Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Tormenta    22/10/2015    5 recensioni
Di ritorno ad Hogwarts dopo la guerra, Draco Malfoy ha cicatrici troppo profonde per essere quello di sempre. A Harry Potter basta poco per accorgersi che non sa accettare la sua assenza nella propria routine. Dal testo:
«Malfoy» chiamò, con voce cristallina e appena tremolante. [...]
«Che c’è, Potter?»
Harry si lasciò sfuggire una microscopica smorfia soddisfatta: per la prima volta da quando erano tornati ad Hogwarts, Malfoy gli aveva parlato. Era un inizio – di cosa, non lo sapeva neanche lui.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter | Coppie: Draco/Harry
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Fuori fuoco'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

1.
 
Dettagli non trascurabili
 
 


 
        Rimettere piede ad Hogwarts trasmise ad Harry emozioni contrastanti.
        Era onestamente felice di potersi considerare nuovamente un semplice studente, di essere in qualche modo tornato “a casa”, e ovviamente di poter condividere quei momenti con Ron, Hermione, Ginny e altri amici ritrovati. Tuttavia, un peso gli si annidò nel petto non appena vide la scuola in lontananza. Gli tornarono alla mente squarci di ricordi della battaglia e, poi, una volta che furono dentro, guardando quei corridoi e quelle scale e quelle stanze, fu colto da una profonda malinconia.
        Esattamente come al binario 9¾, c’era qualcosa di diverso. Qualche dettaglio, forse; oppure un generico nonsoché a cui non era in grado di dare un nome preciso. Ma forse, pensò, se lo stava solo immaginando, ed era tutto dovuto alle ferite della guerra che non si erano ancora ben rimarginate.
        Comunque, immaginaria o meno, quella sensazione non fece che acuirsi nel tempo. E nulla la fece diventare fastidiosa quanto l’episodio che avvenne a pochi passi dalla porta della Sala Grande.
        Gli studenti, chiacchierando rumorosamente tra loro, si riversavano nella Sala a velocità sostenuta, così da poter prendere presto posto ai tavoli per assistere allo Smistamento.
        «Non vedo l’ora che inizi il banchetto. Ho proprio fame», borbottò Ron, lamentoso, mentre lui, Harry e Hermione avanzavano nel corridoio.
        «Anche io!» si unì al coro Potter.
        Hermione, vagamente divertita, alzò scherzosamente gli occhi al cielo. «In effetti, non è che abbiate mangiato dolciumi fino a poco fa. Come potrete sopravvivere all’estenuante attesa?»
        Harry avrebbe riso in risposta all’amica, se solo poco più in là, davanti a loro, non fossero comparsi i membri di una certa cricca di Serpeverde: Pansy Parkinson, Millicent Bulstrode e Gregory Goyle, guidati da Draco Malfoy, stavano infatti lanciando loro occhiate inquisitorie, come volessero studiarli. In pochi istanti, sui volti dei Grifondoro svanì ogni traccia di sorriso.
        Entrambi i gruppi, senza apparente motivo, si arrestarono nel corridoio, intralciando il passaggio di chi sopraggiungeva diretto alla porta della Sala Grande. Tra loro, una distanza cuscinetto di qualche metro.
        Potter si mise inconsciamente sulla difensiva, aspettando che arrivasse la battutina o, alternativamente, l’insulto che di sicuro Malfoy stava per proferire. Ma dovette ricredersi, perché il Serpeverde, sebbene lo stesse chiaramente fissando con una strana scintilla negli occhi, non parve intenzionato ad aprir bocca.
        Quella situazione di stallo si protrasse per quindici, forse venti secondi, dopodiché, quasi con noncuranza, Malfoy interruppe il contatto visivo con Harry e fece un cenno elegante con una mano – non si capì bene se diretto ai Grifondoro, o ai Serpeverde. In ogni caso, riprese a camminare ed entrò in Sala Grande. Senza esitazioni, Bulstrode e Goyle lo seguirono; Parkinson, invece, tentennò: per un attimo parve intenzionata a dire qualcosa, ma si trattenne e si accodò ai compagni.
        Spronati dall’arrivo di altri studenti alle loro spalle, anche i Grifondoro avanzarono.
        «Ci ha graziati tenendo la bocca chiusa. Che gentile», commentò Ron, pungente.
        Harry non poté trattenersi dallo scoccare qualche occhiata verso il tavolo di Serpeverde, a cui Malfoy e i suoi si stavano accomodando proprio in quel momento. «A me è sembrato strano», fece, cercando di tenere a bada il senso di pesantezza sul petto.
        «Magari questo è il suo modo di ringraziare. Sai, per il fatto che gli hai più o meno salvato il fondoschiena ai processi», sbottò ancora l’altro.
        «O magari è solo cresciuto», buttò lì Hermione, che si era presa una manciata di secondi per riflettere.
        Presero posto al tavolo di Grifondoro, mentre Ron alzava le spalle. «Secondo me la teoria del ringraziamento è più credibile».
        Potter sorrise. Avrebbe aggiunto qualcosa a riguardo, ma proprio in quel momento sopraggiunse Ginny, che era arrivata in Sala Grande con i propri coetanei. Si distrasse per salutarla e per farle posto, così che potesse sederglisi accanto, e la conversazione venne dirottata verso altri argomenti.
        «Avete visto il nuovo insegnante di Difesa?» chiese subito la ragazza, spostando lo sguardo verso il tavolo degli insegnanti. Ricordatisi improvvisamente della questione, gli altri fecero altrettanto, individuando piuttosto in fretta il professore a cui era stata affidata la cattedra vacante.
        Si trattava di un uomo, a occhio e croce sulla quarantina, con i capelli scuri ordinatamente pettinati all’indietro. Gli occhi, scuri anch’essi, erano sormontati da sopracciglia folte e inarcate in un cipiglio serio. Stava scambiando qualche parola con Lumacorno e, mentre il collega parlava, probabilmente rispondendo alle sue domande, lui si guardava attorno studiando l’ambiente.
        «Non mi sembra un simpaticone» fu il commento a caldo di Ron.
        «No, infatti», concordò Harry.
        Hermione non si fece impressionare. «Non deve essere per forza simpatico, basta che sia un buon insegnante».
        «Un buon insegnante senza segrete vene omicide o sadiche», la corresse Weasley. In fondo, date le passate esperienze, aveva il diritto di essere sospettoso.
        Ginny ridacchiò. «Non mi sembra un tipo losco».
        «A me un po’ sì», borbottò Potter.
        Alcune speculazioni più tardi, la professoressa e preside McGranitt prese parola, invitando gli studenti a fare silenzio. Dopo un breve discorso introduttivo, procedette a dare il benvenuto al nuovo membro del corpo docenti, invitando con un gesto l’uomo ad alzarsi in piedi.
        «Trovare un degno candidato non è stato semplice», ammise, «ma posso finalmente annunciare che ad Hogwarts è presente un nuovo professore di Difesa contro le Arti Oscure». Sospirando impercettibilmente, fece una pausa scenica. «Vivian Holmwood».
        L’uomo, con un sorrisino di circostanza sulle labbra secche, abbassò lievemente il capo. «Spero che questo possa essere un buon anno», disse, più a se stesso che agli altri.
        La professoressa McGranitt, che si era voltata il necessario per rivolgergli lo sguardo, ribatté con lo stesso tono: «Lo speriamo tutti». Poi, tornando a volgere l’attenzione agli alunni, riprese a parlare per introdurre la cerimonia dello Smistamento.
        Intanto, sottovoce, qualche studente azzardava commenti sull’insegnante che era appena stato presentato. Al tavolo di Grifondoro, Hermione sussurrò: «Non l’ho mai sentito nominare».
        Harry corrugò la fronte. «Neanche io. Il cognome non mi è nuovo, o almeno credo, ma non riesco a ricordare dove potrei averlo già sentito».
        «Magari l’hai letto da qualche parte», mormorò Ginny.
        Mentre Potter ponderava quella possibilità, Ron, che da un po’ aveva messo su un’espressione alquanto perplessa, fece: «Ma Vivian non è un nome da donna?»
        Sulle note di quella domanda retorica tutto sommato superflua, la cerimonia dello Smistamento ebbe finalmente inizio. I nomi iniziarono ad essere sciorinati e i ragazzini del primo anno, a volte intimoriti a volte impazienti, si sottoposero uno alla volta al giudizio del Cappello.
        Gli alunni più grandi, come di consueto, esplosero in applausi e festeggiamenti ad ogni sentenza pronunciata. Harry e gli altri si divertirono: erano fieri del buon numero di ragazzi e ragazze che quell’anno vennero smistati nella loro Casa.
        Solo due volte Potter si distrasse dai mormorii contenti degli amici. La prima fu in occasione dello smistamento di una ragazzina il cui volto gli parve familiare – presto si ricordò che era quella che gli era finita addosso sull’Espresso. Sorrise tra sé e sé e fu felice per lei quando venne assegnata a Corvonero e la vide praticamente saltare di gioia.
        La seconda occasione, al contrario della prima, gli lasciò quasi l’amaro in bocca. Un ragazzino era appena stato smistato a Serpeverde e, tutto impettito, si affrettava a raggiungere il proprio tavolo; ma non fu lui a distrarre Harry. Non direttamente, almeno. Potter seguì infatti l’undicenne con lo sguardo, ma solo per un po’, perché poi la sua attenzione fu catturata dalla figura di Malfoy – forse a causa del siparietto di poco prima, che l’aveva turbato più di quanto non avesse dato a vedere.
        Lo colpì molto che il Serpeverde non stesse esultando per il nuovo acquisto della sua Casa: lo facevano tutti, tranne lui. Non che restasse immobile, o che fosse impassibile – a Harry parve di scorgere quel suo sogghigno strafottente, e lo vide applaudire –, solo non sembrava… convinto. Né tantomeno convincente. Era sottotono, ecco. Gli fece uno strano effetto vederlo così.
        Comunque, non diede troppa importanza alla cosa e non lo osservò neanche tanto a lungo, perché il ragazzino successivo fu smistato a Grifondoro e ciò lo fece tornare a concentrarsi sui festeggiamenti e sul battere le mani sorridendo.
 
 
* * *
 
 
        Il primo giorno di lezioni non iniziò per tutti al meglio, nella Torre di Grifondoro.
        Per qualche ragione, Harry non aveva dormito bene, e questo lo portò a ignorare la sveglia. Si alzò quindi in ritardo, rimproverando i compagni di stanza, assonnati quanto lui, di non averlo chiamato facendogli presente che ore fossero. Comunque, si ritrovò a fare tutto di corsa per non perdersi la colazione.
        Una volta pronto, scese frettolosamente le scale del dormitorio; fece il suo ingresso in Sala Comune tutto spettinato, cercando con gli occhi Ron, che l’aveva preceduto promettendogli di aspettarlo. Lo rintracciò seduto su un divanetto insieme con Hermione, e la scena a cui assistette ebbe il potere di fargli dimenticare l’agitazione per il ritardo.
        Non si avvicinò subito, osservandoli brevemente da lontano.
        «Dovresti mettere la cravatta con un po’ più di cura», stava mormorando Hermione.
        «Se la mettessi con più cura, non potresti farmi notare che l’ho messa male», ribatté Ron, con le guance macchiate da un lieve rossore.
        Lei gli sistemò la cravatta con un gesto veloce. «Ti piace quando lo faccio?»
        Non rispose: si limitò a dedicarle un sorriso, più rosso di prima.
        Anche Hermione sorrise, e a Harry parve uno dei sorrisi più belli che l’amica avesse mai fatto – sapeva che non ne avrebbe mai rivolto uno simile a lui, e andava bene così, perché quello era uno dei trattamenti speciali che riservava a Ron.
        Era davvero molto contento per loro. Senza smettere di guardarli inarcò le labbra all’insù, ma solo un pochino, perché un alone di tristezza lo colse all’improvviso: per un secondo, si sentì escluso.
        Non era assolutamente colpa di Hermione o di Ron. Loro stavano solo vivendo la loro vita e, per altro, erano davvero dei buoni amici – non gli sbattevano in faccia la loro relazione ogni due per tre, né lo tagliavano fuori dalle conversazioni o lo lasciavano da solo per appartarsi. Harry era loro grato per questo. Tuttavia, sapeva che c’erano delle cose che non avrebbero condiviso con lui – non che volesse tutti i dettagli, s’intende. Ma si trattava pur sempre dei suoi migliori amici; avevano condiviso tutto per tanto tempo, e il fatto che non sarebbe stato più così lo demoralizzava un po’. Ogni volta che succedeva, però, si riprendeva molto in fretta: e così accadde anche quella mattina.
        Sul suo viso fiorì un sorriso sincero, mentre avanzava verso Ron ed Hermione. Non avrebbe mai detto loro delle stupidaggini che di tanto in tanto gli passavano per la testa: non voleva rischiare di farli sentire in colpa per sciocchezze simili; non ce n’era alcuna necessità. In fondo, anche lui aveva qualcosa di speciale, qualcosa che non avrebbe condiviso con gli altri – Ginny.
        Già, Ginny. …Dov’era Ginny? Forse era già scesa.
        «Buongiorno, Harry», lo salutò Hermione, scoccandogli un’occhiata divertita. «Bei capelli».
        Potter si passò una mano tra i nodi, «Sì, beh, oggi non ci ho neanche provato, a metterli a posto».
        «Andiamo?» propose Ron.
        «Certo. Colazione», assentì l’altro, affamato, mentre i due si alzavano. «Ginny?»
        «Ci aspetta in Sala Grande. È scesa prima con una sua amica», lo informò Weasley.
        «Oh. Okay».
 
 
        Sulla prima pagina della Gazzetta del Profeta, quella mattina troneggiava un articolo dedicato ai processi di alcuni presunti collaboratori di secondaria importanza del Signore Oscuro.
        Seduto al tavolo di Serpeverde ed impegnato a sgranocchiare del toast, Draco Malfoy si domandò quando tutto quel dannato polverone di udienze si sarebbe finalmente placato. Scorse il trafiletto senza prestare troppa attenzione, almeno fin quando non arrivò agli ultimi righi: su quelli, infatti, tenne a lungo gli occhi puntati, leggendo e rileggendo i nomi lì riportati delle figure di spicco che erano già state processate. Compariva anche il nome dei Malfoy e, tra parentesi, erano specificati quello di suo padre, con annesso un accenno alla sentenza di condanna, e il suo.
        Il suo umore, già abbastanza pessimo di partenza, divenne definitivamente nero. Si liberò della Gazzetta con un gesto seccato, cercando un po’ di sfogo in un lungo sospiro. Nessuno chiese spiegazioni: tutti parvero capire. Anche perché non era l’unico ad essere citato nell’articolo.
        Cercò di distrarsi con una conversazione improvvisata, che però non sortì l’effetto sperato.
        Agli altri tavoli, l’atmosfera era più rilassata: il brano sulla Gazzetta non aveva suscitato crisi di sorta. Tuttavia, parecchi furono coloro che, una volta letto il cognome di qualche compagno sul giornale, lanciarono sguardi curiosi e, in certi casi, anche giudicanti verso i Serpeverde.
        Anche Harry lo fece. In particolare, guardò Malfoy. Solo per curiosità, solo per qualche istante. Lo vide parlottare imbronciato, e aggrottò appena la fronte, perché non sapeva bene come la cosa avrebbe dovuto farlo sentire. Nel dubbio, decise di non sentirsi in alcuna maniera.
 
 
        Quel giorno, le lezioni aiutarono Potter a lasciarsi alle spalle il peso che si portava appresso da quando era rientrato ad Hogwarts. Il susseguirsi delle materie, le spiegazioni degli insegnanti, gli spazi conosciuti delle classi – tutto ciò lo convinse che, dopotutto, quella era ancora la sua scuola, e che non c’era niente di così diverso dal solito. La cosa lo mise quasi di buon umore.
        Sia a lui, sia agli altri sarebbe piaciuto assistere ad una delle lezioni del nuovo insegnante, ma purtroppo non era nel loro orario: Difesa contro le Arti Oscure figurava per la prima volta solo il pomeriggio del giorno successivo.
        Ascoltarono distrattamente l’opinione di chi, appartenendo ad altre Case o ad un anno diverso dal loro, aveva già avuto a che fare col il professor Holmwood. Tutti pareri discordanti; qualcuno aveva preso l’insegnante in simpatia, mentre altri ne parlarono male. Era difficile farsi un’idea. Comunque, quando finalmente giunse il momento di entrare nella sua aula, erano convinti di essere preparati a qualsiasi scenario.
        I Grifondoro e i Corvonero, che avrebbero condiviso quella lezione, presero posto pian piano, mentre il professore scartabellava tra diverse pergamene. Quando sollevò lo sguardo, scandagliò i visi degli alunni con fare serio.
        «Bene, ci siete tutti» furono le sue prime parole, ridotte quasi ad un sussurro apatico. Senza aggiungere altro, con un deciso colpo di bacchetta chiuse la porta dell’aula.
        Harry non seppe bene cosa pensare di quell’inizio, e lanciò uno sguardo d’intesa a Ron che, in tutta risposta, fece spallucce.
        Per qualche lungo momento, nell’aula ronzò un pesante silenzio. Poi, serissimo, l’insegnante ricominciò a parlare – parlò piano, posato; non sottovoce, ma quanto bastava perché gli tutti studenti fossero costretti a non emettere fiato per ascoltarlo.
        «Forse non lo sapete ancora, ma mi piace pensare di essere un esperto di Incantesimi Nonverbali. Siete dell’ultimo anno, perciò sono certo che sappiate già cosa sono, e quali sono i vantaggi e gli svantaggi che comportano. Dovreste anche già saperne lanciare diversi. Qualcuno vuole darmi una piccola dimostrazione?»
        Prima Hermione e poi Padma Patil alzarono una mano.
        Holmwood si riferì alla prima: «Granger, giusto?» e quando la ragazza annuì, aggiunse: «Un incantesimo semplice andrà bene».
        «D’accordo». Con nonchalance, Hermione puntò la bacchetta verso il libro che aveva di fronte e lo fece levitare per qualche secondo.
        «Buona esecuzione», si complimentò l’insegnante, accennando un minuscolo sorriso prima di spostare lo sguardo sulla Corvonero che si era fatta avanti. «Patil. Padma Patil», fece, come a volerla ben distinguere dalla gemella. «Stesse istruzioni: ci mostri un incantesimo semplice».
        Mentre Padma lacerava un foglio di pergamena, Harry si disse che il modo del professore di pronunciare i nomi era proprio particolare. Era quasi come se cercasse di imprimerseli a fuoco nella memoria. E, in effetti, forse era davvero così.
        «Molto bene», ricominciò a dire Holmwood. «Quelli che avete visto e che sapete eseguire sono perlopiù incanti nonverbali di base. Durante l’anno, vi insegnerò ad utilizzare quelli avanzati». Pronunciando quell’ultima frase, sembrò quasi giocare con la bacchetta tra le dita – una bacchetta di legno di tasso. «Per oggi, comunque, ci concentreremo su qualcosa di semplice: la variante nonverbale dell’incantesimo di disarmo. È estremamente utile». Ad ogni sua pausa, il silenzio degli alunni si faceva, per quanto possibile, sempre più assoluto: quel suo sguardo serio, combinato alla pacatezza nel porsi, metteva vagamente in soggezione.
        Invitò i ragazzi ad alzarsi, allontanando i banchi per far sì che non fossero d’impiccio. Dopodiché, con un colpo di bacchetta, richiamò davanti agli studenti un fantoccio – un manichino incantato di legno e stoffa. Aveva occhi e bocca disegnati con uno spesso tratto nero e brandiva una finta arma.
        «Gli incantesimi nonverbali possono essere oltremodo pericolosi, e vorrei sincerarmi delle vostre capacità», fece.
        Diede loro una dimostrazione poi, a turno, li invitò a mettersi alla prova con il fantoccio. Osservò con attenzione ogni studente, dispensando indicazioni e consigli sulla postura, sul livello di concentrazione da mantenere, eccetera.
        Nessuno, a suo dire, ottenne risultati perfetti, soprattutto non al primo tentativo; tuttavia non si dimostrò affatto deluso, anzi, concluse le prove, si definì persino soddisfatto.
        Successivamente, li fece riaccomodare ai banchi e si prodigò in un’introduzione all’argomento delle Sette Oscure.
        Terminata la spiegazione, assegnò loro il compito di approfondire il tema con una ricerca. «Oh, un’altra cosa», aggiunse infine, «documentatevi anche sul cosiddetto maleficio di Finnstock – e niente paura, non è un vero e proprio maleficio. Sono certo che emergerà una discussione interessante». E dopo aver detto ciò, dichiarò la lezione terminata.
 
 
» …


 
Angolo di Tormenta

Eccoci qui. :) Dunque - un nuovo professore. Considerato che quello di Difesa cambia sempre, mi sono detta: "perchè no?", però in tutta onestà ho paura di non saperlo gestire molto bene. Mi impegnerò al massimo per renderlo credibile, ma mi scuso in anticipo per i possibili strafalcioni. (E no, Vivian non è un nome da donna. Cioè, sì, lo è, ma è anche da uomo. Giuro.)
Tra Harry e Draco è calma piatta, per ora. Ci saranno un sacco di giochi di sguardi per un po', ahah!

I titoli dei capitoli avranno tutti un doppio significato - li imposto in modo che dal punto di vista dei personaggi valga solo la parte in rosso, mentre da un punto di vista esterno valga anche la parte "sfocata", che per l'appunto i personaggi non riescono a cogliere. E' stupido? Non so, mi sembrava un'idea carina.

Ringrazio tanto chi ha deciso di darmi fiducia e di seguire la storia! c: Love you all! ♥ Spero che questo primo capitolo non vi abbia delusi. 

Per oggi è tutto! Un bacione,
T. ♪

 
Campagna di Promozione Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felici milioni di scrittori.

(Chiunque voglia aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede)
   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Tormenta