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Autore: Adeia Di Elferas    25/09/2015    3 recensioni
Caterina Sforza, nota come la Leonessa di Romagna, venne alla luce a Milano, nel 1463. Si distinse fin da bambina per la sua propensione al comando e alle armi, dando prova di grande prontezza di spirito e di indomito coraggio.
Bella, istruita, intelligente, abile politica e fiera guerriera, Caterina passò alla storia non solo come grande donna, ma anche come madre di Giovanni dalle Bande Nere.
La sua vita fu così mirabolante e piena di azione che ella stessa - a quanto pare - sul letto di morte confessò ad un frate: "Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo..."
[STORIA NON ANCORA REVISIONATA]
Genere: Drammatico, Generale, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Rinascimento
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~~ 'E io che pensavo che fossero i Riario, quelli senza cervello...' stava pensando Sisto IV, mentre osservava con occhio indagatore il nipote.
 “Sei completamente sicuro delle accuse che stai muovendo?” chiese, con freddezza.
 Girolamo si spostò un ricciolo dalla fronte e annuì. Aveva la fronte imperlata di sudore e le occhiaie che gli oscuravano lo sguardo erano il segno della notte passata insonne a pensare.
 “Se è davvero stato tuo cugino Giuliano Della Rovere a preparare l'attentato al Duca di Milano, come mai non sei stato informato per tempo?” chiese il papa, sporgendo in fuori il labbro superiore.
 Il nipote scosse il capo, ancora senza riuscire ad aprire bocca.
 Sisto IV cominciava a essere più che infastidito dal comportamento timoroso e infantile di Girolamo, perciò decise di chiudere in fretta la questione: “Farò indagini più precise per conto mio. Per il momento, comunque, ti impedisco di prendere qualunque iniziativa in merito.”
 Girolamo abbassò la testa e chiuse il morso, leggermente contrariato. Avrebbe preferito, dallo zio, qualche urlo e dimostrazioni di rabbia di vario genere, mentre quell'uomo era rimasto pressoché immobile, mentre gli veniva raccontato di come Giuliano Della Rovere avesse agito senza il suo preciso consenso.
 “L'unico che aveva la testa sulle spalle era il tuo povero fratello...” sussurrò il papa, sentendosi improvvisamente vecchio: “Giuliano è un depravato che rischia a ogni passo di rovinare la famiglia prendendo iniziative come il colpo di Santo Stefano, mentre tu...”
 Girolamo avvampò, messo davanti, per l'ennesima volta, all'aperto biasimo di suo zio.
 “Tu sei solo un caprone vestito di seta.” concluse il papa: “Ma purtroppo sei l'unico che abbia le carte in regola per essere il braccio armato della nostra famiglia.”
 Girolamo deglutì rumorosamente, mentre Sisto IV si prendeva dalla testa la papalina per giocherellarci.
 “La tua unica speranza, caro nipote, è la forza. Sii sempre impetuoso e violento, fai l'arrogante e zittisci tutti con la spada, o sarai finito.” gli disse Sisto IV, mesto: “Vedi, Girolamo, il potere è solo un'illusione. Per mantenerlo, bisogna essere bravi a illudere gli altri. Tu, appena apri la bocca, togli ogni dubbio sulla tua abissale ignoranza, quindi devi far sì che ti temano prima ancora di sentirti parlare.”
 Girolamo annuì con fare remissivo, ma avrebbe volentieri strappato di mano la papalina a suo zio, per farlo smettere. Voleva zittirlo, perchè era stufo di sentirgli rimarcare così sempre gli stessi concetti.
 In fondo, aveva scoperto che Giuliano aveva ordinato l'omicidio di Galeazzo Maria Sforza... Non era forse stato acuto? Intelligente?
 “Mi raccomando – soggiunse il papa, rimettendosi la papalina – fai in modo che tua moglie non sospetti mai, nemmeno per scherzo, che suo padre è morto per ordine di tuo cugino.”
 Girolamo alzò gli occhi e fissò quelli dello zio, che luccicavano in modo sinistro.
 “Dicono che tua moglie sia una Sforza in tutto e per tutto. Sta a te riuscire a domarla, ora. Anche se suo padre è morto, la sua famiglia ha ancora Milano e nessuno sembra intenzionato a sobillare di nuovo il popolo. Lei è merce preziosa e mi risulta che sia diventata una splendida giovane. Tu hai più figli sparsi per l'Italia che idee per la testa, lo so bene, ma è il momento di darti una calmata.” fece il papa, senza fermarsi, come quando teneva i suoi discorsi davanti ai cardinali: “Fai in modo che si innamori di te, e che per lo meno ti rispetti. La vostra unione deve essere forte e nessuno deve poterla mettere in discussione. Con il suo cognome, diamo a un caprone come te la possibilità di diventare qualcuno. Hai Imola, fai in modo di tenerla. Con un po' di fortuna, presto avremo tutto il centro Italia.”
 Girolamo ascoltava in silenzio le parole di suo zio, chiedendosi come avrebbe fatto a farsi amare da qualcuno che di certo lo odiava a morte.
 “Cosa c'è, Girolamo?” chiese Sisto IV, rendendosi conto del pallore che aveva sostituito il rosso fuoco sulle guance del nipote.
 “Zio...” cominciò quello, con la voce arrochita dal lungo silenzio: “Come posso... Io... Ho sbagliato tutto, con lei. Come posso rimediare...?”
 Sisto IV si fece serio e parlò con un tono che non ammetteva repliche: “Sei un uomo adulto e dicono anche di fascino. Convincila ad amarti, e se non ci riesci, costringila. Non mi interessa come. È una ragazzina, non dirmi che non è alla tua portata. Basterà farle qualche moina e qualche regalo e vedrai come dimenticherà ogni torto subito.”
 Girolamo non ribattè oltre, comprendendo bene che dallo zio non avrebbe avuto altri consigli in merito.
 “Piuttosto – riprese il papa – quel palazzo che ti stai facendo costruire... Sicuro che verrà ultimato per l'arrivo di tua moglie? Mi hanno detto che i lavori sono molto a rilento. Non è meglio che per i primi tempi stiate a Imola?”
 Girolamo sospirò: “Sì, i lavori sono lenti, ma a Imola io non ci vado.”
 “Certo, meglio avere la pappa pronta a Roma.” rimbeccò Sisto IV, scuotendo il capo demotivato: “Ma che ho fatto io di male per avere nipoti come te e Giuliano?” alzò le mani verso il cielo: “Perfino con il papa Dio sa essere crudele!”
 Qualcuno bussò alla porta.
 “Un momento!” urlò Sisto IV, alzandosi e lisciandosi la veste: “Avanti.”
 Entrò un servo con una lettere in mano. Il papa la prese e congedò il ragazzo.
 Mentre suo zio leggeva la missiva, Girolamo allargò le braccia: “Se questo è tutto, ora vado...”
 “Aspetta...” lo bloccò Sisto IV: “I miei informatori mi hanno appena fatto arrivare notizie da Firenze. Discutiamone insieme.”

 La sera stava scendendo su Roma e un leggero vento si alzava con dolcezza sul Vaticano.
 Papa Sisto IV aveva appena finito di cenare e si stava intrattenendo in chiacchiere con un paio di giovani donne arrivate proprio quel giorno. Quando vide il nipote profilarsi sulla porta, il sorriso gli sparì dal viso e con un gesto secco invitò le due ragazze ad andare ad aspettarlo nell'altra stanza.
 “Cosa c'è ancora, nipote mio?” chiese il papa, sospirando rumorosamente, per fargli capire quanto inopportuna fosse quella tarda visita.
 “Mi è appena arrivata una lettera da Bona di Savoia e immagino che presto anche la vostra santità ne riceverà una.” disse Girolamo, pomposamente, credendo che ci fosse ancora qualcuno nella stanza oltre a loro due.
 “Piantala con tutti questi convenevoli... Siamo soli.” fece Sisto IV, per velocizzare la cosa.
 Girolamo riassunse in fretta la lettera ricevuta, dicendo che Bona di Savoia si impegnava a rispettare tutti gli impegni presi dal defunto marito eccetera eccetera.
 “Sarà bene che tu sia pronto, dunque, a far ricredere la tua giovane sposa sul tuo conto.” sorrise freddo il papa, quando il nipote ebbe finito.
 Non capiva perchè Girolamo avesse dovuto disturbarlo per una cosa simile, quando anche aspettare fino al giorno dopo non avrebbe cambiato assolutamente nulla.
 “Zio...” cominciò Girolamo, incerto.
 Il papa ne aveva davvero abbastanza, per cui abbasiò: “Levati di torno! Per oggi sono stanco di vedere la tua faccia!”
 Il nipote se ne andò rapido come una furia, ma non per rabbia, il papa lo capì, ma per paura.
 Sisto IV si massaggiò la fronte e si sentì talmente vecchio... Suo nipote Girolamo era una delusione continua. Gli aveva dato troppi incarichi, forse, troppi privilegi...
 Almeno prima era stato un giovane uomo avventato, sì, ma anche deciso. Da quando il fratello, il cardinale Pietro, era morto, Girolamo si era come rimpicciolito.
 Si faceva troppi problemi, vedeva cose che non esistevano e cercava in modo quasi ossessivo il permesso e la protezione del papa.
 Doveva essere il nipote più agguerrito, quello sa usare come mezzo di sfondamento in centro Italia, mentre ora si stava trasformando in un peso morto, e lo sava facendo anche in fretta.
 La notizia della morte di Galeazzo Maria Sforza, poi, pareva aver reso il cambiamento irreversibile.
 Il papa si ritrovò a pensare che l'unica speranza stava in Caterina Sforza. Aveva sentito dire mille cose diverse su quella ragazzina, ma era stato molto colpito dai racconti che riguardavano il giorno di Santo Stefano. Gli era stato detto che, malgrado tutto, la giovane aveva mantenuto la calma, che aveva agito con solerzia e decisione, che la folla non era stata in grado di travolgerla, né il dramma di annientarla.
 Se Girolamo fosse riuscito nell'unica cosa che doveva fare – ovvero far innamorare di sé la moglie – forse Caterina l'avrebbe reso un uomo migliore...
 “Ciò che Dio ha unito, l'uomo non separi...” disse a voce bassa il papa, massaggiandosi il collo.

 Girolamo era solo nella sua stanza, sveglio, malgrado la luna fosse già da tempo alta in cielo.
 Quella notte non aveva cercato compagnia, come ormai non lo faceva da giorni. Il pensiero che dietro alla morte di suo suocero ci fosse Giuliano Della Rovere lo tormentava.
 Per quanto cercasse di ostentare con tutti sicurezza, l'idea di essere prossimo all'incontro con Caterina, lo terrorizzava.
 Erano passati quattro anni dal loro primo incontro e non poteva dimenticare quello che aveva osato fare. Era stato avventato, non avrebbe dovuto piegarsi alle decisioni prese da suo fratello e da suo zio...
 Non aveva avuto modo di sottrarsi e all'epoca era molto più tracotante e irriverente nei confronti delle leggi degli uomini e di Dio. Dalla morte del fratello, aveva iniziato a pentirsi della sua colpa, ma non aveva trovato modo di fare ammenda.
 Ora avrebbe rivisto quella ragazzina, avrebbe dovuto viverci insieme e convincerla a non disprezzarlo, perchè era quello il volere di suo zio Sisto IV...
 Girolamo si picchiò i palmi delle mani sulla fronte, sopraffatto dall'immagine apocalittica che aveva del suo futuro.
 Avrebbe dovuto essere Imola, lo sapeva, non a Roma... Ma non aveva il coraggio di presentarsi in quella città sconosciuta... Accidenti! Lui era di Savona, aveva vissuto un'infanzia povera e libera, non era nato per vestirsi di seta, guidare città e sedere assieme ai grandi signori d'Italia...!
 Il cuore gli batteva all'impazzata. Si sentiva mancare.
 Improvvisamente trovò una sorta di risolutezza che gli era estranea. Si diede da solo uno schiaffo e si mise a sedere sul letto.
 Era un uomo, aveva molti incarichi di prestigio, Imola era sua e presto sua moglie l'avrebbe raggiunto e gli avrebbe giurato ancora una volta di più obbedienza e fedeltà.
 Aveva ragione suo zio: il potere è un'illusione. Se fosse stato capace di illudere tutti, sua moglie compresa, allora se la sarebbe cavata. Doveva solo ritrovare il passo spavaldo di un tempo, il tono arrogante e lo sguardo beffardo.
 Poteva farcela. E poi con Caterina sarebbe bastato mettere in atto alcuni dei trucchi che usava per sedurre le ragazze delle osterie o le contadine che incontrava in campagna. E lei avrebbe dovuto cedere per forza, perchè loro erano stati uniti da Dio.
 “Ciò che Dio ha unito, l'uomo non separi.” disse Girolamo, ridendo in modo incontrollato, con le tempie che pulsavano e lo sguardo folle che si spostava da un angolo all'altro della stanza buia.

   
 
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