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Autore: Ashura_exarch    29/09/2015    0 recensioni
Ronah è un normale Treecko abitante della campagna: è analfabeta, orfano e povero, ma in compenso un gran lavoratore che pur possedendo solo un campo di Baccastagne sa provvedere a sé stesso. Pensa che la sua vita rimarrà così per sempre, senza stimoli né risposte, condannandolo ad un'esistenza già stabilita. Ma una sera, mentre riposa su un albero, scorge una palla di fuoco precipitare poco distante e si reca incuriosito a vedere di cosa si tratta. Poco dopo farà un incontro che cambierà per sempre il corso della sua vita, portandolo in luoghi e mettendolo in situazioni di cui non avrebbe mai neanche immaginato l'esistenza.
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Manga
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Capitolo II: Il fuggitivo


Aveva visto la cosa precipitare dal cielo mentre era impegnato a correre. All'inizio quasi non ci aveva fatto caso, la sua mole non indifferente gli impediva di procedere oltre una certa velocità e lui ce la stava mettendo tutta per cercare di superare i propri limiti. Del resto ne andava della sua vita in quel momento, e la sua priorità era riuscire a sfuggire ai suoi inseguitori. Non poté però non accorgersene quando, salito in cima ad un piccolo colle, vide il cielo tinto di rosso e la scia di fumo nero culminante col bolide rosso in procinto di sfracellarsi al suolo. Non si fermò ad osservarla meglio, qualsiasi istante perso poteva essergli fatale conoscendo chi gli stava dando la caccia.
Sfruttò il suo peso per sfrecciar giù dal rilievo, quasi cadendo e mettendosi a rotolare ad un certo punto. Cercò di non farlo, avrebbe sicuramente provocato troppo rumore attirando così l'attenzione. Arrivato in fondo alla discesa si appoggiò ad un albero per riprendere fiato, ma fu costretto a ripartire quasi subito quando sentì delle grida non molto lontano. Riconobbe alcune voci, e ciò gli tolse il dubbio di essersi lasciato o meno i suoi "amici" alle spalle.
Entrò nel bel mezzo di un campo coltivato, le piante alte a tal punto da oscurargli completamente la visuale. Era un esemplare piuttosto basso per la sua specie, anche perché era ancora molto giovane e doveva ancora crescere del tutto, e ciò si rivelò uno svantaggio. Proseguì alla cieca cercando di non farsi prendere dal panico, le foglie che gli frustavano la faccia di pietra lasciandogli dei graffi bianchi. Usò le braccia a mò di mazza, spezzando ciò che lo ostacolava cercando però di farlo il più piano possibile.
Le forze presto però cominciarono a vernirgli meno. Aveva corso per buona parte della notte, era stanco e infreddolito e aveva bisogno di riposo. I suoi nemici invece erano addestrati per sopportare quel tipo di avversità e non avevano mai dato segno di voler mollare, così era stato costretto a spingersi ben oltre le proprie normali capacità per non essere catturato. Le sue gambe tozze avevano cominciato a stridergli già da un po', ma aveva cercato di sopportare il dolore più a lungo possibile. Adesso però stava cedendo, non riusciva più nemmeno a vedere bene dove andava per la stanchezza. Si trascinava mettendo un piede davanti all'altro per un puro automatismo, deciso a non farsi raggiungere. Le sue intenzioni però stavano venendo velocemente meno. Doveva trovare un posto dove nascondersi e riposare, e subito.
Dopo un tempo infinito uscì dal campo per ritrovarsi in uno stretto sentiero tra le piante. Si guardò attorno: altri campi simili si estendevano in ogni dove. Era come un labirinto, e non sarebbe riuscito a scappare in quel momento. "Ci sarà un nascondiglio da qualche parte, no?". Imboccò il sentiero verso ovest, e ad un certo punto vide che alcune piante erano schiacciate a formare un'altra piccola strada tra la vegetazione. Decise di imboccarla, e dopo alcuni minuti di corsa-cammino arrivò ad un piccolo spiazzo in mezzo ai filari. Lì, seminascosta dalle frasche, c'era una catapecchia.
Si avvicinò alla porta tremante, sperando che chiunque vi abitasse fosse disposto ad accorglielo e nasconderlo. Bussò, ma non ebbe risposta. Lo fece di nuovo e non accadde nulla. Accostò l'orecchio al legno della porta: nessun rumore dall'interno. Non c'era nessuno.
Provò ad aprire la porta, e questa si mosse cigolando. "Meno male, è aperta.". Entrò e se la chiuse velocemente alle spalle. Dentro era talmente buio che non si vedeva quasi nulla, ma in un angolo c'era una coperta. Era un'idea stupida, ne era consapevole, ma non aveva molta altra scelta. Corse e afferrò il tessuto gettandoselo poi adosso. Allora si sedette accostandosi al muro e rimase immobile. Se avessero perlustrato la zona e fossero entrati dentro la casa forse l'avrebbero scambiato per un mobile. Era una folle speranza, ma la stanchezza giocava brutti scherzi.
Restò immobile e ansimante ad osservare la stanza attraverso il lino sottile. Nessun nuovo lo disturbò, si udiva solamente il raschiare del proprio respiro. Le guancie gli bruciavano, i polmoni erano anche peggio. Forse... forse ce l'aveva fatta a scappare, ma in fondo ne dubitava. Sperò con tutto il cuore che i suoi nemici considerassero la casa un nascondiglio troppo ovvio e guardassero altrove. Non aveva ormai nemmeno più la forza di muoversi, e alla fine non ce la fece più nemmeno a tenere gli occhi aperti. Tutto si fece ancor più nero e si addormentò seduto dove si trovava.

Ronah era arrivato a metà della strada per il paese prima di rendersi conto di essersi dimenticato di chiudere a chiave la casa. Con un'imprecazione si era voltato e aveva preso a correre verso la sua dimora, e adesso si affannava cercando di sbrigarsi. Era stato totalmente rapito dallo strano accadimento da essersi completamente dimenticato delle faccende più "mondane". Era colpa sua in fondo, non avrebbe dovuto dormire così a lungo. Di solito si svegliava sempre prima del tramonto e si affidava al proprio orologio biologico per rientrare, e questa era la prima volta in assoluto che faceva cilecca.
Aveva sempre considerato la propria casa come nulla di più che una semplice catapecchia, ma era tutto quel che aveva. Alla morte del suo padre adottivo lui e i suoi figli si erano spartiti i suoi beni, e nonostante al Treecko fosse toccato il campo più piccolo assieme ad un semplice capanno aveva cercato di accontentarsi, in fondo lui non poteva certo pretendere di avere di più. Se non fosse stato raccolto poco dopo la nascita probabilmente sarebbe morto, inutile fare recriminazioni. Anche se faceva schifo l'ammasso di rami e pietre che chiamava casa era tutto ciò che possedeva oltre al campo di Baccastagne da lavorare costantemente, e non vi avrebbe potuto né dovuto rinunciare così facilmente per un mero capriccio.
Percorse a perdifiato gli infiniti campi attorno al villaggio e arrivò in vista della propria abitazione dopo un tempo che gli parve eterno. Si avvicinò velocemente, e vedendo che la porta era chiusa tirò un sospiro di sollievo. "Meno male, non è entrato nessuno.". Rallentò il passo, riprendendo fiato. Sapere che non era successo niente l'aveva fatto stare meglio, e cominciò a rilassarsi. Almeno finché non vide una banda di pokemon uscire dalle piante poco distanti.
Erano in cinque o sei e sembravano inferociti, dall'aria davvero poco rassicurante. Uno di loro vide Ronah e lo indicò ad un altro, un Gogoat con una vistosa cicatrice sul viso, che lo squadrò da capo a piedi. "Probabilmente è il capo" realizzò. Dopo alcuni attimi quello fece segno di no con la testa, al che tutti gli altri cominciarono a ricercare nelle zone limitrofe alla casa. "Cosa diavolo vorranno quei tizi?" si domandò il Treecko "Meglio controllare. In fondo è la mia proprietà, e non hanno il diritto di irromperci così come se fossero i padroni di casa.". A grandi passi avanzò verso di loro, deciso a farci i conti.

Si svegliò appena percepì tutto il trambusto all'esterno. Tese le orecchie e prese a respirare affannosamente come poco prima, cercando però allo stesso tempo di fare silenzio. Rimase immobile, il panico che si faceva strada dentro di lui ogni istante che passava, ad attendere che succedesse qualcosa. Dapprima confuso, il rumore si fece sempre più distinguibile, come di una folla di pokemon che sta cercando qualcosa. "Cercano me, ecco cosa.". Qualcuno però stava parlando, e allora tese le orecchie per capire ciò che veniva detto.
- ...un pericoloso criminale, sappiamo che è fuggito da queste parti.
- E chi sarebbe questo pericoloso criminale?
- Non posso dirlo.
- Perché mai?
- Non sono affari tuoi.
- Questa è la mia proprietà, e io non permetto che gli estranei vengano qui e facciano quel che gli pare.
- Attento a te, noi siamo rappresentanti del governo. Potremmo arrestarti per resistenza a pubblico ufficiale.
Sembrava che il padrone della casa fosse ritornato, e se per caso lo avesse scoperto sarebbero stati guai grossi. Col trucchetto del mobile avrebbe forse potuto ingannare i suoi inseguitori, ma non certo uno che lì dentro ci viveva. Si alzò e rigettò il lenzuolo nell'angolo, cercando poi un nuovo nascondiglio come una cantina o qualcosa del genere. Non sembrava però esserci nulla, così si posizionò nel posto più semplice da utilizzare in quel caso: dietro la porta. Almeno se si fosse aperta l'anta l'avrebbe sicuramente coperto. Era estremamente precaria come cosa, ma era l'unica carta che era ancora in grado di giocare.
Si accostò alla parete di fianco all'entrata quasi al rallentatore, temendo di poter emettere qualsiasi tipo di suono che avesse potuto farlo scoprire. Cominciò a sudare, e gli parve di sentire ogni singola goccia di sudore fuoriuscirgli dai pori della pelle alla stessa maniera di un parto. Quasi smise anche di respirare pensando di essere troppo rumoroso, prendendo poi ad iperventilare con naso per compensare la mancanza della normale affluenza d'aria.
- Ah sì? E allora che farete, arresterete tutto il contado? Non aspettatevi che la gente di qui vi lasci entrare solamente perché dite di essere dello Stato. Sarete fortunati se vi diranno semplicemente di no, ci sono alcuni che non useranno le buone maniere.
Una risata gli fece intuire che all'altro pokemon non importasse nulla delle maniere che avrebbero usato i locali.
- Entreremo comunque, con le buone o con le cattive. Se qualcuno si rifiuta vuol dire che ha qualcosa da nascondere, e come incaricati del Governatore possiamo perquisire la casa. Tu hai qualcosa da nascondere?
- Assolutamente no.
- E' inutile mentire, lo scopriremmo comunque in un modo o nell'altro.
- Se volete controllare fate pure, in casa mia non c'è nulla. Ma se poi con gli altri contadini avrete dei problemi non dite che non vi avevo avvertito.
"Merda.". Sentì gli zoccoli del Gogoat scalpitare sul terreno mentre si stava dirigendo verso la casa, al che lui cercò di appiattirsi il più possibile contro il muro. La sua era una mole non indifferente, e al pensiero della sua larghezza si pentì della scelta fatta pochi istanti prima. Se fosse rimasto lì la porta si sarebbe potuta aprire di scatto e il legno avrebbe sbattuto su di lui, facendolo quindi scoprire. Se però si fosse spostato in un'altra posizione sarebbe risultato di certo visibile. "Sono condannato in ogni caso" realizzò. Il panico lo invase, facendolo paralizzare dove si trovava. Smise pure di tremare se mai lo aveva fatto. Restò col fiato sospeso ad ascoltare i passi del nemico a pochissima distanza che si stava gradualmente avvicinando.
La porta si aprì cigolando, facendoli sudare ancora di più. Gli zoccoli che cozzavano contro il pavimento di legno provocavano un baccano assordante in quella piccola abitazione, probabilmente si sarebbe tappato le orecchie con le mani se non fosse stato così timoroso di farsi sorprendere lì. L'anta di legno proseguì inesorabile il suo cammino, cominciando infine a ruotare verso di lui. Tutta la scena si stava svolgendo in modo maledettamente lento, come se qualche entità diabolica si divertisse a giocare col destino del ricercato, puntando a sfinirlo dalla paura per puro piacere.
Venti centimentri, dieci, sette, cinque, la porta si faceva sempre più vicina. Ormai in preda al terrore non trovò il coraggio di muoversi. Quattro centimetri, tre, due... Questione di secondi e il Gogoat l'avrebbe trovato dopo che il contatto con la porta avesse causato rumore. Di certo si sarebbe accorto dell'innaturale fine del giro quando ancora non aveva toccato la parete, non ci voleva certo un genio per capire che ci doveva essere qualcosa che la bloccava. "No... Non voglio finire così...".
Fu un movimento istintivo e repentino, quasi non se ne accorse nemmeno. Quando il legno si era fatto a meno di un centimetro voltò la testa, preparandosi all'impatto e al conseguente rumore. Un cigolio sinistro gli invase le orecchie, assordandolo come se qualcuno gli avesse urlato in faccia. "E' la fine...". Chiuse gli occhi, rassegnandosi al fato ormai imminente. Trasalì quando si sentì sfiorare la guancia dal legno. "Ecco, ci siamo, sono morto.". Restò in silenzio ad aspettare il momento in cui sarebbe stato scoperto, ogni secondo lungo come un eone. Ma non accadde nulla. La porta si era fermata.
- Seh, che desolazione qui dentro. - se ne uscì il Gogoat - Voi contadini, poveracci che non siete altro, non avete poké nemmeno per comprarvi una sedia. Mi fate pena.
Il pokemon uscì dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle. Avvertì lo spostamento d'aria, ma non reagì subito. "Dev'essere un sogno, devono avermi messo fuori combattimento e sto avendo un'allucinazione. E' sicuramente così, sto delirando.". Probabilmente era stato tutto così veloce che non se n'era nemmeno accorto, a quest'ora doveva essere già legato su un carro per la più vicina base governativa. Sarebbe stato processato e buttato in prigione per il resto della vita o peggio ucciso, non aveva dubbi in proposito.
- Non hai mentito, comunque - continuò il Gogoat una volta uscito.
- E perché avrei dovuto? Non voglio guai, ho appena seminato e devo far crescere le mie Bacche, altrimenti non saprei come sopravvivere al prossimo inverno.
- Seh.
Ci fu un rumore come di qualcuno che sputa per terra.
- Abbiamo inseguito il criminale per tutta la notte, ma siamo usciti dalle nostre zone di competenza. Ci serve una guida che ci porti al villaggio, al paese o in qualunque posto che abbia una base del governo abbastanza vicino.
- Ma prego, desiderate anche un po' di Acqua Fresca?
- Non è una richiesta, è un ordine. Ricorda con chi stai parlando.
- Che gente simpatica che ha con sé il Governatore, mi stupisco che non sia più amato di com'è ora. Vi accompagno subito al villaggio, tanto ci devo andare anch'io, però prima lasciatemi chiudere casa. Girano parecchi ladri qui di notte.
- Seh. Sbrigati.
Passarono alcuni istanti, poi il rumore di un chiavistello che girava riempì la piccola stanza. Sentì tremare la porta vicino a sé come se qualcuno la stesse strattonando, e le vibrazioni passarono dal legno alla parete e al pavimento. Erano estremamente deboli, ma a lui sembrarono come un Terremoto di magnitudo sette perlomeno. Poi, così com'erano iniziati, il suono e le vibrazioni finirono.
- Fatto.
- Bene. Adesso portaci al villaggio.
- Prego, non c'è di che.
I rumori dell'esterno cominciarono ad affievolirsi fino a scomparire totalmente poco dopo. Solo a quel punto trovò il coraggio di aprire gli occhi. Stava davvero sognando? Perché se era così allora aveva un'immaginazione molto fervida. Riuscendo finalmente a vincere le proprie paure fece un passo avanti, poi un altro e un altro ancora. Gli era presa una nausea pazzesca, e solamente mettere un piede davanti all'altro gli richiedeva un quantitativo di energie non indifferente. "Sono davvero salvo?".
Provò ad aprire la porta. Dapprima lo fece parecchio gentilmente, temendo di richiamare l'attenzione di qualcuno che eventualmente non se ne fosse ancora andato. Incontrò quasi subito una forte resistenza, e nulla poté quando provando a spingere più forte ottenne lo stesso risultato. "Sono chiuso dentro" realizzò "Questo non è il mio giorno... fortunato...". Non pensò che con la sua massa poteva facilmente buttarla giù, era semplicemente troppo stanco per farlo. Era scampato una seconda volta agli inseguitori in meno di ventiquattr'ore, era sorprendente il fatto che non fosse ancora crollato. Senza nemmeno terminare il pensiero si accasciò contro la porta dopo che le gambe gli ebbero ceduto. Non sentì la testa battere contro il legno, aveva già perso i sensi per quel momento.
  
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