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Autore: Adeia Di Elferas    08/10/2015    2 recensioni
Caterina Sforza, nota come la Leonessa di Romagna, venne alla luce a Milano, nel 1463. Si distinse fin da bambina per la sua propensione al comando e alle armi, dando prova di grande prontezza di spirito e di indomito coraggio.
Bella, istruita, intelligente, abile politica e fiera guerriera, Caterina passò alla storia non solo come grande donna, ma anche come madre di Giovanni dalle Bande Nere.
La sua vita fu così mirabolante e piena di azione che ella stessa - a quanto pare - sul letto di morte confessò ad un frate: "Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo..."
[STORIA NON ANCORA REVISIONATA]
Genere: Drammatico, Generale, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Rinascimento
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 Mentre Caterina affrontava il suo secondo giorno a Roma, suo zio Ottaviano affrontava quella che sarebbe stata la sua ultima impresa.
 Era infatti il venticinque Maggio di quel 1477 che Ottaviano Sforza cercò l'ultimo colpo di mano su Milano.
 Di tutti i fratelli del defunto Galeazzo Maria, lui era stato l'unico a non voler desistere nemmeno di fronte alle evidenze, e aveva continuato la strada militare alla conquista del ducato.
 Laddove gli altri – in particolare Ludovico – avevano intrapreso la strada della diplomazia e dei sotterfugi, lui aveva insistito nel muovere un esercito contro la cognata, che restava trincerata nella “Torre della Duchessa” che aveva fatto costruire in fretta e furia al palazzo di Porta Giovia.
 Quel giorno, stranamente umido e uggioso per il mese e il caldo straordinario di quel periodo, Ottaviano raggiunse l'Adda col feroce desiderio di sfondare una volta per tutte le difese milanesi e improsi come nuovo Duca.
 Il fiume, però, era più collerico di lui. La piena stava per rompere gli argini e nessun ponte era sicuro. La pioggia aveva ripreso la sua litania e picchiava in terra e sulle piante con tanta forza sa sollevare un infernale e assordante concerto. Tuttavia il diciannovenne sentiva il sangue ribollire nelle vene e non bastarono le urla dei suoi soldati per fermarlo.
 Spronò il cavallo e incitò tutti a seguirlo. Cominciò ad attraversare il ponte a spron battuto, ma un'onda improvvisa prese in pieno l'animale e lo fece scivolare.
 Fu un momento. Ottaviano restò un istante in terra, una gamba sotto la povera bestia agonizzante e poi venne trascinato via dalla forza dell'acqua, sparendo per sempre assieme alla sua cavalcatura.
 Tanto bastò al suo piccolo esercito per interrompere immediatamente la missione e ritirarsi in buon ordine, lasciando al fiume il corpo del loro giovane e sconsiderato signore.
 Unitamente alla fine di Ottavia, giunse l'esilio per gli altri aspiranti duchi. Benché Bona fosse titubante, Cicco Simonetta insistette fino a che l'ordine non venne emanato quel giorno stesso.
 
 La notizia arrivò a Roma abbastanza in fretta, anche se per vie traverse. Il messaggero ufficiale della corte milanese non era ancora arrivato alla corte papale, mentre una lettera di Bona aveva già raggiunto Caterina.
 Il fatto che una notizia scritta in una lettera privata fosse di dominio pubblico, fece capire a Caterina che la posta era controllata e che quindi non avrebbe mai dovuto scrivere nulla di importante a nessuno, neppure alle sue madri.
 Il papa le fece le condoglianze, visto che comunque il morto era un suo parente stretto, ma le fece anche le sue felicitazioni, perchè Bona era salva e con gli altri cognati costretti all'esilio, lo sarebbe stata ancora a lungo.
 “Una donna eccezionale, vostra madre.” sorrise Sisto IV, mellifluo: “D'intelligenza e pronta all'azione.”
 Caterina ringraziò, cercando di ignorare la stretta tutt'altro che paterna che il papa le aveva dato alla spalla nel porgerle le condoglianze poco prima.
 Più conosceva il 'santo padre', più riconosceva in lui somiglianze e differenze con Girolamo. Avevano lo stesso tono insinuante nel parlare, la stessa luce infida nello sguardo quando ridevano, ma laddove Girolamo le appariva debole e insicuro seppur mascherato dall'arroganza, Sisto IV era l'esatto contrario: un leone mascherato da agnello.
 Sisto IV era anche un uomo molto intelligente e intuitivo. Aveva capito subito le potenzialità della giovane Sforza. Gli era bastato vederla parlare con ambasciatori e dignitari il giorno in cui era arrivata. Doveva coltivarla e insegnarle tutto quello che poteva, se voleva sperare di costruire un impero. Lei era la moglie di suo nipote e avrebbe partorito i suoi eredi, dunque ora era ua Riario e come tale il papa la voleva considerare.
 Il vero problema, se ne rendeva conto, era farla andar d'accordo con Girolamo. Aveva visto che in presenza di estranei la ragazzina era abbastanza acuta da mostrarsi sempre sorridente e attenta al marito, ma sospettava che non fosse altrettanto remissiva e docile in privato.
 La conferma gli era arrivata quello stesso pomeriggio, quando, affranto, Girolamo aveva voluto parlargli in privato.
 “Cosa c'è questa volta?” chiese il papa, esasperato, dopo aver congedato il paggio che aveva portato il vino.
 Girolamo cominciò a lamentarsi di sua moglie, di come fosse con lui fredda e distante e di come non facesse altro che provocarlo.
 Il papa ascoltò tutto in silenzio, cercando di capire quanto di vero ci fosse nel resoconto del nipote, visto che troppe volte Girolamo ingigantiva i propri problemi.
 “Forse è solo che avrei dovuto aspettare...” disse alla fine Girolamo, prendendosi la testa tra le mani: “Sono stato uno stupido...”
 “Non sei stato stupido. Sei stato di buon senso.” lo corresse Sisto IV: “Sai benissimo che dovevamo assicurarci questa alleanza. Magari gli Sforza non si sarebbero tirati indietro comunque, ma noi dovevamo avere una garanzia.”
 Girolamo alzò gli occhi verso lo zio: “Va bene, ma ora come posso vivere con accanto una moglie che mi detesta?”
 Sisto IV accavall le gambe: “Fai in modo che ti dia degli eredi e per il resto fate vite separate. Al massimo dovrete condividere qualche cena e qualche ricevimento. Non sareste né la prima né l'ultima coppia a fingere in pubblico...”
 “Ma così...” prese a dire Girolamo, scuotendo appena il capo.
 “Non mi dirai che te ne sei innamorato?” chiese il papa, scoppiando a ridere: “In effetti ha un bel faccino...”
 “Non è quello.” lo contraddisse Girolamo: “Zio, è che lei è così... Così...”
 Sisto IV gli lasciò il tempo di trovare l'aggettivo migliore e alla fine Girolamo l'arrangiò così: “Lei è forte, è decisa. Ed è coraggiosa.”
 “Oh, capisco. La ami, dunque... Il che è ancora più serio.” commentò il papa: “Non ti resta che riconquistarla, e in tal caso ci devi pensare tu.”
 Girolamo si alzò, apparentemente disperato: “Continui a dirmelo, zio, ma io come faccio?”
 “Chiedi al papa come sedurre una donna?” chiese Sisto IV, ridendo in modo sguaiato: “Senti, fai così: lasciale del tempo, falla venire a corte e accordale un po' di libertà. Magari può andare a caccia, ho sentito dire che le piace...”
 Girolamo annuì, in parte motivato in parte abbattuto e lasciò che lo zio cambiasse argomento: “Dunque, ora che Milano è in difficoltà, per noi è sempre più cruciale avere potere su Firenze, quindi...”
 
  Mentre l'estate avvolgeva Roma con la sua afa, Caterina cominciava ad ambientarsi sempre di più.
 Frequentava le personalità di spicco della corte e, per quanto lo trovasse un uomo sgradevole, spesso stava in presenza del papa quando questi prendeva decisioni importanti. Sisto IV accettava con gioia l'interesse della ragazza, anzi, le spiegava il perchè e il per come delle sue scelte, chiedendole ogni tanto anche un parere o un consiglio.
 Quando il caldo cominciò a lasciare un po' di spazio al fresco, Caterina potè dedicarsi si nuovo alla caccia, senza temere più il colera.
 Scriveva qualche lettera saltuaria a Bona o a Lucrezia, qualche messaggio in più a Chiara, ma sempre poche cose e in modo superficiale, per evitare intercettazioni varie. Dalle risposte che riceveva, si accorse che Bona pensava che tra loro i rapporti si fossero raffeddati, mentre Lucrezia aveva subodorato che dietro alle reticenze della figlia ci fosse qualcosa di serio.
 Sempre più spesso Caterina rappresentava il marito negli incontri con questo o quel nobile, questo o quell'ambasciatore e le scuse che adduceva erano sempre più esili, andando da un altro improvviso impegno del marito a 'un terribile mal di testa che lo costringe a letto'. In realtà la maggior parte dei suoi interlocutori la preferivano a Girolamo Riario, perciò nessuno ebbe mai motivo di lamentarsi dell'assenza del nipote del papa.
 E intanto Caterina passava sempre meno tempo con Girolamo, accettandone la compagnia solo quando strettamente necessario.
 Girolamo tentò in vari modi di suscitare nella moglie se non amore, almeno affetto o gelosia. Le faceva regali di ogni sorta, la trattava con riguardo e poi, quando questa tattica non dava i frutti sperati, tornava a essere rozzo e prepotente. Più di una volta nell'arco di quell'inverno, Girolamo si fece deliberatamente trovare dalla moglie in compagnia di altre donne. Solo che Caterina, tutt'altro che ingelosita, quasi se ne rallegrava, sperando che in tal modo il marito si dimenticasse di lei una volta per tutte.
 Caterina, in poco meno di un anno, apprese dalla corte di Roma cose che a Milano non aveva mai imparato. Benché Cicco Simonetta fosse un maestro della dissimulazione, appariva solo un dilettante, in confronto a certi ambasciatori stranieri.
 Caterina stava definitivamente facendo sua un'arte che il papa apprezzava particolarmente: la giovane riusciva a trattare nel modo giusto con qualsiasi tipo di persona.
 L'unico con cui proprio non riusciva ad andare d'accordo era Girolamo. Ne disprezzava l'indole e non poteva non criticare – anche se solo nella sua mente – tutte le sue scelte, nessuna esclusa.
 Aveva anche notato che il marito passava molto tempo con alcuni uomini che aveva portato con sé direttamente da Savona. A lei non piacevano e li trovava subdoli e falsi, mentre Girolamo li reputava le persone più limpide di tutta Roma.
   
 
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