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Autore: martythestrange95    24/09/2015    0 recensioni
Quella notte Jasper era uscito per cacciare e non appena fu abbastanza lontano da non poter essere fermato da Alice era corso via, veloce verso la città. Non che non l'amasse, lui amava sua moglie con tutto se stesso ma quella notte aveva bisogno di stare da solo, lontano dai poteri dei Cullen e di nuovo padrone dei suoi sentimenti e di quelli altrui.
In città l'attenzione di Japser si posò su una ragazza e dall'alone di dolore e rassegnazione che si portava dietro, non erano le emozioni di una ragazza, no, sembravano più quelle di un soldato, si, un soldato partito giovane per la battaglia e tornato con il peso di mille anni sulle spalle.
Noire intanto nel freddo di quello notte intanto pensava, alla sua famiglia perduta e alla sua vita cercando di trovare un motivo per viverla.
è la mia prima fanfiction, spero possa piacere anche perché è una vita che mi gira per la mente, per il resto buona lettura :)
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jasper Hale, Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward, Carlisle/Esme
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Successivo alla saga
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Prologo


Pov Noire:

Noire fissò l'orologio sopra la lavagna, i minuti scorrevano lenti e polverosi come le nozioni di storia che il professore snocciolava insofferente alla noia dei suoi studenti. L'aria che entrava nei polmoni della ragazza era densa e dolciastra di sonno e indolenza; sembrava che il tempo del mondo esterno si fosse fermato mentre quello della ragazza di fosse dilatato tanto che per ogni minuto passato le pareva ne avesse vissuti 10. Grazie al cielo la campanella mise fine a quello strazio, se la guerra civile americana fosse stata coinvolgente come quella lezione probabilmente nessun soldato l'avrebbe combattuta.
Noire prese da terra la tracolla dei libri di scuola pronta dall'ora precedente, si buttò il giacchetto nero sulle spalle e camminò velocemente lungo i corridoi affollati di studenti, Noire non poté che sorridere al pensiero che coloro che chiedevano il silenzio facevano generalmente più confusione degli altri.
Passando davanti ad una finestra si ravvivò i capelli corti guardandosi riflessa e notò l'assenza della macchina del padre nel giardino, oggi le toccava camminare a quanto pare. Roteando gli occhi scese le scale e uscì dal cancello della scuola senza neanche chiedere permesso ma spingendo e facendosi strada con le braccia.
La sera prima lei e suo padre, Chriss, avevano litigando, lei era stata un po' troppo dura con lui forse, però non l'aveva fatto apposta, le era sfuggito di bocca. Così mentre ripensava alla sera passata, Noire era ormai lontana da scuola diretta verso la fermata dell'autobus quando sentì una goccia sulla fronte,  seguita da un'altra sullo zigomo.
L'autobus non si vedeva e il cielo iniziò a coprirsi di nuvole scure e cariche di pioggia.
Un tuono.
E lei iniziò a correre,  sempre più veloce, con il vento tra i capelli e gli occhi grigi come quel cielo piangente,  il giacchetto di pelle nera di suo padre si faceva più scuro e la tracolla le segava la spalla battendo contro il fianco, ma lei correva e tanto bastava. Corse tra strada e vicoli, scusandosi a mala pena con i passanti che incrociava nella sua corsa, e così lasciò dietro di se la noia, la scuola e forse quella stessa città, domani infatti avrebbe cambiato vita,  lei e suo padre si sarebbero tornati in Italia.
Arrivò presto in periferia, davanti a lei lo squallore di una decina di palazzoni in cemento grigio e ruvido, con i balconi ingombri di ferraglia, vestiti da stendere e bustoni di plastica, alle finestre tendine sgualcite e sdrucite nascondevano le esistenze altrettanto sgualcite e sdrucite dei condomini.
Frugò nello zaino e si accorse di aver dimenticato le chiavi di casa, come al solito. S'infilò nel vicolo che divideva due palazzi facendosi largo tra l'immondizia e stando attenta a non camminare su quella che pensava essere pipì raggiunse una macchina abbandonata a bordo strada, salì sul parabrezza e poi sulla tettuccio con agilità malgrado la tracolla, ed ecco arrivare la parte più difficile, saltando riuscì con fatica ad aggrapparsi alle scale di emergenza, inspirò a fondo e si issò su ignorando la ruggine che le si conficcava nelle mani, una volta infilata la gamba in una feritoia tra gli scalini era fatta, con un ultimo sforzo si arrampicò sul pianerottolo e iniziò a salire i 5 piani che la separavano da casa.
Entrò dalla finestra della sua cameretta, poggiò la tracolla.
-Papà, sono a casa.
Disse ad alta voce per farsi sentire da suo padre mentre si cambiava.
- A scuola è stato uno strazio, ti avevo detto che oggi non ci volevo andare
Le scarpe le infilò sotto al letto, prese un asciugamano dal comodino per asciugare i capelli almeno un po' mentre lasciava cadere il giacchetto sulla sedia della scrivania,
- Spero che in Italia le lezioni non siano così noiose.
Nessuna risposta
Noire sospirò.
Uscì dalla sua stanza e si diresse in cucina, per terra nel corridoio decine di bottiglie, vuote, mezze piene, aperte, rovesciate sembravano vegliare con i loro riflessi l'appartamento. Sul tavolo della cucina c'era una busta vuota, Noire pensò che quel giorno suo padre avesse comprato altre bottiglie e si preoccupò.
-Papà ma sei a casa?- disse a bassa voce, tutto quel silenzio non faceva che preoccuparla ancora di più - Scusa per ieri sera.
Provò a scusarsi, magari così avrebbe ricevuto qualche risposta.
- Non intendevo veramente, lo sai, ero stanca, mi dispiace davvero.
Ancora silenzio.
Notò che la porta del salotto era chiusa, Noire sbiancò e sbarrò gli occhi, un brivido le salì per il collo, poggiò la mano sulla maniglia,  aveva un brutto presentimento, l'abbassò e la porta si aprì cigolando
 
 

Noire si svegliò di soprassalto urlando.
-Ma sei pazza, stai zitta cretina
-Mi hai svegliato...
-Ma che problemi hai?
Le voci delle ragazze della casa famiglia la riportarono alla realtà, erano passati 3 anni da quel giorno e soffriva come il primo giorno, con la differenza che adesso era abituata al dolore. Si alzò dal letto, erano solo le 4 di notte ma sapeva che non sarebbe mai riuscita a riaddormentarsi, si infilò una felpa e uscì dalla stanza lasciando dietro di se le lamentele delle compagne. Uscì dalla finestra del corridoio della casa famiglia e andò in strada, pantaloncini corti neri e bianchi che usava come pigiama, felpa e calzini, si appoggiò ad un lampione preso il pacchetto che aveva nella tasca della felpa si accese una sigaretta.

Pov Jasper

 
Quella notte era una di quelle notti in cui nessuno può farti sentire meno solo, una notte in cui i ricordi prendono il sopravvento e il presente ti sembra così fragile in confronto al passato, una notte in cui senti che la vita che vivi non è la tua ma quella che gli altri ti hanno imposto, una notte in cui senti di poter cambiare tutto.
Aveva lasciato Forks, almeno per quella notte, era andato a caccia e poi quando era troppo lontano per poter essere fermato da Alice aveva deciso di passare la notte da solo, a Los Angeles. Non che non volesse dirglielo, lui l'amava con tutto se stesso ma aveva bisogno di pensare da solo, lontano da Edward e il suo potere o peggio dalla compassione di Carlisle che sembravano influenzarlo più di ogni altra emozione, non che normalmente questo gli causasse qualche problema ma questa notte non voleva nessuno nella sua testa, voleva essere lui il padrone dei suoi sentimenti e di quelli altrui come era stato per decine di anni.
Amava Alice e si trovava bene nella famiglia ma lui non era fatto per quel mondo chiuso, isolato popolato da amore, compassione,  amicizia e fedeltà,  no, lui aveva il potere di controllare i sentimenti altrui perché era nato per districarsi tra gli umori e i sospetti di nemici, alleati, congiurati,  infiltrati,  aveva quel potere per essere il leader di mille soldati non per vivere nascosto in una gabbia dorata.
Mentre pensava così Jasper sentiva il senso di colpa crescere dentro di lui, ma lo controllò mentre camminava superbo tra le vie della città plasmando le emozioni e quindi le azioni di quanti gli passavano vicino godendosi la prospettiva di divorzi, nuove proposte di matrimonio, di uno stupratore non più eccitato, di una banda di delinquenti confusi. Tutti erano così facili da manovrare a suo piacimento, erano in pochi a possedere una complessità di emozioni tale da richiedere un impegno più faticoso. Camminando si allontanò dal centro, aveva sete, non era andato a caccia, forse poteva concedersi un po' di sangue umano, ma non poteva abusare così del perdono di Carlisle e soprattutto di Alice... O forse poteva.
Si fermò in una strada deserta, guardò la luna era limpida e grande sopra di lui, in quella strada c'era così tanta sofferenza che Jasper sentì i ricordi della guerra tornare a galla e si permise di affondare il suo cuore di venato di cicatrici come la sua pelle nella malinconia.
Notò una ragazza in felpa e pantaloncini uscire da una finestra, si mise a fissarla un po' incuriosito da quel gesto e un po' attratto da quell'alone di dolore e rassegnazione che la ragazza si portava dietro, non erano le emozioni di una ragazza, no, sembravano più quelle di un soldato, si, un soldato partito giovane per la battaglia e tornato con il peso di mille anni sulle spalle.
Vide la ragazza accendersi una sigaretta, aveva i capelli cortissimi e neri ed aveva capito che era una ragazza solo dalle sue gambe lasciate scoperte dai pantaloncini, erano bianche al chiarore della luna, slanciate, ancora un po' acerbe si ritrovò a confrontarle con quelle di Alice che invece erano più formose, più femminili anche se meno lunghe, stava per nascondere i suoi pensieri ma poi ricordandosi dell'assenza di Edward di lasciò andare.
La ragazza anche se umana sotto la luce lunare appariva quasi evanescente, elfica, il viso sfilato forse un po' androgino lasciava intravedere solo lievemente la bambina che era stata.
Espirava il fumo della sigaretta come se volesse liberarsi di un peso, come se il fumo uscendo dai polmoni potesse alleggerirla, Jasper si avvicinò, rimanendo nascosta all'ombra del palazzo, si alzò il vento e l'odore del suo sangue arrivò fino al vampiro che lo inspirò, era buonissimo, sapeva di pioggia e qualcos'altro che però non riusciva a decifrare perché l'odore predominante era quello dell'acqua ossigenata.
Jasper capì subito a cosa era dovuto quell'odore di medicine, mentre la ragazza cercava di riaccendere la sigaretta spenta dal vento, una manica della felpa era scivolata rivelando sull'avambraccio un ricamo di cicatrici sottili e nuovi tagli, dritti e profondi come se fossero stati fatti con un bisturi. Jasper con una mano d'istinto portò una ciocca di capelli biondi a coprirgli il viso e parte delle ferite, si ritrovò a chiedersi che guerra stesse combattendo tutt'ora quella ragazzina che avrà avuto si e no 17 anni.





Hey, salve a tutti :) sono Martina, piaciuto il capitolo? vi ho incuriosito almeno un pò?
sarebbe veramente un sogno poter leggere qualche vostra recensione o critica quindi sentitevi liberi di recensire :D grazie e un bacio :*
 
  
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