Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: UnGattoNelCappello    28/09/2015    1 recensioni
TRADUZIONE (completa)
Crescere sotto la rigida mano di Walburga Black non era niente di meno di una tortura per il giovane Sirius. Finché un giorno, trovò una piccola, dimenticata porta, nascosta in un ripostiglio. Fu attraverso quella porta che Sirius scoprì un intero nuovo mondo, e un'intera nuova vita.
-
Wolfstar; da bambini a giovani adulti, la relazione di due ragazzi che hanno trovato rifugio da un mondo che non li vuole, creandone uno loro stessi. Trovando rifugio l'uno nell'altro. (non-magic au)
Genere: Angst, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James Potter, Lily Evans, Regulus Black, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: James/Lily, Remus/Sirius
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Attenzione: non ho scritto io questa storia, la sto solo traducendo con il permesso di Amuly, l'autrice. Potete trovare la storia originale qui:  The Door Through the World
 



 

Capitolo 2


 

Il sole brillava forte su Sirius, e il ragazzo alzò una mano per coprirsi gli occhi. Socchiuse le palpebre, sbattendo rapidamente gli occhi mentre le pupille si abituavano alla luce. Mentre aspettava con un braccio sopra gli occhi di vedere cosa c'era intorno a lui, Sirius prese un profondo respiro. La prima cosa che notò fu qualcosa di strano nell'aria. Gli ci volle un momento per capire cos'era. Era... strana. Fresca, e più leggera, ma non solo quello. Salata?

Un torrente di memorie travolse Sirius mentre gli tornava alla mente una vacanza sul lungomare con la sua famiglia più di due anni prima. Orion doveva andare a visitare un qualche cliente o collega di lavoro o qualcosa del genere, e Walburga aveva insistito che venissero anche lui e Regulus per farli giocare con la figlia dell'uomo. La bambina si era messa a piangere quando Sirius le aveva chiesto se poteva usare le sue tempere. Sirius non le aveva più parlato per l'intero viaggio. Come risultato, aveva speso la maggior parte della “vacanza” seduto sulla veranda della casa sul mare, a guardare gli altri bambini correre nella sabbia, strillando quando le onde accarezzavano i loro piedi nudi, la loro pelle bianca che diventava rossa con il passare delle ore. A Sirius non era stato permesso di uscire al sole. O sulla sabbia, figurarsi l'oceano. Ma ne ricordava l'odore. Ed era quello che sentiva adesso. L'oceano.

Abbassando il braccio dal volto, Sirius sbatté le palpebre qualche volta mentre si guardava attorno. Dovunque fosse quel posto, era vecchio. Molto vecchio. C'erano pile di detriti di fronte a lui, apparentemente caduti da quegli edifici e muri intorno a lui, in vari stati di decadenza. Ma Sirius non era interessato in qualche vecchio edificio deserto. Lui era interessato al mare. E adesso che sapeva cosa c'era lì fuori, poteva sentirlo : onde che si infrangevano dolcemente sulla sabbia. Da qualche parte... alla sua destra.

Sirius si incamminò, facendosi strada con cautela attraverso le pile di detriti nello stesso modo in cui era passato tra gli scatoloni e i mobili abbandonati del ripostiglio. Dopo solo un paio di minuti si accorse che riusciva a intravedere dei barlumi di mare tra alcuni pilastri e alberi che erano di fronte a lui. Correndo attraverso uno spiazzo vagamente circolare nel terreno, Sirius si fece strada tra alcuni cipressi che sorgevano in mezzo a un paio di colonne e finalmente: era lì. Lui era lì. Il mare.

Era decisamente il mare. L'aria era salata, e l'acqua si estendeva lontano lontano, all'infinito, finché non saliva a raggiungere il cielo piegato all'ingiù al limite estremo della visione di Sirius. Sirius rimase a bocca aperta di fronte a quell'enorme distesa d'acqua, guardando i piccoli fiocchi di schiuma bianca apparire sulla cresta delle onde prima di schiantarsi sulla riva, come un nuotatore esausto che si lancia disteso sulla sabbia.

Senza pensarci un secondo, Sirius scalciò via le sue scarpe e i calzini, infilando quest'ultimi nelle scarpe con attenzione. Non aveva voglia di ricevere una punizione da sua madre solo perché aveva portato qualche traccia di sabbia dentro casa. Poi si arrotolò i pantaloni con altrettanta attenzione, sistemandoli su fino sopra il ginocchio così che non ci fosse il minimo rischio di bagnarli. Entro un minuto da quando aveva scoperto quel mare segreto, Sirius ci stava sguazzando dentro immerso fino alle caviglie, agitando le dita dei piedi nella sabbia, pieno di meraviglia per tutte le nuove sensazioni.

L'acqua era calda – più calda di quanto Sirius immaginava che la Manica o qualsiasi altro mare inglese potessero mai essere. Non se ne preoccupò più di tanto, però, proprio come non si era chiesto come facesse ad esserci un mare dall'altra parte di una porta di casa sua, o qualsiasi altra cosa riguardo questo posto. Sirius non era uno da interrogarsi sulle fortune che gli capitavano, perché sapeva quanto facilmente potessero scivolare via. Era meglio godersela finché durava.

Sperimentando, Sirius infilò le dita dei piedi nella sabbia bagnata, guardandole attraverso la schiuma e l'acqua che si ritiravano. Era morbida, ma solida. Non sprofondava molto quando stava fermo, ma il più piccolo movimento dei suoi piedi sembrava far diventare liquida la sabbia intorno ad essi, formando piccole buche di sabbia mobile intorno all sue dita. Appena si fermava, però, e restava immobile, la sabbia bagnata si solidificava di nuovo. Accovacciandosi molto, molto attentamente, per non rovinare i suoi vestiti, Sirius infilò un dito nella sabbia. Cedeva facilmente quando l'acqua la ricopriva, ma ridiventava solida non appena si asciugava. Sirius restò a bocca aperta. Nessuno gli aveva mai detto niente sulla sabbia, a parte che era fastidiosa. Non si era mai immaginato niente del genere.

Sirius sorrise eccitato. Chissà che succedeva se... Sirius si abbassò e cominciò velocemente a impilare sabbia su sabbia, creando un piccolo cumulo prima che le onde scivolassero di nuovo sulla spiaggia. Fece un passo indietro, per osservare l'acqua che si faceva strada sulla sabbia fino al suo piccolo ostacolo. Quando le onde si ritirarono, la sua piccola creazione era sparita quasi completamente. Sirius inclinò la testa, poi si girò a guardare la spiaggia. Se voleva costruire qualcosa avrebbe dovuto farlo più indietro, allora. Su, dove le onde non avrebbero potuto portarselo via.

Mentre Sirius guardava la spiaggia e contemplava le sue prospettive di costruzioni di castelli di sabbia, i suoi occhi vagarono in giro per osservare il resto del paesaggio. Prima era stato così concentrato ad arrivare al mare che non si era fermato per guardarsi davvero attorno. Ma adesso che lo faceva...

C'erano rovine tutto intorno a lui, grandi edifici in marmo, che una volta dovevano sorgere in una silenziosa, ostentata grandezza su tutta la spiaggia e l'entroterra. Alla sua destra c'era un edificio quasi completamente intatto: le sue pareti si stavano sbriciolando solo un po', gli spazi dove una volta erano state scolpite le porte e le finestre erano ancora quasi perfettamente dritti e squadrati. Avrebbe potuto essere una villa – una villa sul mare, e a quello Sirius rise. Non ci aveva mai pensato, ma immaginò che quegli antichi costruttori di imperi avevano amato una vacanza al mare tanto quanto quelli moderni. Una proprietà in riva al mare. Molto ricchi, decisamente.

Proprio di fronte a Sirius c'era uno spiazzo piano che lui aveva pensato fosse vuoto, ma dopo un'ispezione più accurata si accorse che una volta c'era stato qualcosa, lì. Una... una pira per il fuoco, forse? Era un grande cerchio vuoto, con pietre di marmo piastrellate tutto intorno. E colonne: colonne a metà, colonne intere, o solo spazi vuoti dove erano una volta le pietre, intorno al cerchio. Forse un tempo era una fontana, o una piccola piscina decorativa? Oppure una pista da ghiaccio molto, molto piccola.

Curioso, Sirius recuperò le scarpe e i calzini dal bordo della spiaggia e trovò una grossa pietra dove sedersi per rimetterseli. Fatto ciò, si voltò e si fece strada fino allo spazio vuoto di fronte a lui, osservandolo. Il terreno all'interno era duro e compatto, ma sopra c'era della sabbia. E... qualcosa nella sabbia catturò lo sguardo di Sirius. Si abbassò e strofinò via la sabbia. Era solo un'altro piccolo detrito. Più per istinto che per altro, Sirius lo raccolse dall'altrimenti vuoto cerchio e lo lanciò più volte in aria con una mano. Quello chiaramente non era il suo posto, così Sirius l'avrebbe portato con lui.

Guardandosi ancora intorno in quel curioso luogo, Sirius vide un muro cadente di fronte a lui. Era di traverso ad una specie di sentiero. Avvicinandosi, Sirius corresse la sua ipotesi. Non era un sentiero: doveva essere stata una specie di strada. Anche se l'erba spuntava tra le pietre e la natura stava gradualmente reclamando indietro quella terra, c'erano ancora abbastanza tracce del segno umano da capire con certezza che quella una volta era stata una strada principale. C'erano ciottoli tutto intorno, e proprio di fronte a Sirius, due grandi pietre, che attraversavano la strada. Automaticamente Sirius balzò sulla prima, poi sull'altra, poi sull'altro lato della strada. Si accorse solo quando fu arrivato dall'altra parte che aveva probabilmente fatto esattamente la cosa giusta: erano delle strisce pedonali. Delle strisce pedonali molto vecchie! Sirius sorrise raggiante alle grosse pietre, mentre le sue dita accarezzavano la pietra che aveva in mano. Impulsivamente, si girò di scatto e lanciò la pietra più forte che poté al di sopra del muro davanti a lui. Stava per girarsi ed andare a vedere dove la vecchia strada lo avrebbe portato quando il suono della roccia che colpiva il pavimento lo raggiunse, seguito quasi all'istante da un sonoro “Ahia!”

Scioccato, Sirius girò su se stesso, gli occhi che cercavano furiosamente la fonte del rumore. Non era Kreacher, o suo padre, e certamente non sua madre. Suonava un po' come Regulus, ma più grande. Più l'età di Sirius.

Ma non c'era nessuno. Le rovine intorno a Sirius rimasero ferme e silenziose. Mentre Sirius era lì in piedi, a pensare, il suono di ciottoli che rotolavano attirò la sua attenzione. Si girò. Veniva dall'altro lato del muro. Ma certo! Era lì che aveva tirato la roccia!

Guardando in alto, Sirius vide un'apertura nel muro a circa un metro sopra di lui. C'erano dei detriti lungo tutto la base della parete, ai suoi piedi, che venivano presumibilmente dal muro stesso e fungevano facilmente da scalini. Sirius non perse tempo e iniziò a scalarli, arrampicandosi precariamente sui frammenti in equilibrio di roccia e malta.

Le dita di Sirius si graffiarono e bruciarono mentre si aggrappava prima ai detriti ai suoi piedi, poi al muro sgretolato. Non era abituato a stare molto fuori casa. Walburga non lo faceva mai giocare fuori. Diceva che non voleva che gli venissero delle “mani da pescatore”. Sirius non era certo di cosa scalare un albero avesse a che fare con la pesca, e come avrebbe potuto portare a quelle “mani da pescatore”, ma non gli era comunque permesso giocare all'aperto.

Ma adesso, Sirius era in questo posto speciale. E in qualche modo sapeva che Walburga non lo avrebbe scoperto, e non avrebbe scoperto niente di quello che faceva nel posto speciale. Lo sguardo preoccupantemente acuto di Walburga lo avrebbe raggiunto in ogni altra cosa della sua vita, ma non in questo posto.

Raggiunta finalmente l'apertura nel muro, Sirius ci si aggrappò e si tirò su quel che bastava per sbirciare attraverso. Era in punta di piedi, le dita strette sui pezzi sgretolati di muro intorno all'apertura. “Hei-”

Sirius si interruppe. C'era un altro ragazzo lì! I suoi ricci color sabbia apparvero per primi, poi il resto della testa, mentre sembrava che si stesse tirando su allo stesso modo di Sirius. Se non fosse stato così diverso da lui, Sirius avrebbe pensato per un momento che ci fosse uno specchio dall'altra parte del buco. Perlomeno, sapeva che l'espressione sul suo volto era la stessa di quella dell'altro ragazzo: scioccata, sorpresa, e molto, molto curiosa.

L'altro ragazzo parlò per primo, dopo l'interrotto tentativo di saluto di Sirius. “Ciao.” Si tirò un po' più in alto, osservando Sirius con curiosità. “Chi sei?”

Sirius si accigliò. Chi era quello? “Chi sei tu?” gli disse in risposta Sirius. “E che ci fai nel mio posto?”

“Non sapevo che era tuo,” osservò l'altro ragazzo. “L'ho trovato solo oggi. Nel negozio di mio papà.”

Sirius inclinò la testa mentre esaminava l'espressione onesta del ragazzo. “Anch'io. Non nel negozio di tuo papà. A casa mia. Sei passato anche tu per una grossa porta decorata?”

L'altro ragazzo si spostò un pochino, le sue dita che si aggrappavano alla pietra. Dei piccoli pezzi caddero a terra dove li aveva disturbati. Anche le dita di Sirius si stavano stancando, e le sue gambe erano doloranti per essere state forzate in punta di piedi per così tanto. “Non una grossa porta decorata. Solo una porta normale nel retro. Non l'avevo mai vista prima.”

Sirius annuì. “Neanche io. La mia porta.” Accigliandosi guardò giù alla pila di detriti su cui era in piedi, e prese una decisione. “Aspetta. Vengo dalla tua parte.”

Con quello, Sirius si lanciò giù dai detriti e sulla strada di marmo sotto di lui. Atterrò in modo un po' goffo, inciampando ma riprendendosi in tempo per non cadere in terra a faccia in giù. Poteva sentire dei piccoli rumori di pietre contro pietre dall'altro lato del muro. Doveva star scendendo giù anche l'altro ragazzo.

Il muro non era molto lungo. Lo era stato in qualche tempo antico: Sirius lo capiva dal modo in cui le pietre nel terreno continuavano per un bel po'. Ma si era sgretolato tanto da poter essere scavalcato a una dozzina di piedi da dove si trovava lui. Sirius inciampò un po' mentre si arrampicava dall'altro lato, ma una volta lì si spolverò i vestiti e alzò lo sguardo.

L'altro ragazzo era in piedi a pochi metri da lui, sotto l'apertura nel muro. Avrebbe potuto della stessa altezza di Sirius – forse un po' più basso. Il primo pensiero di Sirius fu che avrebbero dovuto mettersi schiena contro schiena e misurarsi. O forse, se non fossero stati in grado di decidere visto che non c'era nessun altro in giro, si sarebbero dovuti misurare a vicenda contro uno dei muri con un pezzo di pietra o una conchiglia o qualcosa e paragonare le linee.

La seconda cosa che Sirius notò del ragazzo furono i suoi vestiti. Assomigliavano ai vestiti delle persone che facevano le consegne, ma non era un'uniforme. Sirius si accigliò e pensò, cercando di capire quello che intendeva il suo cervello. Non erano tipo... costosi, come i suoi. Non erano neanche a strati. L'altro ragazzo stava indossando solo un paio di pantaloni e una maglietta. E delle scarpe da ginnastica. Sirius guardò con desiderio le scarpe. Walburga non gli aveva mai lasciato averne un paio.

Improvvisamente a disagio, Sirius strattonò il suo gilè e la camicia abbottonata. Probabilmente sembrava buffo a questo altro ragazzo.

Nel suo nervosismo, anni di allenamento nell'etichetta di comportamento presero il sopravvento e fecero porgere in avanti la mano di Sirius. “Il mio nome è Sirius Black. È un piacere fare la tua conoscenza.”

L'altro ragazzo fissò la mano, valutandola attentamente. Poi fece un passo in avanti e allungò il braccio per stringere la mano di Sirius. “Io sono Remus. Remus Lupin.”

Sirius si illuminò alla vista del sorriso timido dell'altro. Aveva lentiggini su tutto il naso. A Sirius piacevano. “Sai dove siamo?”

L'altro ragazzo – Remus, ricordò Sirius a se stesso, giocando con il nome nella sua mente – scosse la testa. “No. Stavo cercando di nascondermi, e ho trovato la porta. E poi ero qui.”

Sirius fece un eccitato passo in avanti. “Anch'io! Mi stavo nascondendo, voglio dire. Da mia mamma. E Kreacher.” Una nauseante sensazione di terrore crebbe dentro Sirius mentre pensava alla rappresaglia che avrebbe ricevuto non appena fosse tornato indietro. Lanciò un'occhiata alle spalle di Remus. C'erano una panchina e un'altra porzione del muro in rovina là, ma Sirius sapeva che al di là di quello c'era il posto da dove era venuto. E dove sarebbe dovuto tornare, presto.

Remus osservò Sirius, voltandosi per seguire il suo sguardo, e poi di nuovo verso Sirius. “La tua porta è laggiù?”

Sirius scrollò le spalle. “Sì. Penso. Ma-” si interruppe, riflettendo. Aveva ancora qualche minuto prima che avrebbero davvero iniziato a cercarlo. Poteva restare. Solo per un altro po'. Spinse con decisione la sensazione di nausea giù, giù in fondo, fino alle scarpe. Non aveva bisogno di pensarci, a quello, non ancora. “Da chi ti stai nascondendo?”

L'espressione di Remus diventò assente per un momento, immobile. Poi scrollò le spalle, inclinandosi di lato un pochino. “Il rumore del negozio. I cugini. Mamma. Papà. I clienti.”

Gli occhi di Remus scivolarono a lato di Sirius, solo per un secondo. Come se stesse cercando la sua porta, proprio come Sirius aveva appena fatto.

Sirius restò a bocca aperta. Tutti?! “Volevano tutti farti male?” mormorò.

“No! Non... non mamma. Non papà.” Remus scosse la testa, e la frangetta biondo cenere gli cadde tra gli occhi. Con uno sbuffo la spinse via. A Sirius piacque anche quello. Questo Remus era buffo. “Sono solo tutti rumorosi. E ci sono sempre clienti in giro, nel negozio di mamma e papà. Volevo solo pace e silenzio.”

Quello era strano. Sirius non riusciva a immaginarsi di vivere così. A casa sua, c'erano sempre pace e silenzio. Anche troppo. E lui era sempre quello che finiva nei guai per averlo “disturbato”. Era come se Remus venisse dalla terra-del-contrario. Per quello che ne sapeva Sirius, poteva anche essere così. Remus sicuramente aveva un aspetto opposto a quello di Sirius: capelli chiari e leggermente abbronzato, tranquillo e timido, con i suoi vestiti semplici e scarpe da ginnastica.

La sensazione di paura assalì di nuovo lo stomaco di Sirius, stringendolo come la presa delle unghie affilate di Walburga. Era in qualche modo riuscita a scappare dalle sue scarpe. “Mi sa che devo andare...” mormorò, gli occhi rivolti ai ciottoli sotto i suoi piedi. Poi un'idea si impadronì di lui, come i raggi del sole che all'alba si infilavano tra le case di città fino alla finestra della sua camera: piena di colori chiari e calore. “Hey!” Afferrò il polso di Remus, tenendolo stretto. Solo per un momento Remus trasalì, e il suo intero corpo diventò teso. Ma poi i suoi occhi si spalancarono – non spaventati, solo sorpresi – e Remus lasciò stare la mano di Sirius sul suo polso, guardandolo. “Ti va di vederci qui ancora? Domani?”

Gli occhi di Remus restarono spalancati, ma annuì velocemente il suo assenso. “Sicuro. Posso venire dopo pranzo, probabilmente.”

La presa di Sirius si strinse attorno il polso di Remus. “Okay. Dopo pranzo. Magari possiamo giocare a nascondino?”

Il sorriso di Remus era più grande questa volta, ma ancora riservato, trattenuto. Sirius lo trovò molto curioso da guardare: un sorriso che tremolava ai margini, non perché Remus stesse fingendo, ma perché lo stava trattenendo dal diventare più grande. Sirius si accorgeva della differenza; aveva passato la sua intera vita a guardare Walburga e Orion e tutti i suoi parenti fare quel falso sorriso tremolante. Remus era esattemene l'opposto. “Okay,” acconsentì Remus, piano. “Ma io mi nascondo per primo.”

“Fantastico.” Sirius sorrise raggiante. “A me piace acchiappare.”

Una strana sensazione filtrò su dalla mano di Sirius fino al suo cervello. Guardò giù. Remus stava chiudendo piano le sue dita intorno alla mano di Sirius, dove riusciva a girarle e raggiungerla, catturato com'era il suo polso nella presa di Sirius. Toccò leggermente la mano di Sirius prima che entrambi i ragazzi lasciassero andare. Sirius guardò la sua mano, poi su verso Remus. “Domani,” ripeté Remus. “Dopo pranzo. Giusto?”

“Sì,” rispose Sirius, quasi troppo intensamente. “Sì. Domani. Dopo pranzo. Giocheremo a nascondino.”

Riluttante, Sirius si girò e si arrampicò di nuovo sulla sezione bassa del muro. Appollaiato in cima, con una gamba dall'altra parte e l'altra che penzolava dietro di lui, Sirius lanciò un'occhiata a quel ragazzo, Remus, un'ultima volta. Stava guardando Sirius con gli occhi socchiusi, le lentiggini che coprivano il suo naso arricciato e capelli che ondeggiavano nella leggera brezza. “Domani,” disse ancora Sirius. “Prometti!”

“Prometto!” gli gridò dietro Remus.

Con quella rassicurazione, Sirius si lanciò dall'altra parte del muro e corse indietro verso la sua porta, e la sua casa. E Walburga.


 

 
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: UnGattoNelCappello