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Autore: Winter78    26/10/2015    1 recensioni
NG [Teddy/Victorie Rose/Scorpius Lily/Lysander and co.]
Teddy/Victorie
♣♣♣
Un amore perfetto
I genitori non si scelgono. I figli non si scelgono. Lei e Teddy Lupin si erano scelti a vicenda, e andava bene così.
♣♣♣
Un amore acerbo
Quando faceva un test, doveva solo rispondere a delle domande. Domande semplici, di cui conosceva la risposta. E se sbagliava? Be’, se sbagliava un test, non era la fine del mondo. Ma quando l’errore lo commetti nella vita reale, quella sì che era la fine del mondo.
Genere: Generale, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri | Personaggi: Famiglia Malfoy, Famiglia Potter, Famiglia Weasley, Nuovo personaggio | Coppie: Rose/Scorpius, Teddy/Victorie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Un amore acerbo ~ Waiting


In tutta la sua breve vita, Maddeleine Stevens non aveva mai pensato di poter detestare tanto una persona. Soprattutto se quella persona era il suo pseudo-fidanzato. Ma osservando la pozione nella boccetta brillare di luce verde*, giunse alla conclusione che Fred Weasley Jr. andava castrato.
Madde aveva da sempre saputo che quel ragazzo non fosse un tipo esattamente sveglio, ma le piaceva per questo; le piaceva perché era lei la mente tra i due. E Fred il braccio. E, cavolo, le braccia ce le aveva eccome. Un corpo possente. Un corpo che aveva occupato più della metà del materasso, quando avevano fatto sesso per la prima volta. E quelle braccia che l’avvolgevano… oh, quelle braccia…
Alt”, si disse Madde, “in teoria io dovrei essere incazzata nera con lui. Mi ha rovinato la vita con il suo stupido cazzo”.
Tornò a posare lo sguardo sulla pozione. Niente. Nulla era cambiato. Era sempre di quel fastidioso verde accecante. Sebrava quasi un semaforo, come se dicesse, con fare ammiccante e provocatorio “oh, sì, bella. Quel semino è passato eccome”.
«Il mio lumino da notte della ragione si è preso una vacanza», sbuffò Madde, sedendosi sulla tazza del gabinetto. Si guardò attorno, osservando il bagno del dormitorio femminile di Corvonero. Avrebbe passato ben tre mesi del suo settimo anno in stato interessante? Come avrebbe fatto a mantenere il segreto, soprattutto con Roxanne, sua migliore amica nonché sorella del padre del bambino. Cristo, come faceva strano anche solo pensarlo. Fred, proprio quel Fred, padre. Lo stesso Fred che non sapeva prendersi cura nemmeno di una pianta grassa. Lo stesso Fred che in quel momento, a vent’anni, lavorava ai Tiri Vispi Weasley insieme al padre, George Weasley.
Perché insieme ad un George, deve esserci sempre un Fred.
Questo le aveva detto durante una delle lore brevi chiacchierate, impregnate di tensione, sessuale e non.
Maddeleine non si reputava una ragazza attraente. A diciassette anni, poteva definirsi accettabile solo dopo aver passato minuti interi a truccarsi, pettinarsi e improfumarsi. Non sapeva neppure perché piacesse a Fred. Non aveva un corpo che ispirava desiderio; i fianchi erano troppo larghi, il seno troppo grande rispetto alla pancia piatta ma molliccia. Era vero: Madde giocava nel ruolo di Cacciatrice nella squadra di Corvonero, ma il Quiddith non ti dona un fisico perfetto. Al massimo un paio di chiappe sode.
La ragazza ritornò ad osservare la fragile boccetta che si era portata nel bagno. Niente. La pozione continuava a brillare di luce verde. Forse, se l’avesse lasciata lì, le sue compagne di stanza l’avrebbero scoperta, così non avrebbe dovuto confessare nulla che già non sapessero.
Magari la pozione su di lei non funzionava davvero. In fondo aveva parenti Babbani, forse avrebbe dovuto provare con un test babbano. Ovviamente chi mai potrebbe aver un test di gravidanza in una scuola di Magia per minorenni? E Madde non era certa di poterlo Materializzare. In quel momento, non ricordava nulla di Leggi di Trasfigurazioni o di cose simili.
“Forse è come le fasi del lutto. La prima qual è? Disperazione? Accettazione? Ah, fa niente. Faccio di testa mia.” Come al solito.
Si alzò dalla tavoletta, tirandosi su la gonna della divisa. Sollevò la camicetta bianca, arrotolandola sul seno, lasciando scoperti il ventre con accenni di smagliature ed il reggiseno verde scuro.
Le vacanze di Pasqua erano finite da poco, e lei aveva visto Fred durante la sua permanenza alla Tana. Che era stata… due? Forse tre settimane prima? Addirittura quattro?
Durante la sua permanenza, Dorie Lupin, la primogenita dei coniugi Lupin, aveva sin da subito colpito Maddeleine. Lei aveva sempre desiderato una grande famiglia, ma mai avrebbe potuto calcolare il quando questo suo dolce desiderio si fosse avverato.
Si portò una mano al ventre, cominciando a tastarlo con delicatezza. Era vero, quel piccolo fagiolino che probabilmente era dentro di lei aveva infranto il suo sogno di lavorare al San Mungo come Medimaga, ma la Corvonero non lo odiava per questo.
“Non è colpa sua”, pensò ragionevolmente Madde.
Fred non aveva usato il preservativo, e Madde nessun tipo di precauzione. Il ragazzo era convinto che un incantesimo contraccettivo sarebbe bastato. Contro la propria volontà, la ragazza sorrise al ricordo. Le aveva detto che voleva godersi il momento che aveva tanto aspettato.
Il suo sguardo salì dal proprio ventre al viso. Un viso tondo, ancora non del tutto da donna fatta e finita. Una lacrima comiciò a formarsi in prossimità delle ghiandole, appannandole la vista all’occhio sinistro. Cosa avrebbe pensato la sua famiglia? Ovviamente sapevano che aveva perso la verginità a sedici anni, cosa di cui lei stessa non andava estremamente fiera, ma quest’ultimo avvenimento… nessuno tranne lei poteva saperlo. A chi dirlo per primo?
Madde era, ed è, quel tipo di persona che agisce e basta. Che dice sempre cosa pensa. E anche quella volta lo fece.
Uscì dal bagno, senza curarsi di gettare la pozione nel water. Afferrò un pezzo di pergamena a caso dal comodino di Lydia, una sua compagna di dormitorio. Cercò freneticamente una piuma e una boccetta di inchiostro. Raccattò una piuma spennacchiata e malandata, ma che bene o male scriveva ancora. La boccetta d’inchiostro che trovò, invece, era stata lasciata aperta, e buona parte del contenuto era secco. Intinse la punta dura e luccicante della piuma nell’inchiostro, ma si costrinse a farla rimanere lì. Cosa avrebbe potuto scrivere a Fred? “Ehi, ciao. Sai che non sai fare incantesimi contraccettivi, vero? Sorpresa!”. Ehm… no. Era da scartare.
Forse qualcosa di diretto? “Sono incinta. Fanculo stronzo, ora sono cazzi amari.”. Neanche questo… non era nel suo stile.
Madde gettò un’occhiata esasperata ai post-it sulla bacheca nel dormitorio. Aida, un’altra delle sue compagne di Dormitorio, era una specie di accumulatrice compulsiva. Ogni avviso, ogni novità, ogni singola foto ed ogni singolo bigliettino, doveva essere attaccato sul muro/bacheca. Sarebbe stato divertente vedere le facce perplesse delle sue amiche, vedendo un bel foglio con su scritto a caratteri cubitali “MADDE ASPETTA UN FIGLIO WEASLEY LOL”. L’idea la stuzzicò, ma forse non era il caso. Però questo le aveva dato l’idea. Si avvicinò rapidamente alla bacheca dalla cornice blu e argentea e iniziò a frugare tra i foglietti, facendone cadere alcuni a terra.
«Ah, eccolo!», esclamò, quando finalmente recuperò il piccolo foglietto, su cui sopra vi erano dei numeri. O meglio, delle date. Ogni anno, le gite ad Hogsmeade seguivano quell’ordine. Madde sperò che quell’anno non facesse parte di un’eccezione. Fece scorrere il dito sulla carta giallastra, cercando le cifre corrispondenti ad aprile. Ah, ecco! 14/04. Ed era un’uscita già fatta, ricordò la Corvonero.
La sua unghia smaltata di nero scese di un’altra data, lasciando segni quasi invisibili sulla carta. 30/04.
«Cioè fra… cinque giorni?» realizzò.
Maddeleine si piegò, incollando di nuovo i fogli che aveva fatto cadere, compreso quello con le date. Si premurò di metterlo davanti a tutto. Sarebbe servito ricordarsi di qualche data, soprattutto se Fred avesse accettato di incontrarla, ogni tanto.
La giovane si avvicinò al basso comodino, passando davanti ad uno specchio, la vista periferica che le restituiva solo un’ombra pallida dalla chioma scura. Controllò l’orologio; le sue compagne sarebbero tornate tra due ore, per poter posare i libri e recarsi a pranzo. Poteva fare con calma.
Si accovacciò sui talloni, stirò la pergamena sulla superficie piana e legnosa del comodino e scrisse il biglietto con la data, il luogo e la scritta “URGENTE” per Fred.
Maddeleine sperò che al ragazzo importasse abbastanza di lei, per rispondere alla sua richiesta.


Madde credeva che la parte difficile fosse dire ai suoi genitori che sarebbero diventati nonni. Ma, come a dir la verità sospettava, la parte più complicata era dirlo ai suoi amici e ai suoi due fratelli.
Aveva deciso di radunarli tutti nel dormitorio femminile del settimo anno di Corvonero, in modo da potergli mostrare la pozione.
Nella stanza vi erano la Grifondoro Roxanne Weasley, le folte sopracciglia inarcate, le braccia incrociate sotto il seno prosperoso e lo sguardo irritato, come se non gradisse il fatto di aver saltato il pranzo per qualcosa che non riteneva importante.
Lydia Gold, una delle conquiline del dormitorio, scoccava occhiate nervose in direzione di Aida, che più che curiosa sembrava ferita, mentre osservava la bacheca disordinata.
Victor e Rupert Stevens, i due fratelli gemelli dodicenni di Madde, erano comodamente stravaccati sulla brandina della sorella. Infine, le bionde sorelle Castle, Martha e Lilith, erano sedute a gambe incrociate per terra, con le teste piegate di lato e le mani sulle ginocchia, in una posa talmente simile da essere inquietante.
Una volta che tutti furono entrati, Madde non lasciò loro il tempo di far domande. Si diresse a passo veloce verso il bagno, prese la boccetta con la pozione e la portò nella stanza, poggiandola su fi un comodino.
Rupert, il fratello Serpeverde, inclinò il capo, confuso. «Una pozione. E allora?» chiese, perplesso.
Martha strabuzzò gli occhi, guardando la sua sorella gemella e compagna di casa, Lilith. «È… quello che pensiamo?», domandò poi, in direzione dei presenti.
Maddeleine annuì. «Sono incinta.» annunciò.
Le reazioni nella stanza furono tra le più svariate: Victor, il gemello Corvonero, scoppiò a ridere, come se sapesse che quello era solo uno scherzo. Rupert guardò stralunato la sorella, una sguardo simile a quello dei fratelli Scamandro. Lydia si avvicinò alla pozione, come ad esaminarla. Roxanne si accasciò su di una branda. Martha fece di meglio: svenne.
Fu solo allora che Victor smise di ridere. «Quindi… non stai scherzando…?», e alla risposta negativa della primogenita Stevens, spalancò la bocca.
La rossa Lydia le rivolse uno sguardo circospetto, come se non sapesse se crederle o meno.
«Dobbiamo… dobbiamo dirlo a mamma e papà!», esclamò Rupert, i capelli castani che ricadevano sugli occhi del medesimo colore, infinitamente più chiari di quelli della sorella.
Maddeleine annuì, le lacrime che le pungevano gli occhi. Guardò con timore Roxanne, che intanto aveva aiutato Lilith a sollevare la sorella su di una branda.
A Madde, l’elegante dormitorio non era mai sembrato tanto stretto. Le tende argentee sembravano sbiadite, le lenzuola blu e i bauli variopinti parevano spenti, le pareti bianche soffocanti. E lei non potè fare altro se non rimanere lì impalata, dinanzi alla porta del bagno. Persino le finestre le mostravano la malinconica immagine di un cielo coperto da nuvole bianche e informi, le foglie, sia brune che verdi, che venivano trasportate in modo brusco dal vento impetuoso che soffiava nel periodo di aprile.
«Chi è il padre? Ti hanno stuprata?! Io lo uccido... chiunque sia.», disse piatta Roxanne.
Madde non voleva farle pena; fu così che si decise a sedersi sul suo letto, di fianco ai fratelli. «Al padre, lo dirò fra cinque giorni, durante la gita di Hogsmeade. Gli ho già mandato un messaggio… si tratta di Fred.» ammise poi, evitando di guardare la sua migliore amica, nonché la zia del bambino.
«Fred? Intendi… Fred Weasley?» sussurrò Aida. La Corvonero dai capelli color castagna rivolse il suo sguardo indagatore in direzione di Madde. Quest’ultima annuì, il disagio e la tensione che la opprimevano.
Quando finalmente alzò lo sguardo in direzione di Roxanne, vide che le braccia non erano più conserte, ma abbandonate lungo i fianchi, le mani strette a pugni. «Per quale cazzo di ragione non me l’hai detto?!», ringhiò «Tu… tu non mi hai detto… che sei andata a letto con mio fratello!? La mia migliore amica…» si poteva leggere l’incredulità nei suoi occhi nocciola.
Forse era la consapevolezza di averla delusa, forse erano gli ormoni, o più probabilmente la situazione in sé, Madde iniziò a piangere e singhiozzare.
Si era autoconvinta di poter essere forte, di riuscire ad affrontare la situazione con disinvoltura. Ma dinanzi alle facce delle sue amiche e dei suoi fratelli, tutti quei buoni proposito erano andati in fumo. E quando sentì la porta del dormitorio sbattere, seppe che la sua migliore amica l’aveva abbandonata.

Madde trovò il coraggio di scrivere la maledetta lettera ai suoi genitori solo la sera di quello stesso giorno. L’avrebbe affidata ad un gufo a caso, l’indomani.
Nemmeno in quella lettera riuscì ad essere formale. Poche righe in cui spiegava tutto. Poche righe in cui pregava Katherine e Maurice Stevens di aspettare la sera del trenta aprile, per contattare i Weasley. Sapeva che l’avrebbero ascoltata, o almeno, sperava. In quelle poche righe, fece intendere che lei quel bambino voleva tenerlo, non le importava. Non lo avrebbe rifiutato, nemmeno se Fred le avesse detto che non voleva avere niente a che farci in quella folle situazione. Scrisse che magari potevano Materializzarsi ad Hogsmeade, che avrebbero potuto portare un test babbano, se volevano esserne sicuri.
Scrisse, firmò, ed arrotolò la pergamena, poggiandola sul comodino.
Rivolse uno sguardo alle sue compagne addormentate: Lydia aveva aspettato fino all’ultimo per addormentarsi. Avevano parlato, o meglio, sussurrato tanto, quella sera. Madde le aveva raccontato tutto e l’amica l’aveva pazientemente ascoltata, intervenendo ogni tanto con qualche domanda.
Maddeleine si stese, tirandosi su le coperte. Si ritrovò a pensare che la vita non era come nei libri; non provava nessun impulso materno verso il suo grembo, che in realtà le sembrava ancora vuoto come quello di una rana.

I giorni passarono. Troppo velocemente, secondo Maddeleine. Era terrorizzata all’idea di incontrare Fred. La risposta del ragazzo era arrivata il giorno dopo l’invio del biglietto. Le era sembrato scritto di fretta, la calligrafia disordinata di Fred ancora più disordinata del solito.
Guardando anche le altre prepararsi per l’uscita, non poteva nemmeno fingere con sé stessa. Doveva andare. Oltre ad un obbligo, era un dovere. Si vestì pesante e comoda, con felpa, jeans e scarpe da ginnastica, la cui suola era consumata per l’uso.
Si truccò con minuziosa attenzione. Voleva giocarsi tutte le sue carte, per convincerlo a tenere il bambino. Naturalmente il suo giudizio le importava, ma, come già deciso giorni prima, l’avrebbe tenuto lo stesso.
La risposta dei suoi genitori era arrivata, ma Maddeleine non aveva avuto il coraggio di srotolare quella pergamena. Quindi era rimasta lì, nel suo cassettone, sigillata.
Durante quei quattro giorni, Roxanne l’aveva evitata come se avesse il Vaiolo di Drago. E Madde l’aveva odiata per questo. Lei sarebbe rimasta al suo fianco, sempre e comunque. Era vero, lei e la Weasley avevano caratteri diversi. Non per niente Maddeleine era finita in Corvonero, la casata del vecchio saggio, e Roxy in quella degli orgogliosi e testardi leoni. Lydia, Aida e le gemelle Castle, dopo lo shock iniziale, si erano dimostrate comprensive, e si erano addirittura offerte di piantare la loro uscita in asso per accompagnarla da Fred. Madde aveva accettato di buon grado, a patto che una volta arrivata l’avessero lasciata da sola con lui.
«Non metterti tutto quel correttore, Madde, stai benissimo così.», la richiamò Aida, passandole di fianco.
«Soprattutto se ti viene mal di testa e devi metterti gli occhiali, lo sai che poi si fa il segno», le fece eco Lilith, la voce che rimbombava dall’interno dell’armadio in cui la parte superiore del suo corpo era scomparsa, probabilmente alla ricerca di qualcosa.
Madde mise giù il pennellino, convenendo che in effetti ne aveva messo troppo. Non fece nemmeno in tempo a dirigersi verso il bagno per prendere un po’ di carta, che Martha le fu affianco, sorridente e con l’oggetto desiderato fra le piccole mani dalle unghie appuntite e lilla. «Non affaticarti. Ecco, tieni» le disse, mentre le porgeva il rotolone.
Madde alzò gli occhi al cielo, ma fu Lydia a dar voce ai suoi pensieri: «Ragazze, non trattatela come se fosse invalida. È solo incinta.» le rimbrottò la riccia, mentre si sistemava il lucidalabbra con i polpastrelli «molto probabilmente ci starà odiando in questo preciso istante».
Maddeleine sorrise in modo teso «Non vi sto odiando, anzi. Sono consapevole che questa è la vostra prima… esperienza?».
Lydia incurvò le labbra color pesca «non sforzarti di essere dolce, ‘Leine. Ritorna ad essere la ragazza pazza e spiritosa che eri. Il bambino non si offende.».
Maddeleine rise nervosamente. «In questi giorni sono un po’…»
«Nella merda?», propose Aida.
«Fottuta?» rincarrò la dose Lilith, che era finalmente uscita dall’armadio, in mano una sciarpa azzurra.
«… scombussolata», concluse Madde, appunto, scombussolata.

Il trenta aprile 2023, era forse uno degli aprile più freddi nella storia degli aprile freddi. Il vento non dava tregua, e a volte era difficile sentire quando una persona parlava a voce troppo bassa. Il gruppetto che si apprestava verso i Tre Manici di Scopa, invece, sembrava non essere intimorito da quelle folate, talvolta improvvise.
Madde controllava convulsivamente l’orologio, sperando che almeno quella volta Fred fosse puntuale. L’appuntamento era alle 11:00, fuori dai Tre Manici di Scopa.
Ad accompagnare la ragazza, vi erano le sue compagne di dormitorio, come promesso, Victor e Rupert e Colin Canon Jr., il ragazzo Serpeverde di Aida.
«Potete lasciarmi qui» esclamò Madde «diamine, dovrà arrivare, prima o poi.»
«E se ti ha dato buca?» domandò Colin, beccandosi un calcio negli stinchi da parte della sua ragazza. «Che c’è?!» urlò indispettito lui, mollandole la mano «Era una semplice costatazione!»
Madde s’impose di non incurvare le spalle.
Lydia lo fulminò con i suoi penetranti occhi azzurri «Taci, Canon.»
Rupert e Victor, invece, si posizionarono ai lati della sorella maggiore, come due guardie del corpo. Erano alti quasi quanto lei, cosa che, diciamocelo, è un duro colpo per l’autostima di una diciassettenne.
Si fecero le 11.15, e di Fred nemmeno l’ombra. «Aidaaa», si lamentò Colin «dai, perlomeno entriamo. Sto gelando.». Per tutta risposta, la sua mora ragazza gli lanciò uno sguardo della serie: “lamentati di nuovo, e non te la farò nemmeno annusare per i prossimo tre mesi”. Questo lo zittì.
Poco dopo, finalmente, una figura possente e tutta incappucciata si Materializzò vicino una baracca poco lontana. Fred Weasley portava uno spesso giubbotto marrone dai gusti discutibili. Il pantalone della tuta era sgualcito, i fili che penzolavano. Portava degli scarponi pesanti e dello stesso colore del giubbotto, i lacci ben stretti. La sciarpa era rigorosamente rosso e oro, i colori dei Grifondoro, come se non avesse mai lasciato la scuola.
Lydia afferrò subito la mano di Madde e la strinse con forza, quasi conficcandole le unghie nella carne. Martha e Lilith, invece, si misero dietro di lei, Martha che poggiava le mani sulle spalle di Victor, facendolo arrossire.
Quando Fred arrivò dinanzi a lei, i suoi occhi scuri scrutarono il gruppetto. Poi, sorrise. «Cavolo, Madde. Sembra quasi che si stiano apprestando a difendenderti da una bestia pericolosa».
Victor stroncò sul nascere un’acida battuta. Il più alto del gruppetto era Colin, ma nonostante questo, era più basso del Weasley di una spanna. Il cuore di Maddeleine iniziò a galoppare. Cercò di controllare il proprio respiro, ma non ci riusciva. Era un’emozione troppo immensa ritrovarselo davanti. Si girò verso i suoi accompagnatori «Ci vediamo dopo?», disse, senza nascondere una punta di tensione nelle sue parole. Aida le sorrise incoraggiante, Lydia le baciò una guancia e le gemelle Castle trascinarono via i fratelli Stevens, che a quanto pare non ne volevano sapere di lasciare la sorella maggiore da sola.
Dopo un’attimo di silenzio, Madde sorrise nervosamente. «Sei… sei venuto» osservò.
Fred le prese la vita e l’attirò a sé, chinandosi per sussurrarle all’orecchio «Non usare questi termini con me…», la guancia di lui che sfiorava il pircing sulla cartilagine di lei.
Madde chiuse gli occhi, lasciandosi andare ad un sospiro.
“Non mi vorrai più come prima” pensò, aggrappandosi alle forti braccia di lui. Le tastò «Ti sei dato alla palestra, vedo.», rise.
Il ragazzo dalla pelle mulatta sbuffò, modellando un sorrisino compiaciuto sulle proprie labbra. Poi la baciò.
Madde assoporò quel bacio come se fosse stato l’ultimo mai ricevuto da lui, cosa probabilmente vera. Si staccò. «C’è una cosa importante che dovrei dirti», disse, i suo modi improvvisamente più bruschi. Si staccò da lui, gli prese la mano e lo trascinò dentro i Tre Manici di Scopa. L’ex Battitore la lasciò fare, anche se era alquanto perplesso.
Senza troppe cerimonie, lo fece sedere su di uno sgabello a caso, per averlo alla sua altezza.
“Via il dente via il dolore”, pensò Maddeleine.
«Mi hai messa incinta.», disse, la voce calma e misurata. Solo i tremori delle gambe e delle mani tradivano il suo nervosismo. Si prese qualche istanto per osservare il maggiore dei figli di George Weasley; i capelli color mogano scuro erano scompigliati e gli ricadevano sulla fronte e sulle orecchie, gli occhi scuri e caldi, occhi che potevano farti sciogliere. La pelle mulatta della sua grande mano era in netto contrasto con quella pallida della piccola mano smaltata di lei. Madde poteva quasi scorgere i peli del naso di lui, per quanto stesse dilatando le narici.
Fred le lasciò andare la mano, per potersi scompigliare i capelli, già di per sé poco ordinati. «Perché ho come l’impressione che tu stia scherzando…?», domandò.
«Non sei mai stato molto deduttivo» fu la risposta di lei. Cercò nervosamente con lo sguardo Lydia e gli altri, ma c’erano troppe persone e lei era troppo tesa. Tornò a rivolgere la propria attenzione al ragazzo sconvolto che sedeva di fronte a lei. Un pensiero orribile si fece spazione nella sua mente.
«Sei andato con un’altra? Stai con un’altra?», volle sapere.
Fred fece scorrere lo sguardo sulla figura di Maddeleine, fino a fermarsi sul suo grembo. «Non sto con nessuno ma… sono stato a letto con un’altra.», sembrava quasi mortificato. Ma agli occhi di Madde, quel pentimento non significava nulla.
«Allora hai mentito quando hai detto che volevo stare solo con me.» sussurrò, scostandosi bruscamente dalla sua persona.
«Maddeleine… io… non era nei miei piani…», e fece un’ampio gesto verso la pancia di lei.
«Non era nei tuoi… non era…» balbettò la ragazza, gli occhi gonfi di lacrime «Sai cosa? Non era nemmeno nei miei piani! Non era nei piani di nessuno! E ora, ovviamente, lasci che me la veda da sola.» esclamò lei, infervorata. Il fuoco della rabbia, così diverso dal fuoco della passione, che bruciava dentro di lei. Non era sua intenzione fare una scenata. Aveva bisogno di aria. Mentre si diriggeva verso l’uscita, spintonò bruscamente le altre persone che affollavano la locanda. Le lacrime rendevano i suoi occhi scuri lucidi come petrolio. Uscì dal negozio e una folata di vento la investì, facendole sbattere i capelli neri sul viso.
Si sarebbe aspettata che lui la seguisse, che le dicesse che aveva capito male, che la baciasse e che si assumesse parte della responsabilità di ciò che era successo. Ma non lo fece.

Fred rimase lì impalato su quello sgabello di legno. Stentava a credere a ciò che era accaduto. Non sospettava minimamente che quel rapporto fosse stato tanto importante per Maddeleine. Certo, bello lo era stato di certo, ma… diamine, incinta?! Ecco. Questo era quello che sua zia Hermione chiamava karma. Forse se chiedeva scusa a Merlino per tutte le volte che gli aveva dato del porco, quell’ovulo si sarebbe ritirato? Espulso per magia? Oh, porco Salazar, non ne capiva niente di quelle cose.
Si prese la testa fra le mani. Quanto poteva essere stronzo? Ma soprattutto, quanto poteva essere deficiente? Non poteva tenersi per sé quell’unica, piccola, scappatella con Corinne?
«Posso portarle qualcosa?», chiese la cameriera da dietro il bancone.
Fred fece di no con la testa. Non poteva annebbiarsi la mente più di quanto già non lo fosse. Non avrebbe mai dimenticato la luce della speranza abbandonare gli occhi neri di Madde. Si sentiva tremendamentre in colpa. Lei voleva tenerlo, il bambino? Il ragazzo immaginò che lei, volendo diventare Medimaga, sapesse che c’erano modi per sbarazzarsi del feto, ma questo Fred non lo prese nemmeno in considerazione. Era troppo una crudeltà. Forse, invece, voleva darlo in adozione una volta nato? E, cacchio, non era pericoloso affrontare una gravidanza prematura? Sua cugina Victorie aveva vent’anni quando rimase incinta, e le complicazioni c’erano state. Perdeva sangue, lamentava forti dolori, e le corse folli verso il San Mungo erano ancora impresse nella mente di Fred. Lui era uno dei più grossi della famiglia, era toccato a lui, insieme a Teddy e a Bill, trasportare Victorie a destra e a manca, premurandosi di tenerla in una posizione confortevole. Voleva davvero affrontare tutto questo per un figlio suo? Un figlio suo e di Madde?
Per la comunità magica lei ormai era adulta, ma Fred la vedeva ancora come la ragazzina pazza che faceva tutto quello che le passava per la mente. Una ragazzina incosciente quasi quanto un Grifondoro, ma con una mente acuta degna della sua vera casa di appartenenza. Una ragazzina a cui voleva maledettamente bene. Come aveva potuto metterla incinta e stroncarla?
Forse poteva procurarsi una Giratempo e…
«Non è corsa via dalla felicità, vero?», una voce femminile interruppe il flusso dei suoi pensieri.
Fred alzò lo sguardo, solo per incontrare due magnetici occhi azzurri. La ragazza che aveva di fronte era più alta di Madde di quasi una spanna, i capelli ricci e rossi erano tenuti insieme da un elastico rosa in una coda disordinata e floscia. Indossava jeans neri e attillati, una giacca gialla, e all’altezza del petto si poteva intravedere la canotta nera. Portava varie collane, tra cui una croce e una civetta dagl’occhi rossi come rubini.
Il suo sguardo era ostile.
«Io capisco che la notizia può risultare improvvisa. Ma hai provato ad immaginare come può star lei? Eh?»
Fred la fissò stranito «Immagino tu sia una delle amiche di Madde».
«Wow. Acuto il ragazzo.», fece sarcastica lei. Agganciò con il piede uno degli sgabelli vicini e si sedette a braccia conserte e gambe accavallate.
«Non posso avere un figlio ora», fece lui con fare lamentoso.
La rossa inclinò la testa di lato «Forse avresti dovuto pensarci, prima di non mettere il preservativo. Ah, e prima che la tua acuta mente si sforzi troppo fino a fumare, lo so perché Madde me l’ha raccontato» il suo tono era talmente acido che i suoi occhi potevano essere benissimo color lime.
«Ma tu…»
«Lydia.»
«Ah.»
La ragazza, o meglio, Lydia, si alzò dallo sgabello, prese il mento del ragazzo fra indice e pollice e gli fece alzare di scatto il viso. Si avvicinò, per poi sussurrare: «L’hai solo usata? La ami?»
Fred deglutì, cercando di non far cadere lo sguardo altrove. L’aveva solo usata? No, la risposta era no. Lui era consapevole di provare attrazione verso Maddeleine, non solo fisica. Ma amarla? No. Questo no. Affetto? Sì, decisamente le voleva bene.
«Non l’ho usata e… no. Non la amo. Le voglio bene, questo sì. », disse, guardando Lydia dritta negli occhi.
«Non la ami, eh? Ripetimelo quando vedrete per la prima volta vostro figlio» il tono di lei si addolcì un po’. Gli lasciò andare il mento, ispido per via degli accenni di barba scura.
Fred si massaggiò nel punto dove le dita di Lydia avevano fatto pressione. «Mi detesterà» brontolò, quasi grugnendo di disappunto.
Lydia lo tirò su dallo sgabello. «Avanti, su. Fai una pazzia. Inseguila, dille che vuoi tentare. E che soprattutto le sarai fedele, piccolo puttaniere.» si avvertiva il forte disappunto nell’ultima frase «Ricorda che è stata colpa tua, le avevi detto che eri capace di fare un’incantesimo contraccettivo.»
L’ex Grifondoro arrossì «Ti ha raccontato proprio tutto, eh?»
Lo sguardo che gli rivolse la riccia era velenoso, ogni traccia di compassione svanita «Avresti dovuto vederla. Tutta l’allegria… sparita. E tua sorella le ha voltato la faccia, con chi poteva parlare se non con le sue compagne di dormitorio?»
Il ventenne annuì, poi fece vagare i suoi caldi e spaventati occhi scuri nel locale. «Solo perché tu lo sappia, mi sono scopato Corinne solo perché mi ha provocato lei. Non maschero le mie colpe, mi ha dato piacere, ma Madde…»
Di fronte a lui, Lydia rimase in silenzio, aspettando che il ragazzo continuasse la frase. Ma lui rimase in silenzio.

Non ce la faceva più a camminare, ormai l’aveva cercata ovunque. Vagava da ore per le affollate stradine di Hogsmeade, cercando disperatamente di individuare la chioma scura di Maddeleine. Più si guardava in torno, più i ricordi nella sua memoria pizzicavano. Se guardava i ciottoli, rivedeva le cadute di James. Se guardava Zonko, gli venivano in mente le competizioni fra lui e il commesso. Guardando Madama Piedi di Burro, ricordava la sensazione del suo primo bacio. Un bacio inesperto, un bacio di cui ricordava perfettamente il mittente. Georgie Manny, si chiamava la sua prima ragazza. Fred la ricordava bene. Per certi versi era simile a Madde: intelligente, alle volte folle, logorroica. Solo che Georgie era tutta un’altra bellezza. Bionda, occhi grigi... e anche se a quei tempi Fred aveva quindici anni e lei sedici, gli era sembrata la ragazza più bella mai esistita. Bella sia dentro che fuori. Ma non poteva funzionare. Era semplicemente troppo per lui.
«Cugino?», esclamò una voce, una voce che Fred conosceva bene.
Fred si girò in direzione di Albus Potter, fratello minore del suo migliore amico, nonché suo cugino.
«Ehilà, Al! Rosie.», disse, una sfumatura tesa nella voce.
Albus inarcò un sopracciglio. Il secondogenito Potter, a detta di Fred, sarebbe dovuto finire in Serpeverde; era astuto, scaltro e bravissimo in Pozioni. Un ottimo partito per la casata di Salazar. Tuttavia, però, il ragazzo era ben più che orgoglioso di sfoggiare la sciarpa dai colori rosso-oro. In fondo, a Fred stava simpatico: ai tempi di Hogwarts, rinmpiguava i punti che suo fratello e suo cugino facevano perdere alla loro casata con le sue abilità in Pozioni. Un vero asso nella manica.
Quel giorno ventoso, Albus indossava un giaccone scuro e pesante, così come il capello di lana, che andava a confondersi con i capelli. Gli occhi, invece, parevano risaltare nel loro verde smeraldo. Una specie di faro nel buio.
Al suo fianco, vi era Rose Weasley, con i suoi capelli rossicci e crespi e gli occhi scuri dal taglio Granger. Anche lei era vestita in modo pesante, come se nemmeno tollerasse la sensazione del freddo. Aveva indosso un maglioncino di lana pesante, azzurro. I jeans erano blu scuro, mentre gli scarponcini che portava ai piedi erano color ocra. Invece del cappello, lei aveva arrotolata intorno al bianco collo una sciarpa lilla. Sembrava quasi un arcobaleno ambulante.
Rose arricciò il naso cosparso di lentiggini e tossì. Al le battè una mano dietro la schiena.
«Ha mal di gola», spiegò il ragazzo.
Per tutta risposta, Rose gli scoccò un’occhiata truce. «Non ho bisogno di una badante, Al» lo rimproverò, la voce arrochita dal dolore alla gola. Spostò il suo sguardo color cioccolato in direzione di Fred «È vero quello che si dice in giro? Canon si è lasciato scappare che hai messo incinta Madde Stevens», tossì poi, portandosi una mano pallida sulla bocca.
Fred sbuffò. Possibile che le notizie girassero così velocemente? «La stavo cercando. L’avete vista?» ammise.
Al gli rivolse uno sguardo solidale. «Credo sia tornata al castello con le sue amiche bionde e i fratelli.». Al sembrò pensarci su per qualche attimo, prima di dire: «Mi dispiace, bello. ».

Qual è il nome dell’associazione che, dal 1940 al 1980 circa, si è impegnata a combattere Voldemort? Può essere definita una Confraternita? Perché? Chi sostenevano? Citane alcuni membri.
Madde esitò prima di rispondere. Aveva urgente bisogno di andare in bagno, e quella era l’ultima domanda. Strinse le cosce fra loro. La gravidanza andava avanti da un mese, ormai, e con essa anche i problemi.
Mugolò a bassa voce, imprecando fra sé e sé.
Non intendeva essere udita, ma, ovviamente, qualcuno la sentì lo stesso.
«Sta nascendo?!», chiese sottovoce Martha Castle, dal banco dietro, facendo girare altre test di Corvi curiosi.
Madde si girò, inarcando le sopracciglia e scoccandole un’occhiataccia. «Come può nascere al secondo mese? Devo solo andare in bagno». Senza attendere la risposta dell’amica, riportò la sua attenzione al proprio compito.
Qual è il nome dell’associazione che, dal 1940 al 1980 circa, si è impegnata a combattere Voldemort?
Questa era abbastanza facile. La Corvonero impugnò la penna, sistemandola sul callo formatosi. Ordine della Fenice, scrisse nella sua calligrafia tondeggiante.
Può essere definita una Confraternita? Perché? Chi sostenevano?
La vescica minacciava di scoppiarle, ma Madde doveva completare il test. Strinse ancora più forte le cosce fra loro, mordendosi il labbro.
Qual era la definizione di Confraternita? «Associazione di fedeli creata e organizzata per l’esercizio di opere di bene e di carità», mormorò, cercando di ricordare con esattezza le parole del libro che aveva letto in precedenza. “Però, una Confraternita non agisce per la comunità, giusto? Agisce per interesse personale. Sbaglio?”. Dopo averci ragionato un po’ su, Madde scrisse: No. Non la considererei una Confraternita, bensì un Ordine. I confratelli sono fedeli ad un’entità maggiore, forse per questo, professore, ci avete posto questa domanda? Per quanto magnifico, Silente era umano. E non era nemmemo “il capo”.
Sorrise compiaciuta dalla propria risposta. A Madde piacevano i test. Soprattutto in quel periodo. Poteva smettere di pensare al bambino, ai pettegolezzi. Poteva smettere di piangere per la comprensione della sua famiglia, per le poche lettere di Fred, per le amicizie perdute. Quando faceva un test, doveva solo rispondere a delle domande. Domande semplici, di cui conosceva la risposta. E se sbagliava? Be’, se sbagliava un test, non era la fine del mondo. Ma quando l’errore lo commetti nella vita reale, quella sì che era la fine del mondo.
Citane alcuni membri.
Questa poteva scriverla alla svelta.
Albus Silente, i Potter, i Weasley, i Paciock, Fleur Delacour, Sirius Black, i Lupin, il Ministro corrente…
Scattò in piedi non appena ebbe finito di scrivere l’ultimo cognome, si diresse velocemente verso la cattedra, consegnò al professore fantasma la pergamena e corse fuori. Non recuperò nemmeno la propria borsa: doveva andare in bagno. Il piccolo lo pretendeva.
Cercò di darsi un contegno mentre camminava velocemente e a gambe serrate.
«Maddeleine?», si sentì chiamare.
«Chiunque tu sia, scusa, ho urgente bisogno di andare in bagno!», rispose senza nemmeno girarsi, affrettandosi verso i servizi ed entrando.
Trovò un bagno libero, entrò, chiuse la porta e si calò gonna e calze, per poi liberarsi con un sospiro di sollievo. Ultimamente andava in bagno davvero spesso. Pochi giorni prima, aveva addirittura studiato sulla tazza del proprio dormitorio, tante erano le volte che la natura chiamava. Si ritrovò ad odiare la sé stessa bambina. La bambina petulante che chiedeva insistentemente alla madre un fratellino. Come diamine aveva fatto la madre a sopportare ben due gemelli? Come aveva fatto a sopportare lei? Santa donna.
Madde si sistemo ed uscì dal bagno, diretta verso l’aula, l’aria decisamente più sollevata e leggera.
«Madde?», la voce di prima la chiamò. La Corvonero sentì il sangue gelarsi nelle vene. S’immobilizzò, il buon umore che scivolava via così come era arrivato. Voltò il capo verso il propretario di quella voce così dannatamente familiare.
Roxanne era ferma davanti a lei, i capelli ricci e scuri tenuti fermi da varie treccine scarmigliate. La cravatta rosso-oro risaltava contro la divisa scura abbottonata. Una mano era sotto al borsone lilla che portava a tracolla, aiutando la spalla a sostenere il peso di tutti i libri (o forse il peso di tutte le cianfrusaglie varie?) che vi erano dentro.
La Weasley farfugliò qualcosa, come se stesse parlando con sé stessa, poi finalmente si decise a parlare. «Ehi», disse, puntando i suoi occhi scuri contro quelli ancora più scuri di Maddeleine «Che ci fai qui? Non avevi un test o roba simile?».
Madde si costrinse a mantenere la calma «Un test, sì».
Roxanne spostò il proprio peso da un piede all’altro, visibilmente a disagio. «Possiamo parlare?», domandò. Madde fu quasi tentata di risponderle con un poco signorile ma sempre verde va a farti fottere, ma non lo fece. Roxanne la betteva sempre nelle gare di parolacce.
Si limitò a fare un vago cenno d’assenso con la mano. Vediamo dove vuoi andare a parare.
Roxanne deglutì rumorosamente «Come va con la mini Madde?»
«È ancora mini.»
«Ah»
Ci furono alcuni istanti di silenzio. Istanti in cui Madde si rese conto di cosa stava facendo la sua ex migliore amica: stava cercando di riallacciare i rapporti. Si stava scannando con la sua personalità orgogliosa per farlo, e Madde lo apprezzò abbastanza per rompere quell’imbarazzante silenzio. «C’è qualcosa in particolare che desideri dirmi?» chiese, il tono di voce meno freddo di quello che avrebbe voluto uscisse dalla propria bocca.
La ragazza dalla pelle mulatta si avvicinò, gli occhi scintillanti. «Perché non mi avevi detto che… sì, insomma… tu e Fred...».
Stava per caso rigirando la frittata?
«Tu me lo diresti se andassi a letto con Vict o Rup? Probabilmente, conoscendoti, con entrambi?»
Roxanne rise senza curarsi di portarsi una mano alla bocca. Sembrava quasi stesse tornando a proprio agio. Questo si domandava Madde: doveva permetterglielo?
«Forse dopo un po’. Ma mettiamo subito in chiaro che non lo farei mai; sono troppo simili a te! Forse ora capisco perché sei andata a letto con Fred» aggiunse poi a bassa voce, ghignando «io sono bellissima e, dato che sei etero, hai compensato con lui».
In un primo momento, Maddeleine rise, ma poi, forse per il ricordo del “tradimento” di Fred, forse per la commozione o, ancora, per gli ormoni a palla, smise. Sentì gli occhi inumidirsi. Si portò una mano chiusa a pugno al viso, sfregando furiosamente e rovinandosi il trucco. Appena vide il nero del mascara sui lati del pollice, i singhiozzi che le serravano la gola si trasformarono in un pianto isterico. Sentì due forti braccia circondarle le spalle, un odore familiare invaderle le narici. Si abbandonò completamente contro Roxanne, poggiando la fronte nell’incavo del petto. La Weasley la strinse forte a sé. Non disse niente, non era necessario, si limitò solo a tenerla su.
«Non so perché piango», disse Madde, dopo aver domato i propri sussulti.
«Mi dispiace. Mi sono comportata male, ma tu… hai ferito il mio orgoglio, lo sai. Ho sempre sperato che Fred si sistemasse con una brava ragazza, ma tu… cazzo, sei la mia migliore amica. Non ci ho dormito la notte» confessò Roxanne.
Madde alzò lo sguardo, creando quasi un confronto fra le due tonalità di nero. Roxanne la sovrastava di parecchi centimetri, ma non fu difficile prenderle il viso fra le mani, voltarlo e darle un bacio all’angolo della bocca. «Io ti perdono», disse con semplicità «Però, ti prego, rimani al mio fianco».
Perché sì, a volte bisogna mettere da parte l’orgoglio e chiedere aiuto. Grazie a Roxanne, Madde aveva capito cos’era giusto fare, per la propria felicità e per quella degli altri. Così non avrebbe più visto i volti di Vict e Rup tristi, non avrebbe più visto le sue amiche struggersi per lei e, finalmente, avrebbe parlato con i suoi genitori e con Fred.

Katherine Timmes in Stevens era da sempre stata una donna estremamente comprensiva. Rimasta anche lei incinta molto giovane, non aveva criticato Madde. Non più di tanto, per lo meno. Lo stesso non si poteva dire di Maurice. Ogni suo sguardo era carico di tristezza e rassegnazione. Sguardi talmenti impregnati di delusione, che Madde avrebbe preferito non organizzare quell’incontro all’ospedale.
Ora, lasciatemi spendere qualche parolina per questi due individui.
Katherine, ex Serpeverde, era una donnina bassa, addirittura più bassa di Madde. Aveva gli occhi di un bel color castagna, i capelli neri e portati corti che le solleticavano il collo. Sin da giovane non è mai stata attirata dagli sport, tutt’altro. Per questo, a quarantatré anni, si ritrovava grassottella e insoddisfatta del proprio corpo. Poche volte mostrava il suo lato Serpeverde, in prevalenza era una persona ansiosa e pressante, con un lato materno davvero spiccato.
Maurice Stevens, invece, era l’esatto opposto. Alto, biondo, occhi grigi e Grifondoro. Lavorava come Vigile del Fuoco tra i Babbani, anche perché non poteva lavorare come Auror, essendo stato bocciato tre volte ad Hogwarts. Un uomo di cinquant’anni che vive tra rimpianti e delusioni ma che, tutto sommato, non poteva lamentarsi più di tanto.
Tornando a noi; Madde quasi si pentì di aver organizzato quell’incontro. Aveva ottenuto il permesso dalla vecchia Preside McGranitt, che si era dimostrata incredibilmente disponibile verso i problemi della giovane. L’aveva addirittura accompagnata di persona ai confini di Hogwarts, per incontrare i coniugi Stevens. Non ci furono discorsi imbarazzanti o occhiatine di comprensione, solo fredda cortesia e sorrisi falsi come Amortentia.
Tre sere prima Maddeleine aveva inviato un gufo a Fred, chiedendogli se gli avesse fatto piacere accompagnarla ed incontrare i suoi genitori. La conferma era arrivata quasi immediatamente, ed era positiva.
«Credo proprio che riuscirai a tenere gli esami», le stava dicendo Katherine, seduta su una delle sedie nella sala di attesa. La ragazza annuì distrattamente, mentre passava in rassegna tutti i volti che varcavano le porte dell’ospedale. Medici, pazienti, parenti. Ma niente Fred.
«Tuttavia dovrai aspettare per i corsi di specializzazione» continuò la donna, prendendole una mano e stringedola.
«Sì, un gran peccato» commentò Madde, ignorando parzialmente la genitrice e sporgendosi in avanti, nella speranza di scorgere il gigantesco corpo del padre di suo figlio.
«Hai voluto la Firebolt, adesso vola», disse sarcasticamente Maurice, tirando gentilmente indietro la figlia. «Dovrà arrivare, prima o poi. Proviene da una famiglia che in materia Babbani ne sa ben poco, si sarà perso».
Merda. Maddeleine non poteva nemmeno ribattere con un piccato “Fred non è talmente imbecille!”, perché Fred talmente imbecille lo era. Si limitò ad annuire e sospirare, sconsolata. «A che ora è l’appuntanento con il ginecologo?» volle sapere.
«17.40. E sono le 18.15» la informò Katherine, picchiettando col pollice sul dorso della mano di Madde, probabilmente in ansia.
Maurice ghignò «I medici sono sempre in ritardo. Non mi stupisce che tu voglia diventare uno di loro», disse, sbeffeggiando Madde. Quest’ultima rise, poggiando la testa sulla spalla di lui. «Medimaga», corresse a bassa voce, «è diverso.»
«Sicuro» concesse Maurice, passando la sua grande mano dalle nocche pelose sulla testa della figlia «è più magico, e a noi piace la magia».
Ridacchiarono, tutti e tre. La tensione andava via via allentandosi, e Maddeleine ne fu sollevata. Passarono altri minuti, minuti che Madde passò ad occhi chiusi, il volto rilassato.
«Amore?», la chiamò Katherine, la voce acuta ed eccitata. Forse addirittura sconcertata.
Madde apri gli occhi e le scoccò un’occhiata stranita. «Cosa, mamma?» domandò, seguendo il suo sguardo. E fu allora che lo vide. Fred indossava una camicia di jeans sporca di qualcosa di viscoso e giallastro in prossimità del taschino, simile a salsa. I pantaloni erano neri e ben stirati, sarebbero stati eleganti, se non fosse stato per la scritta bianca I’m Frankie sul didietro. Portava gli stessi scarponcini che aveva sfoggiato qualche settimana prima, durante il disastroso incontro ad Hogsmeade. Madde si alzò cautamente in piedi, stringendo più forte la mano della madre. Katherine e Maurice si alzarono a loro volta. Fu allora che Maddeleine notò che il ragazzo non era solo. Dietro di lui, c’erano un uomo e una donna, mano nella mano. L’uomo, che Madde identificò come George Weasley, aveva i capelli rossi e scarmigliati, un accenno di barba e sopracciglia folte. Era poco più basso del figlio e molto più magro, anche lui aveva la giacca sporca. La donna che seguiva i due Weasley era Angelina. Madde aveva avuto modo di parlarle durante i suoi pochi soggiorni alla Tana o in casa Weasley. Una donna simpatica e incredibilmente alla mano. Per la prima volta, Madde potè notare quanto davvero Fred fosse simile alla madre. Stesso naso, stessi occhi e stessi capelli. Solo che, ovviamente, uno era uomo e l’altra era donna, senza contare la stazza.
Dinanzi ai coniugi Weasley, Maddeleine provò vergogna. L’avevano vista bambina, e ora la vedevano in quello stato. Sentì gli occhi pizzicarle, e si odiò per questo.
«Madde cara!», esclamò Angelina non appena la vide. Affrettò il passo e l’abbracciò. «Oh, tesoro! Come stai?» le chiese, sciogliendosi dall’abbraccio.
Madde sorrise «Ciao, Angelina. Sto benone, grazie. George», disse poi, a mo’ di saluto, chinando il capo. Non era sua intenzione ignorare Fred, ma lo fece comunque.
«Ti trovo bene, Maddeleine», brontolò, a disagio, Fred.
«Vi chiedo infinitamente scusa per il ritardo», lo interruppe Angelina «Ma questi due idioti avevano fame, e quando mangiano perdono la cognizione del tempo», disse poi, lanciando un’occhiata truce a marito e figlio, che si scambiarono un sorrisetto obliquo e una scrollatina di spalle.
«Nessun problema», rassicurò Katherine, «il ginecologo ancora non ha finito con la visita precedente».
«Oh, cielo», commentò Angelina, visibilmente preoccupata «cos’ha che non va, la donna?»
«Aspetta tre gemelli», s’intromise cautamente Maurice.
George mormorò qualcosa come: «Chissà con un terzo come sarebbe andata, Freddie», ma solo Madde riuscì a comprenderlo. Quando l’uomo se ne accorse, le fece l’occhiolino e le regalò un bel sorriso dalle sfumature malinconiche (e anche giallastre. Cos’era, salsa?).
«Credete sia saggio fare questa visita in una struttura babbana?», domandò Angelina, posando i suoi occhi scuri su Madde.
A risponderle, però, fu Katherine.
«A dir la verità, credo sia stata la scelta migliore. Il San Mungo non è affidabile», disse, accennando poi un piccolo sorriso di scuse «Perdonami tesoro,» il suo sguardo era su Madde «so che il tuo sogno è lavorare al San Mungo» continuò, quasi in un sussurro «ma in questi casi… la scelta migliore è affidarsi ai Babbani».
«L’unico problema è il controllo della magia», intervenne Maurice, rabbrividendo.

George alzò la mano, come un bravo scolare desideroso di prendere parola. Fred ridacchiò a disagio.
«Mia moglie è un’isterica, ma la magia non le è sfuggita di mano»
La signora Weasley gli scoccò un’occhiata di fuoco. «Ne parliamo a casa.» fu tutto ciò che disse.
I minuti successivi passarono pressoché in silenzio. George cercava di ripulirsi il completo scuro dalla salsa giallastra, Angelina faceva di tutto per ignorarlo, lisciandosi in maniera compulsive la maglietta chiara che aveva indossato quel giorno. Fred, invece, sembrava molto interessato all’ambiente che lo circondava. Fissava le pareti grigiastre con un interesse alquanto innaturale e vagamente inquietante. Katherine non aveva ancora lasciato la mano della figlia. Continuava a fare su e giù con il pollice sul dorso della mano di Madde. Ormai quella zona cominciava a farle male. Maurice Stevens aveva afferrato una rivista culinaria; aveva le sopracciglia chiare aggrottate, le rughe sulla fronte dovute alla concentrazione marcate come non mai.
Dal proprio canto, Madde non sopportava quel silenzio. Era troppo innaturale per gente come loro. Fu quasi sollevata quando l’infermiera venne a chiamare il turno.
«Mi rincresce tantissimo!», si scusò, le paffute guance rosse per l’imbarazzo. Il primo pensiero che Madde formulò su quella donna fu: “è in vita per sfatare lo stereotipo delle infermiere bionde e gnocche o cosa?”. La donna poteva avere sì e no quarantacinque anni. Portava i capelli scuri corti e tagliati in maniera asimmetrica, come se un giorno si fosse svegliata di pessimo umore e, vedendo i capelli disordinati, avesse deciso di tagliarli. Tutti. Madde in fondo la capiva. Nell’ultimo periodo anche lei aveva avuto mattinate simili. Il camice che indossava era sgualcito e, sul petto piatto, vi era appuntata una targhetta dai caratteri sbiaditi che recitava: “Ciao! Mi chiamo Rebecca”.
Be’… almeno il nome da infermiera ce l’aveva.
Dopo essersi scusata per l’ennesima volta, Rebecca si decise a condurli nella stanza. Fu tutto molto veloce: il medico entrò rivolgendo a stento al gruppetto un buongiorno, fece stendere Madde sul lettino al centro della stanza e le fece alzare la maglia. Poi le spalmò qualcosa di vischioso sul ventre; armeggiando con varie apparecchiature aveva mostrato alle due famiglie lo schermo. «E quindi…?», fu il commento di George. L’uomo dai capelli rossi fissava con palese incredulità lo schermo «Dov’è mio nipote?»
Con fare annoiato, il medico aveva indicato una specie di macchia al centro dello schermo. Madde rivolse lo sguardò su altri macchinari. Ce ne era uno che registrava il battito cardiaco. Era tutto così strano…
Ci furono attimi di silenzio, poi fu la volta della brillante costatazione di Fred: «Nostro figlio è un fagiolo.»
A Madde quasi mancò il respiro. Aveva davvero detto nostro figlio? Non era davvero sua intenzione farlo, ma non poté trattenersi: sorrise. Un sorriso di sollievo. Un sorriso speranzoso. Forse… forse poteva funzionare, si disse la ragazza.

«Cavolo, sorella. Sei ingrassata parecchio.»
«Roxanne, mi vedi tutti i giorni e te ne accorgi solo ora?»
«Taci. E dammi quella dannata borsa.»
«Ma non pesa tanto…»
«Ssh. Fanculo tu. È per il mio nipotino»
«…»

Cara Madde,
qui tutto okay. E a te? Stai bene, vero? Perché nel caso ci fosse qualche problema mando papà a prenderti a scuola. Devo mandarlo? Però devi essere sincera. Ne vale la vita del tuo bambino. O Salazar, non volevo mandarti nel panico! Ti sembro ansiosa? No, perché sto bene. Però me lo dici se stai male, eh? Eh?
Ti voglio bene e fammi sapere.
Baci,
Mamma

«Madde, devi dormire. Il piccolo ha bisogno di tranquillità»
«Ma sono le sei del pomeriggio, Lydia…»
«Il piccolo Adolf ne ha bisogno.»
«Adolf?»
«…»
«…»
«Mi avevi detti che mi avresti fatto scegliere il nome!»
«No. Io ti ho detto che avresti potuto scegliere i pigiamini.»
«…»
«…»
«Comunque Lydia è un gran bel nome. Tienilo a mente, così, tanto per.»

«Fred, seriamente, apprezzo la tua preoccupazione ma…»
«Era necessario.»
«Ma non alla gita ad Hogsmeade… »
«Ribadisco: era assolutamente necessario.»
«Tu non puoi, e ripeto, non puoi smuovere Astoria Malfoy dal San Mungo per fare un controllo a sorpresa al bambino…»
«E se ha qualcosa che non va ma non vuole farcelo sapere perché è premuroso e non vuole che ci preoccupiamo?»
«…»
«Che c’è?»
«Sono sconcertata…»
«...»
«…»
«Ma allora che faccio? La mando via?»
«Oh Priscilla dammi la forza…»

«Signorina Stevens, correggimi se sbaglio ma…»
«Sì, signore. Sono incinta. Proceda con le domande.»
«È sicura di voler sostenere i M.A.G.O. in questo stato?»
«Sto benissimo. Proceda con le domande.»
«Ma… »
«PROCEDA. CON QUESTE. FOTTUTE. DOMANDE.»
«…»
«Grazie per la comprensione».

«Oh, Madde cara! Che piacere averti qui con noi! Come stai?»
L’anziana Molly Wesley sembrava davvero felice di avere la ragazza in casa. I capelli grigiastri della donna erano tirati all’indietro da una fascia a fiori, portava un grembiule rosso e contornato di pizzo che le fasciava le curve prominenti. Molly Senior sembrava essere incurante dei trenta gradi all’ombra e dell’umidità presenti durante quel mese di giugno.
«Il piacere è mio signora Weasley. Sto molto bene, grazie per l’interessamento»
Durante quei mesi, il ventre di Maddeleine si era gonfiato in maniera impressionante, e, insieme ad esso, erano cresciute anche le cosce e i seni. Madde quasi non si riconosceva più. Anche il viso le pareva diverso: la pelle era molto più liscia e i capelli più lucenti, perfino gli occhi erano più vivaci. Si poteva quasi dire che la gravidanza la stesse rendendo donna. Eppure i lineamenti erano ancora quelli… il naso piccolo e il collo sinuoso della madre, la fronte stretta e il mento schiacciato di Maurice.
«Dai, nonna. Lasciaci entrare» ridacchiò Fred, passando un braccio intorno alle spalle di Madde. La ragazza gli rivolse uno sguardo divertito, ma non si scostò. Doveva ricominciare ad avere un rapporto con Fred, era necessario per la sana crescita del bambino.
C’era da dire, però, che il ragazzo si stavo comportando davvero bene. Durante gli ultimi periodi ad Hogwarts di Madde, era sempre andato a trovarla ad Hogsmeade. Si era presentato alle ultime ecografie, e aveva addirittura deciso che non volevano sapere il sesso del bambino. Mal che vada, bastava un solo colpo di bacchetta per cambiare i colori di pigiami e coccarde.
Inoltre, l’ultimo giorno di scuola era andata a prenderla alla stazione, e le aveva proposto di passare l’estate a casa sua. E la strega aveva accettato.
«Oh, certo cari, scusate questa povera donna!»
La donna si scostò dall’entrata, gli occhi luccicanti e un sorriso intenerito sulle labbra crespe.
«Nonno Arthur è in cantina. Albus, Rose, Hugo e James sono in cucina. Roxy… in giardino, mi pare. Dovrebbe esserci anche Lily con lei. Stanno cacciando gli gnomi. A breve dovrebbero Materializzarsi anche Victorie, Teddy e la piccola Dorie.», li informò mentre chiudeva la porta. «Victor e Rupert come stanno? Mangiano abbastanza?», chiese, seguendo i due giovani in salotto.
Madde si fermò, posando una mano sotto il pancione, come a sostenerlo. «Vict e Rup stanno bene. Se non sbaglio in questo momento dovrebbero essere a casa di amici. Vorrei andare a salutare gli altri…» rispose sorridendo.
«Certo tesoro, se hai bisogno sai chi chiamare!», detto questo, la Signora Weasley varcò nuovamente l’arco della porta d’entrata, probabilmente dirigendosi verso l’orto.
Madde sospirò, lasciandosi cadere su di una sedia. Le doleva tutto e quasi faticava a respirare. Fred le fu subito affianco, i tratti del bel viso contratti dalla preoccupazione. «Tutto bene?», chiese.
L’ex Corvonero annuì, chiudendo la bocca e cercando di smettere di boccheggiare. «Sono solo un po’ affaticata», ammise, «ma è normale», aggiunse in tono rassicurante.
Fred si morse il labbro carnoso, sul viso un’espressione diffidente «No, non è normale», disse. S’inginocchiò, in modo da essere all’altezza della ragazza. «Se c’è qualcosa che non va, devi dirmelo. È importante per la saluta tua e del piccolo. Chiaro
Lei annuì, chiaramente a disagio. Chinò il capo.
L’espressione sul viso di Fred si addolcì vistosamente. «Ehi», mormorò, prendendole il mento fra due dita «Andrà tutto bene. Sono solo… »
«Preoccupato?», lo interruppe Madde. «Credimi, si vede. E mi piaci ancora di più per questo. Sei preoccupato per il nostro piccolino…»
Fred sorrise «O piccolina»
La ragazza storse le labbra.
«Per me è maschio»
La forte risata del ragazzo servì solamente a far insospettire di più Madde. «Perché ridi?», domandò, alterata.
«Perché hai fatto una figuraccia. Ma dico, non dovresti avere un qualche istinto materno o che so io?», disse, ridendo ancora più forte dinanzi all’espressione inviperita della ragazza. Poi, finalmente, Madde ci arrivò: «Hai chiesto al medico il sesso del bambino?! Ma quanto puoi essere stronzo?», farfugliò.

22 dicembre 2023, la Tana
Alla fine, Fred l’aveva avuta vinta: era una bambina. Ma maschio o femmina che fosse, in quel momento a Madde non importava. Proprio non riusciva a far risvegliare il suo istinto materno, riusciva a pensare solo a sé stessa e al forte dolore che provava. Nemmeno il pianto di sua figlia riusciva a distrarla. Riusciva solo a pensare al sangue che le scorreva fra le gambe e sporcava il tessuto del materasso. Astoria Malfoy, Medimaga Ostetrica, e due dei suoi colleghi si stavano prendendo cura della piccola. Madde non avrebbe potuto lasciarla in mani migliori. Debolmente, cercò di rimettersi a sedere.
«No, aspetta, ferma» ordinò una voce autoritaria.
Madde si ritrovò ad ascoltare ciò che Hermione Weasley le stava ordinando di fare, non senza una flebile protesta. Nella stanza, vi erano lei, Katherine Stevens e Victorie Lupin.
«Voglio vedere mia figlia…»
Hermione assunse un tono dolce ma risoluto: un tono da madre. «Tesoro, la bambina è di là. Sei stata bravissima», disse, scostandole una ciocca di capelli scuri e bagnati dalla fronte. «Maurice e Fred sono al fianco della bambina: i rumori e le persone non la disturberanno», intervenne dolcemente Katherine.
Madde fissò la porta di legno della camera che divideva con Fred e Roxanne. Quella era una semplice camera degli ospiti. Molly non aveva nemmeno proposto di dormire nella vecchia camera di George e del suo gemello, Fred. Era inammissibile un simile pensiero, per una madre. E all’improvviso, Madde ebbe paura.
«Voglio vedere mia figlia!», la sua intenzione non era urlare, ma non poté farci niente. Si tirò su, incurante delle fitte lancinanti che il basso ventre le inviava. Cercò di avvolgersi in una coperta, ma tre paia di mani la rispinsero giù. A parlare, fu Victorie: «Ascoltami, Maddeleine. Questa tua agitazione non porterà a nessuna soluzione. La piccola è di là, la stanno pulendo. Ti sembrerà strano, ma sono passati solo quattro minuti da quando hai partorito. Ora guardami.»
E Madde la guardò. Victorie, come sempre, era splendida. Nonostante fosse stata una delle donne più attive durante quell’impresa, i suoi capelli chiari erano perfettamente lisci e sistemati sulle spalle. Il viso era pallido e stanco, reduce di una lunga veglia durato più di sei ore. Gli occhi, oh, quelli erano sempre stupendi. Madde ebbe l’impressione di potercisi perdere, in quegli occhi tanto dolci. Perché lei non aveva occhi così belli?
La ragazza sentì gli occhi inumidirsi «Mi vergogno così tanto… scusatemi. Non è un comportamento da Corvonero. Però…»
Katherine le fu al fianco, affrettandosi a stringerle la mano. «Amore di mamma… le emozioni superano la ragione.»
«Le emozioni superano la ragione», ripeté Madde.
«Esatto», convenne Hermione, «quindi non è colpa tua. È l’istinto materno che si sveglia. Però tu non hai latte, e la piccola ha fame. Cerca di capire che ogni cosa ha il suo tempo.»
Ci furono attimi di silenzio, attimi che Madde sfruttò per rimettersi comoda. Le tre donne avevano ragione: doveva tranquillizzarsi.
Si ritrovò a pensare a quanto la sua vita fosse cambiata nel giro di otto mesi. Ma la vera domanda era: cambiata in meglio o in peggio? Guardandosi bene attorno, Madde non faticò a trovare la risposta. Era diventata madre, dopo un po’ sarebbe potuta diventare Medimaga, Fred le voleva bene e faceva parte di una famiglia numerosa e calorosa. Decisamente in meglio. Per certi versi.
Non sarebbe più potuta uscire con le amiche e tornare tardi, aveva delle responsabilità. La sua gioventù era stata stroncata, ma almeno aveva potuto terminare gli studi. Certo, se in futuro avesse scelto di guardare le foto del suo ultimo anno ad Hogwarts, si sarebbe rivista con il pancione. Ma non era questo il bello? Un periodo che non avrebbe dimenticato facilmente, sia in luce positiva che negativa.
Spense il cervello non appena sentì la porta spalancarsi. Rupert e Victor entrarono, ben attenti a non fare rumore con i piedi. A seguito, vi era Maurice, con in braccio un piccolo fagottino giallo. A chiudere il gruppetto vi erano Fred, i coniugi Johnson-Weasley e Roxanne.
Victorie e Hermione si congedarono, lasciando soli i parenti.
Maurice Stevens aveva gli occhi lucidi. Fissò per un secondo la moglie, per poi avvicinarsi alla figlia. Madde non riuscì a decifrare ciò che c’era scritto negli occhi del padre, ma non le importava più tanto. Aveva occhi solo per sua figlia. Tese le braccia, la gola secca e il naso umido. Quando strinse quella piccola persona fra le braccia, il suo cuore quasi cessò di battere. Era davvero sua? La piccola era serena. La sua pelle era leggermente più scura di quella di Madde, gli occhi invece… quelli erano proprio i suoi. Era tutta imbacuccata in un completino di lana giallo, con tanto di capellino. Si poteva scorgere un piccolo ricciolino che spuntava da sotto il tessuto.
«Durante il travaglio abbiamo fatto delle votazioni» esordì Roxanne, rompendo quel magico momento e guadagnandosi un’occhiata truce da parte di Fred, che intanto era rimasto sotto l’arco della porta «È stato estratto il nome Anne Rose. Inutile dire che l’ha scelto Rose. Quell’egocentrica di…»
«Sssh!» la ammonì Angelina. Come se la piccola capisse.
«Mea culpa»
Madde alzò lo sguardo dal visino perfetto della bambina, e lo pose su Fred. «A te piace come nome?»
Il ragazzo sembrava quasi intimorito, il che era strano. Poche volte Fred Weasley Jr. aveva paura di qualcosa. Non ottenendo risposta, Maddeleine si accigliò. Che avesse cambiato idea?

Non ci poteva credere. La scena che aveva di fronte era talmente inverosimile da shockarlo. C’erano la sua famiglia e gli Stevens attorno a Maddeleine, che era stesa sul letto della stanza degli ospito. E tra le braccia… sua figlia. Insomma, figlio loro, loro. Se James gli avesse raccontato una cosa simile, tempo prima, probabilmente sarebbe scoppiato a ridere. E anche forte. Ma ora…
Fred aveva avuto ben sette mesi per prepararsi all’idea di diventare padre, ma fino al giorno prima, quella scena era così lontana dalla realtà
«A te piace come nome?», gli aveva chiesto Madde, ma lui non riusciva proprio a connettere. Quale nome? Di chi? Per cosa?
«Fred?»
Suo padre gli pose una mano sulla spalla, e fu quello a riportarlo alla realtà.
Si avvicinò come in un sogno al letto, si lasciò cadere in ginocchio per terra e si prese del tempo per osservare quella creaturina. Aveva gli occhi talmente neri da sembrare carbone, ma, su di una bambina così carina erano color liquirizia. Fece per allungare un dito verso il visino della piccola, ma aveva paura di farle male. Si bloccò a mezz’aria, e fu solo con l’aiuto della mano di Madde che riuscì a toccare delicatamente il fragile petto della bambina. Alzò lo sguardo verso il viso della ragazza che teneva in braccio sua figlia, e la trovò sudata, sporca, maleodorante ma bella. Quella non era più una ragazzina; era una donna, ormai.
La bambina emise una specie di versetto e, con le manine piccole e paffute, cercò di afferrare la mano di Fred.
«Anne Rose…», brontolò.
«Sì, okay, fratello. Momento molto toccante! Abbiamo capito che il nome ti piace. Ora fa spazio che devo vedere mia nipote!»
E quel commento scatenò un coro di «Roxanne!» e il pianto della piccola Anne Rose.


Ehilà!
Piccolo esperimento con questo capitolo più lungo del normale. I protagonisti di Un amore acerbo ~ Waiting sono Fred Weasley e Maddeleine Stevens (personaggio inventato da moi) Non si era capito? No, eh?
Dunque, se non si fosse capito, non è mica finita qua. Questo è solo l’inizio della loro storia, e ci sono moltissime altre coppie a cui fare spazio. Ovviamente approfondirò anche la relazione fra Victorie e Teddy, ma con mooolta calma.
Be’, cosa ne pensate di Madde? E di Fred? Io personalmente adoro scrivere di Roxanne e Lydia :3
I protagonisti del prossimo capitolo saranno James e Nadia.
Come vorreste che foste la compagna dell’ambitissimo primogenito Potter? Come la immaginate? Consigliatemi, su ^^^
Oh, e preferite i capitoli corti o lunghi? Fatemi sapere!
Per qualsiasi cosa, potrete contattarmi su Ask, anche per mandarmi a quel paese in maniera anonima XD
Insomma… spero di ricevere almeno qualche recensione, almeno per capire se vale la pena andare avanti.
Baci,
~ Winter

   
 
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