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Autore: SagaFrirry    23/10/2015    1 recensioni
Asteria è un pianeta diviso in 10 territori identici, ciascuno dei quali è governato da un diverso elemento. Questa storia narra le avventure attorno ad un mondo fantastico popolato da creature legate a Luce, Fuoco, Metallo, Terra, Roccia, Oscurità, Acqua, Ghiaccio, Aria ed Elettricità. Per compiere una missione di fondamentale importanza per la sopravvivenza del pianeta, creature estremamente diverse e solitamente rivali dovranno allearsi. Fra difficoltà, risse, assurdità e personaggi strambi, i dieci regni li attendono. Scritto nell'ormai lontano 2011, vede comparire alcune creature della trilogia "città degli Dei" (capitemi..è la mia prima storia, ci sono affezionata!) e tutti (e dico TUTTI) i personaggi presenti in questa storia sono persone reali. Amici, parenti, ex fidanzati..ovviamente modificati a dovere. Li vorrei ringraziare tutti ma non ho molto spazio. Spero vi divertiate, come io mi sono divertita a scrivere.
Genere: Avventura, Comico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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 III

La prima ad arrivare nel palazzo, con la sua chiave gialla, fu Reishefy, la principessa del regno dell’Elettricità. Impaziente, era giunta fino a lì con largo anticipo. Illuminò il proprio lato con le scosse che passavano sulla sua pelle ed esplorò quella parte, segnata e delimitata chiaramente sul pavimento, dedicata all’Elettricità. Quel palazzo non aveva le logge rialzate come dal Signore dell’Est ma era totalmente vuoto. Subito dopo l’entrata vi era una piccola sporgenza, come una tettoia, di cui Reishefy non ne capì l’utilità. Era curiosa di sapere chi fosse entrato dalle altre porte e faceva supposizioni su chi fosse stato il prossimo. Dall’interno tutte le pareti erano identiche, fra finestre e forme. Solo i colori mutavano, in spicchi, sul pavimento colorato in corrispondenza dei diversi regni. Sotto la ragazza c’era il giallo e provava un timore quasi reverenziale all’idea di sfiorare una colorazione differente. Si avvicinò verso il centro, sorpassando la fascia con più luce grazie alla grande finestra, ed osservò tutte le altre zone. Saltellò sul posto, annoiandosi. Con i capelli bianchi a riflessi dorati che guizzavano, cominciò a canticchiare per ingannare il tempo sedendosi e tenendosi i piedi. Ridacchiò al rimbombo della sua voce.

Sentì chiaramente una porta aprirsi, dopo diverse ore di attesa. Subito scattò in piedi, sorridendo.

“Ciao!” urlò.

L’eco le rimbalzò all’orecchio per diverse volte.

“Ciao! Io sono Reishefy, principessa del regno dell’Elettricità!”.

Nessuno le rispose ma la ragazza vide muoversi una figura nella penombra non molti spicchi alla sua destra. Tornò, trotterellando, verso il centro e ricominciò a presentarsi. Finalmente la persona appena entrata si mosse verso la luce della finestra.

“Ciao!” ripeté Reishefy.

“Ho capito!” sbottò la figura “Ciao anche a te…”.

“Come ti chiami?”.

“Thuwey…”.

Il signore del Metallo era alquanto perplesso. Il comportamento della ragazza lo stupiva. Si avvicinò al centro, dove lei si era messa porgendogli la mano. Lui, con un rumore di ferro e catene che sbattono, la fissò lievemente accigliato. L’Elettricità non abbassò la mano ed attese, con un ampio sorriso, di farsela stringere.

“Non ti mordo mica!” sbottò la ragazza.

“Non ne dubito, ma…”.

“Ed allora la buona educazione vuole che ci si stringa la mano quando ci si conosce! Oppure per la tua razza è differente? Allora…piacere, io sono Reishefy!”.

“L’ho capito…sono Thuwey…”.

Si strinsero la mano e l’abitante del Metallo la ritrasse all’istante, bestemmiando. Gli aveva dato la scossa. Lei parve davvero mortificata.

“Non mi era mai successo…scusa!” mormorò, tenendosi la punta delle dita sulle labbra.

“Bah…non fa niente, và!” brontolò Thuwey, stringendosi la mano dolorante e sentendo ancora la scossa che gli attraversava ogni parte del corpo.

“Sembra divertente…” parlò una terza voce.

“Per niente…” sibilò Thuwey.

“Posso provare? Io sono Mattehedike”.

La Roccia non ebbe la stessa reazione quando gli fu stretta la mano, anzi ridacchiò per il solletico. Il Metallo fissò entrambi, ritornando alla sua solita espressione lievemente minacciosa. Aherektess, principe del regno dell’Aria, entrò dalla finestra ed atterrò dolcemente sul pavimento azzurro chiaro. Si sistemò le piume con cura, guardando solo di striscio le altre persone nella sala. Uno dietro l’altro, entrarono nel palazzo senza dare tempo a Reishefy di salutarli e farsi salutare come voleva. Arrivò Idisi per il regno della Terra, che si fermò a metà del suo spicchio, senza dare troppa confidenza. Enki, spaventata dalla situazione, non si mosse dal porticato che stava sull’ingresso. Kassihell, rappresentante del Fuoco, guardò tutti di sottecchi, senza parlare. Stessa cosa fece l’abitante del ghiaccio, avvolto in un pesante mantello con cappuccio ricoperto della neve del suo mondo. Efrehem, appena entrato, salutò educatamente e si mosse verso la luce della finestra, fermandosi in quel punto, con le mani dietro la schiena.

“Manca solo il rappresentante dell’Oscurità…” mormorò, rincuorato dall’idea di non essere l’ultimo arrivato, e per interrompere il silenzio.

“Veramente io sono già qui…” parlò una voce.

Lo spicchio dell’Oscurità non aveva luce, non potendo entrare nessun tipo d’illuminazione dalla finestra. Lehelin, essendo del tutto fatta di ombra, non si poteva vedere ma, avvicinandosi al centro, rifletté con gli occhi argento la poca luce che la colpì. Si fermò, per non riceverne altra.

“Allora ci siamo tutti…” disse la Luce.

“Tranne il padrone di casa” aggiunse Kassihell.

E proprio in quel momento, come se fosse stato chiamato, il centro della stanza si alzò ed iniziò ad apparire il Signore dell’Ovest, sempre tutt’uno con il pavimento come il gemello dell’Est.

“Che bello! Sembra una grossa gelatina!” esclamò Reishefy.

Tutti la fissarono più che sconcertati da quella frase, compreso il Signore dell’Ovest.

“Sei bellissimo…posso toccarti?” continuò la ragazza.

Il padrone di casa rimase per un attimo immobile, senza rispondere, ma poi annuì, quasi sorridendo.La principessa dell’Elettricità allungò le mani e si mise a ridere, soddisfatta.

“Sembra davvero una grossa gelatina! Un’enorme caramella gommosa! È una sensazione stupenda! Toccatelo anche voi!”.

Ritrasse le mani quando notò gli sguardi di rimprovero degli altri. Le incrociò dietro la schiena e sussurrò uno “scusatemi” imbarazzato. Il Signore dell’Ovest ridacchiò divertito e si guardò attorno.

“Venite tutti quanti vicino a me” ordinò, notando come Enki e l’Oscurità fossero rimaste piuttosto indietro rispetto al resto del gruppo.

Lehelin si mosse, stringendo leggermente gli enormi occhi per adattarsi alla luce. Enki ci mise un po’ di più, spaventata com’era, ma alla fine raggiunse la sua postazione.

“Sedetevi” continuò l’Ovest.

“Per terra?” domandò Efrehem, stupito da quel comando.

“Sì. Sedetevi” fu la risposta.

Tutti si sedettero, notando come le distanze fra loro fossero piuttosto ridotte.

Il Signore li fissò, ruotando solo la parte superiore del suo corpo informe. Era identico al suo gemello, l’Est, con gli occhi che variavano continuamente di colore e luminosità, tranne per il fatto che l’Ovest era a spicchi colorati come il pavimento da cui emergeva.

“Sono lieto di vedervi. Siete stati puntuali, questo è importante…” iniziò, con voce bassa e vibrante “…come importante è la missione che vi apprestate a compiere. Prima di spiegarvi ogni cosa, vorrei che ognuno di voi si presentasse. Dovrete passare diverso tempo assieme e credo che il modo migliore per iniziare sia proprio imparare a conoscersi. Chi vuole iniziare?”.

Kassihell stava per obiettare. Solo l’idea di perdere tempo con giochetti idioti ed infantili lo irritava.

“Io! Inizio io!” si propose Reishefy, alzando la mano.

“Non avevo dubbi al proposito…” borbottò Thuwey.

“Prego…” acconsentì il Signore dell’Ovest, con un lieve cenno del capo traballante.

“Beh…ciao a tutti, io sono Reishefy. Sono la…non so…credo la ventesima figlia di Taranis, il re dell’Elettricità…”.

A quelle parole più di qualcuno si guardò con strani sorrisetti ed ammiccate, come a dire “si dà da fare il caro Taranis…”.

Reishefy non notò quelle facce e continuò il suo racconto. Si era alzata in piedi, con le mani dietro la schiena e la coda arricciata, attenta ad incrociare lo sguardo di tutti per verificare se le prestavano ascolto ed attenzione.

“…ho sedici anni e sono stata scelta per questo viaggio perché sono la più forte”.

“La più forte in cosa?” ridacchiò Aherektess.

“Se vuoi ti tiro una scossa nel culo e poi me lo dici tu…” sibilò lei, di risposta.

La principessa, sicura delle sue capacità, non aveva portato con sé alcun’arma. Le bastava la sua energia. Appoggiò le mani lungo i fianchi e sorrise, mostrando a tutti l’elettricità che scorreva fra i capelli bianco-dorati e la pelle nera. L’abito che indossava, dello stesso colore di capelli e unghie, era composto da ritagli di stoffa zigzagati e cuciti assieme. Era in due pezzi, con la gonnellina che le arrivava al ginocchio, con guanti coordinati che però lei aveva tolto. La ragazzina era molto minuta, quasi del tutto priva di forme femminili, scalza ma, assicurò, con le scarpe nello zaino.

Il Signore dell’Ovest le fece segno di sedersi e guardò Aherektess, sullo spicchio a fianco. Seduto a gambe incrociate sul suo colore azzurro, si alzò di malavoglia. Lehelin lo osservava con una strana espressione che nessuno volle interpretare, diversa dall’odio totale che trasmetteva Kassihell.

Vestito quasi del tutto di blu scuro, in tinta con i suoi capelli, una canottiera aderente e decorata con piccole fasce argento abbinata alle scarpe con suole alte e brillanti, guardò tutti con gli occhi rossi piuttosto accigliati. Mise le mani nelle tasche dei pantaloni neri, che avevano una specie di strascico che partiva dalla cintura. Una sorta di coda artificiale, forse per volare più agevolmente.

“Io sono Aherektess, gemello del regnante dell’Aria e figlio del defunto Denerìs. Gli amici mi chiamo Arek, per facilitare le cose. Darò io l’eventuale permesso a voi di fare lo stesso. Ho trentun anni e sono qui per mia scelta. Mio fratello Zameknenit non ha potuto obbiettare”.

Nessuno volle approfondire quella frase, notando l’espressione non proprio amichevole sul suo viso dalle guance scavate.

“Mi avevano detto che eri in coma…” parlò Thuwey.

“È così. Lo ero. Ma ora sono sveglio, e non ne voglio parlare” accompagnò quella frase con un’occhiataccia malvagia verso Kassihell, che contraccambiò.

“Voli?” squittì Reishefy.

“Come, scusa?” si stupì il principe.

“Puoi volare con quelle braccia?”.

“Sì. Sono entrato volando…”.

“Scusa…non l’avevo notato. Sono molto belle le tue piume” sorrise lei e lui azzardò un “grazie” borbottato, tipico di chi non si aspetta di sentirsi dire una frase del genere.

“Interessanti le tue armi…” notò, invece, l’abitante del regno del Metallo.

Il principe dell’Aria portava due spade identiche, leggermente ricurve, fissate sulla schiena da due fasce in cuoio scuro, i cui pomoli brillavano di luce azzurrina. Aherektess apprezzò molto quel commento e sorrise sinceramente al suo futuro compagno di viaggio. L’alto rappresentante dell’Aria si sedette e subito si alzò l’abitante del Ghiaccio.

Tolse il cappuccio e tutti i maschi presenti rimasero piacevolmente stupiti. La slanciata figura incappucciata era una bellissima ragazza bionda, con grandi occhi azzurri e forme prosperose.

“Salve a tutti” disse, sorridendo “Io sono Hanjuly, potete chiamarmi Han, o July, principessa del regno del Ghiaccio. Ho venticinque anni e sono qui perché mio fratello, Igorhay, il prescelto per questa missione, al momento della partenza ha fatto cambio di nascosto con me. Volevo davvero partire e poco mi importa se i miei genitori disapprovano”.

Con le mani infilate in candidi guanti di velluto, stringeva il largo colletto di pelo del lungo mantello bianco, come bianco ero lo spicchio in cui stava e gli alti stivali, anch’essi con risvolto in pelo, che calzava. Non era molto vestita sotto quella coltre pelosa, che le ampliava le spalle con lunghi ciuffi candidi. Indossava pantaloni corti azzurro pastello, col pelo bianco ai bordi, e una canottierina semitrasparente che lasciava intravedere un top bianco con decori lucidi. I capelli biondi, raccolti in una lunga treccia, le ricadevano sulle spalle morbidi, lungo tutta la schiena. Sorrise, con le labbra dipinte di una tonalità pallida di azzurro, lasciando andare la collanina con la pietra scura che indossava, e mise le mani nello zaino chiaro, senza guardare. Ne estrasse un bastone non molto lungo, che lei strinse con entrambe le mani. Chiuse gli occhi e lo girò sopra la testa, come una majorette, e ne spuntarono due lame trasparenti, a formare una sorta di cerchio.

“Questa è la mia arma” spiegò lei, con orgoglio “Ha la lama simile al ghiaccio. Roteando fra le mie mani, ti taglia in due!”.

Lo mosse rapidamente, facendo sobbalzare dallo spavento la rappresentante dell’Acqua che stava sullo spicchio accanto al suo. Hanjuly, dopo quella piccola dimostrazione, richiuse la sua arma semplicemente schiacciando un bottone senza colore e la ripose nello zaino. Sbatté i tacchi degli stivali fra di loro, con fare militare, e lasciò la parola a colei che stava sullo spicchio blu confinante al suo, quello dell’Acqua. Enki, vedendo che tutti gli occhi erano su di lei, arrossì dalla testa ai piedi e si rannicchiò, chinando la testa.

“Non avere paura!” tentò di rassicurarla il Signore dell’Ovest “Presentati. Come ti chiami?”.

“Io…io sono Enki” balbettò.

Stringeva le mani palmate fra loro, con nervosismo. La pelle, che sfumava verso il blu, quasi si perdeva sullo spicchio. Non aveva il coraggio di reggersi in piedi, consapevole di essere piccina anche se ritta in tutta la sua altezza. Continuò a guardarsi i piedi scalzi, anch’essi palmati, con la cresta rivolta all’indietro. Era vestita di verde smeraldo, con un abito brillante lungo fino a terra, a scaglie lucenti come la pelle di chi lo indossava, allacciato sulla spalla sinistra. Sulla destra aveva una tracolla in tinta con il vestito. Respirava a fondo, tentando inutilmente di non agitarsi troppo.

“Sono Enki…” riprese, dopo qualche minuto di silenzio “…e sono la principessa del regno dell’Acqua. Ho diciotto anni e…non so perché sono qui. Non volevo. Ma i miei genitori non hanno voluto sentire ragioni e perciò…eccomi”.

“Qual è la tua arma?” domandò Reishefy.

“Io…io non ho un’arma. Non so assolutamente combattere. Ma sono brava ad usare la magia del mio elemento. Mi arrangerò con quella…”.

“Dobbiamo farti da guardie del corpo?” sbottò Kassihell, arricciando il naso.

Lei non rispose. Gli occhi azzurri, tondi, leggermente sporgenti, da pesce, fissarono l’abitante del mondo del Fuoco quasi con supplica. Nessuno disse più nulla e si voltarono verso la rappresentante dell’Oscurità. Questa, seduta con i piedi dai tratti incerti rivolti verso il punto di principio del suo spicchio nero, mosse solo leggermente i grandissimi occhi argento. Era pura ombra, piccola e minuta, senza contorni chiari, con lunghissimi capelli fumosi ed in continuo mutamento, come nebbia. Accanto a lei si intravedeva uno zaino monospalla di colore nero, piuttosto piccolo rispetto a tutti i bagagli degli altri. Con le braccia che la sorreggevano e la schiena leggermente rivolta all’indietro, non si alzò in piedi ma si rizzò, incrociando gambe e braccia.

“Io sono Lehelin” parlò “Ho ventitré anni e sono la figlia di Ozymandias. Direi che non mi serve aggiungere altro”.

“Perché sei stata scelta tu?” incitò a proseguire il padrone di casa.

“Lo devo ancora capire. Ma l’idea di partire mi piace”.

“Tu non hai armi. Immagino che le doti di incantatrice, di cui tanto si favoleggia sul tuo popolo, siano il tuo aiuto…” azzardò Thuwey.

“Direi di sì. Non solo quelle. Avrai modo di vedere come combatto, ad ogni modo. Mi diverte…”.

A parlare, poi, fu l’abitante del regno della Roccia. Si alzò, divaricando leggermente le gambe e tenendo le braccia muscolose incrociate. Non era molto alto ma piuttosto massiccio. La sua pelle era, a tratti, dello stesso marrone dello spicchio in cui si trovava. Questo perché si era ingrossato leggermente, forse per auto-incoraggiarsi, ed ora braccia e petto, coperto solo da un piccolo gilet con motivi scozzesi come i pantaloni, presentavano tratti con spuntoni ed aree di roccia di colore sfumato fra il grigio e il marrone. Anche lui scalzo, sorrideva orgoglioso, mentre Lehelin gli fissava, incuriosita, il codino moro e le corna rivolte all’indietro. Disse di avere la stessa età della principessa dell’Oscurità ma fu interrotto quando affermò di essere il “campione scelto dal re”.

“Un campione?” si stupì Kassihell “Intendi dire che non fai parte della famiglia reale?”.

“No. Sono un guerriero del mio regno, non un principe” confermò Mattehedike.

“Finalmente! Mi sentivo fuori posto circondato da soli principini viziati e principesse da proteggere!” esclamò Thuwey, sorridendo.

“Ma come sarebbe a dire?!” riprese il principe del Fuoco“A me è stato detto che solo un componente della famiglia reale poteva prendere parte a questa missione!”.

“Beh…evidentemente ti han preso per il culo!” lo sfotté Aherektess, gongolando.

“Maledetto bastardo traditore! Mi sentirà quando tornerò a casa!”.

“Sicuro di non essere stato tu a capire male? Si sa che voi di Fuoco brillate di fiamma ma non di intelligenza…” ghignò il principe dell’Aria.

“Senti un po’, piumino ambulante, vuoi che ti spiumi?”.

“Provaci, fiammifero spettinato!”.

Kassihell scattò verso il suo avversario, ed Aherektess era pronto a contrattaccare ma il Signore dell’Ovest aumentò di dimensioni e mostrò tutto il suo disappunto, facendoli tornare ai loro posti.

“Tornando a noi…” sbottò, poi, il padrone di casa “…dove eravamo? Credo tocchi a lei, gentildonna della Terra. Si presenti, e perdoni questa interruzione imprevista. Questo se Mattehedike non ha altro da aggiungere…”.

“Con cosa combatti?” parlò Hanjuly, senza aspettare la fine del discorso.

“Con questi” rispose il rappresentante della Roccia, stringendo i pugni.

“Interessante…” commentò la principessa del Ghiaccio, apprezzandone la muscolatura e fissandolo negli occhi scuri con aria maliziosa.

“Ora posso presentarmi?” sorrise la Terra, notando il silenzio.

“Prego, madama. Non ho altro da aggiungere” la Roccia le fece un lieve inchino e passò il turno.

Lei si alzò, staccandosi dal suo spicchio verde brillante. Era alta, anche se non come Hanjuly, e guardò tutti con grandi occhi giallo paglierino. L’Oscurità non la guardò, infastidita dal riverbero dell’abito dorato e piumato che portava. I lunghi capelli verde scuro li aveva decorati con una piccola coroncina di fiori, che non appassiva grazie alla vena di linfa che scorreva lungo la schiena della donna. L’abito in oro, con pietre e piume variopinte, era abbinato a polsini di uguale fattura ed un paio di sandali alti a lacci incrociati. Accentuava le sue forme già piuttosto evidenti.

“Io sono Idisi” si presentò “Ho trentaquattro anni, sono la maga di fiducia dei reali della Terra. Non sono qui per mia volontà ma perché il destino mi ha scelto. Vedremo cosa avrà in serbo per me…”.

Fra le mani verde chiaro stringeva una sorta di grosso remo in legno.

“Questa è la mia arma” spiegò, prima di sentirsi rivolgere qualsiasi domanda “E vi assicuro che fa molto male se sbattuto contro uno dei vostri testoni”.

Guardava soprattutto i maschi della compagnia, in particolare quelli che stavano per picchiarsi.

Tornò a sedersi senza aggiungere altro, sorridendo con le sue labbra dello stesso colore dei capelli. Aherektess non ebbe il coraggio di chiederle quale bestia avesse spiumato per farsi il vestito, temendo di sentirsi rispondere che provenivano dalle braccia del suo popolo alato.

“Bene, bene, bene…a quanto pare tocca a me!”.

Il rappresentante del Metallo stava seduto in modo decisamente scomposto e si rizzò in piedi lentamente, quasi controvoglia. I capelli neri, lunghi fino al ginocchio, frusciarono sullo spicchio argento mentre il loro padrone si alzava, accompagnato da un forte rumore di catene. Portava un cappotto lungo fino ai piedi, nero, che scopriva in parte petto e spalle, permettendo di vedere l’aderente maglia a collo alto che portava sotto, anch’essa di colore nero. Il cappotto, stretto in vita da un’ampia cintura e con larghe maniche, era pieno di catene ed anelli di metallo. Ovviamente aveva tutti gli spazi necessari per lasciare scoperti gli spuntoni metallici del corpo dell’uomo. Le gambe erano interamente protette da un’armatura argento, la stessa che ricopriva gli stretti e lunghi piedi del suo padrone, terminante a punta. Era il più alto del gruppo, probabilmente sfiorava i due metri d’altezza. Pareva quasi una statua, con quella pelle grigia.

“Io sono Thuwey” ghignò, alzando il colletto del cappotto ed agitando leggermente le lunghe orecchie a punta “Farò trent’anni fra non molto e sono il capitano delle guardie della regina del Metallo. Sono un orfano, a differenza della maggior parte di voi che è nato e cresciuto ben coccolato, e quindi sono pronto ad affrontare ogni situazione. Ho dovuto lottare per ottenere qualsiasi cosa nella mia vita e non avrò certo problemi a farmi un giretto per Asteria, anche se i miei compagni di viaggio sarete voi”.

Mattehedike non disse nulla, pur sentendosi leggermente offeso, avendo avuto anche lui un’infanzia per nulla semplice. Kassihell lo fissò con odio ma non parlò, ripetendosi che era suo alleato.

“Le tue armi?” si limitò a commentare Lehelin.

“Se avrò modo di usarle, ne rimarrete piacevolmente stupita, damigella d’Ombra”.

Si sorrisero, con cenni d’intesa, apprezzandosi gli stili a vicenda.

“Mio alleato…a te la favella!” concluse il Metallo, guardandolo con occhi ramati e tornando a sedersi in modo decisamente poco elegante e senza grazia, fra un forte rumore di catene e ferro.

“Io sono Kassihell. Non appioppatemi nomignoli scemi, tipo Kassy o Helly, perché mi fan andare in bestia” iniziò il Fuoco, rimanendo inginocchiato sul suo spicchio rosso.

Non era molto alto, alla pari della Roccia, e nemmeno grosso. Il suo sguardo, però, era sicuro, minaccioso ed incuteva rispetto, oltre che timore. Di certo era estremamente sicuro di sé e delle sue capacità, non a torto.

“Sono sposato” continuò “Ho tre bambini, due maschi ed una femmina. Sono un trentaseienne e sono qui perché mi ci hanno costretto. Non avrei mai voluto allontanarmi dalla mia famiglia”.

“Questa è una cosa interessante…” parlò Efrehem.

“Cosa? Cosa è interessante?” domandò il Fuoco, senza capire.

“Non collegavo, fino ad ora, l’elemento che rappresenti all’amore per la famiglia…”.

“Non so dove tu voglia arrivare, piccoletto, ma ti consiglio di dosare per bene le parole. Tipiche del mio elemento sono di certo l’aggressività, l’irascibilità e tutto il resto…”.

“Non siamo qui per litigare!” mise le mani avanti l’abitante della Luce e Kassihell si rilassò leggermente, pur rimanendo perennemente accigliato.

Era vestito in rosso, con una maglia semplice, grezza, a maniche larghe, aperta a V mostrando alcuni guizzi delle fiamme tatuate su tutto il corpo del suo proprietario. Un laccio della stessa tonalità, ma più scura, la chiudeva, incrociandosi. Lunga fino alle ginocchia, la maglia era stretta in vita da una cinta ampia, in stoffa, di colore nero al quale era agganciata una splendida Katana con elsa e fodero rosse e oro. Il Metallo guardava quella spada come un bambino ammira il giocattolo nuovo ma non disse una parola. Kassihell, però, notò quello sguardo e la sfoderò, permettendogli di venerarla. Thuwey gongolò, facendo apprezzamenti sulla fattura della lama.

“Belli i pantaloni” commentò Reishefy.

“Grazie. Li ha fatti mia moglie” rispose il Fuoco.

Erano neri, con ampie tasche, e dal ginocchio in giù portavano decori fiammeggianti che sfumavano dal giallo-oro al rosso cupo. Erano molto larghi e coprivano quasi tutti i piccoli piedi di Kassihell, infilati in sandali ad infradito di colore scuro.

“Certo che potevi anche pettinarti…” sibilò l’Aria.

“E tu potevi anche stare a casa. Tanto sei inutile…e fastidioso!”.

“Mai quanto te!”.

“Potete evitare di ricominciare?!” interruppe l’Ovest “Lasciate che l’ultimo di voi si presenti”.

L’ultimo rimasto era Efrehem, sul suo spazio dorato, che si alzò inchinandosi con profondo rispetto.

“Sono Efrehem. Ho da poco compiuto ventiquattro anni. Mio nonno è Friedrik, il re del regno della Luce. Come Enki, non sono un guerriero. Sono un principe, un principino. Sono stato scelto perché, oltre ad un ottimo uso delle arti magiche legate al mio elemento, rappresento ciò che di più importante è legato al mio mondo: la sapienza. Verune possono sembrare le mie parole, vacue. Ma vi posso assicurare che ho tentato di approfondire ogni aspetto possibile della Grande Madre Asteria. Ammetto e confesso di non aver mai messo piede fuori dal mio palazzo prima del giorno in cui incominciò il viaggio che mi ha condotto qui. Non saprei da che parte iniziare se qualcuno di voi mi ordinasse di impugnare una qualsiasi arma ed usarla ma vi posso assicurare che in tutto il reame della Luce non c’è maggior rappresentante di quell’elemento di me. La Luce non è solo quella della stella del giorno. La Luce che io possiedo è quella della conoscenza e…”.

“Abbiamo capito! Quanto parli!” lo interruppe Kassihell, ridacchiando.

“Sì, infatti. Abbiamo capito…” aggiunse Thuwey “…sei un topo di biblioteca! Sai a memoria libri su libri, cose su cose, ma non sapresti difenderti nemmeno da un animale insignificante ed innocuo come quello che fa le uova per la mia colazione!”.

“Bella questa!” rise Kassihell, ed i due uomini si sorrisero, prima di darsi il cinque reciprocamente.

Efrehem non rispose a quella provocazione. Strinse i pugni. Sapeva di non poter spaventare nessuno con la sua corporatura gracilina e la bassa statura. Per non parlare degli enormi occhi arcobaleno, di cui in quel momento prevaleva il verde.

“Certo che…se sapevo che mi toccava fare da babysitter, nemmeno mi muovevo da casa!” protestò il Fuoco, notando con fastidio di essere il più vecchio del gruppo.

“Se sei vecchio di certo non puoi farcene una colpa!” sbottò Aherektess.

“Tu oggi le prendi, sai?” gli ringhiò contro Kassihell.

“Sicuro di farcela? Magari i reumatismi…” rimbeccò l’Aria.

“Basta…” sospirò il Signore dell’Ovest.

Tutti fecero silenzio e poi il padrone di casa sorrise, soddisfatto.

“Ora che vi siete presentati, posso illustrarvi nei dettagli la vostra missione” disse, con impeto.

 

†††

 

Tutti seduti in cerchio, più o meno composti, i rappresentanti dei vari regni ascoltarono le parole del Signore dell’Ovest, alzando la testa verso l’alto perché questi si era notevolmente ingrandito, forse per darsi maggiore enfasi.

“Chi di voi usa regolarmente la magia, si sarà accorto che qualcosa è cambiato. Non è più come un tempo. Più debole, meno gestibile e con un prezzo sempre più alto da dare in cambio, la magia si sta contaminando, mutando, liberandosi dal nostro controllo” parlò l’Ovest.

Molti dei presenti annuirono.

“La magia è strettamente legata ad Asteria ed a tutti i suoi abitanti. È un pianeta delicato, equilibrato ma fragile. Malato dall’interno. Dato che è il mondo su cui viviamo, è di estrema importanza guarirlo al più presto”.

“Bene! Come si fa?” esclamò Kassihell, impaziente come sempre.

“Purtroppo né io né il mio fratello dell’Est abbiamo la risposta esatta a questa domanda. Ma sappiamo come farci guidare”.

“Faremo il necessario. Si era parlato di un viaggio per Asteria…” si intromise Reishefy.

“Le tue informazioni sono esatte, principessina elettrica. L’unico modo per farci dare il giusto suggerimento per salvare Asteria, è raggiungere tutti i luoghi proibiti del pianeta. Lì sono custoditi degli oggetti fondamentali per l’evocazione”.

“I luoghi proibiti?!” si allarmò Enki “Ma non sono pericolosi? Insomma…saranno proibiti per un motivo…oppure no?”.

“E, soprattutto…” sbottò il Fuoco“…non può ognuno andare nel proprio regno, prendersi l’oggetto proibito e venire qua? Staremmo molto di meno così…”.

“Fosse così semplice, figlio delle fiamme, avrei incaricato i vostri sovrani di farvi giungere qua già con gli oggetti fra le mani. Ma non è di certo così. Ogni luogo proibito necessita la presenza di creature di altri regni, estranee a quello in cui risiede. Non sono in grado di dirvi molto di più, sono proibiti anche per me ed il mio gemello”.

“Ed in base a cosa potremmo entrarci noi??!!” esclamò Thuwey.

“Una profezia” rispose l’Ovest, guardando Efrehem “Una profezia, scritta secoli e secoli fa, dice che i maggiori rappresentanti magici dei vari regni possono accedervi. È evidente che un gruppo come il vostro si viene a creare solo in casi d’emergenza”.

“Cosa otteniamo con questi oggetti? Evochiamo cosa?” si informò Idisi.

“Una volta raccolti tutti gli oggetti, potrete evocare la Grande Madre Creatrice, colei che ha generato Asteria Ere fa. Solo lei saprà dirci come aiutarci”.

“La mia regina mi ha spiegato che, forse, la colpa è delle creature di sanguemisto nate dall’unione di abitanti di regni diversi…” parlò di nuovo Idisi.

“Non possiamo esserne certi, ma con molta probabilità è così. Questi esseri usano l’energia di Asteria in modo diverso, impuro. E questo comporta notevoli sconvolgimenti nel delicato equilibrio del pianeta in cui viviamo”.

“E non basterebbe eliminarli?” sbottò Kassihell.

“Se non sbaglio, Taranis aveva proposto la stessa cosa e ti risponderò allo stesso modo: no! Innanzi tutto perché non sono sicuro che sia del tutto colpa loro. E poi alla Creatrice non piacerebbe di certo. Inoltre, se queste creature sono molto forti come temo, uccidendole creeremmo solo un ulteriore squilibrio. Meglio andare sul sicuro, se mi permettete il termine”.

“Cosa dobbiamo aspettarci all’interno delle zone proibite?” si informò Aherektess, ricordandosi tutte le storie spaventose che gli raccontavano da piccolo su quei luoghi.

“Non ve lo so dire. Di certo non sarà una passeggiata la vostra…siete stati scelti per questo! Siete i più forti, i più preparati, i migliori del pianeta. Se riuscirete a viaggiare assieme in modo produttivo, senza uccidervi a vicenda per intenderci…” e guardò Fuoco e Aria “…allora sono sicuro che tutto andrà per il meglio”.

“Sì ma se la Creatrice ci affida, poi, altro da fare? Tipo andare a sacrificare l’unicorno magico o il folletto dispettoso?” azzardò Kassihell.

“Noto una certa ironia nelle tue parole…” borbottò il Signore dell’Ovest, alzandosi ulteriormente e ripiegandosi sopra il rappresentante del Fuoco fino quasi a sfiorarlo.

“Certo che c’è dell’ironia” sbottò il Fuoco, con una smorfia “Io non ho mai usato la magia, ho sempre combattuto e vissuto con le mie forze e le armi. In quanto agli Dèi…non ho mai fatto particolare affidamento su di loro”.

“Quindi cosa proponi? Di stare lì fermo a guardare?” si stupì Efrehem, trovando inconcepibile l’idea di non usare la magia.

“Piuttosto che questo teatrino di santi e maghi…”.

“Io, secondo te, da cosa sono composto?” domandò il Signore dell’Ovest.

“Gelatina, forse, come disse Reishefy. Energia, aria colorata…non lo so…”.

“Magia! Io vivo grazie alla magia stessa del pianeta!”.

“E tu stai bene, quindi sta bene anche il resto del Mondo!”.

Erano quasi tutti sconcertati da quei discorsi.

“Dici, forse, che la magia non esiste?” continuò il padrone di casa.

“Dico che, forse, ne posso fare anche a meno!”.

“E come credi di sopravvivere al Fuoco del tuo regno?”.

“Non ha niente a che fare quello con la magia. Si chiama evoluzione…ed il sapiente nanerottolo della Luce dovrebbe saperlo meglio di me. Il mio corpo, e quello degli abitanti del mio regno, si è adattato per vivere nel suo elemento. Magia o non magia. Come quello dell’Aria ha sviluppato le ali, quello dell’Elettricità la capacità di sopportare le scosse che gli danno energia eccetera…”.

Efrehem non poté fare a meno di annuire, concordando con la tesi del Fuoco.

“Tuttavia…” volle aggiungere l’abitante della Luce “…non posso non sentire il forte legame che ho con Asteria e la forza che lei mi dà. Ed ho percepito l’indebolimento di questa forza. Se poi tu non la usi è un’altra faccenda. Questo pianeta vive grazie agli equilibri della magia e quindi, se questi venissero a mancare, lentamente morirebbe”.

“Io ho notato che il Ghiaccio è più debole, più fragile…non è che per caso hai notato che anche il Fuoco ha dei problemi?” suggerì Hanjuly.

Kassihell rimase in silenzio, per qualche istante, pensando alla più grande montagna del suo regno le cui eruzioni non erano da tempo quelle di una volta. Annuì, con scarso impegno.

“Quindi siamo d’accordo tutti quanti che dobbiamo fare qualche cosa. Tutto il pianeta è in pericolo e prima partite meglio è!” tuonò l’Ovest, gonfiandosi, stanco delle chiacchiere.

“Quindi, se ho capito bene, dobbiamo partire, raggiungere ogni singolo luogo proibito di Asteria, uno per regno, raccogliere l’oggetto in esso custodito e poi evocare la Creatrice?”.

“Esatto. Lei ci dirà cosa fare e, qualunque cosa sia, la faremo per salvare Asteria”.

“Wow…dobbiamo salvare il Mondo!” ironizzò Thuwey, tentando di far sorridere i presenti, preoccupati da ciò che avrebbero dovuto affrontare.

“Scusi ma…come possiamo tutti noi andare per i regni assieme? Io, ad esempio, abitante del Ghiaccio, come posso entrare nel mondo del Fuoco?”.

“Siete un gruppo. Vi aiuterete a vicenda. Ricordate che, alla fine, dovrete esserci tutti quanti, tutti e dieci, per portare a buon fine l’evocazione. Perciò vi conviene sopravvivere e far sopravvivere gli altri! Tentate di fare le persone adulte!”.

Il tono di voce dell’Ovest era decisamente infastidito, stufo e non abituato alla gente.

“Ma come? Saremo noi a fare l’evocazione? Pensavo ci pensaste voi fratelli…” si stupì Efrehem.

“No. Ci penserete voi. Qui c’è scritto tutto ciò che vi serve. Buona fortuna”.

Il padrone di casa tagliò corto. Sparì, rientrando nel terreno, ed al suo posto, al centro della stanza dove si incrociavano tutti gli spicchi, apparve un grosso libro dalla copertina sciupata.

 

†††

 

Gli sguardi dei presenti si rivolsero tutti verso Efrehem, rappresentante della Luce.

“Che c’è?” sbottò il ragazzo “Voi non sapete leggere?”.

“Hai detto tu di essere il saggio ed il sapiente. Fai il tuo lavoro!” rispose Aherektess.

Efrehem prese quel grosso libro fra le mani e lo aprì, cautamente. Aveva notato quanto fosse antico e temeva di rovinarlo. Sospirò. La lingua in cui era scritto era molto vecchia e complicata. Borbottò qualche parola nella lingua delle creature della Luce ed abbozzò una traduzione.

“Non mi sembra molto chiaro, come libro…”.

“Dice da quale elemento deve partire il viaggio?” domandò Idisi ed Efrehem scosse il capo.

“Parla per enigmi” spiegò “Ed è piuttosto complicato da tradurre…come potete vedere è scritto nel linguaggio antico, quello che ha dato vita alla lingua universale di Asteria che tutti noi parliamo”.

“Per fortuna! Altrimenti, se ognuno parlava solo la lingua del suo popolo, come ne uscivamo?” constatò Hanjuly, con il suo accento duro sulle occlusive.

“Concordo. Ma, ad ogni modo, se ci è stato dato quel libro sarà per una ragione, no? Oppure è solo decorativo?” disse Mattehedike, incrociando gli occhi davanti alla strana scrittura sui fogli.

La Luce lesse fra sé alcune pagine e tentò di riassumerne il contenuto.

“Illustra alcuni passaggi, come una specie di avvertimento su ciò che potremmo scatenare se rompiamo l’equilibrio. È piuttosto catastrofico…ma riguardo alla nostra missione non dice praticamente nulla se non che servono dieci elementi per evocare la Creatrice”.

“Fantastico! Un libro inutile! Se possiamo partire da dove ci pare, allora partiamo! Cosa stiamo aspettando?” sbottò Kassihell.

“Ci vuole un po’ di criterio, non trovi?” lo bloccò Idisi.

Il Fuoco sbuffò, Reishefy con lui, ed incitò tutti quanti a darsi una mossa.

“Per prima cosa direi che bisogna stabilire una rotta” iniziò Efrehem “Avete tutti una piantina del vostro regno?”.

Tutti annuirono e la estrassero.

“Molto bene” continuò Efrehem “Potremmo iniziare dal punto proibito più vicino e poi procedere per ordine…che ne dite?”.

“E chi stabilisce qual è il più vicino? Queste piantine son tutte in scale diverse” fece notare Thuwey.

“Io ho un’idea!” esclamò Idisi, sorridendo “Io sono una maga e porto sempre con me le carte. Ho un mazzo in cui ci sono tutti gli elementi qui presenti, rappresentati ciascuno da un colore diverso. Posso mescolarle, lanciarle in aria e vedere quale carta sarà quella in cima, quella non coperta da nessun’altra. Così facendo sarà il destino a decidere…”.

“Non è un metodo molto logico ma…può andare” acconsentì Efrehem e gli altri annuirono.

La Terra iniziò a mescolare le carte, dopo aver mostrato a tutti di averne una per elemento, e le lanciò in aria. Ricaddero dolcemente, quasi cullate da una forza sconosciuta. Alcune si sparsero lontane rispetto alle altre, la maggior parte rimase coperta, rivolgendo il lato neutro ai presenti. Non ci furono dubbi su quale fosse l’elemento prescelto. La carta più in alto, scoperta e predominante, era quella nera dell’Oscurità.

Lehelin non si mosse, infastidita dall’idea di tornare già da dove era scappata, mentre Idisi riponeva le carte con cura, legandole.

“E che Oscurità sia!” confermò Reishefy, felice nel vedere che le cose andavano avanti, ansiosa di partire e muoversi.

“Un momento!” fermò tutti quanti la Luce, notando che più di qualcuno già si alzava dal proprio spicchio “Non sarebbe il caso di nominare un leader? Un capo, insomma…l’apri fila!”.

“Giusto” concordò Kassihell “E dal momento che sono il più vecchio, direi che il capo sono io!”.

“Non se ne parla! Se comandi tu, io torno a casa!” protestò Aherektess.

“Infatti! Chi lo dice che devono sempre comandare i più vecchi? Io sono giovane, dinamica e piena di energia. Tutte qualità che deve avere un leader!” squittì Reishefy.

“Ma se sei nata ieri?!” la derise Mattehedike “Un capo dev essere paziente, calmo, forte e determinato. Tutte cose in cui io sono il campione, come rappresentante della Roccia!”.

“Mi permetto di dissentire” interruppe Idisi “In quanto a pazienza e calma, noi della Terra vi battiamo di sicuro, mi spiace”.

“Una donna non può fare il capo!” rise Aherektess.

“E questo chi l’ha stabilito, piccione dipinto?” si arrabbiò Hanjuly, alzandosi ed incrociando le braccia, offesa.

“Se volete il migliore a combattere, di sicuro quello sono io” affermò Thuwey, rimanendo seduto, apparentemente tranquillo.

“Non farmi ridere!” sibilò Mattehedike ed il Metallo si alzò, punto nell’orgoglio, quasi ringhiando. Enki notò, allarmata, che stava mutando d’aspetto, aumentando la superficie metallica su di sé.

Efrehem sospirò. Si pentì di aver pronunciato la frase che aveva scatenato tutto quel caos, ma era necessario avere un capo. Guardò Lehelin, rimasta seduta con l’espressione di chi ha la testa altrove, ed ebbe un’idea.

“E se ci dessimo i turni?” propose.

Tutti si fermarono, smettendo di urlarsi contro od insultarsi, e lo fissarono con aria interrogativa.

“Il primo regno in cui andremo sarà l’Oscurità, perciò sarà Lehelin a guidarci. Sarà lei il capo. Nel dominio successivo, sarà il rappresentante di quel regno a fare il leader. Che ne dite?”.

“Mi sembra un’idea sensata” annuì Idisi, dopo alcuni attimi di silenzio, senza aver perso la sua proverbiale calma nemmeno per un istante.

“Allora è deciso. Principessa Lehelin, a lei il comando. Il viaggio comincia!”.

Con un inchino, Efrehem parlò, dopo un profondo respiro per prepararsi all’assenza totale del suo elemento, ed i dieci si portarono sullo spicchio nero. Lehelin si alzò lentamente, controvoglia, e fece strada. Spalancò la porta del suo regno ed il buio avvolse il gruppo.

   
 
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