Salve! Sinceramente ero
molto indecisa se scrivere o no questa nota introduttiva (anche perché
ne ho scritta una anche alla fine del testo e avevo paura che due
fossero troppe...), ma mi sono sentita obbligata a farlo visto che
questo sarebbe il primo capitolo della storia e quindi, come tale,
necessiterebbe di un'introduzione. Premetto dicendo di non saper
assolutamente scrivere le note dell'autrice, quindi se mai doveste
trovare la presente (o magari anche quelle che scriverò più avanti nei
capitoli) troppo divaganti, strane, o persino insensate, non abbiatene
paura, o almeno... non troppa. Sappiate solamente che è normale e che
purtroppo non c'è nulla da fare in proposito. Voi comunque avete sempre
il magico superpotere che vi permette di saltarle ed andare
direttamente al testo (certamente non vi biasimerei per averlo fatto).
Spero che la storia vi piaccia (io, personalmente, ci tengo molto) e
che il "nuovo personaggio" vi risulti simpatico... (datele tempo,
saprà farsi amare...con calma e costanza). Sto cercando di mantenere i
personaggi più IC possibile, ma loro, il più delle volte, si divertono
a fare di testa loro, quindi chiedo venia per eventuali obbrobri (e se
doveste notare che i personaggi siano estremamente ed irrimediabilmente
OOC, fatemelo sapere nelle recensioni, così che io possa cambiare la
descrizione della storia!)
Spero
di riuscire a rendere verosimile il tutto ma, dato che non ho una beta,
a volte potrebbe sfuggirmi qualche errore di battitura o di altro
genere. Portate pazienza anche per questo.
Non
credo ci sia altro da aggiungere... almeno per adesso. Casomai se mi
viene in mente qualcosa d'altro la scriverò nella nota a fine capitolo,
perché già sento le vostre palpebre chiudersi a leggere questa
interminabile nota e la vostra mano scivolare lentamente verso il mouse
per scorrere la pagina ed andare al testo.
Spero vi piaccia e fatemi
sapere che cosa ne pensate! Le critiche sono più che benaccette! E
naturalmente, questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà
della BBC e di Steven Moffat e chi ne ha più ne metta. Questa mia
storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro. Buona lettura!
Angela Smith
Capitolo uno
Un colpo.
Una pallottola. Uno sparo rimbomba fragoroso nella strada deserta.
Non una voce, non un suono.
Una pozza di sangue in mezzo alla strada che non fa che allargarsi. Le tremano
le gambe e non riesce a muoversi.
In mano una rivoltella, pesante del delitto appena commesso. Silenzio.
Il respiro dell’uomo è cessato e l’unico suono che si ode è quello di un
clacson lontano nella notte.
Ha paura persino di respirare: non si muove, non fiata. Vorrebbe scappare,
urlare, fuggire il più lontano possibile, ma non ci riesce: si sente inchiodata
al suolo e sente un fuoco dentro, come se stesse bruciando dall’interno, come
se il diavolo in persona stesse reclamando la sua anima.
“Non sono un’assassina” dice in un flebile sussurro.
“Non sono un'assassina” ripete, mentre fa cadere a terra la rivoltella.
Chiude gli occhi, respira, valuta e decide. Sa di essere sotto shock e sa anche
che se non si controlla per lei sarà la fine.
Questa volta si è spinta troppo oltre.
Respira ed espira controllando ogni singolo movimento del suo corpo,
contenendosi, valutandosi. Chiude gli occhi e, quando li riapre dieci secondi
dopo, sa perfettamente ciò che deve fare.
Uno sparo. Una pallottola dritta nel cranio, questo è quello che ha fatto,
quello che ha ucciso James Moriarty.
***
Samantha si
svegliò di soprassalto. Aveva il fiato corto, come se avesse appena corso per
chilometri e chilometri. Controllò l’orologio sul comodino accanto al letto:
erano le 2:35.
Ogni notte la stessa ora ed ogni notte lo stesso sogno. Chiuse nuovamente gli
occhi massaggiandosi le tempie doloranti.
Quanto invidiava le altre persone, quanto avrebbe voluto potersi svegliare nel
cuore della notte e poter dire “era solo un incubo” come facevano tutti. Ma non
poteva, perché Samantha sapeva che quello era tutto tranne che solo un
brutto sogno.
Si sfilò di dosso le coperte ed accese la piccola lampada sul comodino,
prendendo tra le mani la scatola dei sonniferi. Non sarebbe riuscita a
riaddormentarsi comunque, ma tanto valeva almeno provarci.
Per quanto ancora avrebbe dovuto sopportare quella tortura?
Quanti anni sarebbero dovuti passare prima che lei riuscisse ad andare avanti
con la sua vita? Prima di smettere di svegliarsi ogni notte spaventata, tremante
e sconvolta come quella stessa sera?
Un rumore interruppe i suoi pensieri. Restò in silenzio, in ascolto per qualche
secondo e poi lo sentì nuovamente: erano dei passi e sembravano provenire dalla
cucina.
Samantha con una mossa repentina si mise addosso la vestaglia ed estrasse dal
secondo cassetto del guardaroba una rivoltella. La infilò velocemente nella
tasca della vestaglia ed avvicinandosi cautamente alla porta della camera da
letto l’aprì: riusciva a vedere solamente il corridoio di casa sua, immerso
nella più totale oscurità. L’unica luce che arrivava era quella flebile della
luna, che filtrava dalla finestra aperta.
Era entrato qualcuno.
"Mi ha trovata" pensò, sentendo i battiti del suo cuore
accelerare.
Si avviò verso la cucina tastando con la mano la rivoltella nella tasca della
vestaglia, avendo l’irrazionale paura di non trovarla più nel momento in cui le
fosse occorsa.
Avvicinò la mano all’interruttore della luce cercando di dosare la paura.
L’adrenalina le scorreva violenta nelle vene e anche se non l’avrebbe mai
ammesso, amava essere in una situazione del genere.
Quando la luce invase la stanza, Samantha non fu affatto sorpresa di vederlo.
"Miss
Brooks! Che adorabile sorpresa!"
Samantha
fece un profondo respiro, terribilmente angosciata.
"Sarei
tentata di dire lo stesso per lei... Moriarty"
Un sorriso
quasi impercettibile solcò le labbra del consulente criminale.
"Oh,
prego. Chiamami Jim"
Sembrava non
essere cambiato di una virgola. Lo stesso sguardo, lo stesso sorriso di due
anni prima… non li avrebbe mai potuti cancellare dalla sua memoria, erano
incisi in essa indelebilmente.
Era seduto al tavolo in mezzo alla stanza, le gambe rigorosamente sopra di esso
ed in mano una tazza bianca contenente probabilmente del tè.
Samantha non poté fare a meno di notare una piccola macchia di rossetto sul
colletto della camicia dell'uomo. Era vestito in modo impeccabile mentre lei
era in vestaglia, ma quel piccolo particolare la faceva sentire stranamente più
sicura di sé. Avrebbe potuto dedurre molto di lui quella sera e la cosa
la eccitava.
Beveva lentamente la bevanda, lanciando di tanto in tanto degli sguardi molto
più che eloquenti a Samantha. Essa, dal canto suo, si trovava in una situazione
alquanto particolare: si sentiva come una ragazzina tornata a casa troppo tardi
alla sera, nell’intento di spiegarne al padre il motivo. Nel suo caso il motivo
sarebbe stato: ci tenevo alla mia vita.
"Serviti
pure, fai come fossi a casa tua"
Disse
Samantha ironica, mentre si avvicinava alla credenza.
"Quella
rivoltella ti servirà a ben poco, mia cara Samantha"
Lei non gli
rivolse lo sguardo e continuò a dargli le spalle.
"Questo
lascialo decidere a me, Jim"
Egli finì
l’ultimo sorso della sua bevanda e posò la tazza sul tavolo, facendola sbattere
rumorosamente. Samantha non riusciva a voltarsi, ma sapeva che anche dandogli
le spalle era al sicuro. O almeno, per ora. Lui non l’avrebbe mai uccisa così,
sarebbe stata una morte troppo noiosa per gli standard di quell'orribile uomo e
sapeva che le morti di questo genere non erano certo nel suo stile, sapeva che
a Moriarty piaceva giocare.
Prese dalla credenza una tazza ed estrasse una cialda per fare il caffè dalla
sua confezione.
"Ho
fatto il tè anche per te, ho pensato che avresti gradito"
Continuò lui
nel suo solito tono calmo e controllato.
Lei non sapeva proprio come potesse riuscirci, in fondo stava per ucciderla -in
un modo o nell'altro- quindi come poteva tenere quel tono con lei?
"Odio
il tè"
Il
consulente investigativo scoppiò in una fragorosa risata: si alzò dalla sedia
spingendola bruscamente all’indietro e si avvicinò allo stipite della porta
sfiorandolo con le dita.
"Sei
sempre stata una ragazza alternativa, non è vero? Tutte quelle persone che non
capivano il tuo genio… quelle persone così noiose e prive di qualsiasi
significato… non ti davano fastidio?"
"Non ho
mai pensato che il fatto che non mi piacesse il tè mi rendesse automaticamente
un genio, ma certo, è un modo di vedere la faccenda"
Sorrise ed
infilò la cialda nella macchinetta del caffè, posizionandoci sotto la tazza.
Il suo cuore non faceva che pulsare sangue e le sembrava che in quel momento le
finisse tutto in testa. Le tempie quasi le bruciavano.
Prese la tazza contenente il suo caffè e la portò alle labbra. Sperava che il
suo susseguirsi di azioni abituali l’avrebbe portata a pensare inconsciamente
che anche quella situazione lo fosse, così da ridurre la sua palese agitazione:
ed in parte funzionò.
Fece un bel respiro profondo e si girò verso il suo interlocutore con
un’espressione serafica, anche se dentro di sé sentiva un fuoco arderla.
Puntò i suoi occhi su quelli freddi e morti di James Moriarty e con una mossa
repentina estrasse la rivoltella dalla tasca della vestaglia, puntandogliela
contro.
"Non
essere così ovvia Samantha, mi deludi, mi aspettavo molto di più da te"
"Ti ho
ucciso una volta, posso farlo di nuovo. Senza rancore, s’intende"
"Ci
mancherebbe altro"
Disse,
facendo un gesto sbrigativo con la mano.
"Mi
duole però contraddirti ma, tecnicamente, quella non era la mia vera
morte"
Samantha
sorrise leggermente, senza però distogliere il suo sguardo da quello dell'uomo.
"Forse
per te, ma dal momento che l’ho vissuta come reale non ho remore a rivivere la
stessa esperienza"
Egli si
avvicinò alla ragazza, sfregandosi le mani l’una contro l’altra.
Samantha si sentiva in trappola: sapeva che Moriarty non poteva essere arrivato
da solo e che una sua parola poteva scatenare l’inferno. Stavano giocando al
gatto col topo, lei sapeva che non sarebbe durata a lungo, che prima o poi
l’avrebbe trovata. Non era così stupida da pensare che fosse riuscita davvero a
sfuggirgli.
La sua morte sembrava ormai qualcosa di inevitabile, ma avrebbe lottato fino
all’ultimo.
"Ti
dice qualcosa l’indirizzo 221B Baker Street?"
Samantha non
riuscì a frenare una lieve espressione di dubbio che le si era ormai dipinta in
volto. Non sapeva cosa pensare: sarebbe dovuta essere una cosa a lei familiare?
Era una domanda trabocchetto? Era un segnale in codice per i suoi uomini
appostati sulla sua porta di casa? Anche se, doveva ammetterlo, non avvertiva
nessun’altra presenza se non la sua e quella dell’uomo che a breve l’avrebbe
uccisa… o forse no, su questo punto Samantha ci stava ancora lavorando.
"Dovrebbe?"
Sul volto di
Moriarty comparve uno sguardo divertito ed allo stesso tempo crudele.
Ovviamente, di qualsiasi cosa stesse parlando, lo coinvolgeva estremamente e
purtroppo non in senso buono. "Come avrebbe potuto essere altrimenti?"
Pensò distrattamente Samantha.
"Mi sei
sempre stata molto cara e mi sono sempre fidato di te e numerose volte hai
saputo ricompensarmi felicemente. Eri una delle mie migliori
collaboratrici"
"Esattamente,
ero, quei tempi sono finiti"
Continuava a
stringere nella mano destra la rivoltella, tenendo l’indice poggiato sul
grilletto.
La mano le tremava leggermente e dovette rendersi conto che era da due lunghi
anni che non sparava e la cosa la turbò alquanto. Non che lei avesse mai
prediletto bersagli umani nella sua lunga carriera di ladra, anzi, era
riuscita, con suo grande sforzo, a non dover mai versare del sangue innocente,
o quasi. E lei sapeva che Moriarty ne era a conoscenza ed era certa che avrebbe
sfruttato questa sua debolezza a proprio vantaggio.
Samantha però corresse quasi subito il suo pensiero: non debolezza, bensì umanità.
"Permettimi
di dubitarne"
Il criminale
fece due passi nella direzione della ragazza, non perdendo mai il contatto
visivo.
"Se sei
venuto qui per uccidermi, ti prego di procedere nel tuo intento con ritmo
sostenuto, perché avrei degli impegni domani e non sono ancora riuscita a
chiudere occhio, quindi vediamo di concludere in maniera rapida questa
faccenda"
"Ucciderti?"
Moriarty
scoppiò a ridere.
"Perché
mai dovrei ucciderti? No, no, no, io voglio usarti o, se preferisci un altro
termine, ingaggiarti. Ho bisogno dei tuoi servigi, come ai bei vecchi
tempi"
A quelle
parole Samantha strabuzzò leggermente gli occhi e pregò il cielo che lui non
l’avesse notato ma, santo cielo, ovvio che l’aveva fatto.
In quel momento si sentì una vera idiota: in quei due anni si era davvero
arrugginita, ma mai avrebbe pensato così tanto. Le sue deduzioni erano
diventate davvero così scarse?
Era ovvio che Moriarty non avesse intenzione di ucciderla: era chiaramente
disarmato, nessun rigonfiamento all’altezza del petto in corrispondenza della
giacca, né la pistola poteva essere nei pantaloni (vista la sua posizione
quando lei è entrata nella stanza, cioè era seduto con il busto leggermente
reclinato all’indietro). Chiaramente non avrebbe potuto stare seduto in quel
modo se avesse avuto una pistola in tasca. Inoltre il rossetto, vogliamo
parlare del rossetto sul suo colletto? Rosso, di una tonalità ambrata ma
comunque brillante, probabilmente della marca Chanel (l’unica a lasciare una
macchia così lieve ma dai bordi delineati).
Sono in poche le donne ad usare quella marca di rossetto, perché costoso,
difficile da togliere e veramente scomodo da mettere (questo lo sapeva perché
aveva avuto modo di testarlo su se stessa: regalo di compleanno, impossibile da
evitare). Moriarty aveva contatti con veramente poche donne che portassero
quella marca di rossetto e questo Samantha lo sapeva bene: aveva gestito i suoi
affari per lungo tempo, essendo parte attiva della sua “società criminale”, o
così piaceva chiamarla ai giornali. Gestiva praticamente tutti i suoi
contatti ed essi non potevano essere cambiati più di tanto. Inoltre, non aveva
certo passato quei due anni a stare con le mani in mano: ovviamente si era
informata sui suoi traffici, anche se questi si erano inaspettatamente e del
tutto misteriosamente interrotti a gennaio dell’anno corrente. Causa:
l’apparente morte del più famoso consulente criminale del mondo. Per questo
sapeva che prima o poi sarebbe rispuntato fuori, fingere la sua morte era così
da lui; ma fino a quel momento lo pensava per il motivo sbagliato. Morale della
favola, Samantha conosceva una sola donna che portasse quel rossetto
regolarmente e che poteva essersi spinta tanto in là da baciare il collo del
consulente criminale. Irene Adler, o meglio conosciuta come La Donna. Ma cosa c’entrava
La Donna con il fatto che lui avesse bisogno del suo aiuto? La risposta
sembrava essere ovvia, ma proprio per questo estremamente sospetta.
Samantha, in quel momento, si sentiva ferita nell’orgoglio: odiava che qualcuno
la contraddicesse.
"Pensavo
volessi eliminare l’ultima prova che ti riconduceva a Martin Arrow"
"Oramai
quella è una questione vecchia di secoli... non che io non abbia pensato più
volte di ucciderti... ma ogni volta sei stata risparmiata, in un modo o
nell'altro. Inoltre è nel mio interesse che tutti sappiano che sono vivo, o
quasi..."
"In che
senso “o quasi”?"
"Diciamo
che ho lasciato loro un piccolo messaggio*… avranno sicuramente qualcosa con
cui dilettarsi durante la mia assenza. Ed è qui che subentrerai tu"
"Subentrerò?
In che modo? Cerca di essere più chiaro"
"Mi
pare di esserlo già stato abbastanza"
Guardò con
sguardo malizioso la povera ragazza, che cercava con tutte le sue forze di
rimanere lucida abbastanza da poterlo contrastare.
"Poi
perché mai dovrei ucciderti quando mi saresti molto più utile da viva? Non
credi che sarebbe davvero sciocco? Un po’ come i vostri piccoli cervellini,
no?"
"Cosa
vuoi da me?"
"Informazioni"
"Informazioni?
Non ho nessuna informazione, sono fuori dal giro ormai da anni e…"
"Non
informazioni da te, ma da Sherlock Holmes"
Appena ebbe
pronunciato quel nome, Samantha finalmente capì dove l'uomo di cui un tempo si
fidava volesse arrivare ed in quel momento tutte le tessere del puzzle
sembrarono andare al loro posto. “Subentrare” in quel senso.
"E, precisamente,
come dovrei fare per ottenere queste informazioni?"
Si maledisse
subito per quello che aveva appena detto: sembrava che stesse accettando, ma
ciò era proprio il contrario di quello che lei voleva. Aveva deciso di
smetterla di vivere in quel modo, di smettere di rubare, correre da un posto
all’altro, con la costante paura di poter essere scoperta, rimanendo sempre sul
filo del rasoio e poi tutte quelle morti… vittime innocenti… no, non si sarebbe
mai venduta a James Moriarty, mai più. Così si affrettò ad aggiungere:
"E
soprattutto, cosa succederebbe se decidessi di non ottenere queste
informazioni?"
Un sorriso
crudele comparve sul volto di Moriarty. Egli fece ancora qualche passo verso
Samantha, disintegrandola con lo sguardo. Lei non aveva mai incontrato nessuno
capace di trasmetterle una così tale paura. Samantha Brooks spaventata.
Già, non era esattamente una cosa che si vedeva tutti i giorni.
Si trovarono faccia a faccia, gli occhi dell’uno piantati su quelli dell’altra.
Samantha aveva paura persino di respirare. Quell’uomo la bloccava, la
intimoriva, e vicino a lui si sentiva talmente piccola… ma, tutto sommato,
riusciva a nasconderlo bene. Era sempre stata brava ad interpretare la figura
della cattiva, anche se il suo aspetto avrebbe fatto sicuramente pensare il
contrario.
"Ho
sempre amato i tuoi boccoli biondi Sam, davvero. Cadono così morbidi sulle tue
spalle, per non parlare del tuo seno…"
"Cosa
succederebbe?"
Insistette,
usando un tono di voce così sicuro che si meravigliò di se stessa.
Moriarty si avvicinò maggiormente alla ragazza e le fece abbassare il braccio
con cui impugnava la rivoltella. Non distogliendo lo sguardo e prendendole di
mano l’arma, appoggiò quest'ultima sul piano cottura, avvicinando la sua bocca
a quella di lei. Le sfiorò appena le labbra e stringendole l’avambraccio
sinistro le sussurrò all’orecchio:
"Sarebbe
davvero un peccato se dovesse succedere qualcosa a quell'adorabile
coppia in quell'incantevole villetta nel Sussex, giusto? Dicono che
perdere i genitori tempri e faccia diventare più saggi, tu che ne pensi?"
Detto
questo, guardò gli occhi verdi e completamente terrorizzati della ragazza. Mai
l’aveva vista così sconvolta e mai così docile e impaurita. Vero era che prima
di allora non aveva mai dovuto minacciarla, perché lei aveva sempre amato
essere una criminale.
Doveva ammettere con se stesso che adorava vederla in quelle condizioni e la
cosa compiaceva moltissimo il suo ego.
"Would
you like to try?"**
* Mi
riferisco al messaggio che Moriarty ha fatto proiettare su ogni schermo di
Londra alla fine dell'ultimo episodio della terza stagione. "Did you miss
me?"
** Mi dispiace, ma non ho proprio resistito! Non posso fare a meno di immaginarmi proprio la voce di Moriarty mentre pronuncia quella frase... una delle tante debolezze della scrittrice. D'altro canto, se doveste pensare che stoni troppo con il resto del testo, non abbiate remore a scrivermelo nelle recensioni, sono aperta a critiche di ogni genere. PS: mi sembra scontato dirlo, ma tanto vale... "Would you like to try?" tradotto in italiano vuol dire "Ti piacerebbe provare?".
Ci rivediamo al prossimo capitolo! Bye bye :)