Scorre
***
Il
broncio
irritato di Remus cominciava allo spegnersi del ghigno irriverente di
Sirius.
Aveva le labbra
piegate in una perfetta linea orizzontale, Remus, e sarebbe potuto
sembrare piuttosto furibondo, se non fosse stato per lo strano
scintillio che faceva capolino dalle iridi dorate. Neanche il
più
attento osservatore si sarebbe accorto di quel piccolo, ambiguo
particolare, men che meno i Malandrini.
James li stava
osservando con un cipiglio che avrebbe fatto invidia alla
professoressa McGranitt, gli occhi ridotti a due impenetrabili
fessure nocciola. Neanche un minuto più tardi, si
lasciò sfuggire
uno sbuffo noncurante; la matassa nera che erano i suoi capelli lo
rincorse fuori dalla porta, lasciando che un innaturale silenzio
invadesse l'aria tra i due ragazzi rimasti.
«Questa...
questa cosa dovrà restare tra
noi» quasi ringhiò il
rampollo dei Black dopo qualche interminabile minuto. «Era
solo
una... una prova, Moony. Non accadrà
più.»
Quella che a
quel punto si formò sul volto di Remus fu la grottesca
imitazione di
un sorrisetto sereno; la fronte era troppo corrugata, le labbra
intrappolate nella morsa dei denti. «Lo so, Padfoot. Lo
so».
Corredò le sue poche parole con un'amichevole pacca sulla
spalla
dell'amico; le dita indugiarono un istante di più sul
morbido
tessuto che ricopriva il torace di Sirius, beandosi di quel misero
contatto fisico, il pensiero che ritornava, testardo, a quanto era
accaduto prima che James facesse la sua estemporanea comparsa.
Ricordò il rude, frettoloso contatto tra le labbra di Sirius
e le
proprie, l'assurdo schiocco una volta che si erano separati e, l'uno
ansante e l'altro sbigottito, si erano fissati dritti negli occhi,
argento contro oro.
Avevano sedici
anni e mezzo, Sirius imprecava e agiva d'istinto, Remus rifletteva e
si fermava a ricomporre i pezzi del suo cuore.
***
Sirius stava fissando qualcosa oltre il caschetto biondo di Alice Prewett, la lingua che solcava la perfetta linea delle labbra quasi con noncuranza. Avrebbe voluto accendersi una sigaretta, ma una discussione con Moony su quanto si stesse distruggendo con le proprie mani a causa del fumo era all'ultimo posto della sua lunga lista di desideri. Diede dunque un calcio al cumulo di neve formatosi ai piedi della panchina su cui lui e Remus Lupin erano seduti da almeno mezz'ora; sospirò pesantemente. Era dicembre, si rese improvvisamente conto. Era dicembre e lui era a Hogwarts per il suo settimo ed ultimo anno. Aveva diciassette anni, era praticamente un uomo fatto, ma nel cuore mai si sarebbe sentito più bambino. C'era una guerra, là fuori, una guerra che vedeva coinvolta la sua intera famiglia di pazzi e fanatici Purosangue che avrebbe voluto uccidere personalmente. Pregò chiunque lo stesse proteggendo dall'aldilà – suo zio Alphard, magari – di concedergli la forza di combattere fino alla fine, di concedergli la grazia di morire al posto dei suoi amici, che erano quanto di più caro avesse al mondo. Quest'ultimo pensiero quasi lo spinse a posare lo sguardo sul suo vicino; scrollò le spalle, Sirius, e iniziò a canticchiare a denti stretti uno strano motivetto.
Diciassette
anni erano un gran bel traguardo per un lupo mannaro, si era
ritrovato a pensare Remus Lupin mentre studiava di sottecchi Padfoot,
il quale pareva stesse affrontando una battaglia interiore. Aveva poi
affondato il mento nel consunto cappotto marrone, Remus, reprimendo a
stento un brivido.
«Ricomincerà
a nevicare fra poco, penso.»
Il Prefetto di
Grifondoro bofonchiò qualcosa d'inestinguibile, calandosi
ulteriormente il cappello sulle orecchie; Sirius non si scompose.
«In questi
giorni ho riflettuto molto» annunciò
all'improvviso Black, deviando
lo sguardo da Alice Prewett per puntarlo sul mingherlino compagno
d'avventura.
«Ah. Tu
rifletti?»
Sirius si
lasciò sfuggire un improperio, ripescando infine una Lucky
Strike e
infilandosela tra le labbra con aria di sfida. La prima boccata di
fumo finì il suo corso dritta sulla faccia di Remus, che
nella
fretta di evitare la nuvola pestilenziale si era agitato sulla
panchina, sfiorando inevitabilmente Sirius. L'altro si
immobilizzò,
la sigaretta che ardeva debolmente stretta fra indice e medio, e si
rimise in piedi in una frazione di secondo, il tempo necessario a
Remus per risvegliarsi dal lapsus mentale in cui era caduto.
«Farò finta
di non aver sentito. Muovi il culo, Moony. Torniamo al
castello.»
«Ma James...»
«Mi sono
rotto. Andiamo.»
***
«Dobbiamo
smetterla.»
«Solo perché
lo pensi tu, non significa che...»
«Dobbiamo
smetterla, ho detto!»
«Stronzate.»
«Sei un
idiota.»
«Grazie. Bella
scoperta.»
Un mezzo
sorriso, un sospiro profondo.
«Questa
conversazione è illogica. Sei
illogico.»
«Lily Evans è
giunta a questa tua stessa conclusione, uhm, sei
anni fa.»
«Con te non si
può discutere. Me ne vado.»
Si sentì
afferrare bruscamente per un braccio; non poté fare nulla
– non
volle fare nulla – per quello che accadde
l'istante dopo.
L'impatto fu
brusco, molto più dell'ultima volta che si erano incontrati
in quel
modo. Percepì le labbra di Sirius curvarsi in un ghigno
trionfante,
mentre lo sentiva stringersi più prepotentemente contro il
suo
petto.
E lui spense la
mente, semplicemente.
Avevano
diciannove anni, la guerra infuriava e usurava i loro giovani volti e
Remus avrebbe solo voluto scappare lontano. Eppure restò
ancorato a
quel suo presente dagli occhi grigi, ché tanto il resto
– un resto
che aveva le fattezze di un James Potter in abiti da sposo –
avrebbe potuto aspettarli ancora per un po'.
***
Era
accaduto
tutto così in fretta.
Un momento
prima avevano vent'anni, erano membri dell'Ordine della Fenice e si
stavano preparando ad affrontare la morte di James, Lily e di
centinaia d'altri loro amici. Il momento dopo, di anni ne avevano
quasi quaranta e uno di loro si stava innamorando per la prima volta.
Alla fine
avevano davvero smesso,
e non aveva avuto alcuna importanza che uno fosse riuscito a
convincere l'altro a continuare. Il Destino in persona si era messo
tra di loro e li aveva irrimediabilmente divisi.
Più di un
decennio di lontananza gravava tra di loro come una presenza
tangibile, più di un decennio durante il quale uno,
rinchiuso in una
lercia cella, piangeva i morti e si lasciava prosciugare l'anima.
L'altro, alla disperata ricerca di un motivo per non togliersi la
vita, aveva quasi perduto sé stesso nelle eterne notti di
luna
piena.
Dopo più di un
decennio uno aveva riavuto il proprio figlioccio, l'identica copia
del fratello perduto, l'altro sgusciava fuori dalla stanza ogni volta
che Molly gli faceva presente che il tempo stringeva e che avrebbe
dovuto farsi una famiglia prima che fosse stato troppo tardi.
Sirius sprecava
le proprie giornate accomodato sulla vecchia poltrona di Orion Black,
il vino che scendeva copioso lungo la sua gola incatramata; Remus
passava momenti interminabili a guardarlo autodistruggersi davanti ai
suoi occhi, pensando che lo stesse facendo di proposito.
Sirius era più
che consapevole di quei dorati sguardi furtivi, e se
ne sbatteva.
***
«Remus»
chiamò Sirius una sera di ottobre.
La situazione
era immutata; Sirius stringeva maldestramente tra le dita un calice
d'argento colmo di pregiato vino elfico e ne rimestava il contenuto
con studiati movimenti del polso, Remus alternava occhiate tra il
triste paesaggio fuligginoso fuori Grimmauld Place e la chioma
riccioluta del suo vecchio amico.
«Sì?»
gracchiò in risposta Moony, passandosi una mano tra i corti
capelli
prematuramente spruzzati di grigio.
Sirius si
schiarì la voce, la fronte aggrottata. «Sai una
cosa?»
Pensò di
trovarsi ancora su quella panchina bagnata dalla neve.
«Non ho capito
niente.»
Nickname:
Lilies97
(forum), Lilies (Efp)
Carta
scelta: Ho riflettuto molto in questi giorni e sai
una cosa?
Non ho capito niente.
Titolo:
Scorre
Introduzione:
Il momento
dopo, di anni ne
avevano quasi quaranta e uno di loro si stava innamorando per la
prima volta.
Personaggi:
Remus Lupin,
Sirius Black
Genere:
Romantico,
Angst, Malinconico
Note:
nessuna
Avvertimenti:
Missing
Moments, Slash
NdA:
Eh, che dire.
Spero caldamente
di aver centrato i personaggi, di non averli resi OOC o, peggio,
delle ridicole marionette. È stato un esperimento,
dall'inizio alla
fine; che sia riuscito o no, si vedrà.
Devo ammettere
che all'inizio, quando mi sono state svelate le carte, sono andata
nel panico più totale. Ero convinta che non sarei riuscita a
cavare
qualcosa di anche solo vagamente leggibile da nessuna. Alla fine ho
scelto questa carta perché il titolo che ha rappresenta bene
il mio
modo di approcciarmi alle relazioni. Penso, penso, e poi non concludo
nulla.
Comunque, bando
alle ciance...
Spero piaccia a
Writ e ad Alyx (e a chi la leggerà) tanto quanto a me
è piaciuto
scriverla!
Luogo
da NON nominare: Testa
di Porco
Prompt
(da usare): Un
discorso illogico che termina in maniera inaspettata
Personaggi:
Remus/Sirius
Parole
da NON usare: Rassegnazione,
libro, coscienza
Verbi
da NON usare: Tradire,
dormire