Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts - I Settembre, 1970
«Regulus Arcturus Black.»
La voce di Minerva McGranitt gli giunse lontana, soffocata da qualche risata distratta in fondo alla Sala Grande, da commenti indiscreti e bisbigli poco più prudenti che il suo cognome aveva suscitato sugli studenti. Riuscì a ridestarsi in tempo solo perché il tono arcigno della vicepreside stonò con l'ordine dei suoni che gli rimbombavano contro.
Si mosse più velocemente di quanto aveva creduto che sarebbe riuscito a fare, ma esattamente come aveva deciso: passi lunghi, ritmo costante, andatura leggera. Quando si voltò, sedendosi sullo sgabello, tenne il mento alto e gli occhi fissi davanti a sé senza concentrare lo sguardo su nulla, imitando l'espressione fiera che aveva visto spesso il padre assumere.
«Mmm... un altro Black?»
La vocina bassa del Cappello Parlante con il suo timbro teatrale gli giunse, invece, immediata.
«Vediamo... Dove ti metto, eh? No, nemmeno tu sei Serpeverde... Per niente. Eppure nemmeno Grifondoro. Non vedo né orgoglio né egoismo, né coraggio né viltà. Dove ti metto?»
«No, aspetta!» Bisbigliò Regulus al Cappello, agitandosi sullo sgabello. «Voglio essere assegnato alla Casa Serpverde!»
Il Cappello tacque un istante, prima di rispondergli con voce ferma. «Tu non ne sei all'altezza, Regulus.»
«Devo essere un Serpeverde.» Insistette l'undicenne.
«Sei riflessivo, paziente, diplomatico e passivo. Tu sei buono: un Tassorosso in tutto e per tutto!»
Regulus scosse il capo, con convinzione. «No, devo essere un Serpeverde. Io sarò un Serpeverde.»
«Non ne sei in grado, Regulus. Non reggerai. Te ne pentirai.»
L'avvertimento del Cappello Parlante suonava come una promessa.
Eppure Regulus se n'era fatto una ragione, molto tempo prima: certo che se ne sarebbe pentito. Avrebbe singhiozzato per il rimpianto e urlato per la frustrazione; avrebbe sudato d'ansia, mentre lo stomaco gli si strozzava per l'angoscia; si sarebbe nascosto sotto il letto, dentro l'armadio, dietro le armature e nei ripostigli pur di stare un po' con se stesso e permettersi di essere finalmente "Riflessivo, paziente, diplomatico, passivo" e la bontà l'avrebbe sepolta, tra astuzia ed egoismo storpiati dalla sua incontrovertibile debolezza.
La sua bontà era la sua debolezza.
Quando il Cappello Parlante annunciò a gran voce il risultato del suo smistamento, il tavolo Serpeverde lo acclamò con lo stesso orgoglio che Regulus mostrò sul viso, dietro pieghe più profonde e ben camuffate che celavano la sua condanna.
Sirius, dall'altra parte della Sala Grande, gli dava le spalle - deluso e amareggiato - mentre le budella di Regulus si annodavano ed incespicavano nella sua bontà infossata.
Se n'era già pentito.