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Autore: whitemushroom    12/10/2015    6 recensioni
Una raccolta di one-shot dedicata ai mitici Cavalieri d'Oro di tutte le serie, coloro che ci hanno sempre fatti sognare estendendo il loro Cosmo fino ai nostri cuori.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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ShuraM




Personaggio: Capricorn Shura
Serie: Saint Seiya classico (con riferimenti a Saint Seiya - Episodio G)
Genere: Introspettivo, Malinconico, Missing Moments
Rating: giallo
Avvertimenti: nessuno


Il pianto del mare

Il mare gli lambisce i piedi, poi lo lascia andare. Affonda nella sabbia con tutto il proprio peso, un passo alla volta, senza degnare di uno sguardo il risultato del suo allenamento quotidiano che invece ogni altro giorno lo riempie di soddisfazione. Il vento è freddo, cosa inusuale per la stagione, e Shura rimane per qualche istante ad osservare le sottili increspature che sfiorano le acque di Paros; giocano con l’azzurro ed il blu intenso, ma poi disegnano sulla superficie una rete bianca e luminosa che rovina la semplice perfezione di quel mare.
I gabbiani non sono ancora tornati al nido.
Osserva di nuovo la missiva, quella che gli è stata consegnata qualche ora prima da un messaggero ansimante del Santuario. L’ordine di rientro è vergato nella scrittura perfetta del Gran Sacerdote, e Shura affretta il passo. Non comprende il motivo per cui cinque Cavalieri di Bronzo ed una sedicente Athena richiedano la presenza di tutti i Cavalieri d’Oro al Santuario, ma non spetta a lui porsi simili domande.
“Stavolta non tornerai” .
È la prima volta che sente la sua voce. Ha qualcosa che ricorda il suono del mare quando si porta una conchiglia all’orecchio.
Lo osserva seduta su uno scoglio, i piedi che spariscono nella spuma mentre i lembi della sua tunica bianca si nascondono tra i flutti. Ha perso il conto di quanti anni siano trascorsi dal loro primo incontro, una sequenza di giorni sempre uguali pieni di silenzio, sguardi bassi e lacrime, lacrime che la fanciulla versa senza alcuna spiegazione. Si è allenato nel pieno del giorno o nel cuore della notte, ma in ogni momento la ha trovata lì, immobile, perfetta come la statua della divina Athena che veglia sul Santuario. Ne aveva parlato con Milo, ma quando il Cavaliere dello Scorpione si recò sull’isola non trovò altro che gabbiani.
Ma oggi la creatura ha rotto il suo silenzio, e per un istante Shura sente un peso nel petto. Un peso che nasce da quegli occhi antichi come l’oceano, molto più antichi di cento o mille vite degli uomini. “Vieni con me”.
“Chi sei?”
“Il pianto del mare”.
Una frase che non ha alcun senso.
O forse ha un senso che lui non ha intenzione di cercare.
Gli anni sul campo di battaglia gli hanno insegnato che spesso creature come quella che ha di fronte, una ninfa o forse una nereide, si divertono a parlare per enigmi in un mondo che solo loro possono vedere. Al contrario di Aphrodite a lui queste creature più vicine agli dèi che agli uomini non suscitano alcun fascino o meraviglia.
Tutti, a parte lei. Vorrebbe darle le spalle e tornare al Santuario, ma non riesce a staccare gli occhi da quel viso ed una parte di lui trema, si agita, gli trafigge ogni singolo muscolo lasciandolo immobile, i piedi nella sabbia, davanti a quella regina del mare così triste che sembra uno specchio in procinto di infrangersi tra le onde.
Anche le sue labbra sanno di sale.
Non ha idea di come sia successo, ma in un istante la creatura ha attraversato lo spazio che li separava e le loro teste, la loro pelle, le loro bocche si sfiorano ed è un bacio diverso, strano, privo di alcun desiderio. Sono lacrime quelle che li spingono a separarsi, che si insinuano tra le loro labbra; Shura sente di nuovo quello sguardo su di sé e oltre sé, e nel momento in cui gli piacerebbe avere una spiegazione rimane in silenzio, quasi come se qualcosa lo stringesse al petto e gli impedisse di disturbare il dolore e l’amore di quella creatura. La fanciulla ritorna dove il mare lambisce la terra, e di lei non rimane nemmeno un lembo della tunica bianca quando un’onda le sfiora le caviglie trasformandola solo in un velo di spuma. A Shura potrebbe sembrare di aver sentito un “Addio” uscire dalla sua bocca, ma forse è solo un’impressione e l’eco della risacca.

La figura del ragazzo si allontana.
Sempre di più, sempre più piccola. La sua vita è debole, ma la speranza che gli brucia nel petto va ben oltre le apparenze: cade verso il basso, verso la Terra, e Shura lo osserva fino a quando di quel corpo segnato dalle battaglie non rimane che un punto minuscolo ed un bagliore dorato che si mescola all’alba che deve ancora venire. Il suo coraggio e la sua devozione meritano di vedere il domani: Shura si accorge di sorridere per la prima volta dopo tanti anni, cercando di ricordare il giorno in cui il suo cuore ha smesso di credere nell’affetto e nei propri compagni e si è ricoperto di un’armatura fredda di cui il Grande Sacerdote ne ha colpa solo in parte. I giorni in cui assomigliava a quel ragazzo, e che adesso nella sua mente sono come inafferrabili stelle cadenti. Armatura del Capricorno, proteggi quel giovane.
“Siamo alla fine, Shura?”
Aveva dimenticato il suono di quella voce. Risuona dentro la sua testa, bassa ed irritante come il giorno che l’ha sentita per la prima volta; la verità è che forse ne aveva quasi dimenticato l’esistenza. “Proprio adesso decidi di farti risentire … Crio?”
“Nella battaglia contro il Dragone hai bruciato anche l’ichor di cui ti ho fatto dono con la mia arma. Forse anche l’ultima traccia di me sta svanendo da questo mondo … Certo, è proprio inglorioso sapere che sei stato sconfitto dal primo Cavaliere di Bronzo sulle scale, non riesco a credere che l’uomo che ha infranto la mia Spada Azzurra sia …”
“Non pensarci. Non potresti capire”.
Non c’è molto altro da spiegare. Non in questo cielo, in questo abisso nero dove ormai la sua esistenza è soltanto una minuscola fiamma davanti alle stelle senza tempo. Si sente piccolo, lui che ha sempre affrontato ogni battaglia con la spada in pugno.
Per un istante gli sembra di sentire il pianto di un neonato: è una bambina, una fanciulla che grida avvolta in un sottile panno di tela. Un uomo la stringe al petto mentre fugge nella notte, corre nel Santuario evitando ogni colpo, è un guerriero così grande che il solo ricordo stringe il cuore di Shura; sente nelle orecchie il rumore dei colpi che cozzano, della sua spada contro il nemico, ma anche i ricordi dello scontro si mescolano davanti al corpo del guerriero caduto, l’uomo che il suo stesso braccio ha trafitto a morte. E adesso le stelle gli sembrano gli occhi di quel condottiero che lo giudicano, cercando l’unico verdetto in fondo possibile.
“Siamo ai rimpianti?”
“Forse. Anche se mi sembra strano lasciare questo mondo in tua compagnia” sorride. In fondo non vi è nulla di male. “Ho sempre pensato che sarei andato incontro alla fine da solo, seguendo la via della spada fino alla fine”.
“Curioso, io invece non ho mai pensato alla mia fine”.
Shura ha anche quel duello nel cuore. La Spada Azzurra del Titano contro la sua Excalibur, un combattimento ai confini del mondo: forse la sua vittoria più grande, sangue umano e ichor divino ovunque. Ma anche quel ricordo trema e scivola lontano dagli occhi finché l’unica traccia che rimane nel suo corpo ormai allo stremo è la voce del dio. “Io pensavo solo al futuro. Ai miei fratelli, alla mia bellissima moglie … credevo che nessuno avrebbe mai potuto sconfiggerci. Se lo avessi saputo …”
“Anche tu sei ai rimpianti?”
La sua voce si fa triste. “Credi che un dio non soffra? Credi che voi umani siate gli unici ad amare, sperare, credere in un futuro migliore? Sì, se avessi saputo che sarei morto per mano tua forse avrei messo da parte il mio orgoglio. Avrei risparmiato lacrime a colei che ho amato più di ogni altra cosa al mondo. E adesso sarei con lei, sul fondo del mare luminoso, circondato da tutti i figli che avrei potuto darle. Se pensi che questo finale mi faccia piacere ti sbagli di grosso! Però ti devo ringraziare … grazie a te ho potuto rivederla almeno per un’ultima volta”.
Una musica riecheggia nel silenzio del vuoto, una canzone in una lingua di cui non conosce alcuna parola. Ma non ne ha bisogno, perché le parole e le note toccano ogni parte del suo corpo, ogni muscolo, ogni capello. Potrebbero essere dita gentili contro la sua pelle, fresche ed impalpabili come l’acqua del mare: questo canto è un lamento che viene dal profondo, da quella Terra che ormai non è più grande di un pollice ed appare soltanto blu, bellissima. È tutto il mare che sta cantando, e in fondo al cuore sa che quella musica è dedicata a lui. A loro. All’uomo e al dio che se ne vanno per sempre lasciandosi alle spalle un mondo che, forse adesso riesce a crederci, sente la loro mancanza, la loro spada sguainata, la loro giustizia.
Il pianto del mare sta versando lacrime per loro.
“Andiamo Shura. La voce di Euribia ci accompagnerà fino alla fine”.
Una fine eterna, immortale, con una speranza per il futuro che ha le sembianze di un Dragone. “Andiamo insieme verso il cuore della Via Lattea”.



Note: sono sempre stata una fan dei Titani, e temo che ciò emergerà anche in altre mie storie. L'ultima frase della storia si riferisce al fatto che, almeno nella versione italiana, Crio si presenta sempre come "Crio della Via Lattea".
  
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