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Autore: Merryweather616    19/02/2009    4 recensioni
“Mi ami?” Ecco la prima. Trabocchetto. Dopo la raffica, se fatta bene, la persona era incapace di mentire. “Potrei”
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Ville Valo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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You do?

 

 

 

La mattina arrivò troppo velocemente, sebbene avessi passato il resto della notte a fissare il soffitto inquieta, stare lì al calduccio mi piaceva. Al buio della stanza, in silenzio potevo ancora fare finta che fosse uno strano sogno, che non mi ero davvero sposata con una rockstar finlandese, che il ragazzo accanto a me, che mi stringeva contro di lui, fosse una persona qualunque, conosciuta per caso e per caso condiviso una notte di passioni.

E invece no.

Era un bellissimo e pallido angelo, che veniva da una remota parte dell’Europa, che avevo anche difficoltà a rintracciare sulla cartina geografica, e faceva per qualche strano scherzo del fato, parte della mia vita.

Nei film, i matrimoni a Vegas prendono in considerazione tutta la parte romantica, i sospiri, il divertimento nello sposare uno sconosciuto. Ma poi finisce lì. Dopo arriva la mattina e non si è più indipendenti, bisogna avvisare amici e parenti, trovare i soldi per l’avvocato o cercare in qualche modo di costruire una vita insieme.

E’ difficile, dannatamente disperatamente difficile.

E io già sguazzavo allegramente nelle seghe mentali.

Cosa dovevo fare ora?

Dovevo chiamare mia madre. Almeno lei povera donna, le sarebbe preso un infarto. Era una lesbica convinta, democratica e contro il matrimonio. L’avrei uccisa.

E poi chiamare in ufficio, sicuro volevano sapere com’era andata l’intervista. Cosa gli dovevo dire? Ho sposato l’intervistato. Anzi, mi sono fatta convincere a farlo.

E ora. Lui aveva il suo tour, io il mio lavoro. Inconciliabili. Io vivevo a New York e andarmene era fuori questione. Lui girava il mondo a suonare. Zero futuro.

Però. C’era un però. Stare lì tra quelle braccia magre, guardarlo dormire…era così dannatamente invitante.Non sapevo chi era. Ma volevo, anzi, speravo di avere una vita per conoscerlo, per innamorarmi di lui. Avevamo iniziato al contrario, ma il cuore mi diceva, che, forse questo per me era l’unico modo di legarmi a qualcuno. La logica urlava di dolore per lo sgarbo che le stavo facendo, ma il cuore batteva forse, giocando a bowling con la ragione. E facendo strike.

 

“Svegliati” tentai, togliendo tutte le coperte e lasciandolo nudo. Argh. Difficile resistere, ma dovevo farlo. Prima parlavamo, poi potevamo permetterci di passare a cose più divertenti.

“Che c’è?” chiese stiracchiandosi e cercando i boxer sparsi da qualche parte sul letto.

“Dobbiamo parlare” dissi solenne. Incrociando le gambe e le braccia.”E non sento scuse!”.

Sorridendo si mise sull’attenti, pronto ad ascoltarmi, anche qualcos’altro si stava mettendo sull’attenti, ma cercai di non farci caso.

“Che si fa ora?”

Pensieroso frugò nella sua giacca buttata per terra, ne tirò fuori una sigaretta, l’accese e ma la porse, poi fece lo stesso per lui.

“Ci serviranno” disse.

Stupita. Ero stupita. Come faceva a sapere che necessitavo urgentemente di una sigaretta? Era disumano.

“Allora. Ormai la pazzia l’abbiamo fatta”

Grugnii. Ci voleva un genio per capirlo. Capra, che non era altro.

“Io sarei per provarci, che ne dici?”

Tutto qui?

Provarci.

E tutti gli altri problemi dove li mettiamo? Non siamo nel paese dei balocchi, dissi a me stessa. In realtà non avevo la forza di parlare, la mia parlantina aveva collassato, insieme al mio cuore. Non volevo ammettere che un po’ ci speravo che avesse risposto così. Forse bastavo io a farmi i problemi. Se lui la faceva semplice, e io mi complicavo la vita, magari non sarebbe poi finita così male.

Drin drin.

I nostri cellulari squillarono insieme.

Era Lon. Dannazione.

“Si, si, Lon tutto bene. L’intervista, fantastica, te la mando appena posso.”

Come se ci stesse credendo. Mi chiese senza troppa gentilezza cosa avessi combinato.

“Ehm, niente di che. Mi sono solo sposata. Sai com’è Vegas…un bel ragazzo.”

Inizio a ridere come un’idiota.

“Bella questa Andy, hai sempre avuto una fantasia meravigliosa. Beh, quando ce l’hai pronta mandamela, ci vediamo quando torni.”

Ecco cosa succedeva quando facevi cose pazze, la gente non ci credeva. Sarebbe stato con tutti così, me lo sentivo.

“Babe?” La voce di Ville mi distolse dalle mie urla silenziose.

“Sì?”

“Io stasera ho il concerto, vuoi il pass?” mi chiese sovrappensiero.

“Solo se mi ci fai scrivere sopra Andrea Valo” risposi ridendo. Mi avvicinai e istintivamente gli spostai un boccolo dalla faccia.

“Ovviamente, che altro volevi scriverci?” disse prendendomi il polso, in un gesto possessivo. “Devo annunciarlo ai quattro venti che finalmente anche io mi sono sposato. Ah ah. E con una bella vipera di New York, cinica e antipatica. Era anche ora.”

Mi strinse contro il petto, la sua stranissima risata risuonava nella cassa toracica, scuotendomi. Era contagiosa. Iniziai a ridere anche io.

“Siamo senza speranza lo sai?” gli dissi strusciandomi contro di lui.

“Ce la faremo, mia signora” rispose, mi baciò la fronte. “Abbiamo una vita per conoscerci e tanto tanto sesso da fare. Non avrai pensato spero che non volessi riscuotere i miei diritti di marito vero?”.

“Non attendo altro, mio signore”.

Mi fissò un attimo. Poi controllo qualcosa sul piccolo cellulare che teneva in mano.

“Ah, hanno finito”.

“Finito cosa?”

“Di portare le tue valigie qui!”

Iniziai a ridere di nuovo. Senza speranze, decisamente senza speranze. Soprattutto se ogni minuto che passava mi convincevo, che forse, ma solo forse, la mia cazzata si stava rivelando la più grande figata della mia intera vita.

“Finito a Vegas me ne torno a casa prima di iniziare a registrare il nuovo album.” Disse, buttandola lì con nonchalance.

New York, pensai. Avevo tutto lì. Helsinki, non sapevo nemmeno dove fosse.

“Pensi alla tua città, eh?” mi chiese.

Annuii silenziosa.

“Io…” iniziò. “Ho passato un brutto periodo, molto brutto. Tornare nella mia città mi ha ridato vita. E’ un posto strano, misterioso e gentile. Si fanno cose normali, la vita è tranquilla. La mia famiglia è lì.”. Una lacrima, al pensiero di casa sua, gli sfiorò il volto.

Non mi stava narrando di Helsinki, la sua era una dichiarazione d’amore.

“Mi stai subdolamente cercando di convincere a venire con te a Helsinki?” chiesi.

“Uno sfrutta le carte che ha” rise.

“Ci devo pensare. Devo pensare a tutto” risposi. “New York no eh?” aggiunsi, con un briciolo di speranza.

“Ehm”

“Come non detto!”

Mi avvicinai e lo baciai. “Sei un pezzo di merda lo sai vero? Se riuscirai a convincermi a venire lì, pretendo ore di adorazione della mia persona, intesi?”

Vidi una luce di speranza brillare nei suoi occhi. Era bello a volte far felice qualcuno.

“Adesso andiamo a goderci un po’ Vegas!”

“In realtà volevo presentarti ai ragazzi” disse raggomitolandosi su una poltroncina e accendendosi un’altra sigaretta.

“Ai ragazzi?”

“Si, alla band. Saranno entusiasti di te.”

Si, come no. Sparane un'altra mio bel pinguino della Scandinavia.

 

  
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