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Autore: Luna_R    18/09/2015    1 recensioni
Najla Louise Chedjou è una venticinquenne, in una Parigi agli sgoccioli degli anni sessanta.
Ha un fratello, Benjamin, che adora e la adora; una madre che in giovinezza, nonostante le rigide regole dell'epoca, fu una vera anticonformista e uno zio acquisito, che ha riportato nelle loro vite la serenità e l'arrivo di un altro fratello, Lukas. Najla è una ragazza determinata ad inseguire i suoi obiettivi da medico, sebbene la società la voglia moglie e madre, non intende rinunciare per nulla al mondo. Questa forza nasconde però una grande fragilità e il dolore di una perdita che l'ha segnata. Riuscirà il destino a farla ricredere?
*
Storia ispirata alla mia F.F Zenzero&Cannella. I miei vecchi personaggi sono andati avanti, nel prologo ho inserito le informazioni base necessarie per capire la psicologia dei nuovi personaggi, perciò non ritengo sia necessario aver letto la suddetta, ma ovviamente sarei felice se qualcuno ci passasse!
***
Capitolo 1_Non credo di essere speciale nel desiderare che le persone non soffrano più. Credo che ogni medico tutti i santi giorni debba svegliarsi con la voglia di salvare quante più vite gli sia possibile e sono certa che sia così.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Storico
Capitoli:
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Menta e Cioccolato



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Capitolo 2.


All'alba dell'appuntamento con Geremia e il club di lettori, mi ritrovo nel terzo arrondissement, che percorro a testa bassa e gambe veloci per non arrivare tardi. Sono esageratamente nervosa; saranno gli occhi scuri di Geremia, sarà il caffè nero e bollente preso al risveglio, una miscela pregiata che la mamma ha ordinato da un corriere d'Africa e che prepara con una moka italiana che le hanno regalato dei clienti in negozio, sarà il tempo passato dal mio ultimo appuntamento – se tale posso chiamarlo una pigra mattina domenicale di letture- insomma saranno tutte queste cose insieme, ma ho impiegato circa un'ora per scegliere un abito adatto, la pettinatura e i gioielli.

Nulla di trascendentale, ma ho indossato anche il cappellino, che ho prontamente gettato nella borsa dopo essermi distrattamente specchiata in una vetrina di bistrot ed essermi trovata ridicola.


Geremia mi accoglie ad un portone rosso e arruginito di una ex fabbrica del dopoguerra dai soffitti alti e il pavimento di legno, i muri con i mattoncini a vista e grandi arcate alle vetrate segnate da aste piombate; un gruppo di occhi curiosi mi accoglie dai divani, volutamente diversi fra loro per forma ed epoca, disposti a quadrato al centro dell'unica grande stanza. Mi sento subito meglio, aveva ragione sul nutrito gruppo; quattro donne e tre uomini, li conto mentre mi sbottono il cappotto di lana blu marino e prendo posto accanto ad una bellissima ragazza dai capelli rossi da un lato e un ragazzotto dalle folte sopracciglia e una strana pettinatura dall'altro.

Bene, penso, per l'eta dei loro volti credo di essere seduta accanto ai secchioni.

Tutti mi fissano adesso. Poi ricordo di prendere il mio libro dalla borsa -una copia consunta del "Conte di Montecristo"- e il ragazzotto mi batte l'indice sulla copertina del libro che tiene stretto fra le mani; "I tre moschettieri."

"Un buon inizio, no?" Dico ironica fra me e me, alzando le spalle.

La ragazza dai capelli rossi, si presenta come Louisanne, mi parla con una vocina da elfo. "Puoi seguire dal mio, se vuoi."

Accetto volentieri, Geremia assicurato il portone di ingresso viene ad accomodarsi, ma prima di sedersi mi indica. "Mia giovane nuova amica, in questo club vige la libertà intellettuale, di parola e di espressione. Ogni nuova corrente concettuale e culturale è ben accetta e non verrà messa a giudizio, semmai aperta a dibattito qualora se ne sentisse il bisogno, ma sempre rispettoso. Non vi sono distinzioni di sesso, razza o classe sociale. Ed è aperto agli amici. Non vi è impegno che ci lega, solo il nostro reciproco allietamento, non vi sono obblighi ma.." prende una lunga pausa ed ho paura di ciò che sta per aggiungere, dopo tutti i paroloni usati per quello che nel mio subconscio era solo un semplice club di lettura, ignorando avesse bisogno di regole, oltretutto discusse con così tanta scioltezza. "..se tu per esempio sei una buona cuoca o un amante dei vini.." in quel preciso momento una delle quattro donne, la più anziana con un cipiglio duro sul volto, tira fuori dalla borsa di coccodrillo un Sauvignon, sventolandolo come un cimelio di guerra.".. ecco proprio come ti sta mostrando Florence, se la generosità o l'arte della cucina è un tuo pregio, sentiti libera di accompagnare queste letture con ciò che più preferisci. Possibilmente commestibile."

Un club con delle regole, dove non si disdegna qualche stuzzichino. Tutto quà? Tiro un sospiro di sollievo e mi sento anche divertita.

Visto la serietà dell'interlocutore, credo devo tenerlo bene a mente, poi mi soffermo sulla figura di Geremia e penso che non ci sia nulla di troppo ordinario in lui, qualche formalità sarà senz'altro dettata da qualche spiacevole episodio del passato.

Questo club sembra essere sempre più il prolungamento del suo essere.

Enigmatico.

Decido di stare al gioco. "A questo punto sono sicura che tu sappia della patisserie Fabien&Madeleine a Montmartre, che appartiene alla mia famiglia."

Alza le spalle. "Voci di quà.. voci di là.." Risponde con un sorriso giocoso.

"Oh benedetta ragazza..Geremia sa i fatti di tutti la rive Droite." Borbotta l'anziana signora.

"E quelli della rive Gauche?" Domando.

"Che domande.." Mi fa il ragazzo. "Li lascio a Florence!"

La donna scoppia a ridere e gli passa la bottiglia di vino incoraggiandolo ad aprirla.

"Tutto chiaro come vanno quì le cose, dottoressa?!"

Geremia stappa il vino e lo versa in certi bicchieri così antiquati, che il mio finisce sotto la sedia ignara delle occhiatacce di Florence.

"Najla." Rispondo tergiversando. "Chiamatemi tutti per nome, vi prego."

"Io sono Gastald." Mi fa eco l'uomo seduto accanto a Florence.

"Théa Giraud." E' il turno di questa donna minuta ma dagli occhi grandi, l'unica che si è presentata con il proprio cognome. Il tempo ha svelato perchè; un'avvocatessa squattrinata a caccia di clienti. Osservo le sue mani piccole e bianche pensando a quelle laboriose di mia madre e sorrido.

"Cristophe." Il ragazzotto accanto a me si tocca il petto. Deve essere molto intelligente e sensibile, noto, mentre il suo sguardo si posa su Louisanne forse per la terza volta. Il triangolo nel quale sono finita, chiude in bellezza uno stralcio pittoresco di Parigi, che non conosco.

Geremia sorride accondiscendente, prima di sbattere le mani e richiamare la nostra attenzione.

"Direi di iniziare a turno spontaneo, che ne dite voialtri?!"

"L'ultima volta Théa e Gastald si sono scannati. Rispettiamo il giro!" Bofonchia Florence puntigliosa. "Iniziamo pure dalla dottoressa."

Capito di avere già una nemica, mi schiarisco subito la voce, apro il tomo di Louise scorrendo l'indice sulla prima riga.


"Il primo Lunedì del mese di Aprile del 1625, il borgo di Meug.."


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Quando viene il turno di Geremia, capisco finalmente la differenza fra leggere e lettura; il ragazzo è un interprete nato, fa scorrere le parole dal diaframma alle labbra carnose, come se fossero messe lì apposta per lui, che ci costruisce su persone, paesaggi e cose che inaspettatamente prendono vita. Mi domando se non faccia l'attore, ma nell'osservare a bocca aperta le sue mani che scandiscono sinuose il ritmo, Louise mi da una gomitata perdendosi in un risolino.

Siamo abbastanza vicine da non recare fastidio a nessuno con le nostre voci ma ci stringiamo fino quasi sembrare due siamesi.

"Non sei la prima." Approva e le mie labbra si sigillano per la vergogna. "Venivo qui solo per vedere quelle mani dipingire una storia e perdermi nella sua voce. Il talento non gli manca.. ma certo, ha il suo prezzo." Come punte di spillo le sue parole mi pungono, costringendomi istintivamente a farmi ancora più vicina; i pettegolezzi su di lui tutto a un tratto sembrano interessarmi parecchio. E faccio bene, perchè la voce di Louise si fa quasi un sussurro, mentre le gote le si colorano di rosso vermiglio per chissà quale ardito pensiero il bel Geremia deve ancora procurargli.

Biasimo il povero Cristophe ormai alle mie spalle e tendo gli orecchi.

"Nel terzo arrondissement è quello che si dice per bocca delle damine facoltose. Un vero prodigio."

Geremia un gigolò?

Sbatto le palpebre non tanto per la sorpresa, quanto per l'indecisione nel mettermi a piangere oppure sentirmi fortunata per le sue avance.

La mamma in tempi non sospetti, aveva stilato per me l'identikit dello scalatore sociale - barra arrivista – barra ruffiano, con rammarico e forse per la prima volta in vita mia, mi pento di non averle prestato ascolto e di trovarmi in una situazione tanto buffa quanto fastidiosa.

Respiro e cerco di darmi una ridimensionata. "Pensavo fosse un attore." Rispondo con finta ingenuità di chi vuol sapere ma non vuol sentire.

La ragazza annuisce. "Il problema è sorto quando per una madame della noblesse non è più bastata la pausa fra un atto e l'altro."

Persino lo scandalo! Il mio viso è una maschera di emozioni e più guardo il bel Geremia e mi sforzo di mantenermi distaccata, più voglio saperne.

Dumas é completamente sparito dai nostri pensieri, ma a un tratto il ragazzo termina il suo paragrafo e passa la voce a Florence, facendoci sussultare come due ragazzine riprese dal professore, sui banchi di scuola.

Devio lo sguardo sul pavimento, ma quando lo rialzo lui è su di me con un'espressione incuriosita.

Giro il capo lentamente verso Cristophe, ignorando del tutto la mia compagna di lettura, ma Louisanne si dimostra essere la rossa terribile di tutti i pregiudizi sulla categoria. "Non vuoi sapere il resto?" Sussurra quasi incredula.

Alzo le spalle e la mia voce diventa cantilena. "Il marito di lei li ha scoperti e la carriera di Geremia è affondata. Come pure la tresca."

La ragazza scosse il capo sogghignando. "All'apparenza può sembrare così, ma la verità ha ben altre tinte."

"Che tu vuoi farmi estorcere con la supplica." Bofonchio rassegnata.

Louisanne emette un risolino che fa alzare il sopracciglio a Thea, ma per tutta risposta, la rossa la ignora dandogli le spalle platealmente.

Penso che le Louise siano state temprate tutte con la stessa forgia e mi sorprendo a ridere di me stessa.

"Dicevamo, sembra che Geremia sia stato sorpreso a trafugare i gioielli della nobildonna ma che questa lo abbia difeso a spada tratta negando l'evidenza di fronte ad altri testimoni, additando la colpa alla domestica. Il marito credendola impazzita, le mise dietro due scagnozzi che lo portarono dritto-dritto a scoprire la tresca. Successe un finimondo, quasi non ci rimetteva le penne.. il nobile non era così tanto nobile nelle intenzioni.. ma la fortuna di Geremia è sempre stata quella di essere un buon comunicatore e questa dote ha fatto si che si trovasse nelle grazie di qualche blasonata famiglia che misero la faccenda a tacere per lui. Purtroppo da quel giorno è visto con ostilità dai salotti buoni del terzo e dai teatri di spicco, dove sono ancora in corso attriti fra una frazione e l'altra. Questo posto è diventato il suo urlo di protesta. Il suo palcoscenico."

Luoisanne chiude il racconto enfatizzando con ammirazione la rivincita del ragazzo.

Arriccio il naso. Qualcosa stona. "Non so. Perchè rubarle i gioielli, quando disponeva già dei favori della donna? "

Frequentando certi ambienti so quanto la noia della ricchezza, renda produttiva la fantasia.

E come certe individui sorridano alla buona nomea di una persona per poi disprezzarla il giorno dopo.

"E' ciò che si sono chiesti tutti. Perchè no, rispondo io. Geremia è un anarchico di nascita, non per scelta. Non ruba per fame. Non diffonde il sapere per ostentare ciò che non possiede. Lui è semplicemente ciò che non ti aspetti. Eclettico, sorprendente. Unico. In poche parole.. un artista."

Mi fermo ad osservare gli occhi sognanti di Louisanne e mi chiedo se sappia distinguere la diferrenza che passa fra stimare e osannare.

Mi sento in colpa per quel giovane, che tutto mi sembra tranne un ladrunculo sprovveduto in cerca di vanagloria, e di un pubblico che contribuisca alla sua disfatta. Scuoto il capo e la guardo severa.

"Quanti anni hai Louise?"

La mia domanda spegne il suo sguardo sognante. I fiammeggianti occhi giada, tornano a brillare. "Diciotto, perchè?"

"Perchè a diciotto anni ci si deve permettere di avere delle opinioni basate sulle altrui esperienze, ma senza che queste ci confondano o peggio, risultino essere terreno fertile per le maldicenze."

"Tu perchè sei quì?" Mi risponde con aria di sfida.

Mi guardo intorno e ancora a Geremia; ascolta rapito Florence, la sua voce roca e sapiente addentrarsi nell'opera.

Sono sicura della mia risposta.

"Perchè un bell'adulatore mi ha convinto che fosse un'esperienza da non perdere. Ma c'è di più, accettando di venire quì ho reso felice suo padre. Sai i nostri genitori lavorarono per la stessa buona causa venti anni fa o forse più, quando gli ho proposto un'accordo, far tornare suo padre per un giorno, alle aziende per la quale aveva dedicato una vita, ho visto quell'uomo lì.." lo indicai con il mento con uno sguardo addolcito, "..felice come un bambino. Queste sono le opinioni che mi piace condividere con gli altri e i valori alla quale aspiro tutti i giorni. Ma io non ho più diciotto anni. E lui aveva ragione; questa è proprio un'esperienza da non perdere."

Louisanne non risponde, si tira su con la schiena posando uno sguardo meditativo sul ragazzo.

Poi arriva il mio turno, lascio andare ogni frivolezza e mi lascio condurre in quel mondo misterioso e affascinante.


*


Parigi dalla finestra d'albergo, sembrava ancor di più la complessa, disordinata e chiacchierata città di cui tutti i grandi del mondo discutevano.

Il tempo di finire una guerra, rialzarsi, portare l'economia ad un livello superiore, rispetto alle altre città della Comunità economica europea nata il decennio antecedente, che il suo popolo già si preparava a nuovi tumulti.

Quello era il momento giusto per formare un impero. Il suo impero. Il caos era da sempre amico delle insurrezioni e lo aveva imparato bene, studiando la rivolta della vicina Irlanda, dove gli uomini avevano creato uno stato indipendente sulle macerie di una guerra appena terminata.

Il potere era il suo cruccio, figlio di una nobiltà antica molto influente, non aveva che la smania di accumulare successi che portassero esclusivamente il suo nome. Non si dichiarava uno snob, sebbene tutte le testate del mondo lo etichettavano ormai con questo appellativo, quanto più un audace , qualcuno che non ha paura di scrollarsi di dosso uno scudo caldo e sicuro per affrontare il campo di battaglia con la sola forza delle gambe.

Si erano conquistati a vicenda, Parigi e Richard.

Gli Champs Elysées, dal basso, rilucevano alla luce del mattino brulicanti di persone e sembravano attendere, che anche lui si mischiasse alla folla.

Ad ogni viaggio la città lasciava dentro di se qualcosa che si era concluso come un grande quadro alla quale mancava una cornice.

Non restava che crearne una propria, capire dove trascinava la corrente insurrezionista, quali vantaggi ottenerne per cambiare finalmente le carte da gioco e dare inizio ad una nuova vita.

Era il suo turno. Chi aveva banchettato al tavolo dei vincitori sarebbe rimasto a guardarlo compiere il suo destino.

Era un Hamilton dopotutto, e nessuno avrebbe più messo in discussione la questione.


Un tocco leggero alla porta lo riporta alla realtà.

Una cameriera dei piani entra nella stanza e lo saluta con riverenza, accarezzandosi con cura il grembiule bianco stretto sui fianchi.

E' una bella ragazza, con quegli occhi penetranti alla francese, liquidi e maliconici.

"Dottor Hamilton, mi manda il maitre, vuole sapere se ha delle preferenze per il pranzo di quest'oggi."

Guarda l'orologio, per poi soffermarsi sulla fisicità della ragazza, che arrossisce trovandosi sotto osservazione.

Una smorfia gli dipinge le labbra scolpite; quel rossore rimanda prepotentemente ad un immagine sola.

Najla Louise Chedjou. Che non aveva mai risposto al suo messaggio.

"Qualcuno si è presentato per me?"

"No dottore." Risponde laconicamente, dopo quasi sette giorni della stessa domanda. Poi si morde il labbro, un pensiero scivolato via.

"C'è altro?" Chiede lui con voce profonda, capace di scombussolare la più pudica delle donne.

Tutte, tranne Najla Louise Chedjou.

Si era chiesto spesso se sotto quello strato di grezza barbarie, si nascondesse un cuore morbido, probabilmente inacessibile; la domanda in questione fa pregustare già il sapore amaro della sfida, testosterone allo stato puro, il quale è costretto a ingoiare come un boccone al fiele, ricordando a se stesso che quella donna era sparita via come una bolla di sapone.

"Mi domandavo chi fosse la sprovveduta che da una settimana manca il suo appuntamento." Rispose la donna in un sol fiato.

Un sorriso sardonico sostituì lo stupore con ammirazione per quell'essere gracile e innocuo all'apparenza, chiedendosi se il mistero del fascino francese non fosse poi tutto lì; un viso d'angelo e la grinta di una leonessa.

Richard le si avvicina a passo cadenzato, fermandosi quel minimo da rendere la sua stazza prepotentemente sovrastante.

La ragazza tiene il viso alto, per nulla spaventata, solo un leggero fremito delle labbra.

"Vuoi essere tu il mio appuntamento.." Scorre veloce il nome della ragazza dalla targhetta identificativa e lo pronuncia con estrema indolenza. "Lydie."

"E' una domanda signore? O un invito maldestro?" La ragazza piega il capo fingendosi un'ingenua. Hamilton sorride glaciale.

"No Lydie, ne l'una ne l'altra." La penetra con i suoi occhi freddi, scardinando a poco a poco il suo sguardo fiero. "Solo una constatazione."

Le guance della ragazza si fanno di nuovo rosse, il labbro superiore inizia a tremare visibilmente. "Se non c'è altro.." Sussurra con voce rotta.

"Può dire al maitre che pranzerò in città. La ringrazio."

La vede sparire dalla stanza con aria funesta e una volta rimasto solo resta a contemplare quel silenzio che ogni volta, ogni singola volta le capitava di allontanare volutamente chiunque osasse attraversarlo, si faceva più denso e pesante che mai.

Il telefono suona nell'esatto istante in cui afferra il suo soprabito di lana.

"Stanza del dottor Richard Hamilton."

"Reception, Dottore. Una chiamata da Londra per lei."

"La passi pure, grazie."

Ci vollero due tentativi per collocare la voce al di là dell'altro capo, in quella di sua madre. "Catherine.." Bisbiglia senza inflessioni.

"Salve, Richard." Risponde l'atra, poi il rumore metallico di un accendino rompe il leggero silenzio.

"Continui a fumare nel tuo stato." Constata con la stessa compostezza con la quale aveva iniziato la conversazione.

"Oh si..che vuoi che ti dica. Cio che non uccide, fortifica."

Richard si passa la mano sul viso, improvvisamente stanco. "Non parliamo di un raffreddore, mamma, ma di cancro."

"Cosa può succedermi di peggio a questo punto? No ho più i miei capelli, figlio!" La donna fa un mezzo sorriso per poi boccheggiare con spavalderia. Torna alla cornetta e il suo tono di voce si colora di sarcasmo. "Hai avuto modo di incontrare i tuoi luminari?"

"Se non fossi così ironica pregheresti che quei bravi medici trovassero una qualche cura definitiva." La rimbrotta come un padre alla propria figlia intima di rincasare presto, trattenendo l'isteria a stento. "I fondi sono ben spesi, ho modo di pensare che fra qualche tempo si parlerà di successi."

"Cosa ti tormenta allora?" Domanda dal nulla, padrona del suo ruolo. "Richard, anche a migliaia di chilometri sento che qualcosa non va."

Catherine Wright era sempre stata, nel corso della sua dolorosa vita, una donna dedita alle arti mistiche e alla medicina alternativa.

Sposa giovane dell'imprenditore Raymond junior aveva dedicato la propria esistenza al sostegno dei più bisognosi e alle numorose attività imprenditoriali del marito, studiando da autodidatta e tralasciando in parte le sue vocazioni.

Il destino poi gli mandò due splendide figlie gemelle, dopo la nascita del primogenito Richard, ma il bombardamento da parte della Luftwaffe sulla City, il ventinove dicembre del millenovecentoquarantuno, non le risparmiò da un finale crudele, pochi giorni prima del piano di evacuazione di tutta la famiglia. Questa tragedia cambiò la sorte degli Hamilton.

Richard successivamente, venne fatto evacuare in una delle vicine cittadine di campagna, si ricongiunse ai genitori solo molto tempo dopo l'accaduto; Catherine e Raymond non tornarono mai insieme e persempre portarono con loro, il fardello della colpa e dell'oblio.

"Ho molta premura di far visita a Raymond senior, tutto qua."

"E le chiacchiere della tua sciocca madre ti sono d'intralcio?" Risponde ironica.

"Non lo devi neanche pensare, Catherine." Sospira, conscio di aver nutrito fin da ragazzino il desiderio di cambiamento, sopratutto per fuggire via da quegli scheletri che erano diventati negli anni, i suoi genitori. "Vuoi che gli dica qualcosa?"

"Tuo nonno sa cosa è meglio per lui. Ma tutti noi vorremmo sapere cosa -o forse dovrei dire chi- alla veneranda età di settantasette anni, lo trattiene ancora nella Ville Lumière !" La donna sorride sincera per la prima volta da quando ha alzato la cornetta. "E ti prego Richard, prenditi cura di te e chiama più spesso. Qualsiasi sia la tua strada, ricorda che a Londra troverai sempre la tua casa."

Il ragazzo annuisce, guardando il suo stesso riflesso nello specchio; aveva gelidi occhi azzurri e profonde occhiaie che lo rendevano molto pù cupo di ciò che non fosse, eppure il suo cuore palpitava, poteva udirlo anche adesso, mentre quella voce distante nella cornetta gli ricordava chi fosse.

"Tornerò presto, mamma." E presto me ne andrò.

"Ti voglio bene Richard."

"Me too."

"E aggancia prima che nuvole pesanti e dense caricassero i suoi occhi freddi.


*


"Najla!" Sono sul boulevard per raggiungere la stazione Rambuteau, quando sento Geremia chiamarmi affannato. "Aspettami!"

Mi fermo e penso che mi vedrà con il ridicolo cappellino che ho indossato nuovamente, ma il vento che si è alzato é gelido e pungente e toglierlo davanti a lui.. questo sì che sarebbe ridicolo. "Ho dimenticato qualcosa?" Chiedo, toccandomi le tasche e lanciando un'occhiata veloce alla borsa; il libro è ancora sul fondo, consunto più di prima, se possibile.

"No." Mi fa lui dolcemente." Volevo fare due passi con te, se vuole posso scortarla fino a casa, madamigella."

Gli sorrido gentilemente. "Prendo un caffè con un amico.." A questo punto Geremia tentenna un pò deluso. " ..se ti fa piacere, puoi unirti a noi!"

Geremia annuisce e i suoi occhi focosi si fanno deliziosamente fanciulleschi.

Finiamo a braccetto e insieme ci addentriamo nei cunicoli della stazione.

"Sono contento che il club ti sia piaciuto. Anche perchè in caso contrario avrei dovuto ucciderti!"

Rido e penso a Louisanne e al suo saluto fugace prima di correre via, letteralmente, a fine lettura.

Lei sì che vorrebbe uccidermi, sopratutto se mi vi vedesse in compagnia solitaria del suo idolo.

"Sono curiosa, sai?!" Gli chiedo.

"La curiosità è una virtù." Risponde asciutto. "Chiedimi quello che vuoi."

"Come è nata questa idea? Dove hai reclutato i tuoi lettori?"

La banchina è desolata, ci accomodiamo su una panchina e il ragazzo si fa ancora più sorridente.

Temo che sospetti la natura dei bisbigli fra me e Louisanne e la cosa mi rende triste, tuttavia in sua compagnia sono molto a mio agio, penso sia chiaro quanto poco me ne importi di cosa dice la gente.

"Un tempo abitavo in un vechio palazzo sulla Rue de Bretagne. Florence due piani più sotto, era solerte passare i pomeriggi pigri d'inverno, a leggere sul ballatoio per le petit filles del quartiere, i romanzi dei più grandi autori del novecento. Quando rincasavo la sera e la trovavo ancora lì, piena di energia e passione, mi mettevo seduto e l'ascoltavo anche io. Mi passava pure la fame, tanto mi piaceva sentirla romanzare, una grande artista, figlia di scenografi teatrali e lei stessa attrice." Per un attimo i suoi occhi si perdono sul fondo della galleria dalla quale si alza il vento seguito dal fischio del treno in arrivo. "Così quando il ballatoio si era fatto troppo stretto e scomodo, e la vita più dura di ciò che era fino al giorno prima, ho affitato la ex fabbrica tessile del quartiere e abbiamo cominciato a leggere lì. A porte aperte, senza sapere dove stessimo andando, solo il piacere della lettura a farci da guida. Thea Giraud è stata la prima a unirsi; pesava si e no quaranta vchili, sull'orlo del fallimento personale a causa del poco lavoro, dopo due settimane ci ha portato Gastald, un falegname conosciuto al parco una domenica e che poi ha sposato tre mesi dopo."

Non riesco a staccargli gli occhi di dosso e so che è avventato, sconsiderato.. non so nemmeno se mi stia raccontando una favola o la verità, ma lo sento parlare e mi sento vittima di un incantesimo. A un tratto sento il desiderio di baciarlo. Sentire quelle labbra sulle mie e...

"Najla?" Dice, schioccando le dita dinnazi ai miei occhi.

Mi schiarisco la voce e i pensieri, tentando di non prendere fuoco. "Dicevamo, scusa?!"

Geremia alza un sopracciglio e mi fissa con uno sguardo dei suoi; incendiario, caldo. "Forse sei attratta da qualcosaltro.." E si avvicina piano.

La sua voce sensuale e quell'oscillazione mi fanno irrigidire. "Geremia.. piantala!" Mi porto le braccia conserte al petto, sorridendo. "Certo che tu sei peggio dei tuoi antenati, mi correggo!"

Mi guarda divertito e risponde. "Lo sai che Alexandre si annovera di ventisette amanti e quattro figli illegittimi?"

"Non soffriva certo di solitudine." Biascico.

"Lo sai che mi piace di te, Chedjou?"

"Najla, ti prego." Lo correggo. "Cosa?"

"Il tuo sdrammatizzare le cose. Rendergli giusizia per quello che sono."

"E sai cosa mi piace di te, Geremia?!"

"Dumas, ci tengo." Mi fa l'occhiolino e continua. "Cosa?!"

"Niente!" Mi alzo divertita alla mia fermata e lui mi segue sconsolato.


Patrick è sull'uscio che attende.

E' ben vestito come al solito, i capelli biondi in contrasto con il cielo plumbeo che ha coperto la città.

"Tu devi essere Geremia Dumas.."

Mi guarda curioso, mentre mi accingo a stampargli tre baci di saluto. Gli mimo il silenzio, con le dita che scorrono come una cerniera sulle labbra.

"In persona." Geremia allunga la mano verso Patrick, catturato immediatamente dagli occhi scuri del bel ragazzo. "E tu mi sei già simpatico."

Si volta verso di me che alzo le spalle e scuoto il capo. "Mi sono perso qualcosa?" Mi chiede Patrick.

"Geremia è entusiasta quando gli si ricorda discendere dal tombeur de femme, scrittore illustre, Alexandre."

Patrick comprende bene chi ha difronte e si lascia andare ad un sorriso malizioso. "Sarà un caffè interessante. Prego my friend, dopo di te Dumas."


*


"Siediti. Ti faccio portare un brandy arrivato da Londra proprio ieri."

Il vecchio Raymond Arthur Shelley Hamilton appare più giovane e lucido di sempre, dal divano chesterfield del salotto in piena Rue Saint-Honoré.

"Ti ringrazio Raymond, ma declino l'offerta."

L'anziano signore ordina ugualmente due bicchieri, si accarezza i baffi e pianta sul nipote uno sguardo interrogatorio.

"Allora, com'è?!" Chiede melenso.

Richard stringe gli occhi, si sbottona la giacca. "Dimmelo tu. So che hai grosse novità in merito."

"Una cosa alla volta." Lo rimprovera. "La fretta è il male odierno. Il gusto della conquista e dell'attesa rende tutto più saporito, non trovi?!"

E' proprio ciò che avrebbe fatto con Lydie; cuocerla fuoco lento. Ci aveva pensato in taxi e non gli era sembrata una cattiva idea.

Come se i suoi pensieri si materializzassero, un'avvenente ragazza in talleur di servizio, ancheggiando entra nella stanza, lascia i due brandy sul tavolo e molto vicina a Richard non perde occasione di staccargli gli occhi di dosso, in attesa che Hamilton senior la congedi; l'uomo fa un cenno veloce, quella si volta e torna in disparte.

"Ti sei sistemato bene a quanto vedo."

"A tutti piace la bellezza, mio caro nipote. Temo quel momento in cui i miei istinti si assopiranno.." E smuove il bicchiere giocando con il ghiaccio in superfice. "Ho chiesto al mio medico, Luigi, di sopprimermi con una dose di cianuro nell'eventualità."

Adesso riconosce il Raymond di sempre, lontano dai vecchi e noiosi affari, conqueror di indomita bellezza che fece capitolare le più belle donne del mondo, nei ruggenti anni venti. Baffi e capelli erano ormai di un bianco virginale, ma la passione infondo ai suoi occhi azzurro cielo, la dicevano lunga sul suo carattere indomito.

"C'è un qualcosa di sofisticato e affascinante in queste donne."

"Ma il tuo obbiettivo è uno solo, per ora." Afferma rigido, quasi dispotico. Richard lo guarda enigmatico, a quel punto Raymond sorride con gli occhi, nello sforzo, miseramente fallito, di far apparire la sua richiesta disinteressata. "Sono certo che non ti mancheranno occasioni per accompagnarti alle più belle donne di Parigi, e te lo auguro, ma perchè non soddisfare subito le lagne pretestuose di questo uomo."

"Se è per questo, ha già espresso il desiderio di farti avere gli aggiornamenti vergati di suo primo pugno. E' molto intelligente come affermavi e se la tua premura nei suoi confronti include questo tipo di interesse, posso dirti di fare sogni sereni, perchè la donna ha una carattere forte che sono certo le permetterà di ottenere quello che vuole."

Raymond si tocca ancora i baffi. "Quindi le hai parlato?"

"Forse dovresti mettere giù il brandy e ascoltare quello che ti sto dicendo. Mi sembri distratto."

L'uomo sventola una mano in aria, come a voler sorvolare la richiesta del nipote. "Mi occupo di questo ospedale da dieci anni, non corro dietro a una dottoressa solo perchè è carina, voglio vedere i miei soldi -i tuoi soldi-" sottolinea come se il ragazzo dimenticasse chi fosse, "fruttare in ciò per cui sono stati investiti. Questo è un leggittimo interesse che mi spetta e dovrebbe essere anche il tuo."

Richard si porta una mano al mento, la conversazione sfugge al suo controllo. "Stai gettando dubbi sul mio operato, con queste parole?!"

Raymond si agita nella sua seduta e nega con il capo. "Dico solo, nipote, che la comunicazione è fondamentale per affari come questo."

"Ho una laurea conseguita ad Oxford con il massimo dei voti, Raymond, questa mi permette di essere abbastanza formato sull'argomento." Alza le spalle, si mette in una posizione di comando. "C'è qualcosa che dovrei sapere?!"

"Tua madre si preoccupa per la tua eccessiva solitudine." Bofonchia l'anziano, tergiversando.

Richard contrae la mascella, uno sguardo glaciale. "Mia madre è il motivo per cui ho accettato questo incarico."

"Certo, cosa vai a pensare, che sia una specie di gelido dittatore?"

Il ragazzo sorride. "E non lo sei?! Finiamola con i giochetti, dimmi quello che mi devi dire."

Raymond prende il respiro, annuisce e inizia a parlare.

"Se sono a Parigi da diverso tempo è perchè ho scoperto delle cose che ci riguardano che potrebbero cambiare il corso dei nostri affari, dargli una nuova sferzata. Questo non vuol dire che non mi stia a cuore la famiglia o che diffidi delle tue capacità. Voglio solo capire quanto sarai disposto diciamo a.. metterti in gioco in una grande manovra, quando se ne presenterà l'occasione."

"Di quale grande manovra parli?"

Raymond trepidante per i suoi stessi pensieri, invita tutta la servitù stipata agli angoli del salotto, ad uscire definitivamente dalla stanza.

"Una soffiata sulle aziende Chedjou parla di un illecito sulla loro fondazione." Richard sospira a mano a mano che le intenzioni del vecchio Hamilton si rivelano sottoforma di piano studiato. "Per ora non ho abbastanza materiale per poterti dire di più, ma tu forse puoi ottenerlo." Si alza e va vicino al nipote; gli mette una mano sulla spalla e il suo tono di voce si fa confidenziale, amichevole. Richard è preoccupato. Si alza anch'egli. "Esci con quella ragazza, corteggiala, fa il gentleman quale sei. Non hai nulla da perdere, anzi la fondazione Hamilton della quale ti sei occupato sino ad oggi con grandi capacità non potrà che giovare di questa.. diciamo simpatia. Io sono vecchio per occuparmi di queste cose, ma non abbastanza per dirti che se le notizie che arriveranno confermeranno una certa tesi, ti ritroverai con le mani in pasta, ragazzo mio!"

"Dimmi di più su questa tesi."

"Non posso."

"Puoi invece, se vuoi che ti aiuti."

"Richard, non essere testardo."

Segue un silenzio lunghissimo, nessuno dei due uomini vuole cedere all'altro.

Il vecchio Hamilton tira un sospiro lunghissimo. "Jacque Chedjou e io intrecciammo assidui rapporti in epoca antecedente il conflitto mondiale. La crisi del ventinove non risparmiò il suo capitale, e alcuni investimenti sbagliati, lo portarono a considerare di cedere una parte delle quote d'azienda. Lo convinsi a cederle a me, in via tacita ci accordammo al fine di riunirci e mettere nero su bianco l'accordo. Quel momento non arrivò mai; Ahmed Bonnet e l'ereditiera Clorine Fontaine, con una mossa astuta, finirono per suggellare un accordo in calce prima che io stesso potessi capire cosa fosse successo."

"Ti hanno soffiato l'affare, non mi sembra ci sia qualcosa di più chiaro." Sottolinea Richard con una punta di ironia e soddisfazione. "Adesso vuoi rifarti sulla loro discendente. Dopo trentanni, perchè?"

"Per l'onore." La smorfia velenosa sulle labbra sottili dell'anziano gli provocano un fremito.

"L'onore.. ma tu lo sai che quella ragazza ha solo venticinque anni?"

"Certo che lo so." Richard non osa nemmeno chidere da quanto le sta dietro, ma è sempre più chiaro che ogni sua mossa non sia data al caso. "Ma non sapevo che mio nipote fosse diventato un sentimentale." Prosegue adirato. "Adesso non capisci e te ne do motivo, ma cerca di essere ragionevole, non ti sto proponendo di andare al patibolo, solo di fare la corte a una bella e ricca ragazza francese e scoprire qualcosa di più della sua vita."

Richard schiocca la lingua. "Lo sapevo.. un accordo!" Poi mette su uno sguardo fermo. "Io che cosa ci guadagno?"

"L'azienda Chedjou. Tutta, figliolo."

Si passa la lingua sulle labbra, assaporando le immagini che queste parole gli provocano.

Estasi, sconcerto e terrore.

"Tu che ruolo avrai in questa storia, nonnino?"

Raymond sorride sotto ai baffi. "Questo è lo sguardo di potere che voglio leggere nei tuoi occhi, ragazzo!" Gli paccheggia la spalla e si prende qualche secondo prima di rispondere. "Sarò solo il mediatore. Sistemata questa faccenda, andrò in America. Quel Kennedy sta rivoluzionando il suo paese."

Non era una risposta convincente ma neanche un ipotesi da scartare, conoscendo il soggetto; Richard allunga la mano per stringere il patto.

Najla Chedjou, era una sfida prima ancora che la sua storia si colorasse di nuove tinte.

E lui, aveva una gran voglia di dipingere.



NDA:

Infiniti grazie a chi visita la mia storia.

Sarei più che felice di sapere cosa ne pensate.

Al prossimo capitolo!

Luna

  
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