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Autore: GiuliaStark    02/10/2015    0 recensioni
Nuova città, nuova vita. È questo che pensava Savannah quando aveva lasciato le sue origini. Ma niente è mai come sembra ed i cambiamenti, anche se voluti, sono difficili da affrontare soprattutto se si è soli e disillusi dalla vita. Delle volte però il destino è strano e quando ci si mette di punta fa accadere anche le cose più improbabili, incontrare nuovamente persone che credevi perse per sempre; ed è questo che accade a Savannah in un giorno che credeva come tutti gli altri. Torna ad incrociare la sua strada con quella di un vecchio amico, torna a sorridere, torna ad avere una vita, delle amicizie, torna a credere ed improvvisamente quel buio che si porta dentro non le sembra poi così scuro. Ma, dopo tutto quello che ha passato, potrà tornare anche ad amare? Ad aprirsi completamente a qualcuno che potrà chiamare ‘’suo’’? Scoprirsi della sua corazza e mostrarsi vulnerabile, indifesa ed impaurita? La vita ti pone davanti a delle sfide, mette in discussione le tue convinzioni, ti cambia, ed è questo che le succederà quando incrocerà un paio di occhi verdi…
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Niall Horan, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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~~Erano passati tre giorni da quando avevo incontrato Niall e da quella volta Marcus non aveva smesso di farmi domande al riguardo. Ovviamente non gli avevo raccontato del mio passato con lui. Era una cosa troppo personale per essere detta ad alta voce. Mi faceva soffrire ed odiavo mostrarmi debole davanti agli altri. Altri che non fossero Niall. Dovevo smetterla di pensare a lui, smetterla di sperare che avremmo riallacciato il rapporto perché non sarebbe stato così; ci sarebbero stati almeno un centinaio di equivoci ed impedimenti che avrebbero reso impossibile il nostro riavvicinamento. E poi cosa avrei fatto? Lui sarebbe andato in giro per il mondo con la sua band ed io sarei rimasta comunque qui in questa vecchia casa a vivere la mia quotidianità; che senso aveva farlo tornare nella mia vita se non ci sarebbe stato comunque? Pensavo troppo. Era quello che mi ripetevo sempre. Ma come fai a non rimuginarci allungo sulle cose quando hai ricevuto tante delusioni? Era una sorta di spirito di sopravvivenza che ti spingeva a metterti uno scudo davanti. Il mio scudo era la mia testa. Tutto passava da lì, ogni fatto, ogni informazione, ogni minimo avvenimento; il tutto poi veniva elaborato fino allo sfinimento e catalogato. Sembrava una catena di montaggio, ma era l’unica difesa che avevo. Purtroppo, o per fortuna, questa volta non sembrava voler funzionare. Come se un ingranaggio si fosse rotto ed avesse mandato in tilt tutto il meccanismo. Quindi ora mi ritrovavo bloccata in una specie di fase di stallo che ondeggiava tra il ‘’si, chiamalo accidenti’’ ed il ‘’no, ma sei pazza, cosa vuoi aspettarti? ’’. Vagavo nella mia insicurezza come se brancolassi nel buio. Seduta qui in questa vecchia poltrona nel soggiorno di casa mia, alle undici di sera, con i piedi poggiati sul tavolinetto da caffè e fissavo il pezzo di giornale dove sopra c’era scritto il numero di Niall ed accanto ad esso il mio cellulare. Io fissavo loro e loro fissavano me, sembrava una sfida a chi avesse ceduto prima. Non avrei mai scommesso sulla mia vittoria, perché già sentivo ogni fibra del corpo pronta a scattare ed afferrare entrambi; come sempre, ora era la testa a fermarmi. Se avessi detto che Niall non mi mancava neanche un po’, beh, sarei stata una bugiarda. Ma una di quelle grosse proprio. Da quando era partito per partecipare a quel benedetto programma non c’era stato giorno in cui non avessi sentito la sua mancanza e la stessa cosa valeva fino a prima di incontrarlo. Non potevo di certo cancellare un’amicizia lunga come la nostra, soprattutto se per me contava così tanto, purtroppo, però, ero letteralmente invasa dalla paura. Odiavo dirlo, ma io centravo poco con la vita attuale di Niall. Lui era, anche se sapevo non gli piaceva essere definito tale, un personaggio famoso. Ed io? Beh la sottoscritta era una semplice ragazza anonima che viveva in una città mille volte più grande di lei, più grande di quello che avrebbe voluto ed al quale era abituata. Delle volte mi sentivo sola contro il mondo, ma anche contro me stessa. Combattevo una battaglia sullo stesso fronte e ne stavo uscendo non solo pazza, ma anche sconfitta. Come puoi perdere contro te stessa? Potrei farci un manuale. Sospirai alzandomi dalla poltrona e passandomi le mani nei capelli cominciai a girovagare per casa come un animale in gabbia in cerca di qualche soluzione al mio dilemma. Salii le scale scricchiolanti ed entrai in camera mia. Sinceramente non sapevo cosa stessi facendo, ma iniziai ad aprire cassetti vari e rovistare tra gli scaffali finché, nell’ultimo cassetto sotterrato da una coperta di pile, non trovai quello che stavo cercando: una vecchia scatola di metallo, che prima conteneva biscotti, trovata molto tempo fa per caso nella cucina della casa a Mullingar. Sorrisi tra me e me, mi sedetti a terra a gambe incrociate e la aprii. Alle narici mi salì subito un profumo di pastafrolla e vaniglia: i biscotti che faceva mia nonna. Questa scatola racchiudeva tutti i ricordi che avevo di Niall: c’era il disegno che mi fece all’asilo, l’invito al suo compleanno per festeggiare i dodici anni, la bandierina londinese che mi aveva portato come souvenir durante la sua gita familiare, i biglietti del cinema, del bowling, gli scontrini e le tovagliette di Nando’s, il braccialetto che mi regalò a quattordici anni e tante tante foto. Tanti pezzi di noi e dei momenti passati assieme; mi scappò una piccola risata quando ne vidi una in particolare: eravamo a casa sua, nel giardino, durante la festa di compleanno di suo fratello Greg e Niall aveva in testa una stupidissima parrucca da clown tutta colorata. Sorridevamo entrambi. Eravamo felici, sereni, avevamo l’un l’altro e non ci preoccupavamo del futuro. Beh di cosa volevi preoccuparti a tredici anni? Un’altra foto attirò la mia attenzione: Niall davanti i cancelli per fare i casting di X-Factor ed io ero lì con lui tutta sorridente. Fu la nostra ultima foto. Sinceramente neanche ricordavo di averla fatta sviluppare, avevo rimosso quasi tutto di quel periodo perché mi era troppo doloroso ricordare. Allora non sapevo che sarebbe andata a finire così, ero solo una ragazza ingenua che faceva il tifo per il suo migliore amico affinché il suo sogno si fosse realizzato. Non so per quanto tempo rimasi a fissare quella foto se per secondi, minuti o perfino ore mentre mi lasciavo travolgere da tutti i ricordi che mi tornavano in mente. Alla fine sospirai e prima di alzarmi ripresi il braccialetto che avevo trovato dentro la scatola e lo infilai al polso, poi scesi di corsa le scale, cercando di non cadere, e mi precipitai ad afferrare in una mano il cellulare e nell’altra il numero. Lo guardai ancora per svariati secondi, ma poi invece di chiamarlo gli inviai un messaggio:
<< Ehi, Niall sono Savannah… >>
Mi sentii incredibilmente stupida. Mi sedetti sul divano e buttai il telefono sul cuscino affianco a me ed attesi. Forse non avrebbe risposto prima di domani mattina. Poteva essere stanco per i suoi impegni, oppure non avrebbe risposto proprio; mentre continuavo a rimuginarci su alla fine capii che il mio era solo un modo per autoconvincermi che non sarebbe accaduto nulla. In questo momento ero infestata dalla paura: paura di essere presa in giro, paura di star per commettere il più grande sbaglio della mia vita, ma soprattutto avevo paura che non sarei riuscita a riavere lo stesso rapporto che avevo prima con lui. Era una cosa che mi terrorizzava. Non avrei sopportato di perdere quella connessione che ci legava… sarebbe stato un duro colpo, come se non mi fosse rimasto nessun altro su cui contare. Mentre continuavo a farmi mille e più domande sentii il telefono vibrare; lo presi e lessi il numero di Niall sul display:
<< Ehilà! Prima che tu scriva altro… Non avevi detto che avresti chiamato? >> sbuffai con una mezza risata.
<< Oh, andiamo! Cosa ti cambia? >>
<< L’avevi promesso >> lo odiavo quando si divertiva cosi.
Sospirai pesantemente ed alla fine mi arresi componendo il numero, tempo qualche squillo e rispose con il suo solito e, molto marcato, accento Irlandese:
- Finalmente ti sei decisa a farti sentire – esclamò con una risata.
- Piantala… - borbottai mentre alzavo gli occhi al cielo ma fui bloccata da ciò che disse dopo.
- E non alzare gli occhi al cielo – ridacchiò.
- Non lo stavo facendo – bofonchiai cercando di mentire, ma lui mi conosceva fin troppo bene.
- Bugiarda… - lo sentii sorridere.
- E tu smettila di ridere o mi farai cambiare idea – risposi soffocando un sorriso.
- Ok, ok – si apprestò a dire – Non rido, promesso – si schiarì la voce prima di continuare – Allora, quando ci incontriamo? –
- Tu vuoi davvero incontrarmi? – domandai scettica.
- Sav… - sospirò pesantemente – Quante volte devo ripeterti che voglio sistemare le cose? –
- Va bene, va bene – mi morsi il labbro inferiore – Ma non voglio che sia in un luogo pubblico, se dovessero riconoscerti sarebbe la fine –
- Lo so…  - sembrò pensarci su per qualche minuto – Che ne dici di casa mia? – domandò.
- Ok… - giocherellavo insistentemente con il foglio di carta dove c’era scritto il numero di Niall e intanto cercavo di evitare al mio cervello di mandare tutto all’aria quando mi diceva di lasciar perdere.
- Che ne dici di domani nel pomeriggio, verso le quattro? – sentivo anche la sua insicurezza e sapere che provava le mie stesse emozioni mi tranquillizzò un po’.
- Va benissimo – annuii tra me e me.
- Ehm… - si schiarì nuovamente la voce – Bene, allora ti invio un messaggio con l’indirizzo preciso –
- Ok –
- Bene… allora a domani –
- A domani – annuii tra me e me.
- Buonanotte Sav – non risposi ed agganciai.
Per l’ennesima volta mi uscì un sospiro dalle labbra mentre con le mani ancora leggermente tremanti posavo il pezzo di carta al suo posto. Mi guardai attorno nel silenzio di quella casa e scossi la testa più volte. Odiavo il silenzio. Riuscivo a sentire il rumore assordante dei miei pensieri e, soprattutto a quest’ora, non era nulla di confortante. Era come vedere gli spettri dei miei silenzi prendere vita. Tutte le parole taciute e mai dette, tutti i sentimenti soffocati, i ricordi cancellati e la vita che mi ero lasciata alle spalle. Di notte tutto sembrava tornare a galla e spingere per riappropriarsi dello spazio che gli spettava e questo non faceva che alimentare l’oscurità in me. Mi faceva uscire fuori di testa. Mi sovrastava e rischiava di schiacciarmi sotto il suo peso, l’unica via di fuga era la musica. Quella era l’unica cosa abbastanza forte da coprire il rumore dei miei pensieri, delle mie paure e dei miei incubi. Salii nuovamente le scale per tornare nella mia stanza e mi distesi sul letto a fissare il soffitto con la musica nelle orecchie sperando che, prima o poi, avrebbe fatto tacere il caos che avevo in testa. Stasera però c’era qualcosa di diverso. Non smetteva. Nonostante avessi il volume al massimo la mia testa non taceva, anzi, sembrava perfino urlare più forte. Mi tolsi le cuffie e cercai qualcos’altro che mi avrebbe potuto dare sollievo, finché il mio sguardo non si posò di nuovo su quella benedetta scatola; mi avvicinai e come un automa l’afferrai poggiandola sul letto e svuotandola completamente del suo contenuto. Passai la maggior parte della notte a scavare tra i ricordi che vi erano là dentro, a passarli in rassegna uno ad uno riappropriandomene, a ricollegarli e riviverli, il tutto mentre mi lasciavo sfuggire qualche lacrima o risata a seconda della situazione. Solo quando vennero le prime ore dell’alba mi accorsi che tutto taceva non solo fuori, ma anche dentro di me; fu allora che misi tutto in ordine e, finalmente, mi addormentai. La mattina dopo ero di nuovo giù al porto sempre al molo numero sette, sempre sulla stessa panchina alla stessa ora e fissavo l’orizzonte. Oggi il cielo non era affatto limpido come in quest’ultima settimana, c’erano delle nuvole grigie che lo stavano mano a mano coprendo tutto gettando una piccola ombra sulla città e dandole quell’aspetto gotico che la caratterizzava e le apparteneva. Presi un’altra piccola boccata dalla sigaretta ed alzai lo sguardo al cielo sprofondando ancora di più nella panchina. Non c’era quasi nessuno al porto a parte me, Sven e qualche gabbiano affamato che svolazzava qua e là. Era strano vederlo così, ma con il rischio di pioggia i pescatori non uscivano in mare per non correre il pericolo di qualche incidente. Ormai grazie a Sven avevo imparato un sacco di cose sulla pesca visto che ogni volta che mi dava un consiglio, faceva un paragone o parlava in generale c’era sempre un qualche riferimento ad essa:
- Hai chiamato quel tuo amico? – mi domandò rompendo il silenzio.
- Si – aspirai altro fumo – Ieri sera – annuii.
- Brava bambina – sorrisi al nomignolo – E…? –
- E cosa? – domandai con una mezza risata voltandomi verso di lui.
- Ti si deve cavare proprio le parole di bocca eh!? – scosse la testa divertito – Sarebbe più facile prendere un pesce all’amo in un bosco – ecco i riferimenti alla pesca. Erano una sorta di sua firma personale, come se volesse rendere uniche le sue frasi.
- Ci vedremo oggi pomeriggio a casa sua – sussurrai.
- E non sei contenta? – domandò con una gutturale e roca.
- È complicato – feci spallucce.
- Sicura che non sei tu a complicarti le cose da sola? –
Sapevo che mi stava provocando, ma nelle sue parole c’era anche un pizzico di ciò che pensava e di come mi vedeva: una ragazza con mille problemi che se ne creava altri mille da sola. Beh, non aveva tutti i torti:
- Non è una cosa che escluderei del tutto – dissi tra le risate coinvolgendo anche lui.
Ci fu un momento di silenzio in cui entrambi ci limitammo a fissare il mare e le nuvole camminare frettolose sopra di noi:
- Non hai risposto alla mia domanda – parlò in tono serio con lo sguardo fisso su di me.
- Il problema è che non so cosa aspettarmi – sospirai buttando fuori del fumo – Lui ha la sua vita ed io, bene o male, ho la mia – mi passai una mano nei capelli.
- Ascolta bambina – mi poggiò la mano callosa sul braccio facendomi voltare – Veramente questa che hai la chiami vita? – sorrisi amaramente – Lui ci tiene a te, sei la sua più vecchia amica, l’unica che gli ricorda da dove viene e da come mi hai raccontato anche tu ci tieni – annuii distolsi lo sguardo – Se il tuffatore pensasse sempre allo squalo non metterebbe mai le mani sulla perla –
- La perla sarebbe l’amicizia con Niall? – domandai pensierosa.
- Proprio così –
Annuii e gettai la cicca nel secchio poco distante, poi mi voltai nuovamente verso Sven annuendo nuovamente facendogli intuire che avevo capito cosa voleva dirmi:
- Questa devo segnarmela – ridacchiai mentre mi sistemavo la borsa sulla spalla e lo salutavo.
Come ogni mattina passai nel solito caffè letterario per la colazione; quando ero in ritardo per il lavoro mi limitavo solo a prendere da mangiare, oggi invece avevo tutto il tempo che volevo visto che ad aprire il negozio era Marcus. Mi sedetti al solito posto e tirai fuori il libro che stavo leggendo ultimamente: ‘’La scimmia sulla schiena’’ di William Burroughs e mi persi tra le parole mentre mescolavo il mio cappuccino. Anche se oggi era stranamente più pieno del solito non ci badai più di tanto, quando leggevo entravo in uno spazio tutto mio e ogni cosa attorno a me scompariva del tutto lasciandomi sola con la storia che l’autore raccontava. Leggere mi faceva perdere la cognizione del tempo. Sarei potuta rimanere con un libro in mano per una giornata intera e non accorgermene nemmeno. Niall non aveva mai sopportato questo lato del mio carattere, diceva che lo escludevo da ciò che mi passava nella mente, dal piccolo mondo che mi ero creata e nel quale mi perdevo momentaneamente; io invece ridevo. Ridevo perché lui faceva la stessa cosa con la musica e non se ne accorgeva. Guardai al volo l’orologio a pendolo sulla parete di fronte e sbiancai. Era davvero tardi. Ecco, un ottimo esempio di come per me il tempo diventava assolutamente relativo quando mi perdevo nelle pagine di un libro. Mi alzai e raccolsi le mie cose in fretta, cercando di non far cadere nulla, infilai tutto in borsa e, dopo aver pagato e salutato Tommy e Sarah, i due camerieri, uscii dalla caffetteria per dirigermi a passo spedito verso la metropolitana. Quando arrivai trovai Marcus in piedi davanti la porta del negozio e non appena si girò lo vidi tirare un sospiro di sollievo prima di aprirsi in un gran sorriso:
- Credevo non ti facessi più vedere – ridacchiò infilando le mani nei jeans.
- Scusami – risposi con il fiatone mentre entravo di corsa in negozio poggiando la borsa sul bancone.
- Che fine avevi fatto? – domandò con un mezzo sorriso.
- Leggevo – feci spallucce e nel frattempo mi tolsi la giacca in pelle e la appesi sull’attaccapanni insieme alla borsa.
- Leggevi!? – non riuscì a trattenere una risata inarcando le sopracciglia confuso.
- Si, perché? –
- Sei un mistero – sorrise scuotendo la testa.
Non aggiunsi altro e lui capì che non era il caso continuare, così se ne andò a sistemare i nuovi arrivi nel retro mentre io mi misi alla cassa a sfogliare il giornale della mattina. La giornata passò più lentamente del dovuto, come se il tempo avesse rallentato la sua corsa prendendosela comoda. Fuori si alternava una leggera pioggerella a momenti di tregua ma questo non aveva influito sulla giornata lavorativa, anzi, oltre i soliti tre o quattro clienti giornalieri ne vennero di nuovi: una ragazza di non più di sedici anni, una signora ben distinta ed un vecchietto molto gentile e solare. Mi piaceva scrutare le persone che entravano qui dentro, ma a differenza di come facevo al caffè letterario, qui mi dilettavo ad indovinare quale tipo di musica preferivano solo servendomi del loro aspetto. Delle volte mi meravigliavo di quanto si possa capire su una persona solo osservandola. Salutai Marcus verso le tre del pomeriggio, il che voleva dire che dovevo sbrigarmi se volevo raggiungere la casa di Niall in tempo; fortunatamente l’indirizzo era una piccola via del centro del quartiere di Kensington non troppo distante da lì, così mi infilai giacca e borsa e mi incamminai a passo spedito verso la fermata dell’autobus. Nel frattempo il cielo si era fatto ancora più scuro e minaccioso e nel mentre ero lì ad aspettare venne giù un bello scroscio d’acqua che mi inzuppò dalla testa ai piedi. Amavo la pioggia e il modo in cui ti cadeva addosso accarezzandoti la pelle; la cosa più bella? Potevi piangere e nessuno se ne sarebbe accorto. Sfortunatamente stavolta era decisamente troppa ed io, come sempre, non avevo l’ombrello. Non appena salii sul bus mi sistemai in un sedile lontano da tutti e poggiai la fronte contro il vetro freddo seguendo con lo sguardo la scia delle goccioline d’acqua che correvano su di esso e nel frattempo guardavo il mondo fuori che girava senza tregua. Sei fermate dopo scesi abbandonando il tepore dell’autobus e gettandomi nuovamente nel freddo dell’esterno; mi strinsi le braccia al petto e continuai a camminare più in fretta possibile, cercando anche di non fare uno scivolone, sotto la pioggia battente; quando scorsi la via che Niall mi aveva indicato feci per imboccarla ma mi fermai di colpo vedendola occupata da alcune fan e fotografi. Sospirai facendo qualche passo indietro e chiamai Niall:
- Ehi, Sav, qualche problema? –
- Ehm si… - dissi mentre mi affacciavo nuovamente sulla stradina per vedere se la situazione era cambiata ma ottenendo scarsi risultati – Davanti casa tua c’è un invasione di gente -
- Ah si, cavolo – ridacchiò – Devono avermi visto quando sono entrato prima – fece una piccola pausa – Entra dal retro –
- Perché c’è un retro? – domandai scettica facendo qualche passo in avanti per controllare.
- Certo che c’è, ma non si nota – scoppiò in una risata – Gira l’isolato e conta esattamente 350 passi – trattenne una risata.
- Se mi stai prendendo in giro giuro che… -
- Ti assicuro che sono serissimo – mi interruppe.
- Sarà meglio per te – sorrisi tra me e me.
Attaccai il telefono e feci come mi aveva detto e in effetti c’era un piccolo cancelletto che affacciava sul retro delle case. Chi non era del quartiere non l’avrebbe mai saputo, per questo Niall diceva che era nascosto. Scossi la testa con ancora un sorriso sulle labbra ed entrai dirigendomi verso la casa che corrispondeva alla sua; salii i tre gradini e bussai alla porticina bianca ed attesi mentre continuavo a stringermi nei miei indumenti fradici e sentendo il freddo filtrarmi fin nelle ossa ghiacciandole tutte. Pochi secondi dopo la porta si aprì mostrando un Niall tutto sorridente:
- Guarda un po’ chi si vede – ridacchiò; alzai un sopracciglio e solo allora notò lo stato in cui ero – Ma che hai combinato? – domandò tra un sorriso ed uno sguardo preoccupato – Ti sei fatta il bagno in una pozzanghera? –
- Molto divertente – lo fulminai mentre entravo in casa.
- Ma tu il vizio di non portarti mai l’ombrello non te lo vuoi togliere, eh? – cercò di trattenere la risata al mio ennesimo sguardo fulminante.
- Una pioggia così non era nei miei programmi di oggi, ok? – sbuffai.
- Non cambi mai – scosse la testa con un mezzo sorriso.
- Nemmeno tu – bofonchiai mentre mi lasciavo abbracciare.
- Sei fradicia, forza – mi prese per mano – Troviamoti qualcosa da mettere e poi ti preparo una bevanda calda –
- Ma come siamo organizzati – lo stuzzicai ricevendo in cambio una linguaccia.
Mentre percorrevamo il corridoio mi guardai intorno notando lo stile con cui era arredata la casa: il pavimento era in parquet, le mura dell’ingresso bianche e decorate con dei quadri appesi, alcuni dei quali raffiguravano foto della famiglia di Niall; prima di salire al piano superiore intravidi in fondo al corridoio il salotto con un tavolo in mogano e sedie con intarsi sullo schienale in stile barocco, pareti color crema e ad illuminare il tutto una grande vetrata per metà coperta da una tenda bianca dal tessuto sottile che faceva filtrare la luce in modo quasi etereo nelle giornate assolate:
- Non dirmi che l’hai arredata tu la casa! – ridacchiai.
- Oh no, fortunatamente si è offerta mia madre e si è anche divertita –
- Immaginavo, tu non saresti mai stato capace – scosse la testa con un sorriso sul volto.
Mentre salivamo le scale mi accorsi che sulla parete alla mia destra erano appesi tutti i premi che avevano vinto durante la loro carriera: dischi di platino, multi platino, le copertine dei singoli più venduti e le foto del gruppo durante i momenti e gli eventi più importanti, dalla prima come band ad X-Factor a quella più recente. Rimasi lì a fissarli per non so quanto dimenticandomi per qualche minuto del freddo che ancora avevo addosso e pensando solo ad una cosa: avevo perso tantissimi momenti importanti per Niall e solo ora me ne stavo rendendo conto. Dovevo lottare di più e non arrendermi subito, ma ero stata un fallimento completo come amica:
- Sav? – fui risvegliata dai miei pensieri dal suono della voce di Niall – Tutto bene? – aggrottò la fronte squadrandomi attentamente.
- Si, si – feci un sorriso tirato - Benissimo – aggiunsi mentre riprendevo a salire le scale gettando un’ultima occhiata a quella parete.
Quando entrammo nella sua stanza sbiancai: era completamente nel caos più totale. Niall non era mai stato un ragazzo molto ordinato da bambino ma con gli anni una persona cambia, o almeno dovrebbe, lui invece era rimasto tale e quale. Da una parte la vedevo una cosa rassicurante ma dall’altra c’era il rischio che un giorno si sarebbe perso nel suo stesso disordine. La camera era ampia e spaziosa: le pareti erano state dipinte di un grigio molto chiaro, il letto si trovava nella parete di destra rispetto alla porta ed aveva un comodino posto ad entrambi i lati ed una chitarra acustica poggiata al muro lì accanto come se dovesse essere sempre pronta all’evenienza. Dal lato opposto una grande vetrata, con sotto una piccola cassapanca, occupava quasi tutta la parete dando luce alla stanza; a sinistra invece c’era una grande libreria con scrivania ed armadio incorporati che coprivano tutto il muro e il pavimento, dove, in teoria, doveva esserci la moquette era quasi del tutto ricoperto da cartacce, vestiti, borsoni e quant’altro:
- So cosa stai pensando – disse Niall grattandosi la nuca.
- Fammi capire – assunsi un tono sarcastico – Tu dormi qua dentro? – indicai la stanza.
- Beh in mia difesa posso dire che siamo tornati da poco e che non ho avuto molto tempo per riordinare – rispose facendo spallucce mentre io scuotevo la testa esasperata.
- Un giorno ti perderai qua dentro –
- E allora arriverai tu a salvarmi – ridacchiò alzando le sopracciglia.
- Non ci penso proprio – sorrisi – Il disastro è il tuo e ci combatti tu –
- Va bene, come non detto – sbuffò dirigendosi verso l’armadio – Cerchiamo qualcosa da metterti – iniziò a rovistare mentre mi guardavo attorno e notavo sempre più cose: altre chitarre acustiche, elettriche, custodie di mazze da golf e scarpe – Trovato! – esclamò lanciandomi un paio di pantaloni della tuta ed una maglietta – Dovrebbero starti – sorrise – Il bagno è in fondo al corridoio sulla sinistra, ci sono degli asciugamani puliti sul mobile appena entri –
- Grazie – poggiai la borsa a terra.
Uscii dalla stanza ed entrai nel bagno chiudendomi la porta alle spalle ed iniziai a togliermi i vestiti ancora bagnati scoprendo solo in quel momento quanto freddo avessi; afferrai un asciugamano e me lo passai prima sul corpo e dopo essermi infilata i vestiti asciutti, e larghi il doppio, passai ai capelli strofinandoli per togliere le ultime gocce di pioggia. Una volta terminato poggiai gli indumenti bagnati sul bordo della vasca da bagno e l’asciugamano nella cesta dei panni sporchi e tornai di nuovo da Niall che trovai impegnato a mettere un po’ d’ordine:
- Ho messo i vestiti ad asciugare se non ti dispiace –
- Oh no, tranquilla, fa come se fossi a casa tua – sorrise gentilmente.
Calò il silenzio. Non i silenzi che nascevano come pausa dopo una risata durante la quale riprendevi fiato, ma uno di quelli imbarazzanti dove non sapevi cosa dire o a cosa appellarti per cercare di neutralizzarlo. E allora che facevi? Sospiro e sbirciatina intorno era d’obbligo, e così feci. Era questa la mia paura più grande e man mano si stava realizzando, l’unica cosa in cui speravo era che, almeno stavolta, avrei avuto torto. Odiavo i silenzi tra le persone perché erano quelli che aprivano voragini profonde e non riparabili, che allontanavano fino a un punto di non ritorno rendendoti l’altro un completo estraneo:
- Come stai? – fu Niall alla fine a rompere il silenzio.
- Bene – sussurrai con in piccolo sorriso.
- Intendevo come stai veramente – si avvicinò invitandomi a sedermi sul letto accanto a lui.
Niall mi capiva alla perfezione, ma soprattutto era sempre stato l’unico al quale importava sul serio di me. Con le esperienze passate e le delusioni avute avevo imparato molte cose sulle persone ed una di quelle era che se qualcuno ti chiedeva come stavi, in realtà non voleva sapere la risposta. A Niall invece importava, glielo leggevo nello sguardo di rimprovero che mi aveva lanciato quando aveva capito che stavo mentendo:
- Me la cavo – feci spallucce – Ho un tetto sulla testa, un lavoretto e mi sono ambientata abbastanza bene – annuì silenzioso
- Dove vivi? –
- Vicino il porto –
- Stai scherzando spero – si voltò di scatto con sguardo estremamente serio.
- Ehm, no… - dissi un po’ insicura stringendomi nelle spalle.
- Quella è la zona più pericolosa della città! – esclamò ed io alzai gli occhi al cielo.
- Mi dispiace ma è l’unico posto che potevo permettermi! – risposi un po’ irritata.
- La prima cosa che faremo sarà trovare un appartamento nuovo per te – disse in tono serio mentre guardava davanti a se.
- Ah si? E come lo pagherei, sentiamo! –
- Consideralo un mio regalo – fece spallucce.
- No Niall – dissi con fermezza facendolo voltare verso di me – Apprezzo il gesto, davvero, ma voglio farcela da sola –
- Ed io per colpa tua perderò il sonno, questo lo sai, vero? – rispose con un mezzo sorriso.
- Sopravvivrai – feci spallucce trattenendo una risata.
- Testarda… - sussurrò scuotendo la testa e passandosi le mani sul viso.
Sospirò avvicinandosi di poco a me e mi sistemò una ciocca umida dietro l’orecchio per poi guardarmi con un leggero sguardo di rimprovero che mi fece sorridere leggermente. Era strano ritrovarmi qui con lui dopo due anni ma la parte che mi terrorizzava di più ancora doveva venire e più cercavo di evitarla, più la situazione sarebbe peggiorata. Mi prese una mano tra le sue:
- Oddio ma sei ghiacciata! – esclamò alzandosi di colpo in piedi – Prendi questa – mi mise una coperta sulle spalle – Ed io vado a farti un the –
- Attento a non bruciare la cucina – ridacchiai.
- Nah tranquilla, al massimo scatta l’allarme antincendio – sorrise mentre usciva dalla stanza.
Ridacchiai e scossi la testa riprendendo a guardarmi attorno; mi alzai e cominciai a curiosare in giro: sulla sua scrivania c’erano talmente tanti fogli da non riuscire a vedere nemmeno il colore del legno sottostante, erano testi di canzoni, frasi a caso, parole; tutti piccoli pezzi di Niall sparsi su un foglio bianco. In quel momento mi domandai come nascessero le loro canzoni, i loro testi e la musica, cosa lo ispirava e la storia che c’era dietro. Ancora una volta incolpai la distanza che ci aveva allontanato. Guardai tra gli scaffali e trovai altre foto alcune delle quali di famiglia, altre con i suoi amici, con la band e mentre continuavo a guardarle riempiendomi lo sguardo dei suoi ricordi ne trovai una che mi colpì più di tutte: era una foto di me e Niall. La stessa che avevo io e che fu scattata al compleanno di suo fratello. Presi la cornice tra le mani e la osservai da vicino sfiorando il vetro con la punta delle dita e sorridendo tra me e me. Non pensavo tenesse qualcosa di mio e scoprirlo mi aveva sorpresa ma ne ero rimasta anche molto contenta; era come se volesse sempre tenere aperta quella finestra, una specie di promemoria per non scordarsi di quei momenti, come se ancora sperava che magari un giorno ci saremmo incontrati di nuovo. Ed ora quel giorno sembrava essere arrivato:
- Che fai sbirci in giro? –
- Niall! – esclamai sobbalzando – Non ti hanno mai detto che non si entra così di soppiatto?! – poggiai la foto al suo posto.
- Lo terrò a mente – ridacchiò porgendomi la tazza fumante.
- Grazie – la presi ed iniziai a berla sentendo subito una sensazione di calore irradiarsi per tutto il corpo.
- Figurati – fece spallucce ed infilò le mani nelle tasche – Allora, trovato qualcosa di interessante? –
- Si – annuii – Quella vecchia foto – la indicai con un cenno della testa – Non credevo te la portassi dietro –
- Oh quella – sorrise – La porto sempre con me, dopotutto è uno dei momenti più belli che abbiamo trascorso assieme, no? –
- Già… - annuii bevendo altro the.
- Adesso però basta parlare a vuoto – si fece improvvisamente serio ed io, capendo cosa sarebbe arrivato, iniziai ad aver paura – Ti ho fatta venire qui per un motivo preciso e vorrei che tu mi dia delle risposte –
- Cosa vuoi che ti dica Niall? – sospirai in tono quasi esasperato tornando a sedermi sul letto e poggiando la tazza mezza vuota sul comodino.
- Vorrei che tu mi spiegassi cosa è successo – sussurrò sedendosi accanto a me.
Voleva che gli spiegassi tutto, ma da dove potevo cominciare? Ne erano successe di cose da quando lui era andato via, e poi non ero l’unica a dover spigare delle cose, anche lui non si era fatto più vivo dopo quel giorno e volevo proprio sapere il perché:
- Da quando sei andato via tutto è precipitato – ammisi guardando a terra – Avevo bisogno di te ma tu eri come sparito – sospirai.
- No, aspetta, io ti ho cercata – aggrottò le sopracciglia – Sei tu che non ti sei mai resa reperibile –
- Cosa!? – esclamai – Non sai quante giornate ho passato attaccata al telefono ascoltando nient’altro che la tua segreteria?! –
- Io ho fatto la stessa identica cosa – ribadì.
- Bugiardo! – stavolta mi alzai in piedi facendo cadere la coperta – Non ho più avuto tue notizie da dopo il programma! Né una telefonata, un messaggio, perfino una lettera sarebbe bastata ma niente! – la rabbia stava salendo.
- Non darmi del bugiardo – si alzò anche lui cercando di contenersi – Ti ho cercato ogni giorno, ogni momento che avevo libero chiedevo a qualcuno dei nostri collaboratori di mettermi in contatto con te ma puntualmente mi dicevano che non eri reperibile! –
- So perfettamente quello che dico Niall! – esclamai – A me non è arrivato niente da parte tua – lo guardai con determinazione negli occhi.
- È impossibile – scosse la testa più volte mentre poggiava le mani sui fianchi e si guardava attorno cercando di calmarsi; alla fine prese un respiro profondo – Ascolta Sav, con me puoi essere sincera – sospirò – Non mi arrabbierò se mi dirai che mi hai evitato spontaneamente –
Sgranai gli occhi e rimasi letteralmente immobile paralizzata dalle sue parole, Niall non mi credeva. Pensava stessi mentendo per rendergli la cosa più facile, per difendermi forse e pararmi dietro delle scuse; ma non stavo raccontando bugie e vedere che lui pensava il contrario mi fece male:
- Ma non l’ho fatto! – dissi con la disperazione nella voce mentre alcune lacrime di rabbia e frustrazione cominciarono a scendermi lungo le guance.
- E allora spiegami perché nessuno riusciva a rintracciarti! – stavolta urlò e dire che mi aveva sorpreso era poco.
- Non lo so Niall, ok!? – iniziai ad urlare anche io – Non lo so! – mi passai le mani tra i capelli – Non faccio più parte della tua vita da due anni, come pretendi che io sappia cosa succede!? Non ti ho più visto dalla fine del programma e tu non sai quanto ci sono stata male, quante volte ho provato a cercarti scontrandomi solo con una segreteria telefonica! Quante notti ho pianto perché la mia vita era una merda ed avevo bisogno di parlare con te! – feci una piccola pausa per riprendere fiato e nel mentre lasciai che altre lacrime mi scendessero giù fino al mento; Niall, d’altro canto, mi fissava attonito e con gli occhi sgranati – Sono stata una delusione come amica, lo sono sempre stata in tutto… forse avrei dovuto cercarti di più, essere più forte ma non ce l’ho fatta! E mi dispiace! Mi dispiace di non esserci stata in tutti i momenti importanti della tua carriera e per questo mi sento fottutamente in colpa! Darei qualsiasi cosa per tornare indietro nel tempo, ma non posso… - singhiozzai.
- È per questo che prima fissavi la parete con tutti i premi e le foto – sussurrò.
- Già… - annuii mentre mi asciugavo le lacrime – È stato come un pugno nello stomaco… ha solo reso tutto più reale, mi ha messo davanti gli occhi tutte le cose che mi sono persa – feci spallucce mentre evitavo il suo sguardo.
- Non so cosa pensare – scosse la testa.
- È colpa mia… non dovevo venire – chiusi gli occhi cercando di regolarizzare il respiro – Scusami… -
Feci per uscire dalla stanza ma Niall mi afferrò per un braccio facendomi voltare verso di lui; incontrai le sue iridi azzurre e mi si spezzò il cuore nel vederle immerse in un sottile strato di acqua. Non si meritava niente di tutto questo. Io non ero nessuno per rovinargli la vita così di punto in bianco:
- No – scosse la testa con fermezza – Non mi importa il perché o il come, ormai è passato… non voglio perderti ancora, intesi? – inarcò le sopracciglia aggrottando la fronte.
- Non posso Niall… - sussurrai – Tu non puoi – distolsi ancora lo sguardo semplicemente perché guardarlo negli occhi faceva troppo male – Non c’entro assolutamente nulla con la tua vita di adesso, sarei solo un intralcio –
- Ho detto di no! – ripeté con ancora più fermezza – Non posso lasciarti andare così, tu c’entri e centrerai sempre con la mia vita… - fece un piccolo sorriso – Sei la mia migliore amica, no? – annuii semplicemente forse troppo stanca per controbattere ancora e sospirai; ad un tratto Niall alzò il polso che ancora teneva stretto nella sua mano e se lo portò davanti agli occhi – Dove lo hai tirato fuori questo? – sentii un sorriso nella voce ed alzai gli occhi ricordandomi solo in quel momento del braccialetto che avevo al polso.
- Oh quello… - feci un sorriso leggero – Ovviamente l’ho tirato fuori dalla nostra scatola –
- Quella dove tua nonna metteva i biscotti alla vaniglia? – alzò la testa di scatto con un sorriso un po’ più grande.
- Proprio quella – annuii – Ho passato tutta la notte a guardarci dentro, a perdermi tra i nostri vecchi ricordi e mi sono perfino imbattuta in quella foto che tieni su quello scaffale – la indicai con un cenno della testa – È stato ripensare a quel momento e a quanto eravamo felici che mi ha dato il coraggio di chiamarti… - sospirai – Al solo pensiero che avrei potuto riavere quei ricordi indietro non ci ho pensato due volte, ho seguito il cuore anche se la testa mi diceva che avrei fatto un danno enorme, che avrei distrutto tutto quello che ti eri costruito con tanto impegno intrufolandomi con la mia vita incasinata… -
- Smettila – sussurrò scuotendo lentamente la testa mentre mi accarezzava delicatamente il braccio.
- Mi dispiace… -
- Cosa ti è successo? – continuò con lo stesso tono basso di prima – Perché sei andata via da Mullingar? –
Feci una risata amara e mi voltai liberandomi delicatamente dalla sua stretta per passarmi entrambe le mani nei capelli presa dalla frustrazione più totale. Da dove cominciare? Erano così tante le cose che erano accadute che mi sovrastavano togliendomi il respiro, ma Niall aveva il diritto di sapere… non mi rimanevano altri che lui:
- È cominciato tutto a precipitare poco dopo che tu sei entrato nel programma – sussurrai voltandomi verso di lui – Non sapevo a chi rivolgermi, con chi parlare e nel mentre le cose peggiorarono sempre di più. I miei litigavano sempre più spesso per motivi a me tutt’ora oscuri, ho provato a resistere, a non lasciarmi trasportare dagli eventi ma il programma era finito e tu eri lontano e tutto crollò su di me quando mia nonna morì di tumore nel giro di pochi mesi – gli occhi mi si riempirono nuovamente di lacrime – Mia madre cadde in depressione e mio padre si sentì tagliato fuori, ricominciò a bere – tirai su con il naso – All’inizio non mi preoccupai perché si trattava solo di qualche bicchiere, ma un giorno tornò a casa completamente ubriaco e cominciò a litigare nuovamente con mia madre, solo che stavolta più pesantemente – continuavo ad evitare il suo sguardo mentre sentivo quello di Niall bruciarmi addosso – Erano passati quasi tre mesi dall’ultima volta che avevo provato a chiamarti e quella sera cedetti e composi nuovamente il numero ma nulla… - scossi la testa – Come sempre partiva la segreteria o squillava a vuoto – presi un altro respiro asciugandomi le altre lacrime che continuavano a scendere senza tregua – Mi ero chiusa in camera per non sentire le urla ma era inutile… ho sentito ogni cosa… le urla di mio padre, le grida di mia madre… - mi fermai non riuscendo più a continuare per la tragicità dell’accaduto.
Niall si avvicinò e mi prese il volto tra le mani costringendomi a guardarlo negli occhi; era preoccupato e glielo si leggeva chiaramente non solo nello sguardo ma anche nei suoi gesti e nelle espressioni, ma la cosa che si vedeva più chiaramente era la paura di sapere cosa gli avrei detto dopo:
- Sav… continua – mi guardò negli occhi – Cosa è successo? –
 Presi un respiro profondo e continuai distogliendo ancora lo sguardo:
- Dopo un po’ salì in camera mia… aveva lo sguardo di fuoco come non glielo avevo mai visto in tutti questi anni e come picchiò mia madre se la prese anche con me – sospirai sentendo la presa di Niall spostarsi sulle mie spalle e stringerle mentre mi avvicinava a se – Non ricordo molto di quella sera… chiamarono di sicuro l’ambulanza perché ricordo le luci ed i medici ma poi buio… sono stata in ospedale una settimana per contusioni varie e quando mi hanno dimesso sono andata a vivere con mio nonno – non riuscii a dire altro perché nel giro di qualche secondo mi ritrovai pressata contro il suo petto in un abbraccio stritolatore tipico di Niall… mi erano mancati da morire.
Mi strinsi a lui come facevo da piccola quando c’era qualcosa che non andava o che mi faceva paura e mi lasciai trasportare dalla familiarità di quel gesto e dalla sicurezza che ogni volta mi dava. Niall aumentò la stretta mentre altre lacrime cominciarono a bagnare la sua maglietta e nel frattempo mi lasciò qualche bacio sulla testa. Mi dispiaceva avergli gettato questo peso addosso, ma, parlando egoisticamente, ora mi sentivo un po’ meglio, come se un piccolo peso mi fosse stato tolto non solo dalle spalle ma anche dal cuore:
- Mi dispiace baby… dovevo rendermi più reperibile o essere io di persona a chiamare, potevo venirti a trovare ma invece ero troppo preso dal resto che… - non lo lasciai finire.
- Niall, non è colpa tua, ok? Stavi vivendo il tuo sogno ed era giusto così, non puoi occuparti di me per sempre – feci un debole sorriso mentre gli asciugavo le lacrime.
- Sono il tuo migliore amico e da come ho capito sono l’unica persona che ti è rimasta a tenere a te – mi avvicinò di nuovo e mi stampò un bacio sulla fronte – Quindi prendermi cura di te sarà mio dovere – sorrise.
- Sono grande abbastanza da poterlo fare da sola – ridacchiai.
- No, no niente scuse – scosse la testa – Ci penso io a te – mi fece l’occhiolino e mi abbracciò nuovamente.
Sorrisi leggermente e rimasi ancora un po’ nella sua stretta d’acciaio; una volta che mi fui staccata da lui ci sedemmo nuovamente sul letto, entrambi con la schiena poggiata alla testiera del letto a contemplare il silenzio. Stavolta però era un altro tipo. Uno più calmo e meno pesante e ne fui immensamente grata. Niall mi raccontò un po’ di cose: quello che gli era successo ultimamente, le avventure in tour, l’amore dei fans, i premi e tante altre cose mentre io sorridevo felice di aver risolto, almeno in parte, il problema che ci portavamo dietro da anni. Lo ascoltavo e sorridevo. Sorridevo perché ero felice di vederlo felice, soprattutto del fatto che non aveva passato con me questi ultimi terribili due anni e che finalmente stava vivendo il suo sogno. Forse questa lontananza alla fine fu la cosa migliore, ma non glielo avrei mai detto perché sapevo come avrebbe inteso lui la cosa e di certo non volevo rattristarlo:
- Com’è vivere il proprio sogno? – domandai dopo qualche secondo di silenzio.
- È un’emozione indescrivibile – disse con un sorriso enorme sul volto mentre spostava lo sguardo sognante verso il soffitto mettendosi le mani dietro la nuca – È come sentirsi in cima al mondo, sei sempre entusiasta e felice anche se la stanchezza è molta, ma sinceramente non la senti perché stai facendo ciò che ami – annuii con un sorriso e mi guardai le mani poggiate in grembo – Ed i tuoi di sogni? – mi chiese voltandosi verso di me.
- Li ho dovuti mettere da parte – ridacchiai senza alcuna allegria – Non potevo dedicarmici, mi ero trasferita anche con quell’intento ma non ho avuto tempo e fortuna per inseguirli –
- Ce la farai – annuì – Credo in te Sav –
- Sono io che ho dei dubbi –
- Sono abbastanza fiducioso per entrambi – mi strinse la mano facendomi l’occhiolino.
Stavo per rispondere quando ad un certo punto la porta della camera di Niall si aprì di scatto facendoci sobbalzare entrambi, mi sporsi in avanti e nella stanza entrarono quattro ragazzi che riconobbi subito come i suoi amici e compagni di band. Per primi entrarono Louis e Zayn seguiti da Liam e per ultimo Harry con in mano il telefono dal quale era super preso. Quando mi notarono l’imbarazzo calò nella stanza zittendo tutti all’istante; in quei pochi secondi potei notare lo stesso sguardo in tutti e quattro i ragazzi e la stessa domanda in testa:
- Niall non ci avevi detto di avere compagnia! – esclamò Zayn mentre faceva il gomito a Liam.
- Bene bene, Niall con una ragazza! Questa si che è roba grossa! – esclamò Louis mentre si scambiava sguardi complici con gli altri. Sarei voluta sprofondare.
- Ragazzi, smettetela, non è il caso – disse in tono serio mentre si alzava dal letto ed io da sdraiata com’ero mi misi a sedere guardando ovunque tranne che nella direzione dei suoi amici.
- Chi è? – domandò quella che era la voce di Liam.
- Mi chiamo Savannah – dissi alzandomi in piedi decidendo di togliere tutti dall’imbarazzo.
Tutti mi guardarono in modo strano, con le sopracciglia inarcate, tutti tranne Harry che continuava a tenersi impegnato con il telefono, come se il mio nome non gli fosse affatto nuovo. Iniziarono a squadrarmi dall’altro in basso in quelli che sembrarono attimi eterni, ma alla fine Louis parlò:
- Quella Savannah!? – esclamò.
- Proprio lei - sospirò Niall passandosi nervosamente le mani nei capelli.
-  Aspettate – aggrottai le sopracciglia – Ora sono io quella confusa – incrociai le braccia al petto e mentre passavo in rassegna ciascuno di loro incrociai per una frazione di secondo le grandi e profonde iridi verdi di Harry – Che volete dire con ‘’quella Savannah’’? – mi voltai anche verso Niall ma lui evitò il mio sguardo.
- Beh… - mi voltai verso Zayn – Niall ci ha parlato di te – fece spallucce mentre infilava le mani nelle tasche dei jeans e si scambiava qualche sguardo con Liam e Louis.
- Hai parlato di me a loro? – mi girai di scatto verso Niall con le sopracciglia inarcate al massimo, lui fece un sorrisetto innocente e si grattò la nuca ancora in imbarazzo.
- Un po’ -
- Un po’!? – esclamò Louis quasi scandalizzato dalla risposta di Niall facendo ridacchiare gli altri compreso Harry – Da quando ti ha incontrata in quel benedetto negozio di dischi non ha smesso un attimo di parlare di te! – era letteralmente esasperato che mi strappò un mezzo sorriso – Non è vero ragazzi? –
- Si – annuì Liam assieme a Zayn – Non si stava un attimo zitto! Savannah di qua, Savannah di là – ridacchiò – Non ne potevamo più – scosse la testa mettendo le mani sui fianchi – Senza offesa ovviamente – sorrise cordiale.
- Tranquillo – scossi la testa con un piccolo sorriso.
- Ragazzi, adesso basta ok? – sbuffò Niall – Volevate mettermi in ridicolo e ci siete riusciti, contenti? – bofonchiò un po’ rosso in viso.
Si guardarono tutti e quattro per una frazione di secondo, poi scoppiarono a ridere tutti assieme; Harry partecipava poco visto che continuava ad essere preso da quel dannato cellulare, ma di tanto in tanto, anche se per poco, sentivo il suo sguardo addosso ma neanche il tempo di voltarmi che era già tornato ad occuparsi di quell’aggeggio. Niall era evidentemente in imbarazzo e la cosa da una parte mi dispiaceva, ma dall’altra mi divertiva oltre misura; era strano essere tornata nella sua vita da nemmeno due ore e già mi trovavo di fronte a quelli che ormai per lui non erano solo i suoi migliori amici e compagni d’avventura ma anche una sorta di fratelli:
- Beh visto che ci siamo facciamo le presentazioni come si deve – cominciò Niall dopo aver tirato un sospiro – Savannah ti presento Louis, Zayn, Liam ed Harry anche se credo non ce ne sia bisogno di indicarti quale sia ognuno di loro – borbottò.
- È un piacere – mi sorrise Louis.
- Il piacere è mio – feci un mezzo sorriso rimanendo ancora un po’ sulle mie.
Ad uno ad uno si avvicinarono e mi strinsero la mano a turno riservandomi tutti dei sorrisi gentili e cordiali; dire che mi sentivo in soggezione era riduttivo. Quando si avvicinò Harry si aprì in un ampio sorriso mentre stringeva la mia mano con vigore e mi guardava fissa negli occhi. Sorrisi leggermente e distolsi lo sguardo visto che il suo, perennemente fisso su di me, cominciava a mettermi in imbarazzo:
- Finalmente la famosa Savannah ha un volto - disse con la sua tipica voce roca e profonda.
- Già… - risposi con un sorriso leggermente tirato.
Harry continuava a squadrarmi da capo a piedi con uno strano sguardo ed un sorriso enigmatico dipinto sulle labbra finché non incrociò le braccia al petto e parlò di nuovo cercando di soffocare una risata:
- Ma quella è la mia maglietta – disse indicando l’indumento che avevo addosso, il tutto con ancora quel sorriso sghembo.
- Come la tua maglietta? – aggrottai le sopracciglia e guardai verso Niall che nel frattempo era scoppiato a ridere seguito dagli altri ragazzi.
- Si, la stavo cercando da giorni! – esclamò mentre anche lui ridacchiava leggermente guardando sia me che Niall.
- Niall! – lo richiamai avvicinandomi a lui mentre il biondino continuava a ridere sotto i baffi – Mi avevi detto che era tua! – ribadii lasciandogli un buffetto sul braccio che lo fece ridere molto di più e al tempo stesso incrementando la mia voglia di sprofondare al centro della terra – Non c’è niente da ridere – bofonchiai a denti stretti.
- Scusa tesoro, ma sai com’è c’è talmente tanta roba qua in giro che non ci capisco più nulla – fece spallucce fingendosi innocente – E poi a questo punto credo che tutte le mie magliette siano sporche – nel mentre sentivo le risate degli altri continuare.
- Diamine Horan, hai vent’anni e non sai farti un lavatrice da solo? – esclamai disperata alzando gli occhi al cielo.
- La vera domanda è, come ha fatto a finire addosso a te? – domandò Louis mentre alzava le sopracciglia in modo che lasciava abbastanza intendere i suoi pensieri e nel mentre guardò con circospezione e sospetto verso Niall che in compenso diventava sempre più frustrato minuto dopo minuto.
- Mi ha preso la pioggia mentre ero per strada per venire qui e quando sono arrivata Niall mi ha offerto un cambio – spiegai facendo spallucce ma evitando di guardare chiunque di loro troppo negli occhi.
- Se lo dite voi – Liam stuzzicò Niall facendogli l’occhiolino.
- Avanti Nialler, non essere timido! – ridacchiò Zayn.
- Siete degli idioti! – disse esasperato – Lo sapete questo? – esclamò ottenendo solo una risata da parte loro.
Tutti lo stavano fissando e nel mio inconscio girai lo sguardo incontrando nuovamente per pochi secondi quello di Harry che non smetteva di sogghignare e guardare la sua maglietta con sguardo divertito. Niall stava battibeccando con i suoi amici al riguardo del mio abbigliamento decisamente non consono ad uscire di casa per venire fin qua e nel mentre non faceva che sbuffare e zittirli rispondendo di tanto in tanto alle loro battute facendo sorridere un po’anche me. La situazione era divertente dovevo ammetterlo ma c’era un limite a tutto, così sbuffai e scossi la testa con ancora l’ombra di un sorriso sulle labbra:
- Io me ne tiro fuori – alzai le mani e feci per uscire dalla stanza quando la voce di Niall mi bloccò.
- Ah si? Brava! – esclamò mentre sentivo un sorriso farsi strada nella sua voce – Prima mi metti nei guai e poi te la dai a gambe levate –
- Ehi, non è colpa mia! – mi voltai ridacchiando.
- Ah no? – inarcò le sopracciglia mentre incrociava le braccia la petto – Chi è che dopo anni non ancora si toglie il vizio di non portarsi dietro l’ombrello in giornate come queste? – domandò retorico mentre sogghignava pensando di averla vinta su di me.
- E chi è che mi ha fatto venire fin qua? – incrociai anche io le braccia al petto ed imitai la sua stessa espressione – A quest’ora potevo essere a casa e invece no, sono qua con il mio migliore amico che a quanto ho visto – mi guardai attorno per la stanza – A vent’anni ancora non riesce a tenersi la stanza in ordine e, novità del giorno, nemmeno a farsi una lavatrice – sorrisi vittoriosa mentre tutti scoppiavano a ridere, compreso Niall, anche se cercava di fingersi offeso.
- La tua amica ha ragione Nialler – esclamò Zayn dando una pacca sulla spalla di Niall ed ottenendo da quest’ultimo uno sguardo storto.
- Vi odio tutti – bofonchiò facendo aumentare ancora di più le loro risate.
- Ti voglio bene anche io Niall – gli feci l’occhiolino e mi voltai per uscire dalla stanza con la sensazione dello sguardo di Harry che mi bruciava sulla schiena.
Uscii nel corridoio e tornai nel bagno dove mi misi nuovamente i miei abiti che, grazie al cielo, erano quasi del tutto asciutti. Me la presi con comodo e nel mentre pensai a quello che era appena successo: con mio grande sollievo il rapporto con Niall non sembrava cambiato, anzi, strano a dirsi ma forse si era anche rafforzato; era la questione dei suoi amici che mi preoccupava. Erano dei ragazzi simpatici e si vedeva, ma non sapevo se volevo entrare a far parte del gruppo di amicizie di Niall, ma riavere lui voleva dire automaticamente prendersi il pacchetto completo del resto della band. Qual era il mio problema? Semplicemente che non ero brava con le persone. Non ero portata a farmi degli amici, per non parlare dell’avere a che fare con i sentimenti. Ero negata per queste cose. Ovviamente non era sempre stato così, c’era stato un tempo in cui non mi serviva proteggermi dietro uno scudo ed un alto muro, ma ora invece, se volevo rimanere in piedi, era necessario. Mi serviva per proteggere quei pezzi che rimanevano del mio cuore e a contenere l’oscurità che, giorno dopo giorno, si faceva largo in me; l’unico sollievo era che con Niall quel muro veniva giù con facilità, senza nemmeno che io dovessi pensarci. La cosa che non avrebbe mai potuto curare era il buio in me. Era troppo radicato, troppo profondo per essere estirpato senza lasciar danno e coinvolgere Niall nel mio inferno era l’ultima cosa che volevo. Lui era ciò che ancora mi dava speranza per tornare, o almeno provarci, quella ragazza che ero una volta anche se ad essere sincera non ricordavo cosa volesse dire ridere, ma ridere davvero. Forse essermi riavvicinata a lui me lo avrebbe ricordato. Lo sperai con tutta me stessa, perché arrivata a questo punto davvero non sapevo più cosa mi avrebbe potuto aiutare. Sven diceva che la medicina più efficace per curare un cuore nero come il mio era l’amore; ma non quello che ti sa dare un famigliare, un amico o qualsiasi altra persona, no, l’amore inteso come innamorarsi di qualcuno. Quando me lo disse scoppiai a ridere e ancora ricordo perfettamente la strana espressione che fece lui alla mia reazione; il motivo era semplice: chi mai avrebbe amato una come me? Una che viveva con l’oscurità nell’anima e con il cuore in frantumi? Nessuno. Alla gente non piacciono i casi difficili, preferiscono le cose semplici e scontate, i cliché, le parole di circostanza e soprattutto i finti sorrisi. Lo avevo capito a mie spese ed ora avevo imparato la lezione. Forse era meglio così… alla fine, almeno, non avrei reso la vita difficile a nessuno. Uscii dal bagno e tornai nuovamente in stanza dove i ragazzi si erano accomodati per bene e nel momento che messi piede là dentro puntarono tutti lo sguardo su di me, cercai di ignorare la sensazione bruciante che avevo addosso e mi stampai un sorriso sul volto:
- Niall questi sono i tuoi pantaloni – li poggiai sul letto, poi mi voltai verso Harry – E questa è la tua maglietta – gliela porsi – Scusa per l’inconveniente – guardai Niall di sfuggita che in risposta alzò gli occhi al cielo – Ma a qualcuno – sottolineai la parola – Serve ancora la babysitter –
- Tranquilla nessun inconveniente – fece una risata roca ed un sorriso sghembo mentre si riprendeva la maglietta.
- Te ne stai già andando? – mi domandò Liam con un sorriso.
- Si – annuii – Si sta facendo tardi e soprattutto buio – indicai la finestra – E poi domani devo svegliarmi presto che tocca a me aprire il negozio –
- Dai, rimani un altro po’ – disse Niall quasi supplicandomi con lo sguardo.
- Vorrei, ma veramente, ora è meglio che vada –
- Va bene – annuì alzandosi dal letto.
- È stato un piacere conoscerti – disse Zayn alzando la mano per salutarmi.
- Anche per me ragazzi – sorrisi.
- Scusa per la brusca intrusione di prima – aggiunse Louis grattandosi la nuca leggermente imbarazzato.
- Non dovete scusarvi con me, dopotutto ero io l’intrusa –
- Sei amica di Niall, non puoi essere un’intrusa – disse Liam mentre Harry annuiva
Sorrisi ma non risposi, poi salutai tutti e scesi giù assieme a Niall fino a giungere davanti la porta sul retro dalla quale ero entrata visto che quella principale era ancora assediata di persone:
- Ma come fate a conviverci? – domandai facendo un cenno verso la porta.
- È una parte del nostro lavoro, le fans sono sempre ben accette, sono i fotografi la vera tortura – sospirò facendo spallucce mentre apriva la porta sul retro.
- Immagino – abbassai la testa – Bene, allora io vado – sorrisi leggermente e feci per uscire quando mi bloccò per una spalla.
- Aspetta – mi voltai per metà – Mi ha fatto piacere che ci siamo visti ed abbiamo parlato – sorrise.
- Anche a me – annuii ricambiando il sorriso.
- Promettimi che non te ne andrai più – era serio.
- Te lo prometto – lo abbracciai e sorrisi leggermente quando ricambiò la stretta.
- Ci vediamo presto allora –
- A presto –
Mentre mi voltavo per andar via notai, con la coda dell’occhio, Harry mentre scendeva le scale e vedendo che ero ancora lì mi sorrise; non ricambiai il sorriso per intero, mi limitai ad un cenno della testa ed infilandomi le mani nelle tasche del mio giacchetto in pelle mi voltai avviandomi verso casa con in testa un colore: verde.

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE
Salvee a tutte ecco il nuovo capitolo, spero vi piaccia e che mi farete sapere cosa ne pensate sulla storia, visto che non ci sono state ancora recenzioni sono curiosa di cosa ne pensate. Vi darò taaanti biscotti
un bacio ed un abbraccio

GiuliaStark

  
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