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Autore: Bess Black    16/11/2015    2 recensioni
Regulus continuò a guidare il carrello fino ad approssimarlo il più possibile al treno a vapore, fino a quando Sirius non capì e gli si avvicinò.
«Non cambierà nulla ora che te ne vai, vero?»
«È solo Hogwarts.» Sirius lo disse dandogli una gomitata un po’ spinta, forzata laddove le parole non garantivano più di quello che significavano. «Il prossimo anno ci verrai anche tu.»
«Un anno.» Regulus sorrise, tirando una linea di labbra lunga quanto il tempo che contava.
«Un anno.» annuì Sirius. «Solo un anno e ce ne saremo andati entrambi da quell’Inferno.»
Il treno fischiò accompagnando la frase di Sirius con una ritmica buffa e dandole, così, un’espressività grottesca; esattamente quanto potevano esserlo quelle parole pronunciate da un bambino. Caricarono insieme il baule in carrozza per il puro gusto di fare qualcosa insieme e, mentre attorno a loro genitori e figli si facevano le prime promesse, loro si fecero l’ultima.
«Non cambierà nulla?» Regulus scese dal vagone e guardò il fratello dal basso.
«Non cambierà nulla.»
«Promesso?» La porta del vagone si chiuse ed il treno sbuffò per l’ultima volta, commemorando il momento.
Sirius rise. «Promesso.»
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Black, I Malandrini, Regulus Black, Sirius Black, Sorelle Black | Coppie: James Potter/Sirius Black, James Sirius/ Teddy, James Sirius/Dominique, James Sirius/Rose, James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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- Questa storia fa parte della serie 'L'isola che non c'è'
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III.
Di spalle

 




Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts - I Settembre, 1970



«Regulus Arcturus Black.»
La voce di Minerva McGranitt gli giunse lontana, soffocata da qualche risata distratta in fondo alla Sala Grande, da commenti indiscreti e bisbigli poco più prudenti che il suo cognome aveva suscitato sugli studenti. Riuscì a ridestarsi in tempo solo perché il tono arcigno della vicepreside stonò con l'ordine dei suoni che gli rimbombavano contro.
Si mosse più velocemente di quanto aveva creduto che sarebbe riuscito a fare, ma esattamente come aveva deciso: passi lunghi, ritmo costante, andatura leggera. Quando si voltò, sedendosi sullo sgabello, tenne il mento alto e gli occhi fissi davanti a sé senza concentrare lo sguardo su nulla, imitando l'espressione fiera che aveva visto spesso il padre assumere.
«Mmm... un altro Black?»
La vocina bassa del Cappello Parlante con il suo timbro teatrale gli giunse, invece, immediata.
«Vediamo... Dove ti metto, eh? No, nemmeno tu sei Serpeverde... Per niente. Eppure nemmeno Grifondoro. Non vedo né orgoglio né egoismo, né coraggio né viltà. Dove ti metto?»
«No, aspetta!» Bisbigliò Regulus al Cappello, agitandosi sullo sgabello. «Voglio essere assegnato alla Casa Serpverde!»
Il Cappello tacque un istante, prima di rispondergli con voce ferma. «Tu non ne sei all'altezza, Regulus.»
«Devo essere un Serpeverde.» Insistette l'undicenne.
«Sei riflessivo, paziente, diplomatico e passivo. Tu sei buono: un Tassorosso in tutto e per tutto!»
Regulus scosse il capo, con convinzione. «No, devo essere un Serpeverde. Io sarò un Serpeverde.»
«Non ne sei in grado, Regulus. Non reggerai. Te ne pentirai.»
L'avvertimento del Cappello Parlante suonava come una promessa.
Eppure Regulus se n'era fatto una ragione, molto tempo prima: certo che se ne sarebbe pentito. Avrebbe singhiozzato per il rimpianto e urlato per la frustrazione; avrebbe sudato d'ansia, mentre lo stomaco gli si strozzava per l'angoscia; si sarebbe nascosto sotto il letto, dentro l'armadio, dietro le armature e nei ripostigli pur di stare un po' con se stesso e permettersi di essere finalmente "Riflessivo, paziente, diplomatico, passivo" e la bontà l'avrebbe sepolta, tra astuzia ed egoismo storpiati dalla sua incontrovertibile debolezza.
La sua bontà era la sua debolezza.

Quando il Cappello Parlante annunciò a gran voce il risultato del suo smistamento, il tavolo Serpeverde lo acclamò con lo stesso orgoglio che Regulus mostrò sul viso, dietro pieghe più profonde e ben camuffate che celavano la sua condanna.
Sirius, dall'altra parte della Sala Grande, gli dava le spalle - deluso e amareggiato - mentre le budella di Regulus si annodavano ed incespicavano nella sua bontà infossata.
Se n'era già pentito.

   
 
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