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Autore: Emmastory    06/11/2015    3 recensioni
Farebury. Un piccolo villaggio dell'Inghilterra dimora di molti abitanti. Nell'anno 1615, si trova ad ospitare la famiglia della giovane Miriel Finnegan, che a causa di una tragedia, perde tutto ciò che possiede, ritrovandosi costretta a nascondere un recondito segreto che dimora unicamente nel suo sangue, ovvero l'essere parte di un'intera stirpe di streghe.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sangue di strega'
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Sangue-di-strega-I-mod
Sangue di strega: Origine magica
Capitolo III
Oltre l’amicizia
Un nuovo e luminoso giorno ebbe inizio senza farsi attendere. La luce solare solleticava i miei occhi, costringendomi ad alzarmi dalla branda dove riposo per iniziare a lavorare. Per qualche strana ragione, oggi gli affari sembrano andare a rilento. La popolarità del mio negozio è cresciuta, e per tale ragione, ora anche i giovani del villaggio si servono qui da me. Sono leggermente impazienti, ma la cosa non mi tocca. Spendendo i loro sudati risparmi, comprano sempre ciò di cui hanno bisogno, promettendomi ogni volta di tornare. Ad ogni modo, ero occupata a raccogliere le rupie dal bancone, per poi riporle in un sacchetto di tela che solevo usare come contenitore. Le prendevo in mano con estrema lentezza, concedendomi del tempo per saggiarne la consistenza. Esaminandole, scoprii che erano alquanto leggere, e che erano finemente lavorate. Il bronzo che le costituiva brillava al sole, e la sensazione di stare lentamente riguadagnando la mia fortuna poco per volta, mi rendeva felice. Il tempo continuò a scorrere, e finalmente, ebbi un momento per rilassarmi. Sedendomi su un piccolo sgabello, posai la mia mano sulle mie ginocchia, sperando di invitare Salem ad accoccolarsi sul mio grembo. Voltandosi verso di me, mi fissò per alcuni secondi con quelle sue iridi auree, per poi scegliere di avvicinarsi lentamente e sdraiarsi sulle mie gambe. Subito dopo, iniziai ad accarezzarlo, indugiando su punti quali il collo e la testa. Tale azione lo portava a fare le fusa, producendo un suono a bassa frequenza che aveva su di me un effetto calmante. Spostando poi il mio sguardo sul terso cielo mattutino, notai qualcosa di davvero strano. Un uccello volava silenzioso, e sembrava volermisi avvicinare. A quella vista, Salem balzò in terra, per poi sedersi e rimanere immobile a guardarlo fissamente. Fu quindi questione di un attimo, e il povero volatile, che scoprii essere un corvo, finì preda del mio gatto, rimediando una marginale ferita all’ala destra. Provando istintivamente pena per quell’animale, scacciai subito Salem, che fuggì impaurito, soffiando e mostrando gli artigli. Abbassandomi lentamente, raccolsi da terra il corvo ferito, scoprendo che a causa della ferita provocatagli dal mio gatto, non era più capace di volare. Rimediando quindi una benda dal mio lenzuolo, gli fasciai l’ala, per poi decidere di esaminarlo attentamente. Mentre ero nell’atto di farlo, notai che l’uccello sembrava stringere qualcosa nella zampa. Toccandola, lo invitai ad aprirla, per poi prendere in mano il bianco foglio che pareva volermi consegnare. Guardando meglio, mi accorsi di avere in mano una lettera, che iniziai a leggere mentalmente. Una volta finito, provai un’inspiegabile sensazione di tristezza. Quella che stringevo in mano, era una lettera di scuse, e il mittente non era che la mia amica Minerva. “Mi dispiace di aver interferito con la tua vita. Sono stata un’ingrata, e non avrei dovuto. In questa lettera chiedo il tuo perdono, sperando che tu riesca a concedermelo. Sei libera di decidere, e in caso contrario, capirò di aver sbagliato.” Queste le poche righe presenti in quella lettera, che mi spinsero a riflettere e scegliere di fare ciò che andava fatto, ovvero perdonare Minerva. Non potevo davvero affermare di conoscerla, ma nonostante tutto, la reputavo un’amica. Così, continuai a lavorare come avevo sempre fatto, attendendo il suo arrivo. I minuti scorrevano diventando ore, e la mia speranze di vederla iniziavano a scemare. Delusa, mi accinsi a chiudere bottega, e in quel preciso istante, la vidi avvicinarsi. Istintivamente, la chiamai per nome. Raggiungendomi, mi salutò amichevolmente, per poi scegliere di ordinare alcuni filoni di pane, che le consegnai evitando di farla attendere. Subito dopo, la invitai a raggiungermi nel retro. Rimembrando ciò che era accaduto appena il giorno prima, compresi di aver commesso un errore, e desideravo perdonarla porgendole le mie scuse. Lei non voleva che parlarmi, ed io le avevo urlato contro senza alcuna ragione. “Mi dispiace per ieri.” Dissi, abbassando lo sguardo a causa della vergogna provata. “Non preoccuparti, spiace anche a me.” Rispose, con una mesta espressione dipinta in volto. Poco dopo, Minerva si passò una mano fra i capelli corvini, e in quel preciso istante, un particolare attirò la mia attenzione. La manica del suo vestito era scivolata fino a scoprirle il polso, e sulla sua pelle giaceva un marchio uguale al mio. Ad ogni modo, rimasi in silenzio, tacendo la mia scoperta e attendendo che ricominciasse a parlare. Ritrovandomi di fronte al suo mutismo, scelsi di rompere il silenzio creatosi attorno a noi. “Avevo una sorella, e si chiamava come te.” Confessai, guardandola negli occhi azzurri e profondi quanto l’oceano. “Anch’io, e ti somigliava molto.” Disse, lasciando che le sue labbra si dischiudessero in un sorriso. A quelle parole, non risposi, limitandomi a guardarla. In quel momento, un dubbio mi balenò in mente. Non ne ero sicura, ma qualcosa in Minerva mi portava a credere che lei fosse una delle due sorelle che avevo perso dopo l’incendio della mia casa. Volendo quindi sincerarmi della sua identità, le rivelai un segreto del quale non avevo mai osato parlare con nessuno. “Sono una strega.” Dissi, tacendo al solo scopo di studiare la sua reazione. Per qualche strana ragione, l’espressione del suo volto era neutra, e guardandomi, sembrava volermi dire qualcosa. Le parole che pronunciò mi colpirono, suonando sorprendenti e veritiere al tempo stesso. “Lo sono anch’io, e nessun umano deve scoprirci.” Dichiarò, abbassando la voce unicamente per evitare di essere sentita. “Com’è possibile?” le chiesi, attendendo una risposta. A quelle parole, Minerva non rispose, salvo poi formulare una frase che mi fece scivolare in un spirale di incredulità. “Tu non ricordi, ma sono tua sorella.” Disse, guardandomi negli occhi. Subito dopo, scelse di mostrarmi il suo marchio. Lo avevo già notato, ma per qualche strana ragione, non potei evitare di mostrare la mia sorpresa. “Minerva! Credevo di averti perso!” esclamai, scegliendo di abbracciarla e non riuscendo a trattenere alcune affatto amare lacrime. Accettando quell’abbraccio senza proteste, Minerva sorrise, lasciando che mi sfogassi senza proferire parola. “Nasconditi e sarai al sicuro.” Mi consigliò, per poi sparire dalla mia vista come uno spirito o un fantasma. Dopo la sua sparizione, mi rintanai in un angolo, iniziando a pensare. Lo trovavo incredibile. Credevo che Minerva fosse una mia semplice amica, ma stando alle sue parole e ai miei seppur lontani ricordi, il nostro rapporto andava ben oltre l’amicizia. Il mio incontro con lei sembrava far parte di una sorta di miracolo, secondo il quale, con estrema lentezza, ogni tessera formante il mosaico del mio passato, stava riprendendo il suo posto.
   
 
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