Fumetti/Cartoni americani > X-men
Segui la storia  |       
Autore: Rin Hisegawa    26/02/2009    1 recensioni
Magneto ha 28 anni, Mystique 17. I due si incontrano per caso, ed ha inizio una collaborazione che è destinata a durare per moltissimo tempo... La mia versione di come Raven e Erik (del SINGERverse) si sono incontrati, con qualche spunto dal comics, scritta PRIMA dell'uscita di X-Men: First Class. [MAGNETO / MYSTICA]
Genere: Azione, Romantico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Erick Lensherr/Magneto, Raven Darkholme/Mistica
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Raven è silenziosa, si sente infallibile e letale.
Sa che il suo mondo è fatto di questo: la notte, la luce dei lampioni distante nelle strade trafficate.
Scivola oltre un angolo, scova una porta semiaperta: il retro di un locale. Vivere così, procurandosi quello che le serve senza preoccuparsi di farlo in modo legale, non è stata una decisione difficile da compiere. E' bastato che lo stomaco prendesse a lamentarsi, per convincerla che un piccolo furto era esattamente la cosa giusta da fare.
Si introduce nella piccola stanza buia, stando attenta a non sbattere contro le casse di birra appoggiate davanti alla porta. Non ha neppure bisogno di nascondere il proprio vero aspetto: ecco un altro vantaggio del vivere da sola. Ricorrere alla metamorfosi è pratico, di giorno, ma la stanca in maniera insopportabile; ed ha già abbastanza fame così, senza dover consumare le poche forze rimaste cercando di sembrare una ragazzina qualsiasi.
Freneticamente, prende a frugare in una dispensa traboccante di pane e barattoli vari. C'è talmente tanta roba, lì dentro, che non deve preoccuparsi di riempirsi le tasche e la borsa finché c'è spazio. E, quando saranno pieni, potrà sempre fare un secondo viaggio.
Desiderosa di placare i crampi dello stomaco affamato, strappa la plastica di una confezione di patatine e se ne caccia in bocca una manciata.
Estasi allo stato puro.
Ingoia rapidamente il boccone, osserva il sacchetto pensierosa, poi ingurgita in fretta anche il resto, cercando di non fare rumore.
Eppure non lo ha dimenticato, che non bisogna mai trattenersi troppo a lungo sul luogo di un furto.
Lo sa bene, che il locale è aperto e in piena attività proprio a quell'ora.
- Che cosa stai facendo, ragazzina?
Le parole la investono, improvvise come una frustata, interrompendola proprio nel bel mezzo della seconda razione di patatine.
Un uomo troneggia a qualche passo da lei, le mani sui fianchi, un grembiule bianco drappeggiato malamente sul fisico muscoloso. Nel buio Raven non riesce a distinguere i lineamenti del suo volto, ma dal tono della voce deduce che è davvero infuriato.
Si appiattisce contro il legno dell'armadietto, tremante, in cerca di una valida scusa; nel terrore che quel momento porta con sé, neppure le viene in mente di usare il proprio potere mutante per assumere un aspetto un po' più umano.
- Stai rubando, ecco cosa fai! Vieni subito fuori, piccola bastarda, che te la faccio pagare!
Detto fatto, l'uomo la afferra per un braccio e la trascina all'esterno, l'oggetto del furto ancora stretto in mano. Sta gridando qualcosa, ma Raven è troppo terrorizzata per capire il significato delle sue parole.
Tenta di divincolarsi, è molto veloce nella corsa e conta di seminarlo in poco tempo; ma la sua presa è davvero resistente, e lei è ancora troppo debole per la fame...
Improvvisamente, l'uomo emette un'esclamazione di sorpresa; una mano afferra il mento di Raven, costringendola ad alzare la testa. La fissa negli occhi, e la sua espressione feroce lascia lentamente il posto all'odio, misto alla paura.
- Tu... - le parole gli escono a stento, alterate dalla sorpresa e dalla collera cieca - ... una mutante!
Avrebbe dovuto pensarci subito. Neppure si stupisce, quando sente il pugno di lui impattare contro la guancia destra, gettandola a terra. Non prova a rialzarsi, perchè sa che lui la farebbe cadere di nuovo.
- Maledetta feccia, sei entrata nel locale sbagliato!
Con la coda dell'occhio, Raven scorge un bagliore sinistro tra le mani dell'uomo. Un coltello. Maledizione, sembra che ultimamente tutti la vogliano accoltellare. Si porta le mani sulla testa, scioccamente, come se questo potesse bastare a difendersi da un energumeno armato.
Il coltello penetra nella carne del suo braccio una volta, facendola gridare.
Il suo campo visivo si riempie di macchie rosse e nere, che danzano di fronte ai suoi occhi come fantasmi beffardi e minacciosi.
Rosso come i suoi capelli, rosso come il suo sangue... chi avrebbe mai detto che sarebbe morta in un simile modo? Chissà se a qualcuno verrà in mente di chiamare casa sua, quando troveranno il suo corpo senza vita abbandonato in quel vicolo buio?
Che sciocca, sicuramente l'uomo eliminerà le prove prima di tornarsene al lavoro.
- Cosa...?
Raven aspetta il secondo colpo, che però non arriva.
L'aggressore la fissa sbigottito, immobile, perfettamente congelato sul punto di piantarle la lama addosso un'altra volta.
- Cosa sta succedendo?
Lei non lo sa.
Si limita a fissarlo e, nonostante il dolore lancinante al braccio ed il senso di debolezza che la pervade, approfitta per strisciare a qualche metro di distanza, lontano dal suo raggio d'azione. Stranamente, lui non accenna a muoversi.
- Cosa mi hai fatto, maledetta strega? Liberami immediatamente, o giuro che ti faccio pentire...!
Pentire? E come? Guardandola a morte? Raven si lascia sfuggire una breve risata, e quel suono la stupisce e la spaventa un po'.
Ridere in un momento simile? Magari la solitudine la sta facendo impazzire.
Con un tintinnio sinistro, il coltello cade dalla mano dell'uomo e si infrange sull'asfalto freddo del vicolo; Raven osserva la striscia scarlatta del proprio sangue, dal luogo dove si trovava prima alla sua attuale posizione.
Poca strada. L'ideale sarebbe alzarsi e scappare, se solo le gambe non le tremassero in quel modo...
- Fortuna che al giorno d'oggi la gente abbia un sacco di ferro nel sangue, eh?
La voce inaspettata la fa sussultare di nuovo.
Raven si volta verso il luogo dove dovrebbe trovarsi colui che ha parlato, ma non vede altro che buio fitto e un muro di mattoni. L'aggressore digrigna i denti, e aggrotta le sopracciglia, nell'evidente sforzo di liberarsi dal vincolo invisibile che lo ha intrappolato.
- Fossi in te scapperei a gambe levate, visto che puoi ancora usarle... per ora.
L'incantesimo che legava l'aggressore si scioglie rapidamente com'è venuto, liberandolo dalla morsa che lo tratteneva in quell'assurda posizione. Barcolla per qualche istante, prima di voltarsi verso l'ombra attraverso cui l'altro ha parlato.
L'altro... ma chi? Il volto dell'uomo è una maschera di terrore.
Raven lo osserva allontanarsi correndo, senza neppure guardarsi indietro: che pavido, subdolo piccolo insetto... capace di fare lo sbruffone soltanto con i deboli, terrorizzato da una semplice minaccia, spaventato dalla pura non conoscenza del nemico.
- Sei stata coraggiosa.
Lei alza gli occhi, appena meravigliata; del resto non ha più molta importanza, chi sia il suo misterioso salvatore. Quello che conta è che è ancora viva, non abbastanza da correre via e mettersi in salvo, ma sufficientemente da poter gridare forte nel caso in cui il giovane uomo che le sta davanti abbia anche lui cattive intenzioni.
- Ce la fai ad alzarti da sola?
Raven scuote la testa, senza staccare gli occhi dal volto di lui. Non può essere malvagio, non con quei grandi occhi azzurri e quel sorriso gentile.
Sente il sangue scorrere fuori da lei, attraverso la ferita, e sa di essere sul punto di perdere i sensi. Il ragazzo le tende la mano, e lei fa per afferrarla fiduciosa: non conosce il suo nome, e neanche le sue intenzioni; ma è un mutante, proprio come lei... e, da che mondo è mondo, tra reietti ci si aiuta.
- Andrà tutto bene.
Raven muove qualche passo, incerta, stringendo le labbra: la nausea la assale. Il mondo ruota rapido attorno a lei, che stringe convulsamente la mano del suo salvatore senza proferire parola. Poi, senza neppure rendersene conto, sviene tra le braccia di quell'uomo sconosciuto.



Al suo risveglio, Raven apre gli occhi su una stanza che non ha mai visto prima.
Si guarda attorno per qualche istante in silenzio, stupita, stampandosi nella mente ogni dettaglio di quel luogo gradevole e sconosciuto: un letto ampio e pulito, coperto da lenzuola candide; una finestra, sul lato destro della camera, attraverso la quale si scorge uno spicchio di cielo azzurro; il soffitto spiovente, di legno chiaro come il parquet del pavimento... ogni cosa ispira calma e fiducia, tutto suggerisce quiete e riposo.
Proprio per questo motivo, la ragazza sa di non essere al sicuro.
Senza far rumore, scivola via dalle coperte morbide e calde, raggiungendo il suo zaino poggiato ai piedi del letto. Qualcuno le ha medicato la ferita, ed il suo braccio sinistro è stato accuratamente fasciato. Ringrazia mentalmente il giovane sorridente della sera prima per quel gesto gentile, e si chiede se davvero non si tratti di qualcuno desideroso di darle una mano.
Regola numero uno: mai farsi ingannare dalle apparenze.
Non riesce a trovare i suoi vestiti da nessuna parte. Erano sporchi e strappati, probabilmente macchiati dal sangue che è sgorgato dalla ferita quando quell'uomo l'ha accoltellata...
Con una smorfia contrariata, alla fine si arrende ad indossare la maglietta bianca ed i jeans che qualcuno ha lasciato per lei su una sedia.
I pantaloni sono un po' grandi, e deve arrotolarli un paio di volte alle caviglie per potersi vedere i piedi. Scivola nelle vecchie Converse nere sciupate dal tanto camminare, e si getta lo zaino su una spalla. Grazie dell'aiuto, me ne torno da dove sono venuta.
Se non fosse diventata tanto cinica, si sentirebbe davvero maleducata.
Parlare col ragazzo che l'ha salvata?
Domandargli il motivo di tanta premura?
Raven non ci pensa neppure per un secondo. E' ancora viva, e questo è quello che conta. Lo sarà anche domani? Non conosce la risposta. Tutto ciò che sa è che nessuno è mai stato davvero gentile con lei, e quindi deve andarsene da quella casa prima che venga il momento di dover pagare con gli interessi per i favori ricevuti.
Scivola fuori dalla porta, ed imbocca il corridoio. Una fila di porte tutte uguali, intervallate da piedistalli sormontati da graziose piante in vaso.
Quanto accidenti è grande quel posto? E soprattutto, di che posto si tratta? Pur non sapendo la risposta, Raven sente di non averne bisogno. Ovunque sia, non ha intenzione di restarci un minuto di più. Cautamente, imbocca una scala che conduce al piano inferiore.
Non c'è un'anima, in giro, chissà che ore saranno? Il suo stomaco le comunica che, in ogni caso, è il momento di mangiare. Il pacchetto di patatine che le è quasi costato la vita, ormai, non è che un ricordo lontano.
Remotamente la ragazza si chiede se non valga la pena di fare un salto in cucina, prima di andar via; ma, un po' per riconoscenza ed un po' per timore, decide che in effetti riempirsi la pancia al momento non è il problema principale.
Meglio andarsene via; tenterà di rubare qualcosa lungo la strada, una volta fuori.
Attraversa un salotto moderno, una grande stanza con un divano sformato ed un gran numero di cuscini sparsi dappertutto. C'è un televisore, il più grande che abbia mai visto. Un impianto stereo modernissimo, in un angolo, fa bella mostra di sé.
Chi accidenti è quel ragazzo che l'ha aiutata? E' casa sua, questo Paese delle Meraviglie inaspettato? Tutto ad un tratto, l'idea di andarsene così su due piedi non sembra poi tanto buona.
Eppure...
La parete sinistra del salotto è interamente composta da una vetrata dotata di porta, che si affaccia su un giardino verdeggiante corredato di fontana. Lontano lontano, oltre quel paradiso naturale in piena fioritura, un cancello di metallo scuro interrompe il perimetro del muro che delimita il giardino. Eccola, la tanto attesa libertà.
Libertà imposta, perchè infondo a Raven sarebbe piaciuto poter essere una bambina normale, ed andare a scuola come tutti gli altri nel suo modesto quartiere di periferia.
Libertà desiderata, perchè incontrare ogni giorno i sorrisi falsi e le occhiate di puro disgusto ti insegna a chiudere il cuore, a restituire l'odio per l'odio e lo scherno per lo scherno, anche se infondo saresti una ragazza gentile.
Libertà conquistata, perchè dover sopportare gli sguardi e le offese della gente che ti reputa pericolosa, col tempo, ti rende pericolosa davvero.
- Vai già via?
La voce gentile alle sue spalle la fa sobbalzare.
Raven si volta lentamente, sbirciando con la coda dell'occhio la figura che si è appena avvicinata. Lui le sorride tranquillo, le mani cacciate nelle tasche dei jeans, i capelli chiarissimi e sottili che gli ricadono, lisci, sugli occhi socchiusi.
- Speravo che volessi fermarti per un po', almeno il tempo di guarire del tutto da quella ferita...
Lei scuote la testa, senza cambiare espressione.
Diffidente.
Come un gatto randagio catturato e preso in gabbia; come una persona che è stata ingannata troppe volte, ed ha deciso di non farsi più fregare.
Il ragazzo muove qualche passo verso di lei, lentamente, senza rompere il contatto visivo. I suoi occhi non sono semplicemente azzurri, nota Raven. Hanno il colore dell'acquamarina.
- Erik Lehnsherr – si presenta, e per un attimo tende la mano.
Poi cambia idea, rendendosi conto che lei non risponderebbe mai a quel saluto formale. Il braccio ricade lungo il fianco, con perfetta disinvoltura: sembra che niente riesca a farlo sentire a disagio.
Raven prova l'immediato desiderio di verificare.
- Sei un mutante.
Non è una domanda.
Per un attimo, la ragazza crede di averlo stupito.
Poi Erik ride di una risata sincera, e sembra ancora più giovane di quanto non sia.
- Sei perspicace, come pensavo! Si, sono un mutante... ho il potere di controllare i metalli, di qualsiasi genere. Adesso che lo sai, se vuoi puoi anche chiamarmi Magneto.
E' seriamente divertito.
Raven stringe le labbra, incerta su cosa replicare.
Magneto?
E' finita in una gabbia di matti. O meglio, il matto è uno solo... ma è sufficiente a farle dubitare di essere davvero al scuro. Intanto, il giovane uomo ha estratto una chiave dorata dalla tasca dei jeans, e la osserva come se non l'avesse mai vista prima.
- Questa – dice, tendendo la chiave a Raven, in attesa che lei la afferri – apre quel cancello laggiù.
Con un gesto teatrale indica l'inferriata scura e lontana, oltre il giardino. E' di metallo: probabilmente, Erik potrebbe benissimo controllarla da quella distanza... eppure le porge una chiave.
Ovvio, vuole che sia lei a scegliere, con la propria mente. Vuole che se ne vada da sola, liberandosi con le sue stesse mani.
Quel ragazzo, Magneto. Sembra una persona davvero intelligente. Intelligente e scaltra, è facile capirlo dal suo sorriso, mentre le porge il pass-partout verso la libertà. Ma stavolta Raven è tentata all'idea di lasciarsi ingannare.
Le successive parole di lui la investono come una pioggia gelata, improvvise, pronunciate con la stessa espressione serafica di sempre.
- Immagino che a casa ti stiano aspettando, signorina senza un nome – le dice dolcemente, senza smettere di scrutarla con simpatia.
Lei abbassa lo sguardo, senza sentire davvero il bisogno di replicare a quella affermazione. In un attimo, la consapevolezza la assale.
Non si tratta di non poter più rivedere la sua famiglia, del resto sa bene che è giusto così. La sua famiglia... non hanno voluto altri figli, dopo di lei, per paura che anche loro nascessero diversi. Nessuno si è mai preoccupato troppo all'idea che lei potesse capire quello che provavano.
Ciò che la spaventa, adesso – ciò che Raven davvero sente di non poter sopportare – è la certezza di non avere un futuro. Può scappare in eterno, può vivere una vita come ladra, spendendo tutto il suo tempo nel tentativo di non morire. A che cosa serve, un'esistenza del genere? Quando hai trascorso sedici anni a sentirti trattare come qualcosa di sbagliato, senti di dover quantomeno lasciare una traccia significativa del tuo passaggio su questa terra.
Raven non ha una casa a cui tornare, e non ha un progetto da portare a termine per cui valga la pena di lottare fino allo stremo.
Senza alzare gli occhi dalla punta delle proprie scarpe, finalmente trova il coraggio di dire qualche parola.
- Nessuno mi aspetta a casa. Non ce l'ho più, una casa.
La rabbia le strappa qualche lacrima, un pianto d'impotenza di fronte alla consapevolezza di essersi lasciata ingannare da un paio di occhi color acquamarina.
Erik le poggia una mano sulla spalla sana, cercando di confortarla. Non sembra spaventato all'idea di sfiorare quella creatura tanto diversa e dall'aspetto così innaturale.
- Puoi restare tutto il tempo che vuoi, e nessuno ti chiederà spiegazioni. Benvenuta a casa... Mystique.

Rin-chan's hetare notes ~

1) Ho scelto di rappresentare Magneto con i capelli biondo chiaro; dato che le scene in cui si vede da bambino sono sui toni del seppia e lui indossa un cappello, mi sono presa la piccola libertà di descriverlo come lo immaginavo. Per inciso, l'Erik di questa storia dovrebbe essere bellissimo. Il ragazzetto del primo film non promette nulla di buono, ma accidenti in dodici anni si cambia! XD
2) A proposito dell'utilizzo del ferro nel sangue dell'aggressore per bloccarlo a mezz'aria. Magneto fa lo stesso con Laurio nel secondo film, dopo che Mystique ha iniettato nel sedere del povero Mitchell una dose sostenuta di ferro. Bene, una cosa del genere non è fisicamente possibile. Quindi non lamentatevi con me venendomi a dire che Erik non potrebbe sollevare da terra una persona sfruttando il poco ferro che ha nel sangue "per natura"; se è per questo, non può neanche estrarre il sangue da un corpo servendosi del ferro aggiunto artificialmente da Raven, come fa in X-Men II... :D
3) Grazie dell'aiuto, me ne torno da dove sono venuta. → So long and thanks for all the fish {cit.} <3
4) Il nome mutante della protagonista: Mistica, Mystique, è la stessa cosa. Io ho scelto di usare il termine inglese. Spero mi perdonerete, ma Mistica mi fa pensare ad una santona, o alla zingara che legge le carte. E poi, non ho 'sta gran passione per le traduzioni dei nomi: provate a pensare "Raven Darkholme" {Corvo Olmoscuro O___"} in italiano... XDDD
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni americani > X-men / Vai alla pagina dell'autore: Rin Hisegawa