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Autore: Arianna di Cnosso    02/11/2015    7 recensioni
Dopo la guerra, Hermione è ad Hogwarts per concludere il suo settimo anno.
È sempre la stessa, a parte un po' più di fiducia in se stessa e la voglia di godersi finalmente un anno ad Hogwarts.
L'occasione perfetta si presenta al ballo di Halloween.
Purtroppo, i suoi programmi per la serata vengono rovinati da un Piton che dopo essere sopravvissuto alla guerra sembra ancora più inacidito.
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Piccola storia ispirata ad Halloween (o meglio, che Halloween mi ha ispirato) a cui domani aggiungerò un breve epilogo.
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Severus Piton | Coppie: Hermione/Severus
Note: Lime, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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EPILOGO


La ragazza si domandò cosa avrebbe potuto chiedere. Soppesò le parole di Piton. Praticamente, le aveva appena confidato di non vedere uno scopo nella sua vita.
Con un sorriso, capì quale sarebbe stata la sua ultima domanda.
“Verrebbe al ballo con me?”



Piton riesumò il volto dalle sue mani, e la fissò con un lampo di sconcertata perplessità.
“È l’ultima domanda?”
“Sì” confermò Hermione, sempre sorridendo.
“La risposta è no.”

La ragazza non fu nè sorpresa, nè scoraggiata per la risposta, si limitò a dondolare un po’ sulla sedia.
Piton le puntò addosso gli occhi scuri, pieno di astio. La sua capacità di incutere timore con la sola presenza era universalmente riconosciuta, tuttavia ormai Hermione si sentiva immune.
Ricambiò lo sguardo, aspettando pazientemente.

A parte il fastidio, il volto di Piton non tradiva alcuna emozione.
“Perchè insisti, Granger?” sbraitò.
“Perchè...” si chiese cosa potesse dirgli.
Di certo non che dopo aver intravisto il vero Severus Piton era stata colta da uno strano sentimento, ed aveva avuto voglia di diventare lei stessa lo scopo della sua vita, dal momento che lui non ne aveva più nessuno.
“Perchè non sarebbe affatto il mio migliore anno ad Hogwarts, se sapessi che non lo è anche per tutti gli altri”.

“Ho mal di testa” avvertì Piton, “vai al tuo maledetto ballo o vai a dormire”.
“Posso fare qualcosa per lei?” si offrì subito Hermione, con una punta di preoccupazione.
Piton emise un ringhio.
“Sì, andartene. Ma visto che sembri intenzionata a continuare a impormi la tua indesiderata presenza, almeno renditi utile. Nell’armadio sulla destra, prendi la pozione per il mal di testa” ordinò rudemente.

Hermione si affrettò ad eseguire quanto richiesto, e tornò da lui con una fiala piena di liquido azzurrognolo.
Piton la stappò e ne bevve metà, appoggiando poi la boccetta sulla scrivania.
Qualche minuto e il suo mal di testa sarebbe andato molto meglio.

“Posso... Posso fare altro?” chiese Hermione titubante, accanto a lui.

Dal momento che il professore sembrava sul punto di ripeterle per l’ennesima volta di andarsene –e che lei non aveva alcuna intenzione di farlo-, agì d’istinto, senza aspettare una risposta.

Si alzò di scatto e si portò di nuovo dietro di lui, allungò le mani e cominciò a massaggiargli delicatamente le tempie, nella stessa maniera in cui lo aveva fatto lui stesso poco prima.
Le fece uno strano effetto sentire la pelle calda di Piton sotto i polpastrelli. Non era affatto fredda come si era sempre immaginata. In fondo perché stupirsi, dietro la sua impenetrabile maschera non si nascondeva nient’altro che un essere umano.

Hermione si chiese perchè non l’avesse ancora mandata via o peggio, forse per rassegnazione o mancanza di forze.
Era Piton: se davvero avesse voluto avrebbe potuto schiantarla fuori dalla porta senza neanche aprire bocca o alzare la bacchetta.
In silenzio, proseguì il suo lavoro scostando dietro l’orecchio una ciocca di spessi capelli neri.

Dopo qualche minuto, Piton sembrò rilassarsi sotto il suo tocco, emettendo un “Hmmm” a metà fra l’esasperato e l'arrendevole.
Qualcosa dentro di lei ruggì trionfante, e le scappò un sorriso che per fortuna il professore non potè vedere. 


 
***


Piton si maledisse e si domandò per l’ennesima volta come fosse finito in una situazione del genere.

La ragazza si era tolta il soprabito rivelando un aderente vestito di raso color smeraldo, lungo fino a terra, con un abbondante scollatura e delle piccole piume verdi sopra le spalline.
La gola gli si era improvvisamente seccata e il suo sangue aveva cominciato a circolare in zone in cui non passava da anni.
Guardarla pulire i suoi luridi calderoni cercando di non sporcare il vestito, non era stato affatto divertente come previsto.
Aveva pregustato una serata di correzione compiti con intrattenimento, e in effetti l’intrattenimento c’era stato, ma non del tipo che si era aspettato.
Dopo un po’ aveva dovuto imporsi di non guardare le curve fasciate dal vestito.

Senza contare che la dannata Granger continuava a sospirare, come una dannata Cenerentola pronta per il ballo, ma che non ci può andare. All’ennesimo sospiro qualcosa di spiacevolmente famigliare gli era scivolato lungo lo stomaco; sapeva che non avrebbe resistito ai sensi di colpa, in fondo aveva volutamente infierito su di lei.
Avrebbe passato la serata più tranquillamente senza sensi di colpa e senza quel vestito davanti.

Poi la dannata Granger lo aveva sfinito con le sue domande, tanto per cambiare, e ora gli stava massaggiando le tempie.
La cosa peggiore era che si sentiva maledettamente bene con la fronte tra quelle piccole mani delicate e fresche.
L’aveva mandata via e non se ne era andata, e il risultato era che ora lui desiderava che rimanesse davvero.

Dentro di lui si accese un bisogno d’affetto che fino a quel momento non si era reso conto di avere. Da quanto tempo non veniva toccato da qualcuno? Non un essere umano femminile, ma una qualsiasi persona. Non che gli fosse mai capitato spesso.
Gli sfuggì un verso di godimento e subito si maledisse mentalmente per essere finito in quella situazione. Doveva farle togliere quelle mani da lui, mandarla via.

Al suo sbuffo, Hermione si fermò e si ritrasse; lui rimpianse subito quel tocco fresco sulla sua fronte.
“Ho sbagliato, professore?” chiese la ragazza con lieve ansia.
“Potrei farti un elenco infinito di cose che questa sera hai sbagliato, Granger” replicò lui con una ferocia che ormai era dettata solo dall’abitudine.

“Lo so, mi dispiace” sussurrò Hermione seria. “È solo che... io non sono nè stupida, nè autolesionista, anche se è certamente ciò che pensa. Probabilmente rimpiangerò per tutta la vita di essermi fatta espellere... Io vorrei... Vorrei solo... Mi dispiace, signore. Mi dispiace per tutto: nessuno di noi si è mai preso la briga di crederle davvero, prima della fine. Nonostante questo lei ha sempre fatto il suo lavoro, protetto Harry e...”

“Taglia corto, Granger. Non ho intenzione di stare a sentirti balbettare discorsi così insopportabilmente Grifondoro. Ti ripeto che ho mal di testa, e ti ho detto di renderti utile, non sei qui per peggiorarlo” sibiló freddamente.
“Ha ragione, mi dispiace. Mi dica cosa posso fare, vorrei rimediare. Starò zitta, lo giuro” replicò velocemente Hermione mordendosi il labbro nervosamente.

Piton trasse un profondo respiro. Quante volte ancora avrebbe dovuto ripeterle di andarsene?

“Continua quello che stavi facendo prima... Per favore”.
Le parole uscirono da sole dalla bocca del professore. No, non era assolutamente quello che aveva avuto intenzione di dire.

Tuttavia Hermione parve felice di riprendere a massaggiargli le tempie, per quanto gli sembrasse assurdo.
Piton chiuse gli occhi, e si abbandonò completamente alle cure della ragazza. Probabilmente Minerva lo avrebbe cacciato, ma che importava? La sua vita era un tormento, tanto valeva approfittarne di quel momento.
Fece scivolare indietro la testa, appoggiandola sull’addome della ragazza in piedi dietro la sua sedia.

Per la prima volta dopo decenni sentì la sua mente che si svuotava piacevolmente dai pensieri, lasciandolo in un limbo ovattato. Non gli era mai accaduto di abbandonare ogni difesa e permettersi di non pensare a niente, affidandosi semplicemente a qualcun altro.
Uscì da quel silenzioso e rassicurante vuoto, solo quando sentì due labbra posarsi sulla sua fronte.

“Va meglio?” si informò Hermione con un tono così premuroso che gli spedì una serie di brividi lungo il corpo.
“Sì” sospirò con voce roca. “Ora spostati”.
Riaprì gli occhi e non aspettò nemmeno un movimento della ragazza: la spinse di lato, fece scivolare indietro la sedia e finalmente riuscì ad alzarsi.

In piedi la sovrastava.

Non gli sfuggì il lampo di inquietudine della ragazza, nel trovarsi di fronte in tutta la sua altezza il temuto professore di Pozioni e le sue vesti nere. Se avesse saputo che gli sarebbe bastato alzarsi per tornare a incutere terrore come sempre, lo avrebbe fatto prima.
Alzò la bacchetta e Hermione fece un passo indietro. Il momento fu carico di tensione, ma poi Piton si limitò a far evanescere la macchia di unto che era rimasta a rovinarle il vestito.

“Grazie!” esclamò Hermione, sconcertata per il gesto inaspettato.
“Ehm... Credo che ora dovrei andare” aggiunse in fretta, improvvisamente mortificata, quando il peso di ciò che aveva osato fare le precipitò addosso.

“Non così in fretta” sogghignò Piton divertito, muovendo qualche passo verso di lei e facendola indietreggiare fino al centro della stanza.

Hermione spalancò gli occhi sbalordita, quando Piton le prese una mano e se la posò sulla spalla.
“Sbaglio o mi hai chiesto di ballare prima?”. Il professore si lasciò sfuggire la cosa più simile ad un sorriso che avesse fatto da molto tempo e portò un braccio attorno alla vita della ragazza, nella tipica posa da ballo.
“È già sparito tutto il tuo coraggio, signorina Granger?” la canzonò nel vederla titubante e impacciata.

Hermione sembrò riscuotersi.
“Niente affatto” rispose con decisione, avvicinandosi maggiormente e facendo aderire il corpo a quello di Piton. “La musica?”
“Immagina...” le sussurrò in un orecchio.

Non fu un vero e proprio ballo, si limitarono ad ondeggiare lentamente al centro della stanza.
Piton dovette ammettere a se stesso di aver voglia di toccare di nuovo quella pelle liscia e morbida. Si permise di accarezzarle la mano con dei movimenti circolari del pollice quasi impercettibili.
Hermione reagì portando entrambe le braccia al suo collo, e stringendosi di più.

“Granger...” sibilò in tono di avvertimento.
Ma i suoi polpastrelli sfioravano il soffice velluto del vestito, ed era una sensazione molto piacevole. Così vicino poteva anche percepire il profumo fruttato che la ragazza aveva utilizzato quella sera.
Erano una serie di emozioni talmente estranee per lui che d’improvviso ebbe paura della reazione del suo corpo.

“No!” si lamentò Hermione, serrando le mani dietro il suo collo quando Piton cercò di staccarsi.

“Dovresti ballare con i tuoi amici” disse, senza nemmeno sapere perchè. Si sentì tremendamente stupido: il ballo era finito da un pezzo e lui si era intrattenuto in atteggiamenti non proprio appropriati con una studentessa, ben oltre il coprifuoco.
“Non vorrei ballare con nessun altro in questo momento” replicò la ragazza, trovando il coraggio di alzare il viso e guardarlo negli occhi.

Era stupenda. Stupenda, invitante e abbracciata a lui.

“Non sono così ingenua da pensare di poterti capire” disse Hermione. Piton socchiuse le palpebre con sospetto nel sentirsi dare del tu. “Ma in fondo neanche io mi ero mai veramente soffermata a pensare a cosa avrei fatto una volta sconfitto Voldemort; in effetti non ero affatto sicura che avremmo vinto.
La guerra ha cambiato molte cose e soprattutto, tutti hanno cambiato idea su di te. È un peccato che tu sia l’unico a non riuscire a perdonarti, perchè tutti gli altri lo hanno fatto. Mi hai detto che la tua vita non ha più alcuno scopo, ma io ho trovato il mio, questa sera”.

“E quale sarebbe?” chiese Piton, pur immaginando già la risposta. E in fondo aveva anche esaurito ogni reticenza. Stava bene con quel leggero corpo caldo tra le braccia.
Non aspettò nemmeno una risposta: si piegò in avanti, facendo inarcare la schiena di Hermione e la guardò negli occhi, ad un centimetro dalle labbra. Si beò dei respiri caldi e irregolari che gli sfiorarono la pelle, e cercò sul viso della ragazza qualche segnale che gli desse il permesso di continuare.

Quando sul viso di Hermione si fece strada un sorriso luminoso, Piton ricoprì quella piccolissima distanza che lo separava dalla sua bocca.
Quando aveva baciato qualcuno l’ultima volta?
Una fitta spiacevole gli attraversò il corpo, chiedendosi quanti ragazzi avesse baciato lei invece.
Tuttavia la sua inquietudine svanì nel nulla non appena Hermione cominciò a cercare più avidamente le sue labbra. Qualcosa si sciolse dentro al suo petto, lasciandolo senza respiro e con la voglia di tenerla abbracciata ancora più strettamente.

La ragazza, senza staccare la bocca dalla sua, si aggrappò a lui come se fosse sul punto di perdere l’equilibrio e il suo corpo fosse l’unico appiglio disponibile.

“Hermione...” gemette Piton con voce roca, cercando di spostarsi per mascherare la reazione del suo corpo e l’indurimento tra i suoi pantaloni.
“Il coprifuoco è passato, e tu non sei nel dormitorio”
“È un vero peccato,” rispose lei con un sorriso furbo e felice, “a quanto pare dovrai mettermi in punizione di nuovo”.



 
FINE
 





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N. d. A.

Ecco la mia brevissima storia di Halloween conclusa. :) (Volevo pubblicare ieri, ma visto che vi è piaciuta ho deciso di allungare un po' questo epilogo).
Spero abbiate gradito. Io anche mi sono divertita, perchè ho sperimentato.
Per questo, vi chiedo un unico favore, e ben preciso nel caso lasciaste una recensione... Avrete notato che nell’ultima parte di questo capitolo cambia il punto di vista, e la storia si svolge dagli occhi di Piton.
Quello che vorrei sapere è: lo trovate credibile o stona con il resto? Era meglio proseguire il punto di vista di Hermione? Lo chiedo perché cerco sempre di migliorare, e per farlo ho bisogno del parere di voi lettori. :)

Un grazie a tutti!

A presto.
   
 
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