccai.
- Pidocchio sbrodolone. –
- Ma che diamine! – sbattei i tacchi per terra, incrociando le braccia, infuriata come non mai. Quel ragazzo era terribile. E continuando a prendersi gioco di me in quel modo avrebbe dovuto iniziare a guardarsi intorno. Avrebbe potuto trasformarmi in un’assassina. Un’assassina che non era nemmeno capace a farsi da sola la ceretta perché faceva troppo male. Chi volevo prendere in giro. Patetica. Il triste risultato fu che guadagnai una nuova spinta, più forte delle precedenti, e che i miei piedi si incrociarono, facendomi schiantare a terra.
- Merda! Questa volta ti ammazzo! – La sua lieve risatina mise a dura prova il poco contegno che mi era rimasto. Senza tante cerimonie, mi sollevò le gambe e iniziò a trascinarmi. I capelli mi erano tutti finiti in faccia, coprendomi la vista, e il mio sedere sfregava fastidiosamente sul pavimento. Provai a divincolarmi scalciando come una matta.
- Lasciami! Lasciami! – dalle urla che facevo, probabilmente, dovevo sembrarla davvero una matta.
- Credo che questo momento resterà impresso nella mia memoria in eterno. – Mi schernì Luc, mantenendo stretta la presa sulle caviglie.
- Giuro … se non mi lasci …! – Lo sforzo che facevo per tirarmi appena un po’ su e parlare era disumano. I miei addominali protestavano con foga.
Non serviva vederlo in faccia per capire che Luc si stava divertendo un mondo. – Ah ah, Adele, se continui così dovrò portarti a fare un tour alle fosse infernali. – mi scoccò un bacio volante.
- Che vuoi che sia, sono già all’inferno! – mugugnai a denti stretti, esasperata.
Quando arrivammo nella nuova saletta, ebbi il permesso di risollevarmi in piedi. Ci trovavamo in una specie di sgabuzzino privo di luci. Le pareti scure e l’assenza di finestre fecero faticare i miei occhi, che impiegarono qualche istante per mettere a fuoco le ombre.
- Che tipo di allenamento dovrei fare in un buco appena più grosso della mia macchina? – domandai scettica al mio accompagnatore, che era rimasto alle mie spalle, bloccandomi l’uscita.
Luc si appoggiò allo stipite della porta, con le braccia conserte, mentre un rapido sorriso gli attraversò il volto.
- Per recuperare te stessa devi prima mettere ordine nei tuoi pensieri. La tua mente sta compiendo un viaggio per lei estenuante. –
Con la testa annuivo, ma la mia espressione credo che mi tradisse, perché proprio non capivo dove volesse andare a parare. E dato che, ahimè, Luc non sembrava affatto stupido, si accorse che non stavo capendo niente e continuò a spiegare.
- La meditazione ti permetterà di ritrovare il tuo centro. Solo allora potrai davvero permettere ai tuoi ricordi di affollarti la mente. – Quelle parole che suonavano così filosofiche alle mie orecchie, dette da lui sembravano una lezioncina imparata a memoria da un bambino per compiacere il maestro. In una parola, erano irritanti.
- Quindi tutto quello che devo fare è meditare? – ero visibilmente allibita. – Che cagata. – sibilai. Luc mi sentì di sicuro, ma saggiamente decise di ignorarmi, chiudendosi la porta alle spalle e andando ad accomodarsi appoggiato a una parete. Il buio ci inghiottì, l’unica cosa vagamente luminosa erano i nostri occhi.
- Siediti al centro della stanza e fa come ti dico io. – ordinò Luc.
Mi posizionai in un punto freddo del pavimento, come aveva detto lui, e mi sedetti incrociando le gambe.
- Bene, ora chiudi gli occhi e concentrati. –
- Se li tengo aperti non fa nessuna differenza, non vedo lo stesso un accidenti. – replicai asciutta.
- Chiudi la bocca. – mi rimbeccò.
- Non erano gli occhi? – domandai da finta innocente. Rispondergli con le piccole frecciatine mi riempiva di soddisfazione. Era una lotta a chi aveva la testa più dura.
Poi li chiusi, ma la mente continuava ad affollarmisi di pensieri su pensieri senza senso.
- Concentrati, ho detto. – Il tono di Luc, il quale come sempre riusciva ad acquisire una perfetta immobilità, era persuasivo.
- Mi sto concentrando. – mentii.
- Sei una pessima bugiarda. –
- Sei tu che hai il radar per le bugie. Io mento benissimo. –
- Se ne sei così convinta … -
Decisamente non saremmo mai diventati amici.
Trascorsi almeno un’ora strizzando gli occhi e cercando di non pensare a niente, con risultati davvero pessimi. La presenza di Luc di certo non aiutava, perché le sue continue intromissioni e il suo ego smisurato proprio non mi lasciavano respirare.
- Basta, non ce la faccio più! – esclamai a un tratto, sfinita. Luc non si scompose, nemmeno quando scattai in piedi. In quel momento la temperatura nello stanzino precipitò e la porta fu attraversata da una figura umana indistinta. Mi schiacciai contro il muro alle mie spalle, preoccupata che fosse una qualche specie di demone, quando la figura parlò, rivelandosi essere Shaytan.
- Allenamento inconcludente? –
Se ero agitata per l’improvvisa comparsa di una creatura infernale, il fatto che la creatura in questione fosse Shaytan mi faceva letteralmente impazzire. Che ci faceva lui, qui? Dopo le parole che mi aveva detto … forse aveva deciso di tormentarmi. Possibile. Forse voleva risucchiarmi l’anima. Possibile di nuovo.
- Stai calma Adele, ero solo venuto a controllare. –
Rabbrividii, stringendomi le braccia intorno al corpo.
- So-sono perfettamente calma. – Che ci fai qui?, pensavo.
- Il tuo battito cardiaco è accelerato. – Shaytan aveva un sopracciglio sollevato, come per dirmi che non serviva che continuassi a dire bugie perché tanto lui sapeva già tutto.
- Non puoi sentirlo. – Ma che … aveva altri superpoteri oltre al controllo del fuoco?
- Sì. – risposta davvero inquietante. Sì, si sentiva il battito, o sì, aveva altri superpoteri?
- Comunque – proseguì lui – passavo per vedere come andava la tua prima lezione. – Figura sfocata o meno, riusciva sempre a impappinarmi il cervello da quanto era magnetico. – Quindi continuate pure, fate come se non ci fossi. –  Come se fosse stato facile ignorarlo e basta. Semplicemente, se c’era lui nella stanza, era impossibile non notarlo. Feci comunque del mio meglio per restargli indifferente. Ancora non sapevo se ce l’avesse o no con me, ma non dovevo assolutamente mostrargli come la sua presenza mi rendesse un pezzo di burro.
- Fantastico. – esultò Luc senza un briciolo di entusiasmo.
Liberare la mente era davvero un’impresa. Era impossibile! Ogni volta che mi sembrava di toccare il nulla, prontamente esplodevano colori e pensieri fin troppo rumorosi, la maggior parte dei quali legata a Shaytan. Era molto irritante. Non contava nulla per me. Non era nessuno. Lo conoscevo a mala pena, eppure era diventato una costante irremovibile.
Non passò nemmeno un’altra mezz’ora prima che Luc decidesse di finirla come primo giorno. Disse che ero disgustosamente incapace. Una palla al piede. Ero troppo sfinita per dargli corda. Mi limitai a sollevare le spalle con aria sconfitta, prima che mi desse appuntamento per tutta la prossima settimana alla stessa ora di quel giorno e sparisse lungo il corridoio.
La mia agitazione crebbe istantaneamente. Mi aveva lasciata da sola con Shaytan. Mi affrettai a rassettarmi i vestiti e a tirarmi su, per rivolgere qualche parola veloce di congedo a Shaytan prima che potesse impedirmi di andare via, ma lui fu più veloce di me.
Spostò la sua figura distorta davanti alla porta prima che riuscissi a varcarla.
- Shaytan, non volevo … - Non volevo cosa? Non sapevo nemmeno cosa avevo fatto. Desideravo solo che non fosse arrabbiato con me, ed era un desiderio del tutto irrazionale.
- Ti prego, non ancora. – disse lui  a bassa voce, roco. Teneva lo sguardo basso e i capelli gli ricadevano  morbidi sulla fronte, nascondendogli parte del viso.
- Non ancora … cosa? – sussurrai impietrita.
Restò in silenzio per diversi secondi, prima che sollevasse lo sguardo su di me e mi rispondesse.
- Io … no, niente. – L’oro liquido dei suoi occhi era così intenso che sarei potuta annegarci dentro.
Non sembrava intenzionato a spostarsi da lì, né tantomeno a dirmi cosa avevo combinato. Così cercai di schivarlo, ma lui si mosse per bloccarmi. La sua mano avrebbe dovuto serrarsi sul mio polso, invece mi trapassò, da parte a parte, gelandomi sul posto. Si immobilizzò, il braccio immerso fino al gomito dentro il mio corpo. Lo fissai con gli occhi sgranati. Poi si riscosse e allontanò di getto la mano e ogni centimetro del suo corpo da me. Fece una specie di mugolio, un verso di protesta, e rimase a fissarsi la mano, come se osservandola con maggiore intensità avesse potuto fare qualcosa. Ma cosa? La frustrazione e il senso di sconfitta erano più che evidenti sul suo volto. A un tratto sorrise amaramente, gettando mollemente le braccia lungo i fianchi.
- Mi ha proprio conciato per le feste. – disse con una risata sommessa, derivante in realtà dal nervosismo e dall’isteria. – Non sarò mai … mai niente. –
Guardarlo mi faceva male. Non capivo quale lotta lo devastasse a tal modo, ma avrei tanto voluto sapere. Magari avrei potuto aiutarlo. Con Vee avevo fatto la parte dell’ascoltatrice tante di quelle volte. Subito dopo che il pensiero mi attraversò la mente, aggrottai la fronte. Vee … chi era? Non riuscivo a trovare nessuno volto da associare a quel ricordo.
- Shaytan … -
- Adele, smettila. Se continui, io … - Shaytan adesso guardava me. Dal suo sguardo sembrava un bruco che osservava le ali di una farfalla: aveva scritta in faccia la disperazione di chi sa di non poter far nulla per ottenere ciò che brama.
Lentamente, davanti ai miei occhi, iniziò ad arretrare, come se fossi pericolosa, io, un’umana.
- Prova a dirmi cosa c’è che non va. – lo incoraggiai. Lo avevo visto fare il duro con Harrison. Shaytan era una persona con del carattere, non sembrava un perdente, uno che molla. Un altro passo indietro.
- Magari se ne parli non ti sembrerà più così difficile. – Dovevo aiutarlo, in qualche modo. Non sapevo nemmeno perché, ma era così. Ostinato, continuò a tenere la bocca serrata e ad arretrare.
Lacrime irrazionali iniziarono a pungermi gli occhi. – Se non fosse stato per te … - sussurrai. Avevo visto Shaytan dominare il fuoco come fosse un’estensione del proprio corpo, come se lui stesso fosse il fuoco. Era stato un spettacolo eccezionale. Non poteva star male così. Lui era forte. Lo sentivo.
- Se non fossi intervenuto, se non avessi fatto quello che hai fatto, sicuramente non sarei più qui a parlarti. – gli dissi, con le guance bagnate. Dannazione, non ci arrivava? – Io vorrei solo capirti un po’ meglio. Da quando sono qui sei stata l’unica persona a restarmi più vicino … e non ho paura di te. Non sei un mostro. – credevo fermamente in ogni parola che avevo detto. Era grazie a lui se ero viva. Era grazie a lui, nonostante tutto, se forse non ero ancora impazzita. Mi aveva avvisata, e io non avevo voluto dargli retta. Ora ne stavo pagando le conseguenze.
Quella barriera che si era eretto intorno sembrava così solida e impenetrabile … e invece, a un tratto, qualcosa di quello che dissi dovette fare breccia, perché avanzò di un passo, poi di due, e finalmente me lo ritrovai di fronte, a un palmo dal mio naso. Mi prese entrambe le mani con le sue, questa volta senza passarmi attraverso, semplicemente le appoggiò sopra le mie. Non passò nemmeno un secondo che sentii quello strano effetto che provocava il suo tocco. Chiusi gli occhi, mentre sentivo che le ginocchia perdevano stabilità e il freddo si irradiava nel mio corpo attraverso le vene. Finì prima che me ne accorgessi e, con stupore, sentii la pressione di un pollice sulla mia guancia, per asciugarmi le lacrime. Aprii gli occhi, e vidi che Shaytan adesso aveva la sua forma nitida. Ci fissammo così, immobili, per qualche secondo, poi arrossii, ritraendo la mano ancora rimasta intrecciata alla sua.
Gli angoli della bocca gli si incurvarono verso l’alto e, tra le gambe molli e quel sorriso, stavo quasi per accasciarmi al suolo.
Ma Shaytan serrò la presa su di me prima che potessi cadere, mi sollevò e mi strinse forte vicino al suo petto. Inspirai forte il suo odore, che mi fece girare la testa. Ero sempre più irrimediabilmente presa da lui, ogni giorno, ogni minuto, ogni secondo che passava.
- Vorresti davvero sapere cosa sono? – mi soffiò sul viso.
Sì, sì che lo volevo. Rischiavo di impazzire altrimenti. Annuii piano con la testa, non azzardandomi a parlare, finché il suo sguardo non fu di nuovo serio e, con tono sommesso, tenendomi sempre in braccio mentre si spostava nel labirinto infernale, disse: - A farmi diventare così è stato Belzebù. -






Ciao a tutti, ecco qui il nuovo capitolo, dopo un sacco di tempo! Scusatemi infinitamente! Spero che vi piaccia, e vi sarei grata se lasciaste delle recensioni per farmi sapere cosa ne pensate! Un bacio,
Tessa Fray 
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale / Vai alla pagina dell'autore: Tessa Fray