Long live the lioness
“Don't look down
Up this high, we'll never hit the ground
Don't look down
See that sky?
We're gonna reach it
now”
Don’t Look Down, Martin
Garrix
Meereen
Sebbene non fosse nemmeno
mezzogiorno, il sole batteva crudele, cocente e implacabile sui mattoni di
mille colori della grande piazza. L’inferno
sceso in terra. L’aria era talmente densa e spessa che si sarebbe potuta
tagliare con un coltello.
Stringendo l’elsa di Blackfyre
poteva percepire quanto il metallo si stesse scaldando sotto quei raggi
roventi.
Almeno
sarebbe stato un caldo addio.
Questo pensiero lo fece quasi
sorridere. Era rassicurato e allo stesso tempo anche un po’ irrequieto per
quell’incarico.
Ma non aveva potuto fare a meno
di accettarlo quando lei gliel’aveva proposto. Si era fidata di lui. Non poteva deluderla. Doveva sostenerla in questo
tragico…epilogo.
Sospirò. Sebbene avesse dormito
poco e niente quella notte, non si sentiva stanco. Quella notte…
Dopo quello che aveva visto, non
se lo aspettava. Il mercenario, o meglio, il re di ferro, aveva provato a
spiegarsi, a giustificarsi, a fornire ragioni, motivazioni. E il suo potere
dissuasivo era straordinario. Aveva fatto leva su ogni cosa, esaltato e gonfiato
ogni vittoria, ogni aiuto, ogni gesto fedele verso quella che lui continuava a
chiamare la sua regina.
E
alla fine aveva anche ripiegato suo quello che Daenerys provava per lui.
Lei era rimasta in silenzio,
impassibile, con lo sguardo perso, gli occhi vuoti.
Il suo volto era una maschera di
gelido acciaio, imperturbabile e…costante in una leggerissima ma
indistinguibile pennellata d’ira.
Alla fine la piovra aveva
esaurito le parole e, con il suo usuale sorriso beffardo alterato solo
leggermente da quell’incertezza, aveva mosso un paio di passi verso di lei.
L’espressione di Daenerys si era rilassata
in un sorriso quasi compiaciuto per un istante. Gli occhi del mercenario erano
brillati, astuti, crudeli, sicuri. Non
aveva dubitato nemmeno per un attimo di poterla convincere, sedurre, ingannare
ancora.
Ma la voce di lei era risuonata
potente, furibonda, selvaggia per la sala. Ogni
parola trasudava collera, era uno scorcio su ciò che si portava dentro. L’odio,
il ribrezzo, il disprezzo che provava per quell’uomo…
“Tu…tu hai…” la sua voce indugiò per un istante, mentre sul viso...quasi le si componeva una risata folle.
“Tutto
quello che noi…hai…hai sempre e solo provato a portarmi via i miei figli”
Aveva scosso la testa, mandando
giù a fatica.
“I don’t want to forgive you…I can’t forgive you…I
will never forgive you”
Si era voltata, non volendo mai e
mai più vederlo.
Aegon era rimasto impressionato da
tanta sicurezza, determinazione, forza.
Ma
in fondo non la conosceva così bene. E lei era sangue del drago, interamente,
sangue del drago. Eppure…si aspettava che la sua indole cedesse.
E infatti , alla fine, era andata proprio così.
Era ormai notte fonda quando
l’ancella era venuta a bussare alla sua porta.
Si era sentito quasi sorpreso ma
anche un po’…soddisfatto. Se lo aspettava
del resto.
La salita verso la cima della
piramide gli era parsa lunghissima e dannatamente breve allo stesso tempo. Era
curioso, sicuro, soddisfatto, ma anche dubbioso, diffidente e...un po’ impaurito
Daenerys l’aveva accolto nel suo
letto, tra le sue lenzuola. Si era stretta a lui, con il volto schiacciato
contro il suo petto e i capelli argentei che le coprivano la faccia. In quella notte tanto gelida per lei, aveva
bisogno del calore che solo lui, che solo un altro drago poteva darle. In lui
aveva cercato quel calore e...l’aveva trovato. Il suo respiro così lento,
regolare, ritmico, forte, quasi familiare, la rassicurava.
Una
parte di lei si sentiva gelare, dal capo fino ai piedi. Brividi le risalivano
la pelle, a tratti perdeva le sensazioni agli arti, avvertiva il freddo
penetrarle fin nelle ossa. Eppure un’altra parte di lei non desiderava altro
che buttare via tutte quelle coperte e la leggerissima tunica che portava.
L’unico calore di cui aveva bisogno era quello dell’altro drago che giaceva di
fianco a lei.
Istintivamente Aegon l’aveva
cinta con le braccia, portando le mani dietro la schiena di lei.
Non
sapeva cosa dire…qualsiasi cosa che gli veniva in mente pareva così poco
adatta, idiota, priva di ogni senso o conforto.
Ma alla fine si era, si erano, resi conto che quel silenzio
bastava a entrambi.
Erano
draghi. Senza saperlo, avevano così tanto in comune. Una vita passata lontani
da casa, nascosti, in una continua e infinita lotta per rimanere al sicuro e
soprattutto vivi. Tanti problemi, dilemmi, difficoltà superate stringendo i
denti, tendendo duro, tutto al pensiero di quello che un giorno sarebbe
accaduto.
Ma
soprattutto erano stati soli, tremendamente, dannatamente soli. Aegon aveva
sempre saputo di lei, ma per lui non era stata che un’immagine lontana,
sfuocata, quasi irreale. Come l’occidente del resto…
E
lei invece…non osava immaginare come si fosse sentita quando Viserys era stato
ucciso. La sola idea lo atterriva, lo sconcertava, lo mandava a perdersi tra
mille ragionamenti e supposizioni che non avevano né capo né coda. E poi…
No, no, no. Non poteva perdersi
in tali assurdi pensieri lì, in quel momento.
Daenerys era stata forte per così
tanto, si era portata una tale responsabilità sulle spalle, aveva combattuto
quella solitudine. E insieme a quello aveva conquistato tre città, aveva
liberato decine di migliaia di schiavi e si era lanciata nella folle impresa di
portare e mantenere la pace in quella società follemente barbara, diseguale e
incapace di trovare un nuovo ordine.
E
insieme a tutto questo aveva anche provato ad allevare i suoi tre figli.
Ora era lui a dover essere forte,
come lo era sempre stato del resto, e sostenerla in questo momento di caos, di
confusione, di sconforto.
Di sicuro non era il primo per
lei. Ma era la prima volta che c’era un altro drago lì con lei, su cui fare
affidamento, di cui fidarsi.
Lui…si
era mai sentito così? Perdere una persona a cui era tanto legato…
Beh,
non era stata una vera perdita ma quando…quando Jon si era tolto il guanto e…
Dèi,
non voleva ricordare come si era sentito. Quella pietra grigia voleva dire una
sola cosa: morte…
Aveva
già superato tanti traumi, problemi, scelte difficili…ma quello. Non aveva mai
affrontato qualcosa di simile prima. Del resto, non aveva mai avuto
nessuno…nessuno a cui legarsi, nessuno che fosse indispensabile, nessuno senza
il quale la sua vita non sarebbe potuta più essere la stessa. Ma Jon…
Era
stato l’unico che c’era sempre, sempre stato, l’unico modello, l’unica figura
familiare e costante che aveva avuto.
Jon aveva sempre fatto di tutto
per non sembrarlo, non aveva mai preteso di esserlo, non si era mai atteggiato
come tale…
Ma
era stata la cosa più vicina a un padre che avesse mai avuto…e una parte di
lui, per molto, forse troppo tempo, l’aveva considerato davvero come tale.
Aveva superato quella fase da
tanto quando lui aveva finalmente rivelato il terribile morbo che lo aveva
colpito…ma Jon rimaneva comunque la
persona che più di ogni altra gli era stata vicino, l’aveva sostenuto, l’aveva
cresciuto, l’aveva preparato per il difficile e incerto futuro.
La sola idea di perderlo…non
riusciva ad ammetterlo a sé stesso, non voleva ammetterlo a sé stesso, ma non
poteva nemmeno concepire quell’idea…di non avere il vecchio cavaliere al suo
fianco.
Ma per fortuna si era risolto
tutto…più o meno, ma si era risolto.
Quello che si diceva su quel guaritore di Braavos era vero. Era riuscito a
salvargli la vita. Nulla sarebbe più stato come prima per Jon, ma al cavaliere
andava bene così. E lui…beh, si era sentito enormemente sollevato per questo.
Avrebbe avuto al suo fianco il suo più grande sostenitore fino alla fine.
Sospirò.
I ricordi di quella notte si
avvicendavano nella sua mente, in una spirale senza fine. No. Quello che aveva provato quando Jon…non era paragonabile. Quello
che stava distruggendo Daenerys era qualcosa di diverso. E lui non l’aveva mai…
Un pensiero che non avrebbe mai
voluto avere, un ricordo che aveva sepolto in un angolo remoto della memoria
gli balenò in testa.
“No, no, no” si comandò, si ordinò, urlando mentalmente.
Alys era stata solo un errore…certo, il miglior errore che avesse mai
fatto, ma era pur sempre un errore.
Non poté fare a meno di
sorridere, con la solita malinconia.
Aveva tanto voluto dimenticare, dimenticare così ostinatamente, che aveva
persino scordato quanto fossero belli quei ricordi.
Sembravano
passati secoli…beh, in effetti…aveva quanto all’epoca? Quattordici anni? Chissà
dov’era ora lei…gli interminabili viaggi del padre l’avevano portata
probabilmente dall’altro capo del mondo. L’avrebbe mai più rivista? E se…
“No, no, no” si comandò ancora. Lui era il sangue del drago, il
principe dei Sette Regni, l’eroe profetizzato, aveva delle responsabilità, dei
doveri. Non poteva farsi trasportare,
dominare, corrompere da quegli stupidi e inutili ricordi. Sognare ad occhi
aperti non gli era più concesso. Non era più un ragazzino.
Aveva dei doveri. E in quel
preciso momento, ne aveva uno verso Daenerys. Dopo sussurri infiniti, timidi e
senza fine né scopo fine, lei gliel’aveva finalmente chiesto.
E
lui non aveva potuto rifiutare.
Riportò a fuoco gli occhi.
Avevano portato il prigioniero,
il vile, l’orrendo traditore davanti a suoi piedi. Il collo della piovra era
già appoggiato sul ceppo.
Lo
guardò un’ultima volta in faccia.
“Hai delle ultime parole, traditore?” gli chiese, con voce carica
di distacco, repulsione e disprezzo. La sua mano andò meccanicamente a ripetere
il gesto oramai istintivo. Con un fulmineo movimento Blackfyre volteggiò
fendendo l’aria e creando mille e mille bagliori.
La voce di Euron risuonò
nell’aria, sempre con quella nota beffarda e presuntuosa.
“What is dead
may never die”
Aegon sorrise,
quasi caparbiamente.
“What is dead may never die” sussurrò
divertito. Lo ripetè quasi più per sé
stesso.
“Che motto stupido” disse,
scuotendo la testa.
Il sole era oramai allo zenit.
Nella piazza regnava un silenzio surreale.
Blackfyre sibilò come un fulmine
nell’aria densa e torrida.
E un attimo dopo ciò che è morto…era morto.
- - - - - -
Perle
di oro e bronzo fuso. Ecco cos’erano quei giganteschi occhi.
Un ondata di caldo lo investì. E
un istante dopo arrivò il fragoroso, feroce, primordiale e terrificante
ruggito.
Vedeva un bagliore accecante tra
le fauci spalancate, tra le lunghissime e affilate zanne vermiglie di sangue. Fuoco. E lui era altrettanto.
Allungò una mano verso quel muso
gigantesco.
La sua pelle sfregò contro le
squame ruvide, rugose, ma soprattutto…roventi.
Un sibilo acuto e lugubre allo
stesso tempo si levò, facendo vibrare l’aria.
Il sole era oramai morto quasi
completamente dietro l’orizzonte, dentro al mare del tramonto. Il solo andava a casa, a occidente.
Mentre lui…no, non ci voleva pensare.
A poco a poco il drago aveva
avvicinato il muso a lui, arrivando all’altezza delle sue spalle.
Quei movimenti gli vennero
istintivamente. Non ordinò nulla alle sue gambe, eppure si mosse. Assisteva
quasi da spettatore a quella scena, mentre il suo corpo agiva da solo. Tutto pareva andare alla velocità della luce
e al rallentatore insieme.
Gli sembrava di sognare ad occhi
aperti, di non essere veramente lì, in sé.
Ma
invece lo era.
Una sensazione strana, nuova,
forte lo attraversava. Gli mozzava il respiro…era qualcosa di fantasticamente, incredibilmente, follemente bello.
Improvvisamente si ritrovò a
vedere il collo dell’animale…da sopra.
Parole che non aveva mai
pronunciato né imparato uscirono dalla sue labbra.
Il drago reagì incarnando la
schiena, sibilando e ruggendo assieme.
Dispiegò le ali bronzee nell’aria.
Con un movimento lento e quasi solenne si levò dalla cima della grande
piramide.
In una corsa a folle velocità
sorvolarono a bassissima quota la città, lasciandosela presto alle spalle.
Ad Aegon pareva sempre di stare
vivendo un sogno, si sentiva così
estraniato, così…
Ma quella sensazione di prima si
era fatta sempre più forte. E poco a poco tornò a percepire i sensi.
L’aria gli accarezzava il volto,
fresca, leggera, scompigliandogli i capelli argentei. Le sue mani si
stringevano sul dorso del drago, così ruvido eppure…quasi familiare, confortante. E quell’odore, quel misto di zolfo,
carne e…e di sangue e fuoco era selvaggiamente
e follemente inebriante.
Ma più di ogni altra cosa, più di
ogni altra sensazione…quello che
percepiva sotto di sé, tra le sue gambe, che cingeva coi polpacci e le cosce…
Aveva sentito tante volte dire
che un drago era fuoco divenuto carne.
E
in quel momento niente gli pareva più vero. Il calore che la bestia emanava…era
qualcosa di spaventoso. Non gli faceva certo male, ma era impressionante, unico,
inimitabile. Poteva terrorizzare, ma per lui non era così.
Quella
sensazione…era straordinaria. E l’insieme di tutto quello che stava provando,
ora, lì, pienamente cosciente era…
Non
riusciva nemmeno a concretizzare cosa lo attraversava, era troppo forte, troppo
bello per essere descritto.
Si chiedeva come avesse fatto a
vivere fino ad allora senza fare quello…
Niente e nessuno avrebbe potuto
togliergli in quel momento il sorriso dal volto, il sorriso più sincero, più
vero che avesse mai avuto.
Agendo di istinto, come se
l’avesse sempre saputo fare, si chinò in avanti, lungo il collo della bestia.
“Dracarys” sussurrò al drago verde che portava il nome di suo padre.
I suoi occhi viola ossidiana
brillarono riflettendo la luce della colossale nube di fuoco che l’animale
aveva eruttato.
Soffiò fiamme nel cielo,
volandoci poi attraverso. Le lingue di fuoco accarezzarono il volto del
principe, solleticandolo appena.
Lui
era il sangue del drago. Il fuoco era parte di lui, non poteva esserne bruciato.
Continuarono a volare, a salire,
a lanciarsi in picchiata senza apparente meta né scopo. Aegon oramai si sentiva parte di Rhaegal, e Rhaegal era parte di lui.
Passarono ore, giorni, settimane.
Il sole era sembra stato lì, oltre l’orizzonte, era sempre la stessa notte, o
forse era sorto e tramontato decine e decine di volte. Il principe non avrebbe
saputo dirlo.
All’improvviso si rese conto di
dove erano arrivati.
Ma
certo. Avevano seguito entrambi il loro istinto più recondito, più profondo,
più selvaggio. E questo li aveva portati…
A
casa.
Nubi di fumo aleggiavano sulle
acque sotto di lui. Rovine scheletriche si erigevano precarie all’orizzonte,
sempre immerse in quella nebbia surreale.
Anche l’aria aveva un sapore, una
consistenza diversa.
Rhaegal sibilò, qualcosa che
poteva essere paura. O felicità.
“Whe are at home…” sussurrò al drago, mentre una nuova sensazione lo
pervadeva.
Quella folle e magnifica
cavalcata aveva fatto svanire ogni suo dubbio, ogni suo pensiero negativo, ogni
problema. Tutto ora gli appariva limpido e chiaro. La testa gli scoppiava a
Meereen, mentre qui…
Qualcosa
gli diceva che era veramente a casa. E che lì avrebbe trovato le risposte alle
domande che portava dentro di sé da tutta la vita, e a che non aveva mai avuto
il coraggio di affrontare.
Sentiva nascere dentro di sé una
nuova forza, una nuova carica, una nuova determinazione, che rinvigoriva la sua
indole e sconfiggeva ogni dubbio.
Ma soprattutto sentiva nascere la
consapevolezza di…
Guardò il drago, e guardò sé
stesso.
Non
sapeva come avesse potuto farne a meno fino ad allora, ma in futuro…
Sentiva
che la sua vita era quello, quello e niente altro. Sentiva…
Sospirò, mentre una nuova nota di
malinconia si faceva strada sul suo volto.
Sentiva,
anzi sapeva, di essere nato per fare quello, quello e niente altro.
Note dell’autore:
here, i’m back.
Pardon un'altra volta il ritardo,
ma tra studio, routine ripresa e l'azienda con cui collaboro in cui il lavoro va puramente a caso oramai mi
rimane davvero poco pochissimo tempo per scrivere (maledetta Xiaomi).
No a parte questi scleri contro i
mie pazzi “capi”, eccoci a un nuovo capitolo.
Come avevo preannunciato,
Aegon-centrico. Ero partito dall’idea del suo primo volo, ma poi…
La parte sulle reazioni di Daenerys...l’ho fatta e
cancellata, fatta e cancellata, non mi piaceva mai, non rendeva bene quello che
volevo trasmettere. Spero di esserci riuscito in questa ultima stesura. Parlare poi
di un personaggio complicato e già
caratterizzato in modo tutt’altro che approssimativo come Dany non è
mai
facile. "Giocare" con lei non è semplice, e qui la sto affrontando
dagli occhi di qualcuno che le è estremamente simile ma al contempo
estramente diverso ed estraneo. Fatemi sapere cosa ne pensate.
Per il resto...caraterizzare Aegon mi sta piacendo davvero tanto, qui
ho cercato di approfondire il suo rapporto con Jon, Connighton
ovviamente (che comunque vedremo meglio in futuro...) e poi...diciamo
che l'accenno a questo nuovo personaggio, Alys...potrei chiarire, ma
non lo faccio. Vedrò di continuare il discorso in futuro...
Il volo con Rhaegal è stato il nucleo originario del capitolo e...beh,
lascio a voi commentare. Dato il tema, non mi sono potuto astenere da
citare Don't Look Down...Martin Garrix è il migliore e...nada, spero
che questa canzone possa piacere anche a voi.
Penso che abbiate capito dove ho
fatto arrivare Aegon ma…non lo vedremo nel prossimo capitolo.
Ripetendomi ancora, questo suo viaggio/esperienza avrà un impatto
importante, ma la vedremo meglio poi.
Il prossimo capitolo...stavolta davvero
anticipazioni zero.
È un nodo
importante della storia e voglio davvero che il capitolo sia all’altezza di quello che
accadrà, quindi ci potrebbe volere un po' più del solito.
Nel caso, mi scuso in anticipo.
Ancora grazie tantissime ai
recensori, non smetterò mai di ripetere quanto il vostro feedback sia importante.
Quindi stay tuned e alla prossima.
E, ora come sempre, long live the lioness.
Luke