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Autore: martythestrange95    27/09/2015    2 recensioni
Quella notte Jasper era uscito per cacciare e non appena fu abbastanza lontano da non poter essere fermato da Alice era corso via, veloce verso la città. Non che non l'amasse, lui amava sua moglie con tutto se stesso ma quella notte aveva bisogno di stare da solo, lontano dai poteri dei Cullen e di nuovo padrone dei suoi sentimenti e di quelli altrui.
In città l'attenzione di Japser si posò su una ragazza e dall'alone di dolore e rassegnazione che si portava dietro, non erano le emozioni di una ragazza, no, sembravano più quelle di un soldato, si, un soldato partito giovane per la battaglia e tornato con il peso di mille anni sulle spalle.
Noire intanto nel freddo di quello notte intanto pensava, alla sua famiglia perduta e alla sua vita cercando di trovare un motivo per viverla.
è la mia prima fanfiction, spero possa piacere anche perché è una vita che mi gira per la mente, per il resto buona lettura :)
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jasper Hale, Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward, Carlisle/Esme
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Successivo alla saga
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Capitolo 4


Pov Jasper

Con un vassoio colmo di dolci e ogni genere di bevande Jasper si avvicinò alla porta dello studio dove si trovava la ragazza. Era riuscito a prendere tempo per lasciare la ragazza sola almeno per un'ora e convincere gli altri a lasciargli la casa vuota, sperava in questo modo di mettere a suo agio la ragazza.
Arrivato alla porta sentiva che la ragazza era concentrata su qualcosa che sembrava almeno per lei molto interessante. Bussò alla porta cogliendola di sorpresa e sentì all'interno un fruscio di pagine e piccoli tonfi, come il rumore che fanno i libri antichi quando vengono chiusi di scatto. Non rimase sorpreso immaginando la ragazza indaffarata a mettere a posto i libri nella libreria, ma al contrario era come se se lo aspettasse.
- Ti ho portato da mangiare.
Questa volta la sua reazione lo sorprese. Si era immaginato irritazione, risposte scontrose, era pronto all' eventualità di venire ignorato, invece la ragazza sembrò lasciare abbassate le difese come fosse ancora intenta a leggere un libro, in fondo però gli pareva di vedere un ombra che non riusciva a distinguere, chiuse la mente e si concentrò sui rumori che provenivano dalla stanza, la ragazza non si era mossa, un odore dolciastro di febbre confermò la sua ipotesi, non era ancora del tutto lucida, era come se stesse sognando.
- Ti lascio il vassoio qua fuori.
Appena fece per muovere un passo sentì che lei non voleva che se ne andasse. Si sedette per terra fissando la porta dello studio. Voleva che lei si fidasse di lui, voleva che la ragazza sapesse di non essere sola.
- Perdona Carlisle, l'uomo che hai conosciuto stamattina - Disse la prima cosa che gli venne in mente. Non avevano molto in comune a parte quella notte di cui non gli sembrava il caso di parlare.
- Di cosa dovrei perdonarlo? Di essere stato gentile con me? - rispose la ragazza con una finta voce innocente, Jasper sentiva l'ironia nella sua mente, lo stava mettendo alla prova, voleva sentire come avrebbe risposto Jasper.
Jasper si lasciò sfuggire un sorriso divertito, avrà pure avuto la febbre ma quella ragazza aveva carattere.
- Gentile? Se chiami gentilezza l'ostentata bontà e il pietismo - Jasper rispose diretto ricordandosi la prima volta che aveva parlato con Carlisle, non gli aveva staccato la testa solo per non far piangere Alice.
Il suo potere gli fece sentire il divertimento della ragazza, a quanto pare Jasper aveva superato la prima prova.
- Quando gli hai risposto in quel modo è stato... - iniziò Jasper con il sorriso sulle labbra ricordando i sentimenti di suo padre alle parole della ragazza - bellissimo! Poverino, non riuscirà a dormire stanotte.
Dopo qualche secondo di silenzio la ragazza riprese a parlare più seria, quasi a se stessa.
- Odio le persone come lui, i  manipolatori costringono le persone a fare ciò che vogliono loro nascondendosi dietro il loro buonismo. Sarò stata la prima a rinfacciargli la sua ipocrisia
- La seconda - la interruppe Jasper, sorpresa mista a divertimento sbocciò davanti a lui
- Mi dispiace, ma sei arrivata troppo tardi, io sono passato prima di te - Jasper vide nascere un nuovo sentimento: complicità.
Sentì la ragazza muoversi e  sedersi vicino alla porta, erano vicini anche se separati da quei 10 centimetri di legno scuro. Sentì l'odore del sangue della ragazza filtrare da sotto la porta, ma resistette, quell'odore era contaminato da farmaci, sangue di donatori meno invitanti di lei e da quella scia agrodolce che la febbre alta si porta dietro: quel sangue aveva poco a che vedere con quello che a aveva assaggiato quella notte. Si rese conto che la ragazza stava per parlare quando la sentì prendere fiato.
- Comunque, come hai detto che ti chiami?
- Non l'ho detto - rispose Jasper- dimmi prima il tuo.
Piano piano Jasper iniziò a tirare la corda, non aveva documenti addosso quella sera quindi non sapeva veramente quale fosse il suo nome ma l'avrebbe sentito se gli avesse mentito.
- Niente domande, niente risate, niente riferimenti inopportuni - la ragazza parlò stancamente quasi recitasse una formula polverosa - chiaro?
- Trasparente - rispose Jasper divertito e incuriosito preparandosi ai nomi più brutti o strani che gli venissero in mente, i genitori a volte avevano cattivo gusto in fatto di nomi, o peggio, un pessimo senso dell'umorismo.
Sentì la ragazza espirare, inspirare e:
- Noire
Jasper rimase sorpreso e vagamente affascinato da quel nome, che i genitori alla sua nascita avessero già capito l'indole della figlia o che ne avessero malauguratamente influenzato il destino fattostà che quel nome adesso sembrava rappresentarla appieno, almeno per quello che aveva visto e che poteva sentire Jasper attraverso i suoi poteri, il che non era poco.
- Noire - ripeté Jasper a bassa voce, sorrise - Mi piace
- Ti avevo detto di non scherzare
-Dico sul serio, e poi trovo ti si addica
-È solo un nome - La ragazza tagliò il discorso - Adesso tocca a te.
Jasper si ritrovò ad interrogarsi sui pensieri della ragazza.
Jasper sorrise e si avvicinò parlando ad un centimetro dal legno scuro.
- Si accettano domande, risate e anche riferimenti inopportuni - ripeté la formula della ragazza rovesciandola, poté sentire la ragazza sbuffare, stava accettando la sfida.
- Basta che me lo dici - disse Noire, Jasper sentì nascere una  curiosità spropositata, allo stesso tempo poteva ancora sentire l'agrodolce della rassegnazione, come se Noire sentisse che quel dialogo non potesse durare, come se intuisse già la fine, come se si vedesse già da sola. Forse quella curiosità era un sentimento che si imponeva per rimanere presente e non lasciarsi andare alla consapevolezza che tutto finisce, per vivere ogni momento in cui si sentiva serena fino in fondo. Jasper per un attimo sentì di aver capito, l'attimo dopo percepì di nuovo la natura di quella ragazza scivolargli tra le dita.
-Mi chiamo Jasper - disse semplicemente - Solo Jasper
Restarono in silenzio, Noire guardò persa il riflesso del sole danzare tra le foglie davanti alla finestra, Jasper sentiva la sua stanchezza aumentare e le emozioni sprofondare lentamente in un'amara nostalgia.
- Hai ancora la febbre alta, fammi entrare, ti ho portato qualcosa da mangiare - Jasper cercò un motivo per farle aprire la porta per vedere le sue condizioni, si sentiva impotente lì fuori, incapace di districarsi in quel labirinto fluido di sentimenti.
La porta sì aprì quel tanto che bastava a farlo entrare di lato.
- Hey - sussurrò appena Jasper mentre entrava attento a non farle male, Noire sedeva rannicchiata tra la porta e la parete.
- Dammi la mano,  ti aiuto a tornare sul letto - non potendo influire sulle sue emozioni se non minimamente Jasper si ritrovò a parlare dolcemente,  come faceva di rado, cercando in qualche modo di manipolare i sentimenti di Noire attraverso le sue azioni, come faceva quando era umano.
Prese la mano bianca e affusolata della ragazza tra le sue, la sentì rabbrividire al contatto.
- Scusa, ho le mani fredde...
In quel momento si rese conto che il brivido non era dovuto alla sua temperatura ma a qualcos'altro, cosa? Non lo sapeva, ma si rese conto che a quel brivido ne seguivano altri, e altri ancora.
Tremava.
Jasper si inginocchio accanto alla ragazzina spaventata.
- Hey, cosa fai tremi? Non aver paura è solo la febbre che sta salendo - non era vero,  e di certo quelle non erano le parole più rassicuranti che poteva inventare ma la sua mente era offuscata dal vortice impetuoso delle emozioni di quello scricciolo davanti a lui.
-Noire...
Fu un attimo, la ragazza alzò lo sguardo e l'oro degli occhi Jasper si specchiò negli abissi ghiacciati degli occhi di lei, grigi, gelidi, terrorizzati.
 
 

Pov Noire

Non era possibile.
Non poteva essere.
Un dejavù saettò tra i pensieri di Noire.
Quella voce, un po' rauca come se non venisse usata da tempo, quel dialogo simile ad altri avvenuti anni prima e poi... Quelle mani.
Fredde e attente, quasi dolci.
Il dubbio l'assaliva, la paura di faceva strada.
Quella voce, ancora. No, no, no, eppure non stava morendo e allora perché?
- Noire...
Il suo nome. Non c'erano più dubbi, solo paura.  Sentiva che stava per cadere in un abisso, alzò lo sguardo verso l'unica persona che avrebbe potuto salvarla e anche l'unica che l'avrebbe potuta farla affogare in quell'oceano.
Alzò lo sguardo e vide ciò che non credeva possibile, eppure era lì vero, la toccava, non era un delirio.
- Ferma stai ferma, ti farai male.
Noire si ritrovò delirare mentre i brividi le attanagliavano i muscoli che si contravano in spasmi incontrollati. Cercò di allontanarsi da Jasper finendo per sbattere la testa contro il muro dietro di lei. Voleva alzarsi in piedi ma non ci riusciva, Jasper intanto si era allontanato da lei, ma continuava a parlarle, vedeva le labbra muoversi ma non sentiva nessun suono a parte le sue stesse urla e le sue frasi sconnesse. La stava perseguitando, la voleva uccidere, vendicarsi, non capiva, Noire non capiva quello che vedeva né quello che pensava.
Si rese conto di star vivendo uno degli attacchi di panico più violenti della sua vita, era arrivata vicino alla scrivania lì si rannicchiò stringendo le ginocchia al petto, affondò le mani nei capelli e rimase immobile, febbricitante, soffocata dai singhiozzi e sconvolta da una paura irrazionale di morire, di soffrire, di non riuscire più a resistere.
Chiuse gli occhi, si concentrò sul buio cercando inutilmente di calmare i tremiti.
- Vattene via, tu non puoi essere qui, non sono pazza... Aiuto, non voglio morire.
Ripeteva come una litania, frasi sparse, frammenti di pensieri e paure.
Un braccio l'avvolse e insieme a quello sentì dentro di lei farsi largo una calma non sua, una serenità forzata che non le apparteneva, ma a cui si lasciò andare sfinita.
- Sono Jasper, solo Jasper. Non so chi sia Chriss e non ti farò del male. Ti senti meglio ora, vero?
Quella voce giunse da lontano, come un sogno, un bellissimo sogno.
- Adesso è tutto finito, non devi aver paura. Dormi.
E come se quelle parole fossero magiche la paura sparì e sentì la proprio coscienza sprofondare in un sonno sereno.
 

Pov Jasper.

Aveva funzionato, questa volta il suo potere era riuscita a calmarla.
La prese in braccio cercando di essere il più delicato possibile, erano anni che non toccava un essere umano se non per ucciderlo, si era scordato quanto potessero essere fragili.
Sentì Calisle entrare nella stanza.
- Cosa è successo? Si è sentita male.
Jasper adagiò la ragazza sul lettino asciugandole le lacrime con le dita. Era così morbida. Così calda.
- Le è venuto un attacco di panico. Per questo non volevo che venissi, chi soffre di questi episodi solitamente non ama avere troppa gente accanto a se. Oltretutto sapevo di poterla calmare.
-Non dubito della tua buona fede figliolo, ma è ancora ferita, starle troppo vicino sarebbe imprudente.
- Non preoccuparti di questo, l'odore della febbre e delle medicine la rendono un pasto molto poco allettante.
Carlisle tolse le bende sporche dalle braccia della ragazza, il veleno aveva rimarginato quasi completamente le ferite, non restavano che graffi arrossati sulla pelle bollente. Jasper guardò con ammirazione la dedizione del padre mentre puliva con un batuffolo di cotone bagnato di liquido anestetico l'incavo del braccio della ragazza a cui adesso stringeva un laccio emostatico.
- Puoi passarmi la scatola bianca sullo scaffale figliolo?
Disse Carlisle, lo sguardo fisso sulla ragazza, ne stava valutando peso, altezza, possibili carenze vitaminiche, un elenco di dati scorreva negli occhi del medico, Jasper prese la scatolina e gliela avvicinò lentamente, attento a non rompere il filo dei pensieri del dottore, raramente gli capitava di assistere alle cure fornite da Carlisle, forse fu per curiosità  che rimase a guardare... Forse.
Osservò attento Carlisle prendere una fialetta e una siringa dal contenitore, lo vide inserire l'agocannula nel tappo di silicone della fiala e aspirarne il liquido stando attento a non superare la dose stimata poco prima. Seguì l'ago per tutta il suo percorso fino alla pelle della ragazza dove lo vide affondare nella pelle cedevole. 





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Hey salve a tutti :*
siete in tanti a leggermi è bellissimo, oggi poi ho avuto anche il mio primo messaggio per questa storia, non sapete quanto mi faccia felice. Anche delle recensioni sarebbero molto gradite *-*
intanto vi lascio un piccolo anticipo del prossimo capitolo... diciamo che la situazione inizia a diventare hot xD
baci a tutti :*
  
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