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Autore: MaddaLena ME    10/11/2015    2 recensioni
Un repayment un po’ per tutti:
* Hermione
* Neville
* Piton
* i secondogeniti
* i secondi nomi
* i Serpeverde
* l’Occlumanzia e le Arti Oscure
* i sognatori, gli appassionati e i caparbi
* gli studenti
* i professori

Il cambiamento è goccia che scava la roccia: di fronte ad una mente brillante, un'altra non può evitare di esserne influenzata.. il rapporto è biunivoco!
Capitoli totali: 12
Dal cap. 2:
Squadrò la divisa, avvicinandosi, con un moto serpeggiante e sinuoso, fino a vorticare attorno al ragazzo. Con stupore evidente:«Dunque, sei un Serpeverde, per via del tuo secondo nome… per me?» domandò, ripensando a quanto gli aveva detto il giorno precedente.
Piton era incredulo. Lui ha fatto e avrebbe fatto qualsiasi cosa per Lily. Ma nessuno, che lui ricordasse, aveva fatto mai qualcosa per lui, solo per lui. Appositamente per lui. Tutto ciò gli parve insolito, per non dire sospetto.
Infatti, con una smorfia dipinta sul volto sgraziato, gli si avvicinò, per indurlo a parlare.
«Già, esattamente » disse appena, in un soffio, il giovane Albus Severus.
Genere: Comico, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Severus Potter, Nuova generazione di streghe e maghi, Severus Piton, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Il cerbiatto impavido

Binario 9 e 3/4. Il brulichio di ogni 1° settembre. La banchina che pullulava di bambini ed adolescenti, accompagnati dai loro genitori. Carrelli, bauli, civette, gufi, si confondono in un turbinio di baci, abbracci ed ultime raccomandazioni.
«Al, cerca di non prendere compiti supplementari in Volo anche quest’anno! Sei il figlio del più giovane cercatore da qui a un secolo… non dico di essere il migliore della classe, però…»
Albus arrossì fino alle orecchie, poi disse, in un soffio: «Farò il possibile, ce la metterò tutta… ma per me è difficile!»
Era impossibile resistere a quella sua disarmante sincerità. Appoggiò la testa del suo secondogenito al petto, lo strinse a sé con forza e gli sussurrò, scompigliandogli affettuosamente i capelli: «Lo so che ti impegni molto!».
Harry non lasciò il suo ragazzo che quando vide spuntare un timido sorriso; cercò con gli occhi il suo primogenito, nel tentativo di un saluto, ma si accorse che era ormai troppo tardi: era sicuramente ormai salito sul vagone, lo intravvedeva saltare e schiamazzare con un paio di compagni di scuola Grifondoro. Si volse alla sua figlia minore, che pareva non riuscire a staccarsi dalla madre.
Ginny la rincuorò: «Due anni fa non vedevi l’ora, adesso fai la timida? Vedrai che ti divertirai e troverai tanti amici!»
«E se qualcuno ti fa qualche dispetto, hai qui due grandi cavalieri, che ti trarranno d’impiccio, non è vero?» aggiunse Harry, facendo un occhiolino complice ad Al, che sorrise ed annuì con convinzione al padre.
Per un attimo, il ragazzo aveva pensato che forse, era lui che aveva bisogno di aiuto… ma una punta di orgoglio, aggiunta ad un istinto fraterno insito in lui, lo aveva convinto ad incoraggiare Lily, mostrandosi coraggioso e convinto anche più di quanto non lo fosse effettivamente.
Il treno fischiò. Era ormai l’ora degli ultimi saluti.
Teddy scese dal vagone ed aiutò Al e Ginny a caricare i bauli sullo scompartimento.  
Solo in quel mentre, videro arrivare i Weasley. Hugo era cresciuto un sacco dall’ultima volta che si erano visti. Era stato solo un paio di settimane fa. Aveva tutta un’altra faccia. Più convinto, più sicuro di sé. Non aveva più quell’aria da bimbo sperduto che lo aveva sempre caratterizzato. Aveva negli occhi l’entusiasmo di chi sta per vivere una nuova, grande avventura e ne è pienamente consapevole.
«Dai, Hugo, muoviti: quest’anno, ti aspetta il Cappello Parlante!» gli sorrise Al.
Hugo spiccò una corsa verso il vagone, dimenticando il carrello, che Ron fu costretto a portargli, con il suo baule. Teddy e James gli diedero una mano a caricare tutto, mentre Hugo raggiungeva i cugini nello scompartimento.
Il treno fischiò tre volte. I primi sbuffi di fumo imbiancarono l’aria. Gli stantuffi iniziarono a girare, veloci, mentre i genitori e gli amici si sbracciavano dalla banchina, per salutare figli ed amici che stavano per iniziare un nuovo anno scolastico alla Scuola di magia e stregoneria di Hogwarts.
***
«Primo anno, da questa parte!» risuonava, familiare, la voce di Hagrid.
Era il terzo anno per Al, il quarto per James ed il primo per la piccola Lily. Era eccitato ed impaziente di iniziare un nuovo anno scolastico, ma non era come la prima volta. Lui sapeva già cosa lo aspettava. Per cui poté permettersi di raccomandare a Lily:
«Segui con attenzione quello che ti viene detto. Se lo fai, non ti metterai nei guai!».
Non era il maggiore in assoluto, era solo il mezzano. Ma, rispetto a Lily, era comunque più grande, per cui gli sembrò normale preoccuparsi per lei, che era alla sua prima esperienza.
«Sì, Al… non sono una piccola stupida!» rispose, piccata. E gli fece una smorfia.
Al scosse la testa. Non cambierà mai. Alla fine, però, nonostante quel caratterino tutto pepe, era impossibile non volerle bene: era la piccolina di casa e tutti le perdonavano tutto. Al compreso.
«Ci vediamo in sala grande, per la cena!» la salutò, dirigendosi verso le carrozze.
James lo aveva già preceduto, mentre discuteva animatamente gli schemi di Quidditch da mettere in pratica durante l’anno, per poter vincere l’agognato Campionato.
Sulla riva, il brulichio si faceva sempre più fitto: decine di ragazzi e ragazze, di età compresa fra gli undici e i diciotto anni gremivano la spiaggia, si ammassano, si scontravano, si rincorrevano, si urlavano dietro, si salutavano a gran voce.
«Ciao, Al, non ti avevo visto sul treno!» lo raggiunse la voce di Michael McCunningham, suo compagno di Serpeverde.
Anche lui si era alzato parecchio, durante l’estate: era quasi irriconoscibile, con quel ciuffo sugli occhi che non aveva mai avuto, con quei dieci centimetri in più d’altezza e con quelle braccia che avevano guadagnato parecchio in muscolatura e forza. non l’avesse visto qualche giorno prima, non l’avrebbe per nulla riconosciuto, in quella folla.
«Ero coi miei fratelli e i miei cugini, sul treno… scusami, avrei dovuto cercarti io!» si scusò Albus.
«Oh, non importa!»
«Sei riuscito a venire senza problemi?»
«Ora sto da mio zio, Al. I miei genitori non vogliono bambini strani!» spiegò, con tranquillità inaspetttata.
«Oh…» disse Albus, e acquisì come una pugnalata la consapevolezza di quanto fosse fortunato.
Michael capì e, non volendo che si preoccupasse, si affrettò ad aggiungere, ostentando un certo orgoglio: «Comunque, con lui mi diverto molto. E mi lascia anche fare i compiti, anzi mi ha dato una mano con i saggi!»
«Bene… così sarai il migliore!»
«Aaaah.. smettila, Al. Come se non fossi tu il migliore!»
«Solo in Pozioni» si schermì il ragazzo.
«E in tutte le altre!»
«No, in Volo ho preso un sacco di compiti supplementari….»
Era vero. «Già, amico… fortuna che è l’unica materia. Non so come tu faccia! Che poi darti cinque temi come recupero dell’anno scolastico, in una materia pratica, è proprio un’assurdità!» commentò Michael, sincero.
Al scosse le spalle, ridacchiando con indifferenza.
«E li hai fatti?»
«Certo… »
«La cosa più difficile è stata solo la delusione di mio padre…» gli confidò, sincero. Nonostante facesse di tutto per non mostrarlo, era evidente che essere figlio di un cercatore leggendario ed avere compiti supplementari in Volo era quasi un’onta familiare.
«Beh, considerando che lui, alla tua età era il più giovane cercatore di Quidditch da secoli, per non parlare di tuo fratello che ——»
«Stop, Michael: puoi anche evitare di ricordamelo, ogni volta, no?»
«Oh, andiamo, devi fartelo dire da un Sanguesporco come me? Il Quidditch è IL gioco dei maghi, come si può ———»
«Mike, ne abbiamo già parlato… non lo so: non ci riesco… non mi piace, non mi dice nulla. Non so che dirti, la mia strada è semplicemente… diversa! So solo che… devo seguirla!»
«Ok, non ti scaldare…» rispose, facendogli il verso
Erano arrivati.
«Vieni in stanza, allora?» propose subito Michael
«No, tu vai… ci vediamo dopo, nella Sala Grande, ok? Ora… devo fare una cosa!» disse soltanto, vago.
Michael lo vide sparire, letteralmente. No, non ci si può smaterializzare ad Hogwarts; ma la corsa che spiccò non fu molto più lenta. Per cui, sembrò quasi una letterale sparizione.

I suoi piedi piegavano lievemente l’erba umida che, docile, gli cedeva spazio, per lasciarlo incedere. Il sole stava ormai tramontando, dietro le montagne e gli ultimi bagliori si riflettevano sul Lago Nero. Un prefetto doveva averlo visto, gli aveva intimato di fermarsi, ma, complice l’oscurità calante ed i cespugli, Albus era riuscito a far perdere le proprie tracce.
Con un solo movimento, mosse le fronde, spiccò un balzo e si ritrovò a…. scivolare rovinosamente sul freddo pavimento della caverna.
«Sono tornato!» esclamò Al con entusiasmo, ancora ansante per la corsa, senza neanche guardarsi intorno, tanata era la convinzione che lo avrebbe trovato lì, come sempre. Erano quasi le sette, rischiava di arrivare in ritardo per la cena e perdersi lo smistamento della sorella; ma quella volta, Albus aveva deciso di correre il rischio. Non resisteva un minuto di più. Era tutta l’estate che attendeva quel momento!
«Come mai così di corsa, Potter? Inseguito da un grizzly?» domandò con lentezza sorniona.
Albus gli sorrise e, ignorando la domanda, gli si rivolse, con fretta eccitata (e, in parte, anche giustificata, dal poco tempo a disposizione): «Quest’anno c’è anche mia sorella Lily, è al primo anno, deve ancora essere smistata….Quanto mi è mancato, Professore! Possiamo vederci ancora?»
Piton si avvicinò. Lesse un timore incontrollabile, negli occhi del ragazzo «Purché non influenzi negativamente il tuo rendimento scolastico! Quest'anno hai più materie....».
«Infatti! Aspettavo Lei per quello... Speravo in un consiglio!»
ammise il ragazzo.
«Dimmi!» lo esortò
Il volto di Al si illuminò. Non attendeva altro.
«Non mi interessa nessuna più delle altre, tra le materie opzionali. Lei quali sceglierebbe? Quali ha fatto, all'epoca? Oppure, quali consiglia, a me?» domandò, in un turbinio di interrogativi che sciorinava uno via l’altro.
Piton si ritrasse un poco da lui. Questa situazione continuava a metterlo a disagio. Sembrava che stesse sviluppando nei suoi riguardi quell'attaccamento che il padre aveva per Silente. O, quanto meno, qualcosa di molto simile. Tuttavia, ritenne di potergli rispondere: «Antiche Rune e Aritmanzia sono le migliori, per uno come te!» rispose senza mostrare alcun dubbio, poi aggiunse: «Se riesci a convincere un certo numero di altri studenti, dall’anno prossimo potresti fare Alchimia. Per uno come te, così naturalmente portato per le nozioni, sarebbe senz’altro interessante!»
«Grazie, grazie mille!» fece Al, ancora incredulo di aver ricevuto risposta, con una nota d’emozione nella voce. E poi tacque, e lo guardò soltanto, incapace di dire qualunque altra cosa.
«Volevi dirmi altro?» ruppe il silenzio Piton, senza preamboli, vedendolo incerto.
«Expecto Patronum!» proclamò. Un piccolo, rudimentale Patronus incorporeo si era effettivamente sprigionato dalla punta della bacchetta, nonostante non fosse riuscito a farlo durare più di pochi secondi.
Gli veniva quasi da sorridere, per quanto era infantile quel tentativo. D’altronde, era un risultato a cui non tutti arrivavano in una vita intera. Non poteva essere troppo duro: «Direi che c’è da lavorare ancora parecchio, Albus» commentò lo spettro, sincero.
Al fece una smorfia poco convinta, in assenso al commento del professore, che trovò ugualmente motivo per rimbrottarlo: «Dove ti saresti esercitato, se ti è proibito usare la magia, fuori da Hogwarts?»
«Io... Non ero sicuro di riuscirci ora, infatti… Mi ero esercitato solo a cercare pensieri felici!» ammise, arrossendo lievemente.
Niente male come pensiero, per un Potter!
«Che  altro intendi fare, quest’anno?» proseguì Piton.
«Veritaserum!» replicò, deciso.
Puntava alto, il ragazzo.«Veritaserum?»
«È possibile?» domandò, più incerto
«Sai che è illegale produrla, eccetto per i più grandi Maestri di Pozioni?»
«Sì, lo so... Ma la preparerei sotto la Sua supervisione e poi non la userei... Solo per imparare. Gliela consegno, gliela affido, se non si fida di me! È possibile?» insistette Al, con veemenza.
«Se non ti fai mettere in punizione, per aver fatto tardi alla cena dello Smistamento!» lo punzecchiò, dispettoso, Piton.
Al si contrasse, fece un balzo indietro: «Mannaggia, è vero… è tardissimo e c’è lo Smistamento di mia sorella: se me lo perdo, quella mi ammazza direttamente!».
Accennò un inchino, si volse lestamente indietro: «Buonanotte, Professore, torno appena possibile… solo, non vedevo l’ora di tornare… qui!». Una confessione d’affetto e rispetto in una semplice frase, condita dal sorriso più buono del mondo.
Impossibile, per Piton, riuscire a trovare la forza di reagire in modo immediato.
A grandi falcate, il ragazzo si allontanò, avvolto dal buio della notte.
«Buonanotte, promettente occlumante!» lo salutò il professore, ma, pressato dall’ansia del ritardo, Albus non poté sentirlo.


***
«Proviamo una sfida di occlumanzia?» azzardò un pomeriggio Al, con gli occhi che gli brillavano, desideroso di misurarsi e mettersi alla prova col grande mago, incurante della possibilità di perdere rovinosamente quella sfida.
«Tu non sai quel che chiedi!» Commentò Piton.
Ma non era sua intenzione solo metterlo in guardia. Ora, senza il pensatoio, non poteva eliminare nulla dalla sua mente: il ragazzo avrebbe potuto vedere qualunque cosa!
Certo, anche viceversa, naturalmente. Piton, al contrario di Al,  faceva fatica a provare quella fiducia incondizionata in qualcuno che al ragazzino pareva connaturata e che, di contro, spaventava enormemente Piton, perché la sua esperienza gli suggeriva che non potesse portare altro che guai al giovane Potter. Ancora una volta, però, il sorriso mite e gentile di Al, ottenne il suo effetto.
«E va bene!» Bofonchiò Piton «Spero non ti lamenterai delle conseguenze, avendolo chiesto!»
«Nossignore» sussurrò appena Al, incerto se fosse il caso di rispondergli.  
Piton sfoderò la bacchetta e, fulmineo, pronunciò: «Legillimens!».
Il ragazzi fu preso alla sprovvista e non riuscì a proteggere alcun ricordo, sulle prime. Vide qualcosa che non avrebbe mai voluto vedere. Quello che il ragazzo aveva sempre evitato di dirgli apertamente, che era forse il motivo per cui voleva essere 'pronto'.
Così piccolo e magro, sembrava anche più piccolo della sua età. Sembrava un cerbiatto che cercava di correre, mentre le sua gambe, acerbe nei movimenti, s'intrecciavano tra loro, incapaci di seguire la velocità della sua mente acuta. Al correva a perdifiato, inseguito da ragazzi più grandi di lui. Michael non lo abbandonava mai, ma non era mai stato sufficientemente veloce per poter essere efficace nella sua difesa e del resto, gli altri erano troppi per poter essere affrontati da un solo mago. Una bacchetta può fare un incantesimo alla volta. Eppure, mai una volta andò a segnalare l’accaduto ad un insegnante: cercava, di volta in volta, la strategia migliore per cavarsela con minori danni. Ma possibile, si chiedeva, che nessuno, tra gli adulti si accorgesse delle continue vessazioni che subiva?
Si commosse profondamente, a quella vista, rivedendo se stesso nei ricordi del ragazzo. Per un momento, perse la concentrazione e Al si introdusse nella sua mente, riuscendo a vedere i luoghi della sua infanzia e il pessimo comportamento di Piton senior.
Il sorriso soddisfatto del ragazzo, orgoglioso del suo successo, si spense all’istante, in una smorfia di disgusto sincero, fino a trasfigurarsi in una curva di indignazione, coi pugni serrati e le unghie che gli penetravano nella carne.
In genere, nell’occlumanzia, tende ad essere più indifeso chi viene penetrato che, può, occasionalmente, provare dolore per quest’invasione della propria privacy.
Eppure, stavolta, chiusa la propria mente, alla visione della reazione del ragazzo, si accorse, con stupore, di essere preoccupato per Albus: non riuscì a sgridarlo, perché i suoi lineamenti si erano tanto contratti, il suo volto era tanto impallidito, che temette il peggio. Lo trapassò da parte a parte a velocità folle, solo con l’intenzione di rinfrescarlo, diverse volte.
Il ragazzo parve riprendere colore, ma ancora respirava affannosamente, in un accesso di rabbia, che pareva non lasciarlo.
Finalmente aprì bocca e sentenziò soltanto, con rabbia: «Non doveva… non doveva! Come ha osato?». non disse altro, ma Piton capì che il giovane si riferiva a suo padre. E che, se non andava oltre, era solo per rispetto a lui, perché la sua indignazione pareva essere davvero enorme. Pronunciato questo tacque, si lasciò cadere a terra, sconfitto. Annichilito.
Piton si trovò a pensare che nulla era andato come doveva. Egli aveva sorpreso il ragazzo. Il ragazzo aveva saputo riprendersi dall’intrusione ed entrare dentro la sua mente, nonostante il docente, al contrario del solito, non gli avesse espressamente spalancato l’accesso. Ma nessuno era risultato vincitore.
Il risultato era che avevano sofferto entrambi, pur non avendolo voluto. Ecco perché l’occlumanzia, pur rivelandosi talvolta utile ed in rari casi indispensabile, rimaneva magia oscura.
Al lo guardava, sconvolto, mentre, a poco a poco i suoi lineamenti, non senza sforzo, cercavano di rilassarsi, fino a riprendere i soliti contorni garbati che ne caratterizzavano l’espressione.
«Sei soddisfatto?» domandò Piton, d’un tratto. ed era difficile comprendere se fosse davvero arrabbiato, preoccupato, deluso, o solo fuori di sé. L’espressione della sua voce era sfuggente e difficilmente interpretabile.
Al scosse la testa, sconsolato. Aveva sempre pensato che imparare cose nuove fosse un’avventura esaltante, che ogni nuova sfida gli avrebbe fatto conoscere se stesso e le sue potenzialità, che sarebbe cresciuto ogni volta un po’ di più come mago e come ragazzo. Non aveva mai pensato che sapere certe cose non fosse, propriamente, bello! Soltanto in quel momento capiva il rifiuto risoluto di suo padre di avvicinarlo all’occlumanzia, così come ad ogni magia oscura. Forse era un eccesso di tenerezza nei suoi confronti, ma preservarlo era il suo modo di volergli bene, ma certo (ora gli era chiaro!) non l’ostinazione di impedirgli di esprimere le sue potenzialità.
«Adesso ti sei calmato?» chiese Piton, pur conoscendo la risposta da quelle pupille che ritrovavano la loro normale dimensione, mentre il battito ed il respiro si regolarizzavano a vista d’occhio.
Il ragazzo annuì lievemente, con un cenno impercettibile del capo.
«Intendi continuare?» domandò secco a quel punto Piton, serio, intuendo che da questa risposta e dal motivo di quest’ultima avrebbe potuto capire molte cose.
Tuttavia, il ragazzo non rispose. Non subito. Un implacabile silenzio li separò per diversi minuti. Piton fu tentato di sollecitarlo, nella malaugurata ipotesi che non avesse capito la domanda o che non l’avesse sentita. Ma capì che non era necessario. Quei limpidi occhi di smeraldo gli rivelavano tutto, senza bisogno di incantesimi.
Stava riflettendo. Quella domanda ne sottintendeva tantissime altre, ma, in sostanza, si riduceva allo scoprire cosa volesse e se lo volesse davvero.  
Prese un profondo respiro e disse semplicemente «Sì, signore. Anzi, grazie per la fiducia!»
«Perché?»
«Perché ho capito che sottoporsi all’occlumanzia, in modo volontario, presuppone grande fiducia reciproca!»
No, il ragazzo non aveva capito cosa Piton volesse sapere. Anche se aveva capito molto di più di quello che Piton avrebbe voluto. Allora il pozionista rifece la domanda, evitando volutamente di commentare la risposta del ragazzo: «No, Albus, non era questo che volevo sapere. Perché hai detto che vuoi continuare, mentre è evidente che sei rimasto impressionato dagli effetti di questo esercizio?»
Vide il ragazzo raccogliere le forze: era evidente che questi voleva assicurarsi di rispondere in modo inequivocabile. «È una magia difficile, molto. Impegnativa e faticosa. Ma saperla utilizzare può servire a proteggere chi amo. Per questo motivo, posso e voglio sopportare l’impegno che essa richiede! Tuttavia, è lo stesso vero che mi dispiace poter conoscere il Suo passato, professore!» rispose a fior di labbra, tutto tremante.
Piton fu rassicurato da questa risposta, ma disse soltanto: «È meglio che tu vada, adesso. Vediamoci domani!»
«Va bene, Professore. Grazie per la lezione di oggi!» disse il ragazzo, scomparendo tra i cespugli, con gesti più lenti e controllati del solito.
Sì, Piton doveva ammetterlo: quella risposta lo aveva enormemente rasserenato. Lui aveva perfettamente presente, specialmente adesso che aveva tanto tempo a propria disposizione, in silenzio e senza nessuno, i propri errori. Sapeva perché si era lasciato attrarre dalle Arti Oscure e dalle lusinghe di Voldemort. Era desiderio di gloria e potere, era voglia di rivalsa, su una vita che era stata ingiusta. Ma la vita dei Mangiamorte non era veramente migliore, perché non può riempire il cuore nessuna azione senza cuore! E indietro non si torna. Non senza lasciarci la vita.
L’interesse del ragazzo per le Arti Oscure, la predisposizione per l’occlumanzia lo avevano entusiasmato e preoccupato nello stesso momento. Ogni grande potere, presuppone grandi responsabilità. Sarebbe stato in grado di sopportarle? Sulle predisposizioni non era colpevole il ragazzo: nessuno può sceglierle. Ma inseguire una conoscenza pericolosa poteva rivelarsi deleterio per sé e per gli altri. Per questo, sin da principio, pur contento di tramandare le proprie conoscenze, si era reso conto che avrebbe dovuto vigilare con particolare e scoprire le vere intenzioni del ragazzo. Non potevano sbagliare di nuovo, ad Hogwarts: non potevano allevare un nuovo Voldemort. Non se lo sarebbe mai perdonato. Ma, giorno dopo giorno, tutto si faceva sempre più chiaro. Nonostante l’eredità di un cognome pesante si facesse sentire e il giovane Albus si sentisse talvolta frustrato, non cercava gloria, né potere, né rivalsa. Cercava solo il proprio spazio, cercava se stesso e la propria strada, ostinatamente. Ma la sua anima era pura: non dava importanza ai lati oscuri della vita, sapeva trovare il sorriso in ogni situazione, lottava per essere semplicemente se stesso. Ed era una creatura meravigliosa. La sua sete di conoscenza e la volontà di proteggere chi amava erano le uniche motivazioni che lo spingevano ad andare avanti nel progresso impegnativo sulla via delle Arti Oscure, anche quando questo comportava una sua sofferenza personale. E tante erano le sue sofferenze personali, per la sua straordinaria empatia. Ora ne era certo: poteva stare tranquillo: se nulla lo avesse “guastato”, avrebbero solo avuto un grandissimo occlumante, pozionista, conoscitore delle Arti Oscure. Al servizio della Luce!
   
 
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