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Autore: KomadoriZ71    19/10/2015    1 recensioni
{ Ivan & Max ─ Hardenshipping } "Erano passati due anni dal giorno in cui Max si era arruolato nel Team Rocket, la vita nel campo di addestramento non era stata come se l'era immaginata, gioiosa e ricca di sorprese sempre più intriganti. Il giovane dai morbidi capelli rossi lasciava a malincuore la postazione attuale, adorava stare in un ambiente in cui si sentiva a casa e, la regione di Johto, si era dimostrata più volte come una zona dai paesaggi mozzafiato, caratterizzata da città dalle tradizioni piuttosto interessanti. Max aveva già deciso di tornarci per finire di esplorarla, magari durante la pensione.
Mancava poco allo scoccare della mezzanotte e il rosso era seduto sulla sedia della scrivania, la luce tenue della lampada illuminava un album stracolmo di fotografie e ricordi, il quale raccontava la sua esperienza all'interno del campo Rocket. [...] Le pagine scorrevano velocemente sotto le dita snelle, la sua mente tornava indietro nel tempo, un sorriso nostalgico comparve sul volto e ciò lo trascinò a sospirare. Aveva fatto un cambiamento radicale dal primo giorno, secondo i suoi amici era sbocciato come un bocciolo di rosa, adesso si poteva considerare un vero uomo.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Ivan, Max (Team Magma), Nuovo personaggio, Team Rocket
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
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capitolo tre un colpo di fortuna

Capitolo tre
- Un colpo di fortuna.



«Mi piaci di più quando non ci sei.
L'assenza nasconde i difetti e copre ogni ricordo ostile,
così mi ritrovo a pensarti nella tua parte migliore.
Non riuscirai mai a essere più bella del mio ricordo di te nella lontananza»

» La pietà dell'acqua, Antonio Fusco.

ivan e max


Attenzione”.
La voce robotica uscì dall'altoparlante, si propagò in ogni stanza del Rifugio: “
Il Plutone è in arrivo, attenzione. Presentarsi nell'aula dei ricevimenti per la cerimonia, attenzione. I ritardatari non resteranno impuniti, attenzione”.
Ivan sussultò al messaggio inatteso, le cinque erano scoccate e lui non era ancora pronto.
«
Accidenti!»
Urlò il mal capitato, si sistemò il cappello per nascondere la bandana, indossò la maglia della divisa e cominciò a correre a perdifiato lungo il corridoio. Era in ritardo alla cerimonia, Ivan era famoso per l'incapacità di rispettare gli orari, trovava sempre un impegno che lo tratteneva fino all'ultimo minuto. Si era isolato per un po' nella camera con gli attrezzi ginnici, aveva preso a pugni il sacco pieno di sabbia per schiarirsi le idee, ma aveva perso la concezione del tempo.
Il fatto che doveva salire sul palco per presentarsi come tutore non l'aiutava, Giovanni non voleva fare figuracce davanti ai novellini. Esigeva la perfezione.
Era solo una questione di minuti.
Un piano.
Ivan correva lungo la scalinata con le ginocchia molli dall'emozione, i gradini erano la via più veloce, l'ascensore era più lento.

Riuscì a intravedere la soglia della sala, i suoi colleghi erano in fila davanti alla porta. Il sorriso si propagò lungo il volto di Ivan. Si poteva considerare un colpo di fortuna.


* * *

Max era stato male per tutto il tragitto.
La tortura era durata poche ore, ma la traversata in mare sembrò interminabile. Il rosso detestava profondamente l'oceano e l'acqua in generale, provava disgusto per la brezza marina che gli accarezzava il volto. Vomitò anche l'anima nella stiva semi buia del traghetto mezzo diroccato, sotto lo sguardo ripugnato dei compagni dall'intestino d'acciaio, era bianco come un cadavere quando l'imbarcazione attraccò al porto di Aranciopoli, l'incubo era finito. Almeno in parte.
Dana e Leila non si erano mai separate dall'amico e, per affrontare il tratto di strada a piedi, Max si lasciò aiutare dalle due donne. I tre riuscirono a raggiungere il pullman in perfetto orario, sul quale montarono non appena avevano sistemato i pochi bagagli.
Max si adagiò sul sedile e iniziò ad assopirsi, stanco com'era. Non molto e si addormentò.
Quando Dana l'aveva svegliato erano ad Azzurropoli, il veicolo non era parcheggiato molto lontano dal Casinò, bastava attraversare la strada. Le otto reclute erano vicine al Rifugio, potevano procedere in tutta sicurezza e sentirsi liberi di spogliarsi dai travestimenti. Max cominciava a odiare il cappotto enorme, era stato il primo a disfarsene.
Si guardò attorno.
L'orologio segnalava le cinque precise e la quiete faceva da sovrana eppure, gran parte dei cittadini, si incamminavano sulle vie principali per fare ritorno alle abitazioni. L'aria della sera era mossa da un venticello fresco, i raggi del sole cominciavano ad affievolirsi.
Meraviglioso. Sublime. Stupendo.
Max adorava già quel posto, fremeva dalla voglia di andare a scoprirlo, da amante della ricerca non vedeva l'ora di mettere le mani sui segreti di Azzurropoli. Sorrideva in silenzio mentre si sistemava i capelli rossi con il pettine tascabile, poi si copriva la testa con il cappello nero, intanto Dana e Leila chiacchieravano del più e del meno, le loro emozioni erano palpabili con mano. Max era troppo impegnato a guardare il Casinò per intromettersi, era una struttura imponente illuminata da un numero illimitato di luci, faticava a contarle tutte. Lo poteva definire come casa, il posto in cui avevano allestito un laboratorio professionale pronto per accoglierlo.
«Dai Passerotto, muoviamoci»
L'incoraggiamento di Leila.
Max tornò alla realtà e annuì con un movimento leggero della testa, poi recuperò il proprio bagaglio e si lasciò guidare dai colleghi, capitanati a loro volta da un Generale dai comportamenti piuttosto eleganti e raffinati, il quale era impegnato a spiegare il modo più rapido per entrare nell'edificio senza farsi scoprire dagli abitanti del posto. Il rosso non parlava dalla troppa emozione, era difficile anche immagazzinare quel susseguirsi di informazioni. Il regolamento era più o meno simile a quello adottato nel campo di addestramento, perciò non era complicato tenere a mente la porta che permetteva ogni genere di spostamento. Peccato che, se non erano previste delle missioni, servivano i permessi per lasciare il Rifugio. Lì la sicurezza veniva prima di qualsiasi altra esigenza, a quanto pare Giovanni non era il personaggio che si rovinava a causa degli inetti.
I passi di Max erano in perfetta armonia con quelli dei compagni di squadra, i suoi occhi si spostavano da una zona all'altra senza mai fermarsi e, attraversata la soglia che conduceva a un corridoio vuoto decorato da un misero poster, si augurava di conoscere persone tranquille o con cui era possibile aprire una conversazione.
Sospirò e si mordicchiò il labbro. Era nervoso.
Il Generale Rocket a quel punto si fermò all'altezza del pezzo di carta ridotto a brandelli, infilò la mano sotto di esso e schiacciò un pulsante.
Si udì un fastidioso suono metallico e il pavimento rivelò la presenza di un passaggio segreto, che celava delle scale a chiocciola. Scendevano verso il basso, il nascondiglio del Team si trovava nei sotterranei.
Max poteva mettere piede dentro al Rifugio del Team Rocket.


* * *


«Ivan, dove eri finito?! Stavamo per cominciare senza di te»
Non appena Ivan aveva messo piede dentro alla sala, felice di averla fatta franca ancora una volta, Ariana l'aveva trascinato nella parte più remota della stanza. Lì aveva cominciato a rimproverarlo, ribolliva dalla rabbia.
«Ho perso la cognizione del tempo, mi stavo allenando con il sacco, mi dispiace» si giustificò Ivan, poi abbassò lo sguardo per evitare quello della donna. «Non succederà più, lo giuro»
Ariana scrollò le spalle e ignorò completamente le promesse di Ivan, ormai erano anni che le sentiva ripetere. Niente era cambiato, era rimasto il solito ritardatario.
Anche punirlo era diventato inutile.
«Ancora mi domando come mai Giovanni ha scelto te come tutore, ci voleva qualcuno di più affidabile. Non rispetti mai il regolamento, ti perdi nel Rifugio e con le parole sei un disastro. Giovanni ha voluto rischiare»
Ivan arricciò le labbra e assottigliò lo sguardo, poi intrecciò le braccia contro al petto. Cercò di soffocare la rabbia, era indispettito dalle critiche poco costruttive del Generale. «Non la pensa come te. Ma dove sono i nuovi arrivati?»
«
Il tuo superiore si sta preoccupando di accompagnarli, tu pensa a comportarti da gentleman oppure al discorso di benvenuto. Se fai il selvaggio come al tuo solito, li farai scappare».
Seconda frecciatina.
Ivan scrollò le spalle, restò in silenzio e si massaggiò il collo per rilassare i nervi. Era agitato a causa dell'incarico improvviso, Ivan non era in grado di formulare le parole giuste in un breve lasso di tempo, se l'avesse saputo qualche giorno fa non si sarebbe ridotto all'ultimo minuto.
Ma così non era stato.
A quel punto sperava solo di cavarsela, ma era difficile sperare in un successo.
Aveva bisogno di un miracolo.
«Farò del mio meglio» commentò infine.
«È quello che tutti si aspettano da te, sei ancora sicuro di voler proseguire Ivan?» la donna si posò una mano sul volto per nascondere il sorriso, il modo in cui ridacchiava era semplicemente celestiale, però gettò uno sguardo provocante su Ivan.
Non era un buon segno. «Sarei felice di cambiare tutore all'ultimo minuto, almeno Gerardo saprebbe cosa fare al tuo posto. Lui è un ottimo lavoratore, a differenza tua, ancora non capisco come mai non segui il suo esempio e ti impegni fino all'ultimo. Eppure passate tutto il tempo insieme»
Ivan digrignò i denti dalla rabbia, Ariana aveva oltrepassato il limite.
Era a conoscenza del fatto che fosse più velenosa del Budew di Gerardo, adorava il carattere forte che le aveva permesso di diventare un Generale Rocket, ma non poteva prendersi delle libertà simili. Non con lui, Ivan non era l'uomo che si lasciava mettere i piedi in testa così facilmente. «Parli sempre di lui, ma se ti piace così tanto perché non te lo sposi?» Ivan la stuzzicò con un sorriso sfacciato sul volto, donandole una gomitata fastidiosissima sul braccio.
La donna non si azzardò a rispondere, infuriata com'era, si limitò ad agguantargli una guancia con due dita, pizzicandole con forza. Ivan iniziò a lacrimare e si dimenò per liberarsi dalla stretta, ma Ariana non lo lasciava andare.
«Non ti azzardare più a parlarmi in questo modo, sono stata abbastanza chiara Ivan?»
Ivan annuì e la donna lo liberò. Si massaggiò la mascella, osservò gli occhi cangianti della ragazza. «Sai Ariana, ti detesto quando mi paragoni a Gerardo» commentò con un sospiro.
«Tu mi infastidisci quando non rispetti le regole, eppure continui a fare di testa tua» replicò Ariana.
La porta principale si aprì con uno schianto e i due terminarono di parlare mentre guardavano le otto reclute, che entravano nella sala insieme ad Archer, il Generale Rocket più rispettato da quelle parti. Come Ariana anche il secondo Generale era fedele a Giovanni, lavorava a stretto contatto con lui e indossava la divisa bianca al posto di quella nera. Nonostante i tratti somatici asiatici che lo caratterizzavano, aveva la pelle chiara ma decorata da deliziosi occhi a mandorla, quest'ultimi erano di un elegante verde acqua e si intonavano con i capelli dello stesso colore, li portava rasati e non scendevano più in là della testa.
Era giunto il momento di salire sul palco.
Ivan era nervoso, iniziò a muoversi per raggiungere la sedia in cui doveva sedersi, aspettare che i Generali parlassero del più e del meno per esporre al meglio il regolamento, poi doveva prendere il controllo del microfono e terminare la cerimonia con un bel discorso.
Ariana gli afferrò la mano:
«Ti auguro buona fortuna, ti servirà Ivan»
«
Non preoccuparti, Ariana, me la caverò»
«
Lo spero bene, è risaputo che le tue sono promesse da marinaio»
«
Da stasera sarò sulla bocca di tutti, me lo sento» esclamò Ivan con il sorriso e agguantò la mano della donna, nell'attimo dopo la baciò velocemente.
«Sì Ivan...»
«
Posso andare adesso?»
«
Vai e conquistali tutti»
«
Lo farò, stanne certa»


Era la prima volta che Ivan saliva sopra a un palco per dedicarsi a un discorso, non era piacevole avere un sacco di occhi puntati addosso.
Ma non poteva tirarsi indietro, non dopo che aveva accettato l'incarico da tutore, doveva prendere la palla al balzo e affrontare la situazione come meglio poteva.
Per fortuna Giovanni era seduto al suo fianco, teneva il sigaro acceso a portata di mano e si gustava un delizioso drink dello stesso colore dell'ambra. Mentre Archer illustrava il regolamento ai nuovi arrivati, il Capo tirava delle gomitate a Ivan per permettergli di adocchiare le due ragazze presenti tra i novellini, erano molto carine riguardo l'aspetto. Il tutto sotto lo sguardo assassino di Ariana, seduta poco più in là.
Ivan non voleva commettere errori, ma lasciò che per una volta le emozioni prendessero il sopravvento, perciò cominciò a ridacchiare alle battute sporche che gli arrivavano alle orecchie, ogni tanto buttava giù un sorso dell'alcoolico che aveva recuperato prima di sedersi. Non gli faceva bene ingerire quel genere di sostanze, non prima di parlare al microfono, ma non riusciva a essere coraggioso senza un piccolo aiuto esterno.
Terminati i comportamenti maliziosi, Ivan si preoccupò di gettare lo sguardo sui nuovi arrivati. Erano otto personaggi, a prima vista parevano uguali data la presenza della divisa nera, se ne stavano in fila davanti all'impalcatura e dipendevano dalle parole del Generale.
Uno in particolare.
Ivan non riuscì a inquadrarlo, aveva notato solo dei capelli rossi.
«Ivan alzati, è il tuo turno adesso»
Ariana l'aveva salvato da una figuraccia, per fortuna.
Ivan deglutì e guardò sia Ariana che Giovanni, non era pronto. Lasciò il bicchiere da una parte e si alzò malamente dalla sedia, sentiva che l'alcool mentre gli circolava nel sangue, successivamente si avvicinò al microfono e lo impugnò con delicatezza.
Un respiro.
Poi iniziò a parlare.














   
 
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